Mario74 wrote: Wed May 29, 2024 5:44 pm
- Devo lasciare
tutto questo, lo so -
Così silenziosamente
enumerava i suoi patemi,
la paura di una violenza
attesa, osservata giorno
dopo giorno, le umiliazioni,
Il dolore della sua vita
ipotecata dalle lacrime
di una madre egoista.
- Posso lasciare
tutto questo, lo so -
Eppure nei suoi occhi
la nostalgia dei giorni comuni,
e la sicurezza di gesti ripetuti
scaldava il suo cuore.
Seduta alla finestra
il suo sguardo accoglieva
il ricordo di giochi innocenti,
quando tutti ancora erano buoni,
la vita le appariva sopportabile
il futuro, un rischio irragionevole.
La sua città lentamente
scompariva nella sera
e l’odore di crétonne
le ricordava di essere
ancora a casa, la sua casa.
Felice di incontrarti di nuovo,
@Mario74.
Ho letto con attenzione molte volte e mi permetto ora di entrare nel tuo componimento per esaminarlo da vicino.
Amo moltissimo la poesia; purtroppo ne conosco poca. Da sempre quello che mi ha affascinato è cosa la distingue dalla prosa. Quando eravamo piccoli, riconoscevamo una poesia dal fatto che non occupava, come la prosa, tutta la pagina: la poesia andava a capo e intorno a essa c'era tanto spazio bianco; la prosa, invece, presentava una continuità della sintassi e per questo prendeva tutto lo spazio disponibile. Ma non solo: eravamo abituati alle rime, a una sonorità legata alla metrica, a volte anche a cadenze tipiche delle filastrocche. Mai e poi mai avremmo confuso una poesia con un passo di prosa.
Poi, crescendo e studiando, la complessità invece di diminuire aumentava e la divisione a cui ci avevano abituato cominciava a vacillare: pensiamo, per fare un solo nome, al romanzo in versi liberi
La camera da letto di Attilio Bertolucci.
Di cosa, allora, non può fare a meno la poesia? Perché consideriamo tale moltissima produzione che niente ha a che spartire con la nostra idea platonica di Poesia? Ti assicuro che è un quesito che mi pongo da quando ero ragazzina, insieme a un altro che si può considerare fratello del primo: cosa ci fa dire che un'opera (scultura, dipinto, film e così via) è Arte?
Per quanto riguarda la poesia, leggendo qua e là, ho raccolto negli anni argomentazioni significative che mi permetto di condividere con te.
Anzitutto la poesia ha bisogno di essere "polivalente", ricca cioè di significati. Tale ricchezza di significati si ottiene mediate la "connotazione", che spalanca le porte a letture sempre nuove.
La poesia ha bisogno della collaborazione del lettore, il quale deve trovare in essa qualcosa che gli risuoni dentro in modo da integrarne il significato: ciò non potrà mai accadere con un testo che usi la sola "denotazione", vale a dire l'esclusivo significato letterale.
La poesia, come scrive la Bisutti, è fatta anche di silenzio. Per questo dobbiamo imparare a sostare tra gli spazi bianchi degli accapo e a "leggerli"; bisogna fermarsi e lasciare che "il silenzio entri e ci sommerga come un fiotto d'acqua".
La poesia, inoltre, necessita che le parole siano scelte con cura, una a una: il che non vuol dire che debbano essere parole "belle", bensì "preziose", in quanto selezionate tra molte possibilità.
Alla luce di queste considerazioni e secondo il mio modestissimo parere, la tua poesia può essere definita "denotativa" più che "connotativa"; ciò ne limita la
polisemìa e di conseguenza viene meno quella "cassa di risonanza" che, amplificando e intensificando gli effetti e i significati, dà vita alla danza col lettore.
Nonostante questo limite, hai saputo rappresentare in modo egregio la storia di Eveline in una manciata di versi, compito per niente facile. Bello il titolo.
Ti ringrazio e ti saluto con tanta simpatia.