[Caronte] Ancora Nostoc Alchemico
Posted: Sat Jan 30, 2021 11:03 pm
Commento
Il brano che segue è il sequel liberamente ispirato al racconto traghettato dal WD, Nostoc Alchemico.
«Hai capito?» il ragazzo si avvicinò con le mani sui fianchi.
«Certo che ho capito, ma non ti dico un bel...» la ginocchiata allo stomaco proveniva dal tipo alla sua destra.
«Ti conviene essere più collaborativo, vecchio, tanto nessuno verrà a salvarti» e un pugno volò sul viso dell'uomo.
«Lasciatemi stare». Sentiva che era al limite, loro, invece, erano in tanti e giovani: avrebbero potuto andare avanti per chissà quanto a pestarlo.
«Dillo, forza, che sei stato tu a uccidere Enzo» urlò un altro ragazzo colpendolo con una pedata.
Il vecchio cadde a terra, piegato su se stesso dal dolore.
Dopo aver parlottato tra loro lanciando occhiate all'uomo, se ne andarono. Prima di uscire quello che indossava una felpa cremisi si girò:«Voglio il tuo segreto». Sputò sul pavimento e uscì.
Dopo essersi issato a fatica aggrappandosi al tavolo, Sergio si sedette sfinito su una sedia. Allungò il braccio tumefatto per prendere bottiglia e bicchiere.
Sorseggiò il vino con lentezza, gustando il retrogusto tannico che impastava la bocca e l'aroma alcolico che saliva nelle narici. Poi reclinò la testa.
Non ricordava esattamente quando e come li avesse conosciuti quei due tipi: il Magister e il Teorico. Li aveva incontrati nel parco quando portava fuori il cane? Forse. Ma no, no, avevano chiacchierato sul tram mentre andava a lavoro. Sicuro, li aveva incontrati anche lì. Ma anche altrove, in coda dal fornaio, nella fila di poltrone dietro al cinema. Se chiudeva gli occhi, poteva rintracciare la figura alta con le spalle robuste del Teorico e il mantello bordeaux che avvolgeva il corpo slanciato del Magister in gran parte dei luoghi che frequentava a quel tempo quando viveva in città.
Non ricordava nemmeno come avevano cominciato a essere amici: forse quella sera al pub quando se li era trovati accanto al bancone.
Sergio era già al secondo boccale, si era lasciato andare in un lungo sfogo coi due uomini, che gli sembrava di conoscere da sempre. Aveva raccontato di non essere affatto soddisfatto del suo lavoro: desiderava denaro, successo e vita. Non era disposto a sgobbare come un matto in fabbrica tutto il giorno per i pochi soldi dello stipendio. Non voleva sprecare in quel modo la giovinezza.
Gli avevano risposto, tra un sorso di birra e l'altro, che si poteva ottenere la Vera Vita, ma che il percorso di apprendimento sarebbe stato lungo e difficoltoso.
Da allora furono molte le serate in cui parlarono di quelle e di altre cose.
Si riscosse e attraverso le fessure degli occhi socchiusi a causa del gonfiore aveva notato le scritte rosse disegnate con la bomboletta: Stregone, Diavolo, Maledetto. Avevano vandalizzato tutta la cucina.
Non era la prima volta che inveivano contro i muri di casa, ma finora era stato solo su quelli esterni. Sergio era cosciente che in paese non erano solo quei giovani a pensarla così e in molti lo evitavano.
Lo zigomo in cui aveva ricevuto il pugno aveva cominciato a pulsare. E il dolore non era diffuso: faceva fatica a respirare, forse aveva una costola rotta. Ma che importava, poteva sistemare tutto. Per lui gli acciacchi non duravano che qualche giorno, da sempre. Anche se, nonostante fosse un ambizioso, aveva sempre dosato i Poteri.
Non sapeva perché aveva scelto di usarli in quel modo, gli era venuto naturale non sprecare tutto e subito, anche se si trattava, in teoria, di possibilità illimitate. Ma negli ultimi anni non solo non aveva rimpianto tale scelta, anzi aveva capito che non era stato gratuito per la sua anima né riceverli né mantenerli.
Claudia era bellissima. Ma soprattutto era innamorata di Sergio. Follemente.
Nonostante Sergio non ricambiasse quel sentimento, questione ovviamente mai confessata a Claudia, riteneva che non c'era niente di più piacevole che stendersi nel letto accanto al corpo morbido e profumato della ragazza.
Facevano spesso l'amore, con trasporto e desiderio, ma quella sera Sergio non pensava a cose amorose.
Lei aveva intuito la sua preoccupazione e gli aveva chiesto se sentiva il bisogno di parlare.
«No, è tutto a posto. Anzi, va tutto alla grande. Sono soltanto più stanco del solito stasera. Dormiamo» e la baciò sulle labbra con tutta la passione che riuscì a dissimulare.
Di fatto, appena il respiro di Claudia assunse il ritmo del sonno, Sergio scivolò via da sotto le coperte e cominciò a prepararsi.
Non fu difficile caricare Claudia in macchina: la ragazza era leggera e lui giovane e forte.
Dentro la villa, illuminata con candele e ceri collocati in ogni angolo, era stato approntato un piccolo palco.
A differenza di come Sergio si era immaginato studiando gli antichi tomi che il Teorico aveva fornito, non c'erano simboli disegnati sul pavimento, né animali sgozzati né mannaie o teschi, solo velluti come tendaggi. Lateralmente al palco, unico altro arredo dell'enorme salone, c'era un tavolino con calici e bottigliette colorate.
Ancora sotto l'effetto del sonnifero, Claudia fu stesa nuda sul palco. In piedi sopra di lei il Magister, il Teorico e un altro uomo che tutti chiamavano il Supremo le posarono in fila sulla linea alba delle palline gelatinose di nostoc alchemico che cominciarono a emettere una strana luce fluorescente. Sembravano pulsare di vita, si gonfiarono e si fusero con la pelle della ragazza.
Sergio aveva studiato tutto sul nostoc e sapeva cosa avrebbe fatto il Supremo col coltellino dorato.
Il suo sangue fu mescolato a quello di Claudia. Era necessario per attivare il canale energetico.
Poi tutti bevvero dai calici posti sul tavolino una sostanza viola, anch'essa ottenuta dal nostoc. Su Sergio l'effetto fu immediato: si senti riempito di energia vitale, i suoi muscoli pulsavano di potenza e la sua mente era incredibilmente lucida.
A Claudia, ancora stordita, fu somministrato il contenuto verde di una fialetta. E da quel momento il rituale andò avanti molte ore, prevedendo azioni che Sergio ogni volta ricordava con disgusto e sofferenza.
Alla fine fu il Magister a sbarazzarsi del cadavere, come però, Sergio non lo seppe mai.
Una fitta allo stomaco lo riportò al presente: questa non era colpa del pestaggio ma il ricordo della ragazza. Da allora Sergio aveva rubato energie vitali da tanti giovani per garantirsi lunga vita, ma nessuno più era mai morto sotto i suoi occhi. Tutto procedeva in modo che sembrassero incidenti. Istruiva il ragazzo prescelto, meglio se giovane e sano, per settimane, proprio come aveva fatto con Enzo, sul nostoc da raccogliere nel boschetto e poi lo mandava a morire là, dopo avergli somministrato qualche pozione allucinogena.
Ma Claudia era l'innocenza tra gli innocenti, colei che lo aveva amato senza bisogno di Poteri o Magie. E lui se ne era approfittato rendendola il suo canale energetico.
Provò ad aggiustare la sua posizione sulla sedia ma una fitta al fegato lo lasciò senza respiro. Avrebbe dovuto di nuovo ricorrere a un trasferimento di energie per rimettersi in forze.
E doveva agire in fretta perché la luna favorevole era quella sera stessa.
Ma non era sicuro di volerlo. Era come se avesse perso quell'indifferenza verso la vita altrui che gli permetteva di strappare la vitalità ai giovani. Provava fastidio e pesantezza all'idea di un altro sacrificio. Era stanco. Stanco di generare odio e morte. Forse stanco di vivere.
Si sentiva meglio solo ricordando la pelle di Claudia e i suoi baci spontanei e accoglienti. Erano passate decine di anni ma non aveva mai riprovato tanta dolcezza come allora. Se ne rendeva conto solo in quel momento.
Provò a mettersi in piedi. Un po' dolorante ma riusciva a camminare. Afferrò un bastone e uscì di casa. Il boschetto non era poi così lontano e per sera, anche andando piano, lo avrebbe raggiunto. Allo spuntare della luna, nella radura con la pietra incisa, alla fine del sentiero su cui cresceva il nostoc, avrebbe potuto ritrovare un ultima volta il sorriso di Claudia.
Il brano che segue è il sequel liberamente ispirato al racconto traghettato dal WD, Nostoc Alchemico.
«Hai capito?» il ragazzo si avvicinò con le mani sui fianchi.
«Certo che ho capito, ma non ti dico un bel...» la ginocchiata allo stomaco proveniva dal tipo alla sua destra.
«Ti conviene essere più collaborativo, vecchio, tanto nessuno verrà a salvarti» e un pugno volò sul viso dell'uomo.
«Lasciatemi stare». Sentiva che era al limite, loro, invece, erano in tanti e giovani: avrebbero potuto andare avanti per chissà quanto a pestarlo.
«Dillo, forza, che sei stato tu a uccidere Enzo» urlò un altro ragazzo colpendolo con una pedata.
Il vecchio cadde a terra, piegato su se stesso dal dolore.
Dopo aver parlottato tra loro lanciando occhiate all'uomo, se ne andarono. Prima di uscire quello che indossava una felpa cremisi si girò:«Voglio il tuo segreto». Sputò sul pavimento e uscì.
Dopo essersi issato a fatica aggrappandosi al tavolo, Sergio si sedette sfinito su una sedia. Allungò il braccio tumefatto per prendere bottiglia e bicchiere.
Sorseggiò il vino con lentezza, gustando il retrogusto tannico che impastava la bocca e l'aroma alcolico che saliva nelle narici. Poi reclinò la testa.
Non ricordava esattamente quando e come li avesse conosciuti quei due tipi: il Magister e il Teorico. Li aveva incontrati nel parco quando portava fuori il cane? Forse. Ma no, no, avevano chiacchierato sul tram mentre andava a lavoro. Sicuro, li aveva incontrati anche lì. Ma anche altrove, in coda dal fornaio, nella fila di poltrone dietro al cinema. Se chiudeva gli occhi, poteva rintracciare la figura alta con le spalle robuste del Teorico e il mantello bordeaux che avvolgeva il corpo slanciato del Magister in gran parte dei luoghi che frequentava a quel tempo quando viveva in città.
Non ricordava nemmeno come avevano cominciato a essere amici: forse quella sera al pub quando se li era trovati accanto al bancone.
Sergio era già al secondo boccale, si era lasciato andare in un lungo sfogo coi due uomini, che gli sembrava di conoscere da sempre. Aveva raccontato di non essere affatto soddisfatto del suo lavoro: desiderava denaro, successo e vita. Non era disposto a sgobbare come un matto in fabbrica tutto il giorno per i pochi soldi dello stipendio. Non voleva sprecare in quel modo la giovinezza.
Gli avevano risposto, tra un sorso di birra e l'altro, che si poteva ottenere la Vera Vita, ma che il percorso di apprendimento sarebbe stato lungo e difficoltoso.
Da allora furono molte le serate in cui parlarono di quelle e di altre cose.
Si riscosse e attraverso le fessure degli occhi socchiusi a causa del gonfiore aveva notato le scritte rosse disegnate con la bomboletta: Stregone, Diavolo, Maledetto. Avevano vandalizzato tutta la cucina.
Non era la prima volta che inveivano contro i muri di casa, ma finora era stato solo su quelli esterni. Sergio era cosciente che in paese non erano solo quei giovani a pensarla così e in molti lo evitavano.
Lo zigomo in cui aveva ricevuto il pugno aveva cominciato a pulsare. E il dolore non era diffuso: faceva fatica a respirare, forse aveva una costola rotta. Ma che importava, poteva sistemare tutto. Per lui gli acciacchi non duravano che qualche giorno, da sempre. Anche se, nonostante fosse un ambizioso, aveva sempre dosato i Poteri.
Non sapeva perché aveva scelto di usarli in quel modo, gli era venuto naturale non sprecare tutto e subito, anche se si trattava, in teoria, di possibilità illimitate. Ma negli ultimi anni non solo non aveva rimpianto tale scelta, anzi aveva capito che non era stato gratuito per la sua anima né riceverli né mantenerli.
Claudia era bellissima. Ma soprattutto era innamorata di Sergio. Follemente.
Nonostante Sergio non ricambiasse quel sentimento, questione ovviamente mai confessata a Claudia, riteneva che non c'era niente di più piacevole che stendersi nel letto accanto al corpo morbido e profumato della ragazza.
Facevano spesso l'amore, con trasporto e desiderio, ma quella sera Sergio non pensava a cose amorose.
Lei aveva intuito la sua preoccupazione e gli aveva chiesto se sentiva il bisogno di parlare.
«No, è tutto a posto. Anzi, va tutto alla grande. Sono soltanto più stanco del solito stasera. Dormiamo» e la baciò sulle labbra con tutta la passione che riuscì a dissimulare.
Di fatto, appena il respiro di Claudia assunse il ritmo del sonno, Sergio scivolò via da sotto le coperte e cominciò a prepararsi.
Non fu difficile caricare Claudia in macchina: la ragazza era leggera e lui giovane e forte.
Dentro la villa, illuminata con candele e ceri collocati in ogni angolo, era stato approntato un piccolo palco.
A differenza di come Sergio si era immaginato studiando gli antichi tomi che il Teorico aveva fornito, non c'erano simboli disegnati sul pavimento, né animali sgozzati né mannaie o teschi, solo velluti come tendaggi. Lateralmente al palco, unico altro arredo dell'enorme salone, c'era un tavolino con calici e bottigliette colorate.
Ancora sotto l'effetto del sonnifero, Claudia fu stesa nuda sul palco. In piedi sopra di lei il Magister, il Teorico e un altro uomo che tutti chiamavano il Supremo le posarono in fila sulla linea alba delle palline gelatinose di nostoc alchemico che cominciarono a emettere una strana luce fluorescente. Sembravano pulsare di vita, si gonfiarono e si fusero con la pelle della ragazza.
Sergio aveva studiato tutto sul nostoc e sapeva cosa avrebbe fatto il Supremo col coltellino dorato.
Il suo sangue fu mescolato a quello di Claudia. Era necessario per attivare il canale energetico.
Poi tutti bevvero dai calici posti sul tavolino una sostanza viola, anch'essa ottenuta dal nostoc. Su Sergio l'effetto fu immediato: si senti riempito di energia vitale, i suoi muscoli pulsavano di potenza e la sua mente era incredibilmente lucida.
A Claudia, ancora stordita, fu somministrato il contenuto verde di una fialetta. E da quel momento il rituale andò avanti molte ore, prevedendo azioni che Sergio ogni volta ricordava con disgusto e sofferenza.
Alla fine fu il Magister a sbarazzarsi del cadavere, come però, Sergio non lo seppe mai.
Una fitta allo stomaco lo riportò al presente: questa non era colpa del pestaggio ma il ricordo della ragazza. Da allora Sergio aveva rubato energie vitali da tanti giovani per garantirsi lunga vita, ma nessuno più era mai morto sotto i suoi occhi. Tutto procedeva in modo che sembrassero incidenti. Istruiva il ragazzo prescelto, meglio se giovane e sano, per settimane, proprio come aveva fatto con Enzo, sul nostoc da raccogliere nel boschetto e poi lo mandava a morire là, dopo avergli somministrato qualche pozione allucinogena.
Ma Claudia era l'innocenza tra gli innocenti, colei che lo aveva amato senza bisogno di Poteri o Magie. E lui se ne era approfittato rendendola il suo canale energetico.
Provò ad aggiustare la sua posizione sulla sedia ma una fitta al fegato lo lasciò senza respiro. Avrebbe dovuto di nuovo ricorrere a un trasferimento di energie per rimettersi in forze.
E doveva agire in fretta perché la luna favorevole era quella sera stessa.
Ma non era sicuro di volerlo. Era come se avesse perso quell'indifferenza verso la vita altrui che gli permetteva di strappare la vitalità ai giovani. Provava fastidio e pesantezza all'idea di un altro sacrificio. Era stanco. Stanco di generare odio e morte. Forse stanco di vivere.
Si sentiva meglio solo ricordando la pelle di Claudia e i suoi baci spontanei e accoglienti. Erano passate decine di anni ma non aveva mai riprovato tanta dolcezza come allora. Se ne rendeva conto solo in quel momento.
Provò a mettersi in piedi. Un po' dolorante ma riusciva a camminare. Afferrò un bastone e uscì di casa. Il boschetto non era poi così lontano e per sera, anche andando piano, lo avrebbe raggiunto. Allo spuntare della luna, nella radura con la pietra incisa, alla fine del sentiero su cui cresceva il nostoc, avrebbe potuto ritrovare un ultima volta il sorriso di Claudia.