Dove cresce l'avena fatua

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Dove cresce l’avena fatua andavamo a giocare,
la lanciavamo sugli abiti e le piccole spighe
restavano appese.

Ogni malattia ha il suo decorso, la mia è lunga
e sfiancante, in compenso tiene compagnia. Ogni 
sera ti dico addio, cara vita, a non rivederci più.

Tu intanto cinguettavi di come sarà il domani,
di dove ceneremo stasera, del lago di papere
dove avevi visto anche un cigno.

Mi parlavi di com’era immobile nell’umido
del lago, di come le piume, lentamente, s’alzavano
e abbassavano, e di come chinava il lungo collo.

Mi parlavi del chiarore innaturale che emanava
il lago di sera, dei fumi che s’alzavano, attorno
al cigno. E io pensavo che per te, che per te

avrei voluto essere quel cigno. Per questo punto
sempre a me stesso, come si punta a una 
strada verso il bello, e per questo sono manchevole.

L’avena fatua, le piccole spighe che lanci addosso
soltanto alle persone che ami davvero, cresce
ai bordi delle careggiate. Ne afferro una manciata,

ma ora sono solo. Non c’è più il tuo maglione
blu elettrico, e non c’è più il gusto, non c’è più
il tuo sorriso nel farlo.
https://domenicosantoro.art.blog/

Re: Dove cresce l'avena fatua

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Domenico, bentornato. E torni con una poesia semplice solo in apparenza. Ricordi che una volta parlai di understatement a proposito della tua scrittura? È una modalità che ti contraddistingue, e che ti oppone all'iperbole. A me piace molto. Qui, ad esempio, protagonista è l'avena fatua, pianta onnipresente, infestante, ma dall'aspetto delicato e molto simpatico, perché le spighe si attaccano ai tessuti: per questo, spieghi alla fine, si può lanciare solo a chi si ama davvero. Gli altri si innervosirebbero.
Dedicare una poesia all'avena fatua è proprio di un animo attento alle cose piccole e poco considerate, ma presenti ovunque.
Dopo l'accenno iniziale all'avena, l'io lirico volge gli occhi su di sé e parla di una malattia grave, per cui rischia la vita. Forse non è il corpo a essere malato, ma è la mente esaltata che lo percepisce come tale. Collego a questa strofa infatti quella in cui si parla del sentirsi manchevoli.
Poi vi è una strofa in cui compare la figura femminile: pare all'inizio che essa sia sciocchina, perché di fronte al dolore "cinguetta" di cene e di un domani che forse l'io lirico non vedrà mai; in realtà costei viaggia sulla stessa lunghezza d'onda dell'io lirico, perché lo travolge con una descrizione minuziosa del cigno e del lago che lo accoglie. Il cigno è come l'avena: ogni frammento della natura turba con la sua bellezza infuocata l'io lirico e il suo doppio.
Alla fine, contraddicendo (poeticamente) la strofa in cui si parla della malattia mortale, non è "lui" a sparire/morire, ma "lei".
Il tuo io lirico, difatti, è allo stesso tempo sempre solo e sempre in compagnia. 
Grazie, @Domenico S.
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Re: Dove cresce l'avena fatua

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@Ippolita Ciao Ippolita, è sempre un piacere rileggerti, anche perché con me sei sempre molto indulgente. La poesia infatti è un po' incasinata, non so da dove salti fuori quel cigno, forse dalla celebre composizione omonima di James Merrill (se non lo conosci già ti consiglio di darci uno sguardo.) Inoltre ho scritto "careggiata", ma spero sia soltanto un errore di battitura. Detto questo, le tue parole mi fanno sempre pensare su quanto scrivo, e sono sempre indovinate. Quando non indovini con esattezza, mi regali sempre un sorriso, come quando dici che l'avena fatua non va lanciata su chi non si ama, perché potrebbe arrabbiarsi. Non era assolutamente il senso che volevo dare a quel verso, ma è verissimo. Sorrido. Ti ringrazio, spero ci si rilegga presto. Non so perché trascuro sempre il forum... a presto.
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Re: Dove cresce l'avena fatua

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Ciao @Domenico S.
Ben ritrovato!
Tu sai creare poesie da poche "piccole" immagini, che possono sembrare "gratuite" (nel senso di: messe lì così...) però stimolano la fantasia perché si lasciano visualizzare e "lasciano qualcosa". 
Una è questa (graziosa):  

Dove cresce l’avena fatua andavamo a giocare,
la lanciavamo sugli abiti e le piccole spighe
restavano appese.

Le due strofe successive stanno bene insieme: lui che pensa alla morte, lei al futuro (e così, si potrebbe pensare, è la sua ancora di salvezza): 
Ogni malattia ha il suo decorso, la mia è lunga
e sfiancante, in compenso tiene compagnia. Ogni 
sera ti dico addio, cara vita, a non rivederci più.

Tu intanto cinguettavi di come sarà il domani,
di dove ceneremo stasera, del lago di papere
dove avevi visto anche un cigno.

La seconda immagine:
Mi parlavi di com’era immobile nell’umido
del lago, di come le piume, lentamente, s’alzavano
e abbassavano, e di come chinava il lungo collo.
Leggo dalle tue risposte che non sai bene come ti sia venuto in mente il cigno. Ma come? dalla memoria: il cigno è un archetipo, un essere impossibile, come l'unicorno...
E infatti è magico: 

Mi parlavi del chiarore innaturale che emanava
il lago di sera, dei fumi che s’alzavano, attorno
al cigno. 

Perché lo (ti) fa pensare alla vita: 
E io pensavo che per te, che per te

avrei voluto essere quel cigno. 

Anche se rimane schiavo della stessa ossessione: 
Per questo punto

sempre a me stesso, come si punta a una 
strada verso il bello, e per questo sono manchevole.

e allora si ritornana circolarmente all'inizio:

L’avena fatua, le piccole spighe che lanci addosso
soltanto alle persone che ami davvero, cresce
ai bordi delle careggiate. Ne afferro una manciata,

ossia al senso cupo della morte, o forse più precisamente di esistenziale insoddisfazione che ti fa immaginare la morte, se non fosse che, anche per il più malinconico dei poeti, lasciarsi cullare dalla nostalgia è perfino meglio della morte stessa: 

ma ora sono solo. Non c’è più il tuo maglione
blu elettrico, e non c’è più il gusto, non c’è più
il tuo sorriso nel farlo.

Due parole sulla forma: i versi scorrono senza una metrica precisa, ma in un certo senso "a orecchio", e non stonano mai, anzi trascinano il lettore lungo la vicenda quasi spontaneamente. Perfino quell' "Ogni" in fine di verso (che forse andava meglio a capo). 
Mi è piaciuta, @Domenico S.
Ciao!

Re: Dove cresce l'avena fatua

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@Gianfranco P Ciao, sono contento che al mia piccola poesia ti sia piaciuta. Ho trovato il tuo commento molto interessante. Mi ha fatto pensare ad aspetti del mio componimento che non avevo propriamente realizzato. Rileggendola, farei molti cambiamenti a dire il vero, e non.è detto che un domani non ci lavori sopra, anche grazie al tuo utile commento. Grazie ancora, a rileggersi.
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