Ancora intorno a Viola
Inviato: mer gen 10, 2024 7:50 pm
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Bartolomeo aprì la porta dell’ufficio e sentì la voce severa di Elsa che rimproverava la praticante.
«Buongiorno, care signore. Abbiamo molti appuntamenti oggi?»
«Ma guarda chi si rivede! No, direi che si prospetta un pomeriggio piuttosto tranquillo. Hai letto il libro? Ti è piaciuto come viene delineato il percorso di maturazione del protagonista? Notevole, vero?»
«Uno psicopatico stakanovista. Maria, grazie per aver ritrovato l’allegato sedici.»
Maria divenne rossa in volto, abbassò lo sguardo e si allontanò con due grandi faldoni tra le braccia.
«Cosa? Uno psicopatico stakanovista? Questo è tutto quello che hai compreso del suo faticosissimo viaggio interiore verso la consapevolezza? Sei il solito troglodita. Con te non ci parlo. Vado nella mia stanza.»
Bartolomeo si tolse il cappotto e poggiò la borsa su una sedia. Si sedette alla scrivania e dette un'occhiata all’agenda.
Squillò il cellulare. Era rimasto nella tasca del cappotto ed egli si diresse verso l’attaccapanni. Apparve sul display un numero sconosciuto. Non aveva voglia di parlare con qualche potenziale cliente: chiamò Maria e le chiese di rispondere e prendere nota.
Sedette di nuovo alla scrivania e digitò «Boldini» sul pc. Sfogliò con lentezza, finché non comparvero i ritratti di Emiliana Concha de Ossa.
«L’avvocato in questo momento non è in ufficio. L’aereo? Be’, sì, l’aereo è atterrato, certo. L'avvocato è passato qui in studio e ha lasciato la borsa con il cellulare, ecco perché lo so con certezza. Con chi sto parlando, mi scusi?»
Bartolomeo aveva alzato lo sguardo verso la giovane, che si era avvicinata alla scrivania e stava scrivendo il nome che le veniva dettato.
«Stia tranquilla, signora: lascerò un messaggio e l’avvocato la richiamerà al più presto. Buona giornata anche a lei.»
«Come mai ti hanno chiesto dell’aereo? Oltre Elsa non lo sapeva nessuno.»
«Non saprei davvero. Era una voce di donna. Quando ho detto che lei non era in ufficio è sembrata allarmata: mi ha chiesto subito se l’aereo fosse atterrato. Ecco, ho scritto il nome.»
Consegnò l’appunto a Bartolomeo e rimase in attesa. Egli prese il biglietto senza leggerlo, lo rivoltò e lo poggiò sulla scrivania.
A chi aveva detto che sarebbe tornato quel giorno in aereo?
«Grazie, Maria. Puoi andare.»
Coprì con il palmo della mano destra il foglietto di carta vergato dalla ragazza. Non osava pensare che si trattasse di quel nome, ma in fondo ne aveva la certezza: sentiva nelle dita lo stesso calore di quando lei gliele aveva massaggiate, e nella mente un senso vago di benessere. Girò il biglietto, si alzò di scatto e chiuse la porta. Afferrò il cellulare, selezionò il numero e fece partire la telefonata.
«Pronto, Viola? Mi hanno lasciato un appunto col suo nome. Sì, sono tornato allo studio proprio perché avevo dimenticato il cellulare. Sono contento di sentirla. Come mai mi cercava? Sì, certo che mi fa piacere venire una sera a cena con voi. Una dottoressa di Melilli che non conosce nessuno a Roma? Mi dica il giorno e mi renderò disponibile. Sono io che la ringrazio. Il viaggio in aereo? Molto tranquillo. Le sarebbe piaciuto. La saluto anch’io, a presto.»
Si sedette e guardò fuori.
La bellezza degli alberi, la gravità dei solidi palazzi dell’alta borghesia in cui anche il suo studio si trovava, la compostezza del quartiere, il prestigio che aveva raggiunto: non gliene importava niente.
Pensò alle partite di pallone coi compagni di scuola, in riva al mare, al turbamento misto di passato e futuro che pulsava nelle loro menti quando immaginavano di scorgere all’orizzonte le navi greche dirette a Siracusa.
Chiamò Elsa con l’interfono.
«Sai se qui intorno ci sono centri dove fanno i massaggi? Sì, sono serio.»
Attendeva una risposta al microfono, ma Elsa era già di fronte a lui, e lo fissava sbalordita con le braccia penzoloni lungo i fianchi.
«Be’? Cos’è quello sguardo strano? Non ti ho mica chiesto dove posso comprarmi un tutù.»
«Sei tu o sei un clone? Ti hanno sostituito durante il viaggio in Sicilia?»
«Ho solo voglia di provare un massaggio. Mi sento contratto.»
«E quando te lo dicevo io? Ti ho pregato per anni di allentare la presa, di provare la sublime sensazione di un trattamento californiano. Se mi avessi dato retta, avresti evitato l’infarto.»
«Lo conosci o non lo conosci un centro di buon livello?»
«Nei dintorni ci sono solo centri di altissimo livello. E io li conosco tutti: come pensi che possa sopravvivere al nostro lavoro?»
«Dai, aiutami: ti chiedo scusa. Avrei dovuto ascoltarti. Prendi il telefono e prenota dal più bravo.»
Bartolomeo si era alzato e l'aveva abbracciata.
«Dal più bravo o dalla più brava?»
«Voglio una femmina. Dai, telefona. Prendimi il primo appuntamento disponibile.»
Elsa si allontanò scrollando le spalle, e Bartolomeo si sedette alla scrivania. Il pomeriggio successivo avrebbe dovuto incontrare, detenuto al carcere di Rebibbia, un nuovo cliente.
Bartolomeo aprì la porta dell’ufficio e sentì la voce severa di Elsa che rimproverava la praticante.
«Buongiorno, care signore. Abbiamo molti appuntamenti oggi?»
«Ma guarda chi si rivede! No, direi che si prospetta un pomeriggio piuttosto tranquillo. Hai letto il libro? Ti è piaciuto come viene delineato il percorso di maturazione del protagonista? Notevole, vero?»
«Uno psicopatico stakanovista. Maria, grazie per aver ritrovato l’allegato sedici.»
Maria divenne rossa in volto, abbassò lo sguardo e si allontanò con due grandi faldoni tra le braccia.
«Cosa? Uno psicopatico stakanovista? Questo è tutto quello che hai compreso del suo faticosissimo viaggio interiore verso la consapevolezza? Sei il solito troglodita. Con te non ci parlo. Vado nella mia stanza.»
Bartolomeo si tolse il cappotto e poggiò la borsa su una sedia. Si sedette alla scrivania e dette un'occhiata all’agenda.
Squillò il cellulare. Era rimasto nella tasca del cappotto ed egli si diresse verso l’attaccapanni. Apparve sul display un numero sconosciuto. Non aveva voglia di parlare con qualche potenziale cliente: chiamò Maria e le chiese di rispondere e prendere nota.
Sedette di nuovo alla scrivania e digitò «Boldini» sul pc. Sfogliò con lentezza, finché non comparvero i ritratti di Emiliana Concha de Ossa.
«L’avvocato in questo momento non è in ufficio. L’aereo? Be’, sì, l’aereo è atterrato, certo. L'avvocato è passato qui in studio e ha lasciato la borsa con il cellulare, ecco perché lo so con certezza. Con chi sto parlando, mi scusi?»
Bartolomeo aveva alzato lo sguardo verso la giovane, che si era avvicinata alla scrivania e stava scrivendo il nome che le veniva dettato.
«Stia tranquilla, signora: lascerò un messaggio e l’avvocato la richiamerà al più presto. Buona giornata anche a lei.»
«Come mai ti hanno chiesto dell’aereo? Oltre Elsa non lo sapeva nessuno.»
«Non saprei davvero. Era una voce di donna. Quando ho detto che lei non era in ufficio è sembrata allarmata: mi ha chiesto subito se l’aereo fosse atterrato. Ecco, ho scritto il nome.»
Consegnò l’appunto a Bartolomeo e rimase in attesa. Egli prese il biglietto senza leggerlo, lo rivoltò e lo poggiò sulla scrivania.
A chi aveva detto che sarebbe tornato quel giorno in aereo?
«Grazie, Maria. Puoi andare.»
Coprì con il palmo della mano destra il foglietto di carta vergato dalla ragazza. Non osava pensare che si trattasse di quel nome, ma in fondo ne aveva la certezza: sentiva nelle dita lo stesso calore di quando lei gliele aveva massaggiate, e nella mente un senso vago di benessere. Girò il biglietto, si alzò di scatto e chiuse la porta. Afferrò il cellulare, selezionò il numero e fece partire la telefonata.
«Pronto, Viola? Mi hanno lasciato un appunto col suo nome. Sì, sono tornato allo studio proprio perché avevo dimenticato il cellulare. Sono contento di sentirla. Come mai mi cercava? Sì, certo che mi fa piacere venire una sera a cena con voi. Una dottoressa di Melilli che non conosce nessuno a Roma? Mi dica il giorno e mi renderò disponibile. Sono io che la ringrazio. Il viaggio in aereo? Molto tranquillo. Le sarebbe piaciuto. La saluto anch’io, a presto.»
Si sedette e guardò fuori.
La bellezza degli alberi, la gravità dei solidi palazzi dell’alta borghesia in cui anche il suo studio si trovava, la compostezza del quartiere, il prestigio che aveva raggiunto: non gliene importava niente.
Pensò alle partite di pallone coi compagni di scuola, in riva al mare, al turbamento misto di passato e futuro che pulsava nelle loro menti quando immaginavano di scorgere all’orizzonte le navi greche dirette a Siracusa.
Chiamò Elsa con l’interfono.
«Sai se qui intorno ci sono centri dove fanno i massaggi? Sì, sono serio.»
Attendeva una risposta al microfono, ma Elsa era già di fronte a lui, e lo fissava sbalordita con le braccia penzoloni lungo i fianchi.
«Be’? Cos’è quello sguardo strano? Non ti ho mica chiesto dove posso comprarmi un tutù.»
«Sei tu o sei un clone? Ti hanno sostituito durante il viaggio in Sicilia?»
«Ho solo voglia di provare un massaggio. Mi sento contratto.»
«E quando te lo dicevo io? Ti ho pregato per anni di allentare la presa, di provare la sublime sensazione di un trattamento californiano. Se mi avessi dato retta, avresti evitato l’infarto.»
«Lo conosci o non lo conosci un centro di buon livello?»
«Nei dintorni ci sono solo centri di altissimo livello. E io li conosco tutti: come pensi che possa sopravvivere al nostro lavoro?»
«Dai, aiutami: ti chiedo scusa. Avrei dovuto ascoltarti. Prendi il telefono e prenota dal più bravo.»
Bartolomeo si era alzato e l'aveva abbracciata.
«Dal più bravo o dalla più brava?»
«Voglio una femmina. Dai, telefona. Prendimi il primo appuntamento disponibile.»
Elsa si allontanò scrollando le spalle, e Bartolomeo si sedette alla scrivania. Il pomeriggio successivo avrebbe dovuto incontrare, detenuto al carcere di Rebibbia, un nuovo cliente.