"Bravo, bravo" dice il pagliaccio
Posted: Tue Jan 05, 2021 12:58 am
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"Bravo, bravo"
dice il pagliaccio
sul suo palco rosso,
sguardo perso
sullo scempio
del corpo stravolto,
sorrisi ischemici,
sensi erratici
su ricordi
elettrostatici.
"Non sperare di capire
dice - nemmeno di dormire
e non provare
a scappare
e non pensare
di poterti salvare
dal giudizio finale
del tuo tribunale".
Bravo, bravo - mi dico,
il volto spaccato
davanti allo specchio,
il sorriso scheggiato,
il naso rotto,
le quattro del
mattino
e il bisogno genuino
di scaricare
l'anima giù,
nel profondo,
nascondere
nel cuore e nel cesso
alcol e pentimento.
Dopo la notte,
cosa rimane
nella memoria
delle colpe,
delle risse,
delle botte,
di tutte le istanze
che la brava ragione
di giorno m'impone,
ma che al morire
d'ogni misero sole
divengono prigione.
Eccolo, vostro onore,
il carnevale
d'un vile giullare
che indugia
sulla soglia
d'una gioventù
morta e sepolta,
adesso inutilmente
risorta.
Bravo, bravo - ti scrivo,
a te che hai capito
il mio poema recidivo,
a te che hai intuito
la differenza
fra la virtù
e il mero invecchiare,
a te che hai conoscenza
del bene e del male
ma senza aver provato
mai piacere, nè fame.
Io per me,
preferisco ballare
ebbro di vino
e senza catene,
ingenuamente sognare
come si conviene
al folle e al bambino.
Con occhi tristi
ma mai rassegnati,
riuscire a immaginare
panorami mai visti,
sordo alle ingiurie
del vostro giudicare,
riuscire a cantare
un poema immortale,
senza alibi e trame,
con versi incerti
che perdono il metro
ma si fanno ricordare.
Queste mie
parole povere e nude
che non cercano
gloria o alloro,
ma l'anima immolano
sull'altare pagano
dell'essere umano.
"Bravo, bravo"
dice il pagliaccio
sul suo palco rosso,
sguardo perso
sullo scempio
del corpo stravolto,
sorrisi ischemici,
sensi erratici
su ricordi
elettrostatici.
"Non sperare di capire
dice - nemmeno di dormire
e non provare
a scappare
e non pensare
di poterti salvare
dal giudizio finale
del tuo tribunale".
Bravo, bravo - mi dico,
il volto spaccato
davanti allo specchio,
il sorriso scheggiato,
il naso rotto,
le quattro del
mattino
e il bisogno genuino
di scaricare
l'anima giù,
nel profondo,
nascondere
nel cuore e nel cesso
alcol e pentimento.
Dopo la notte,
cosa rimane
nella memoria
delle colpe,
delle risse,
delle botte,
di tutte le istanze
che la brava ragione
di giorno m'impone,
ma che al morire
d'ogni misero sole
divengono prigione.
Eccolo, vostro onore,
il carnevale
d'un vile giullare
che indugia
sulla soglia
d'una gioventù
morta e sepolta,
adesso inutilmente
risorta.
Bravo, bravo - ti scrivo,
a te che hai capito
il mio poema recidivo,
a te che hai intuito
la differenza
fra la virtù
e il mero invecchiare,
a te che hai conoscenza
del bene e del male
ma senza aver provato
mai piacere, nè fame.
Io per me,
preferisco ballare
ebbro di vino
e senza catene,
ingenuamente sognare
come si conviene
al folle e al bambino.
Con occhi tristi
ma mai rassegnati,
riuscire a immaginare
panorami mai visti,
sordo alle ingiurie
del vostro giudicare,
riuscire a cantare
un poema immortale,
senza alibi e trame,
con versi incerti
che perdono il metro
ma si fanno ricordare.
Queste mie
parole povere e nude
che non cercano
gloria o alloro,
ma l'anima immolano
sull'altare pagano
dell'essere umano.