Vicoli ciechi

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Il mio commento: 
https://www.costruttoridimondi.org/forum/viewtopic.php?p=24494#p24494

Il tempo macina le urla
gettate sotto i tappeti, 
quando i nervi abitano le botole
e la polvere è occultata al di sotto
del suolo, dell'improvvido silenzio
è rimasto il segno sui muri,
le crepe sulla pelle, 
il percorso dell'ombra 
agganciato alle mattonelle.

Tutto brucia nel sottosuolo
e si chiede nella dimenticanza
se mai sia stato sole,
se mai sia stato luce, 
se mai sia stato più di sè
e le sue nocche livide,
mentre ne stringeva la pala
dei suoi vicoli ciechi.
Aras Bauta

Re: Vicoli ciechi

2
@BollaDiSapone ciao e benvenuta con la tua poesia.

Sei molto criptica nel dialogo ma si capisce chiaramente ciò che rappresenti: la violenza domestica.

Il tempo macina le urla
gettate sotto i tappeti, 

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in effetti le urla sono solo un movimento d'aria che il tempo in pochi secondi fa svanire. Ma non è così per l'animo umano che tenta di mettere sotto al tappeto come la polvere e nascondere quella violenza come se nulla fosse stato, ma senza riuscire a metabolizzare.

quando i nervi abitano le botole
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questa frase è un arcano. Di impulso mi vedo questa botola con cui si accede alla zona sotterranea dove ci si nasconde volentieri e nei casi di emergenza.  Una via di fuga.
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Tutto brucia nel sottosuolo
e si chiede nella dimenticanza
se mai sia stato sole,
se mai sia stato luce, 
se mai sia stato più di sè
e le sue nocche livide,
mentre ne stringeva la pala
dei suoi vicoli ciechi.
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questa parte è più diretta. In definitiva, trovo i tuoi versi carichi di quello stato d'animo di chi si trova a fronteggiare simili situazioni che spesso diventano una vita intera ...  ciao a presto
Tratti di pioggia sopra Auschwitz. Tra oblio e orgoglio

Re: Vicoli ciechi

3
@bestseller2020 ciao, ti ringrazio per essere passato e per aver tentato di interpretare la poesia.
Riconosco che uno stile parecchio ermetico e criptico, a volte così tanto da dovermi spremere le meningi io stessa!

Non pensavo in particolare alla violenza domestica quando ho scritto i versi, un'associazione che mi ha stupita. È bello lasciare la scrittura all'occhio dell'altro proprio per la possibilità di agguantare varie letture da una stessa origine. 
bestseller2020 ha scritto: questa frase è un arcano. Di impulso mi vedo questa botola con cui si accede alla zona sotterranea dove ci si nasconde volentieri e nei casi di emergenza.  Una via di fuga.
Concludo qui, senza aggiungere troppo che possa influenzare, ma la dimensione sotterranea c'è sicuramente, qui ti sei in parte avvicinato.

Ancora grazie e a presto  :sss:
Aras Bauta

Re: Vicoli ciechi

4
@BollaDiSapone Ciao.
Questa poesia mi ha subito catturato per la tensione dei versi e quell'alone di insoluto che la rende ancor più intrigante. L'impressione spontanea è quella di trovarsi di fronte alla violenza, e nello specifico l'ho accomunata in quella più “a portata di mano” (analogia tanto semplice quanto aberrante, di cui mi scuso) della violenza domestica. Ma vedo in questa poesia un respiro più ampio che sottende alla violenza in sé, come stato di prevaricazione e segregazione della vittima presa e persa nei suoi meccanismi. Ecco, in un certo qual modo, in questi versi mi pare di scorgere vividamente gli ingranaggi di questo meccanismo subdolo, in special modo nella prima parte.
Il tempo macina le urla
gettate sotto i tappeti,
Il verbo “macinare” mi ha sublimato proprio l'immagine di un tritacarne, e il sostantivante “tempo” mi suggerisce quel respiro universale nell'opera. Difatti il tempo è spesso paragonato a una grande tramoggia che trangugia orrori e sofferenze della Storia. Il secondo verso invece mi àncora alla violenza domestica, al nascondere la polvere sotto al tappeto e non opacizzare le apparenze (che trovo sia il primo e più ferale ingranaggio del meccanismo).
quando i nervi abitano le botole
Questo è uno dei versi che trovo più emblematico e struggente. Ecco che una volta presi nel meccanismo è come se si venisse segregati in una botola e quei “nervi” oltre a idealizzare la tensione emotiva si fanno concreti e visualizzabili nelle nervature del legno che si chiude sopra la testa. Qui mi hai strappato letteralmente un brivido.
e la polvere è occultata al di sotto
del suolo, dell'improvvido silenzio
è rimasto il segno sui muri,
le crepe sulla pelle,
Forse saranno le botole che mi rimandano a secoli bui e un immaginario di segregazione, a questi versi do una valenza universale nelle violenze e sofferenze perpetrate in qualsiasi ambito e la cui omertà, “l'improvvido silenzio”, sgretola l'edificio umano del carnefice e le carni vive della vittima.
il percorso dell'ombra
agganciato alle mattonelle.
Qui è sopraggiunto un altro brivido. E bello vivido, caspita. Ho visto materializzarsi il carnefice nell'ombra e tutta l'angoscia della vittima nella sua prospettiva rasoterra. Ti dirò di più, mi è subentrato il diavoletto della perfidia che mi ha fatto notare, subdolamente sarcastico, che in fase di posa le mattonelle presentano quelle che si chiamano vie di fuga. E mi sono figurato disteso su un pavimento a veder scivolare l'ombra del carnefice sulle vie di fuga delle mattonelle. Tremendo.
Tutto brucia nel sottosuolo
e si chiede nella dimenticanza
se mai sia stato sole,
se mai sia stato luce,
se mai sia stato più di sé
e le sue nocche livide,
mentre ne stringeva la pala
dei suoi vicoli ciechi.
Questa seconda parte l'ho vista come una sorta di compendio, naturalmente non esaustivo ma consistente, del “succo” che ne rimane alla fine degli ingranaggi. E i versi li trovo, inversamente proporzionati, abbinabili sia al carnefice che alla vittima. Al di là dell'esercizio coercitivo in se ci si ritrova davanti a dei vicoli ciechi.

Riassumendo, come hai potuto notare questa tua poesia mi ha coinvolto emotivamente al punto da stendermi al suolo, anche se in senso figurato (che non è poco). Non so se le mie sensazioni collimino in pieno con le tue intenzioni, ma non credo abbia molta importanza. Per come vivo io la poesia, il tuo sasso gettato nell'acqua ha saputo propagare un'ondata di cerchi concentrici emozionali. Complimenti e grazie per le suggestioni che mi hai fatto scaturire.

Re: Vicoli ciechi

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Vincenzo Iennaco ha scritto: Ma vedo in questa poesia un respiro più ampio che sottende alla violenza in sé, come stato di prevaricazione e segregazione della vittima presa e persa nei suoi meccanismi. Ecco, in un certo qual modo, in questi versi mi pare di scorgere vividamente gli ingranaggi di questo meccanismo subdolo, in special modo nella prima parte.
Ciao @Vincenzo Iennaco, finalmente riesco a risponderti come si deve. 
La violenza nel componimento è esattamente violenza in sè, non intendevo virare verso la violenza domestica, sebbene col senno di poi ne abbia colto i collegamenti ed è stata una sorpresa anche per me. È risultato di un effetto collaterale della poesia, che ora ti espongo.
Vincenzo Iennaco ha scritto: Il verbo “macinare” mi ha sublimato proprio l'immagine di un tritacarne, e il sostantivante “tempo” mi suggerisce quel respiro universale nell'opera. Difatti il tempo è spesso paragonato a una grande tramoggia che trangugia orrori e sofferenze della Storia.
Come hai notato abbiamo due piani: uno universale posto nel tempo, uno individuale posto nell'uomo (è questo che è stato interpretato come violenza domestica). Sono piani, come puoi immaginare, molto intricati e correlati tra loro, proprio come può esserlo il tempo storico verso la storia stessa.
Vincenzo Iennaco ha scritto: Questo è uno dei versi che trovo più emblematico e struggente.
Ti ringrazio, è un verso chiave e quindi sono contenta che si percepisca. 
Vincenzo Iennaco ha scritto: Forse saranno le botole che mi rimandano a secoli bui e un immaginario di segregazione, a questi versi do una valenza universale nelle violenze e sofferenze perpetrate in qualsiasi ambito e la cui omertà, “l'improvvido silenzio”, sgretola l'edificio umano del carnefice e le carni vive della vittima.
Sì, i termini "botole" e "sotterraneo" non sono un caso, ma il risultato di un collegamento proprio con il tema della segregazione che, qui, ho voluto intenderlo sia in senso concreto (quindi storico) e sia in senso esistenziale (passami il termine "emotivo", sebbene non sia il più idoneo).
Vincenzo Iennaco ha scritto: le mattonelle presentano quelle che si chiamano vie di fuga. E mi sono figurato disteso su un pavimento a veder scivolare l'ombra del carnefice sulle vie di fuga delle mattonelle. Tremendo.
Confermo anche questo, le mattonelle le ho intese in due modi: il primo è quello che hai colto ed è un ottimo rimando alla divisione successiva; il secondo è la mattonella come punto fisso per non impazzire, il concentrarsi su qualcosa per non pensare a tutto il resto.
Vincenzo Iennaco ha scritto: E i versi li trovo, inversamente proporzionati, abbinabili sia al carnefice che alla vittima.
Mi fa molto piacere che subentri la divisione alla fine, una divisione che in realtà accompagna tutta la poesia per poi mostrarsi evidente, ma non del tutto separata, per certi versi.
Vincenzo Iennaco ha scritto: Riassumendo, come hai potuto notare questa tua poesia mi ha coinvolto emotivamente al punto da stendermi al suolo, anche se in senso figurato (che non è poco). Non so se le mie sensazioni collimino in pieno con le tue intenzioni, ma non credo abbia molta importanza. Per come vivo io la poesia, il tuo sasso gettato nell'acqua ha saputo propagare un'ondata di cerchi concentrici emozionali. Complimenti e grazie per le suggestioni che mi hai fatto scaturire.
Ti ringrazio di cuore, son parole preziose e sono felice di essere riuscita a raggiungerti emotivamente, tengo molto a questo aspetto della poesia. Indipendentemente da quanto senso venga colto o meno, l'interpretazione sono solita lasciarla abbastanza libera e spesso io stessa mi lascio sorprendere dai miei versi. È bello trovare la stessa meraviglia, in tal caso un po' macabra per i temi, anche in un'altra persona.
A presto :)
Aras Bauta
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