Intes MK-69 wrote: Traccia n. 3
La notte lava la mente.
Siamo ombre appese ad asciugare
come panni che il vento striglia.
Poi come sai
saremo fughe di piastrelle sbeccate
terrore di palpitazioni di piedi.
La notte fuggo dalle mie mani
navigando dove il mare e il cielo sono palpebre.
Torno bambino che gioca con le onde
mentre nel cielo disegno nuvole
con la punta della randa.
Ciao, Mirko. Felicissima di ritrovarti.
Il tuo componimento mi è parso diviso in due: nelle prime due strofe credo di ravvisare considerazioni amare sulla natura umana, fragile e fugace; nelle ultime due l'io lirico mi pare si rifugi finalmente nel sonno, e quindi nei sogni che esso conduce.
Solo qui, pare ci dica, si può trovare ristoro: il sogno è l'unico spazio in cui tutto è possibile, in cui le palpebre chiuse diventano palcoscenico di mari e di cieli.
L'immagine iniziale dei panni stesi al vento è sempre suggestiva e qui molto azzeccata. Riguardo alle fughe delle piastrelle, nonostante il senso mi sia chiaro, modificherei forse il verso "terrore di palpitazioni di piedi". Le fughe delle piastrelle, metafora del nostro percorso vitale, formano reticolati chiusi in sé stessi, labirinti fastidiosi; diventano ancora più opprimenti se le piastrelle risultano sbeccate, vale a dire vecchie, lasciate a sé stesse, forse anche pericolose, e pertanto fonte di paura per i piedi che le calpestano.
Bello e dolente il verso introduttivo dei precedenti, "Poi come sai": come a dire che la consapevolezza del fatto che non vi siano alternative, e il destino umano è quello e non altro, si radica ben presto nell'uomo.
Grazie per la bella lettura,
@Intes MK-69.