[CP7] Eterno d'ansia

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Traccia 2 - "Comincia a nevicare" (Grazia Deledda)

Siamo tutti in casa? – domandò mio padre, rientrando una sera sul tardi, tutto intabarrato e col suo fazzoletto di seta nera al collo. E dopo un rapido sguardo intorno si volse a chiudere la porta col paletto e con la stanga, quasi fuori s’avanzasse una torma di ladri o di lupi. Noi bambine gli si saltò intorno curiose e spaurite.
– Che c’è, che c’è?
– C’è che comincia a nevicare e ne avremo per tutta la notte e parecchi giorni ancora: il cielo sembra il petto di un colombo.
– Bene – disse la piccola nonna soddisfatta. – Così crederete a quello che raccontavo poco fa.
Poco fa la piccola nonna, che per la sua statura e il suo viso roseo rassomigliava a noi bambine, ed era più innocente e buona di noi, raccontava per la millesima volta che un anno, quando anche lei era davvero bambina (nel mille, diceva il fratellino studente, già scettico e poco rispettoso della santa vecchiaia), una lunga nevicata aveva sepolto e quasi distrutto il paese.
– Quattordici giorni e quattordici notti nevicò di continuo, senza un attimo d’interruzione. Nei primi giorni i giovani e anche le donne più audaci uscivano di casa a cavallo e calpestavano la neve nelle strade; e i servi praticavano qualche viottolo in mezzo a quel montagne bianche ch’erano diventati gli orti ed i prati. Ma poi ci si rinchiuse tutti in casa, più che per la neve, per l’impressione che si trattasse di un avvenimento misterioso; un castigo divino. Si cominciò a credere che la nevicata durasse in eterno, e ci seppellisse tutti, entro le nostre case delle quali da un momento all’altro si aspettava il crollo. Peccati da scontare ne avevamo tutti, anche i bambini che non rispettavano i vecchi (questa è per te, signorino studente); e tutti si aveva anche paura di morire di fame.
– Potevate mangiare i teneri bambini, come nel mille – insiste lo studentello sfacciato.
– Va via, ti compatisco perché sei nell’età ingrata, – dice il babbo, che trova sempre una scusa per perdonare, – ma con queste cose qui non si scherza. Vedrai che fior di nevicata avremo adesso. Eppoi senti senti…
D’improvviso saliva dalla valle un muggito di vento che riempiva l’aria di terrore: e noi bambine ci raccogliemmo intorno al babbo come per nasconderci sotto le ali del suo tabarro.
– Ho dimenticato una cosa: bisogna che vada fuori un momento – egli dice frugandosi in tasca.
– Vado io, babbo – grida imperterrito il ragazzo; ma la mamma, bianca in viso, ferma tutti con un gesto.
– No, no, per carità, adesso!
– Eppure è necessario – insiste il babbo preoccupato. – Ho dimenticato di comprare il tabacco.
Allora la mamma si rischiara in viso e va a cercare qualche cosa nell’armadio.
– Domani è Sant’Antonio; è la tua festa, ed io avevo pensato di regalarti…
Gli presenta una borsa piena di tabacco, ed egli s’inchina, ringrazia, dice che la gradisce come se fosse piena d’oro; intanto si lascia togliere dalle spalle il tabarro e siede a tavola per cenare.
La cena non è come al solito, movimentata e turbata da incidenti quasi sempre provocati dall’irrequietudine dei commensali più piccoli; tutti si sta fermi, quieti, intenti alle voci di fuori.
– Ma quando c’è questo gran vento, – dice la nonna – la nevicata non può essere lunga. Quella volta…
Ed ecco che ricomincia a raccontare; ed i particolari terribili di quella volta aumentano la nostra ansia, che in fondo però ha qualche cosa di piacevole. Pare di ascoltare una fiaba che da un momento all’altro può mutarsi in realtà.
Quello che soprattutto ci preoccupa è di sapere se abbiamo abbastanza per vivere, nei giorni di clausura che si preparano.
– Il peggio è per il latte: con questo tempo non è facile averlo.
Ma la mamma dice che ha una grossa scatola di cacao: e la notizia fa sghignazzare di gioia il ragazzo, che odia il latte. Gli altri bambini non osano imitarlo; ma non si afferma che la notizia sia sgradita. Anche perché si sa che oltre il cacao esiste una misteriosa riserva di cioccolata e, in caso di estrema necessità, c’è anche un vaso di miele.
Delle altre cose necessarie alla vita non c’è da preoccuparsi. Di olio e vino, formaggio e farina, salumi e patate, e altre provviste, la cantina e la dispensa sono rigurgitanti. E carbone e legna non mancano. Eravamo ricchi, allora, e non lo sapevamo.
– E adesso – dice nostro padre, alzandosi da tavola per prendere il suo posto accanto al fuoco – vi voglio raccontare la storia di Giaffà.
Allora vi fu una vera battaglia per accaparrarsi il posto più vicino a lui: e persino la voce del vento si tacque, per lasciarci ascoltare meglio. Ma la nonnina, allarmata dal silenzio di fuori, andò a guardare dalla finestra di cucina, e disse con inquietudine e piacere:
– Questa volta mi pare che sia proprio come quell’altra.
Tutta la notte nevicò, e il mondo, come una grande nave che fa acqua, parve sommergersi piano piano in questo mare bianco. A noi pareva di essere entro la grande nave: si andava giù, nei brutti sogni, sepolti a poco a poco, pieni di paura ma pure cullati dalla speranza in Dio.
E la mattina dopo, il buon Dio fece splendere un meraviglioso sole d’inverno sulla terra candida, ove i fusti dei pioppi parevano davvero gli alberi di una nave pavesata di bianco.

Una sera
Poco fa
Un anno
Un attimo
L'eterno
Un momento
La nostra ansia
Misteriosa necessità
Dio.
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [CP7] Eterno d'ansia

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@bestseller2020

Ciao, Raffaele! Siamo gemelli e non lo sapevamo?
Non solo condividiamo la scelta della Deledda e molti dei suoi vocaboli, ma anche la posizione di quello finale.
Mi piace molto la sintesi che sei riuscito a raggiungere, nella quale condensi il Tempo e la Storia, operando un'alternanza ben costruita di "vaghezza", "tempo piccolo" e "tempo grande", fino ad arrivare all'"eterno".  
Ti soffermi poi sul passaggio dell'uomo sulla Terra ("la nostra ansia"), caratterizzato, dal tuo punto di vista di credente (che è anche il mio), dal desiderio appassionato di Dio. 
Mi piace, inoltre, il senso di freschezza che sei riuscito a spargere su un'espressione usata (e abusata) ovunque con significati per lo più egocentrici e autocompiaciuti: mi riferisco a "la nostra ansia", che tu spogli del solito senso per conferirle, appunto, quello di fame e sete di Dio.
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Re: [CP7] Eterno d'ansia

3
Ciao @@bestseller2020,

Il tempo è un argomento che mi interessa ed è spesso oggetto delle mie riflessioni e delle mie poesie, per cui nella tua mi sono immersa con piacere. Il tempo è una strana creatura: anche i fisici discutono già da parecchio sul fatto che il tempo, così come umanamente lo percepiamo, non esista, ma che sia piuttosto qualcosa di altro (secondo me nei prossimi decenni questa sarà la nuova frontiera della scienza, dopo aver completamente distrutto la percezione dei sensi dello spazio adesso tocca al tempo). 
Nella tua poesia tu suggerisci quanto il tempo sia capriccioso per la nostra percezione, a volte scorre lento, sembra eterno, a volte è solo un momento inafferrabile. In ogni caso è fonte di ansia per noi umani, vorremmo avere più tempo per riposare, più tempo per divertirci o da dedicare ai nostri figli,in ogni caso vorremmo più tempo su questa terra e la consapevolezza che, invece, il nostro tempo prima o poi finirà ci crea ansia. Il rimedio per lenire l'angoscia è appellarsi alla spiritualità e invocare un "Dio".
Spero di aver ben interpretato le tue intenzioni e sappi che ho molto apprezzato il tuo componimento.

Talia 

Re: [CP7] Eterno d'ansia

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Ciao @bestseller2020
mi piace molto la tua poesia, che ha stravolto completamente il brano di partenza della Deledda, ma credo fosse questo l'obiettivo di questa tecnica. 
Versi essenziali, quasi ermetici, focalizzati sulla tematica del tempo.
Ho molto apprezzato l'alternanza/dualismo tra un tempo più esteso e l'immediato:

una sera/poco fa
un anno/un attimo
l'eterno/un momento

Per poi rifocalizzare l'attenzione sui sentimenti dell'autore:

la nostra ansia (sono probabilmente i sentimenti e lo stato emotivo della persona che ci portano a percepire il tempo in modo diverso)
che diventa necessità e premessa fondamentale per la ricerca di Dio?

Il finale in effetti non mi è chiarissimo, complice forse l'estrema essenzialità della forma: è Dio l'ogetto della nostra ricerca, oppure Dio da essenza e giustificazione al tempo nella sue forme e manifestazioni?
Oppure è un'altro ancora il significato?

Non importa, adoro le poesie così sintetiche ed essenziali, anche quando si aprono a diverse spiegazioni e significati.
Ancora complimenti.

Re: [CP7] Eterno d'ansia

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Ciao @bestseller2020

Ho apprezzato l'essenzialità della tua poesia.
A me sembra che ogni verso descrivi una faccia del tempo, che può prendere una forma più a grandezza d'uomo, anzi, data dall'uomo (una sera, poco fa), ma può anche ridursi o estendersi all'infinito (l'attimo, l'eterno). Il tempo è poi la nostra ansia, perché ci rende mortali, ma è anche una necessità, perché ci permette di dare un senso alla vita.
Un azzardo sul finale, forse una blasfemia da bravo agnostico quale sono: anche Dio potrebbe essere un nome del tempo? Dio è lo scorrere di ogni singolo attimo, è la vita, la morte, l'eternità, una sera?
La leggo così quindi: una poesia di nomi, di definizioni, di interpretazioni del tempo.

Re: [CP7] Eterno d'ansia

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Ciao @bestseller2020 la tua poesia cattura tutte le dimensioni del tempo, dal più generico "una sera" fino alla vastità dell'"eterno" passando attraverso "l'attimo"; su tutto predomina uno stato d'ansia, uno stato d'ainimo dettato dal nostro essere piccoli davanti a ciò che non comprendiamo a pieno, da qui e da questo la "fame" – come ha detto @Ippolita – la fame di Dio. 

Testo ben riuscito.

Re: [CP7] Eterno d'ansia

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@Ippolita ciao e ben tornata dalle vacanze :D
Ciao @Kuno @Poeta Zaza @Mario74 @@Monica @Talia @Adel J. Pellitteri  (y)
Mi avete fatto un commento che mi rincuora.  Avete colto esattamente il senso delle parole. Confesso che dopo aver letto il pezzo della Deledda varie volte stavo per rinunciare. Poi, quelle quattro o cinque parole sul tempo mi hanno illuminato. Sono stato fortunato: credo. Grazie a tutti voi.
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: [CP7] Eterno d'ansia

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Che figata! È la prima volta che leggo una tua poesia, credo (ho una pessima memoria), e commento con: wow.
bestseller2020 ha scritto: mar ago 23, 2022 6:44 pmUna sera
Poco fa
Un anno
Un attimo
L'eterno
Un momento
Bellissimo questo crescendo, ci mostri come questa ricerca spasmodica dell'eterno sia costante: è poco fa, ma anche una sera, un anno; è un attimo, un momento, ma anche l'eterno.
bestseller2020 ha scritto: mar ago 23, 2022 6:44 pmLa nostra ansia
Misteriosa necessità
Qui la tensione raggiunge il massimo
bestseller2020 ha scritto: mar ago 23, 2022 6:44 pmDio.
Questo verso finale, solitario, scioglie la tensione, e lascia solo silenzio. Se il crescendo della poesia è un'onda che si ingrossa, questo verso finale lascia un mare completamente piatto e calmo.
Grande  :sss:

Re: [CP7] Eterno d'ansia

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@bestseller2020  

Piaciuta molto! Nello stesso momento in cui la leggevo, sentivo le parole lette ad alta voce, con quelle prime due pause così tanto significative che in qualche modo penso andrebbero evidenziate anche nello scritto, inserendo la punteggiatura che di solito preferisco evitare, ma qui secondo me sarebbe utile. Sul tipo:

Una sera, xxx (aggiungere qualcosa per bilanciare il verso successivo)
poco fa
Un anno, un attimo
l'eterno
Un momento,
la nostra ansia

Misteriosa necessità...

Vabbè, nell'ultimo verso aggiungerei preposizione e articolo indeterminativo, però mi rendo conto che la cosa sconfina nel mio modo di pensare e di considerare la religiosità, e influirebbe sul messaggio che presumo tu abbia voluto dare e quindi niet.
Comunque molto bella, asciutta e intensa, elegante nella misura delle parole. Trascendentale e tuttavia concreta, ben salda nella percezione umana del tempo. Un'ottima composizione. Ciao, alla prossima!  :super:

Re: [CP7] Eterno d'ansia

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Complimenti mio esimio @bestseller2020 

per questi versi, che con una mirabile sintesi toccano in maniera esaustiva un tema così vasto e profondo sulla caducità dell’eseistenza
e dell’inevitabile necessità umana di un senso della creazione.
I versi guardano con occhio attonito dell’essere umano allo scorrere
inarrestabile del tempo, che inchioda l’uomo alla sua fuggevole, umana, provvisorietà, come una implacabile condanna.
Il senso della fine, la certezza unica e assoluta della nostra morte,
ci rende gli unici esseri senzienti del proprio destino di questo pianeta.

L’ansia dei tuoi versi rendono in maniera concisa ed esemplare lo stato d’animo che sottotraccia ci accompagna dal momento in cui
prendiamo coscienza della nostra transitorietà, ecco all’ora nascere la domanda capitale del perché esistiamo, del bisogno di cercare un significato in qualcosa di superiore, assoluto e immutabile come il grande Demiurgo o il respiro di un’entità divina che dia segno di sé,
illuminando la tenebra della nostra esistenza.

Complimenti amico mio.
Alla prossima.
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