La grande scatola
Posted: Sun Aug 25, 2024 10:17 am
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Luca liberò il cagnolino dal guinzaglio, tenendolo per la pettorina con due dita. Alla fine del sentiero che procedeva attraverso le spighe dorate, si innalzava la maestosa fabbrica che i grandi avevano costruito proprio lì, molti anni prima che lui nascesse. Una brutta scatola verde di metallo, perfetta per nasconderci i segreti più oscuri del mondo. L’animaletto peloso lo stava fissando, le orecchie alzate belle tese e la solita espressione buffa. Gli occhietti sgranati gli stavano comunicando il desiderio di voltarsi e scattare in avanti, per potersi gustare la libertà che solo una corsa in mezzo al grano gli avrebbe restituito. Non attendeva altro da tutta la settimana.
Luca liberò il cagnolino dal guinzaglio, tenendolo per la pettorina con due dita. Alla fine del sentiero che procedeva attraverso le spighe dorate, si innalzava la maestosa fabbrica che i grandi avevano costruito proprio lì, molti anni prima che lui nascesse. Una brutta scatola verde di metallo, perfetta per nasconderci i segreti più oscuri del mondo. L’animaletto peloso lo stava fissando, le orecchie alzate belle tese e la solita espressione buffa. Gli occhietti sgranati gli stavano comunicando il desiderio di voltarsi e scattare in avanti, per potersi gustare la libertà che solo una corsa in mezzo al grano gli avrebbe restituito. Non attendeva altro da tutta la settimana.
“Sei pronto Whisky? Via!”
Mosse qualche passo anche lui, mentre la macchiolina nera era intenta a schizzare al massimo della velocità. Adorava il profumo emanato dai campi, così come il suono prodotto dai suoi piedi sul terriccio croccante che stava seccando. Ancora pochi secondi e il piccolo Whisky si sarebbe voltato soddisfatto e sarebbe tornato dal padrone. Mamma gli preparava ogni sera una ciotola piena di carne e verdure, doveva per forza essere contento della famiglia dove era cresciuto. La sagoma scura iniziò però a confondersi con la tonalità verde che costituiva la base della fabbrica; una lieve morsa allo stomaco lo fece avvicinare alla scatola, poco per volta. Strinse le dita con forza, sentendo la plastica del vecchio guinzaglio sotto ai polpastrelli e il suono del gancio metallico penzolante trascinato per terra. Qualcosa non andava. Perché non tornava indietro?
Le spighe iniziarono a sfrecciargli accanto, da entrambi i lati, mentre mille insetti gli finirono in bocca e su per il naso. Glielo diceva sempre la mamma di non avvicinarsi troppo a quel posto, perché poteva essere pericoloso. E lui lo percepiva, sapeva che lì accadevano delle brutte cose, se lo sentiva anche in quel momento, col cuore martellante e il fiato corto. Le sue scarpe erano entrate nella zona d’ombra della grande scatola adesso, non si era mai spinto così vicino. Con le mani a mo’ di megafono caricò le parole di tutta l’energia che gli era rimasta:
“Whisky! Dove sei?”
La sua mente iniziò a contare. Il profumo che amava mutò rapidamente in qualcosa di acido, che lo costrinse ad arricciare il naso. C’era un portone aperto laggiù. Cinque secondi. Il suo piccolo amico non comparve da nessuna parte, doveva essersi infilato nell’ultimo posto al mondo in cui avrebbe voluto. Forse qualcosa aveva attirato la sua attenzione, oltre quel confine ombroso. Fu la fabbrica a rispondere al suo richiamo, però. Una sirena terrificante si disperse su tutta l’area attorno. Doveva trattarsi del canto di un mostro, quello che i grandi tenevano rinchiuso tra le alte mura. Il portone iniziò a chiudersi pian piano. Dieci secondi. Se voleva salvarlo, doveva prendere una decisione, farsi coraggio. E in fretta.