"Bravo, bravo" dice il pagliaccio

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"Bravo, bravo"
dice il pagliaccio
sul suo palco rosso,
sguardo perso
sullo scempio
del corpo stravolto,
sorrisi ischemici,
sensi erratici
su ricordi
elettrostatici.
"Non sperare di capire
dice - nemmeno di dormire
e non provare
a scappare
e non pensare
di poterti salvare
dal giudizio finale
del tuo tribunale".

Bravo, bravo - mi dico,
il volto spaccato
davanti allo specchio,
il sorriso scheggiato,
il naso rotto,
le quattro del
mattino
e il bisogno genuino
di scaricare
l'anima giù,
nel profondo,
nascondere
nel cuore e nel cesso
alcol e pentimento.
Dopo la notte,
cosa rimane
nella memoria
delle colpe,
delle risse,
delle botte,
di tutte le istanze
che la brava ragione
di giorno m'impone,
ma che al morire
d'ogni misero sole
divengono prigione.
Eccolo, vostro onore,
il carnevale
d'un vile giullare
che indugia
sulla soglia
d'una gioventù
morta e sepolta,
adesso inutilmente
risorta.

Bravo, bravo - ti scrivo,
a te che hai capito
il mio poema recidivo,
a te che hai intuito
la differenza
fra la virtù
e il mero invecchiare,
a te che hai conoscenza
del bene e del male
ma senza aver provato
mai piacere, nè fame.

Io per me,
preferisco ballare
ebbro di vino
e senza catene,
ingenuamente sognare
come si conviene
al folle e al bambino.
Con occhi tristi
ma mai rassegnati,
riuscire a immaginare
panorami mai visti,
sordo alle ingiurie
del vostro giudicare,
riuscire a cantare
un poema immortale,
senza alibi e trame,
con versi incerti
che perdono il metro
ma si fanno ricordare.

Queste mie
parole povere e nude
che non cercano
gloria o alloro,
ma l'anima immolano
sull'altare pagano
dell'essere umano.

Re: "Bravo, bravo" dice il pagliaccio

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Nerio ha scritto: mar gen 05, 2021 12:58 am commento: viewtopic.php?p=1369#p1369

"Bravo, bravo"
dice il pagliaccio
sul suo palco rosso,
Ciao, Nerio. Nel frattempo che cerco di capire come taggare, cito i primi tre versi nella speranza che ti arrivi la notifica.
Gran bella poesia che si condensa tutta (nella mia testa) nel volto di un pagliaccio male in arnese, un unico primo piano in cui campeggia l'allegria - soltanto dipinta sopra un tormento tipicamente umano - che, per sovrapposizione e alchimia, diventa sarcasmo. Immagine unica, quindi, che poi i versi scolpiscono di diverse sfaccettature. Ottimo il verso rimato che emerge a tratti come filastrocca un po' canzonatoria e un po' disperata. Si percepisce una profonda infelicità e la tentazione latente di adagiarsi nella commiserazione di sé stessi e della vita, ma si sente chiaramente anche una spinta verso l'alto, un'energia non sopita che pare non aver la minima intenzione di prostrarsi, tutt'altro.
Bello e spaventoso (da quando i clown sono diventati sinonimo di paura? Forse da It in poi, o lo erano già?) quel volto ammaccato nello specchio, percosso e irrimediabilmente rovinato di uomo che pare avanti con gli anni e con l'esperienza, imbellettato dai colori forzati della ragione, del mantenere un contegno, dell'ottimismo un po' disperato e privo di reali alternative di questi nostri stessi giorni.
Dai colori di una gioventù che dici recuperata "inutilmente" e gioca il suo ruolo in una successione di eventi sui quali la voce che parla non si sbottona, limitandosi a lasciar intendere un esito finale non proprio esaltante, una consapevolezza un po' amara delle cose. E' inevitabile, a volte, doversi tenere dentro le cose, magari perché non se ne è ancora compreso il reale significato o magari perché si pensa che gli altri non siano in grado di comprenderlo nel caso decidessimo di condividerlo. Magari quando ciò che abbiamo davanti agli occhi ci rende infelici e non abbiamo modo di cambiarlo, forse dovremmo semplicemente cercare un altro modo di guardarlo per poi reagire positivamente e per il meglio. Quien sabe? E' tutto dietro quella maschera che a volte ci nasconde e altre ci protegge.
L'anima di una poesia è invisibile a occhio nudo, radicata nei versi ma giù nel profondo e l'impressione che lascia su di noi è impalpabile, malgrado ci si sforzi di decodificarla con risultati alterni. A me questa poesia ha lasciato una sensazione di forza compressa, sul punto di esplodere o di implodere, e l'immagine di un ritratto complesso e maturo. Complimenti.

Re: "Bravo, bravo" dice il pagliaccio

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Ciao Nerio
"Bravo, bravo" dice il pagliaccio è una poesia dai versi brevi e scattanti, che danno una sensazione di ironia, velocità, scanzonatezza (si dice così?), e invece è più profonda, e attraversa vari stati d'animo, dal sarcasmo iniziale alla tristezza, dalla nostalgia alla speranza (o così mi sembra). Fra l'altro mi hai commentato un sonetto e hai detto che non era il tuo genere, però vedo che non disdegni allitterazioni e rime e altri artifici (detto in senso buono: strumenti dell'arte).
Credo che le riflessioni che tu hai fatto qui ce le facciamo tutti, senza sapere trovare risposte certe. Mi piace soprattutto il finale dove dici
ingenuamente sognare
riuscire a immaginare
riuscire a cantare
ma si fanno ricordare.
Ho qualche difficoltà all'inizio perché non capisco dove sia la scena. A chi si riferiscono i versi
sguardo perso
sullo scempio
del corpo stravolto,
sorrisi ischemici,
sensi erratici
su ricordi
elettrostatici
(comunque molto scattanti): al pubblico o al pagliaccio stesso?
Così come non vedo la scena del tribunale, e il giudice; ma mi rispondo da solo perché il giudice che ti accusa sei tu stesso (l'imperativo morale, quello che una volta si chiamava coscienza, o cattiva coscienza, oppure un certo tuo orgoglio disilluso?).
Trovo un po' generici i versi
a te che hai conoscenza
del bene e del male
ma senza aver provato
mai piacere, nè fame.
perché faccio fatica a immaginare qualcuno che non abbia mai provato piacere, se non in certe raffigurazioni retoriche.
Il verso più bello, che trovo irresistibile:
parole povere e nude
Ciao Nerio

Re: "Bravo, bravo" dice il pagliaccio

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Quando ho letto la prima volta la tua poesia non ho potuto fare a meno di pensare al Joker. Non so se anche tu hai pensato a lui mentre la scrivevi. 
Bravo, Bravo, e poi giù verso un abisso un po' umano e un po' no. E come nel film ho trovato umanità nella distruzione che il pagliaccio (perché questo è e continua ad essere per tutto il componimento) e non l'uomo dietro alla maschera rincorre come se quella fosse l'unica vita che conosce. Come se dietro quella maschera lui fosse il niente con il bisogno di celebrare se stesso. 

sguardo perso
sullo scempio
del corpo stravolto,
sorrisi ischemici,
sensi erratici
su ricordi
elettrostatici

Ho trovato questi versi forzati, come se avessi cominciato la poesia e poi hai deviato in un'altra direzione (non so neanche se mi sto spiegando in realtà), sembrano essere parte di un altro componimento.
Comunque un gran bel pezzo.
Complimenti!
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