Il calore di una candela
Posted: Sat Jan 30, 2021 9:25 pm
Il calore di una candela
È il 22 gennaio, oggi. Manca una settimana al compleanno di Giulia. Farà 22 anni. Ecco perché Anselmo è sicuro di non sbagliare. Di solito non bada molto al calendario. Quando arriva verso metà gennaio, invece, ci sta attento, non vuole che quella data passi senza che se ne accorga. Non perché faccia niente di particolare. Non la cerca, non le fa gli auguri, né niente, ma la pensa, prova a immaginare cosa stia facendo, cosa stia pensando. Forse perché è più semplice immaginare un compleanno, una torta con le candeline accese, una pizza con gli amici, messaggi e telefonate di auguri.
È stato facile, oggi, sapere che è il 22, lo ha visto sotto l'insegna della farmacia, la data lampeggiava con le sue lucine a pallini verdi mentre si alternava all'ora e alla temperatura. Anselmo l'ha guardata bene, aspettando che quel numero comparisse almeno tre volte, e altrettante volte se l'è ripetuto per non dimenticarlo e non doversi fermare di nuovo lì davanti, con il rischio di essere mandato via. Poi è entrato in farmacia e, come al solito, ha creato il vuoto. È bastato avvicinarsi a una delle due code perché la gente in attesa sparisse in un attimo.
- Oddio, che odore!
- Non si può stare!
Il solito copione. Anselmo sentiva quelle frasi, sempre le stesse più o meno, e ne approfittava per sbrigarsi.
- Una confezione di alcol etilico. - diceva.
Gli spiccioli cadevano sul bancone e la farmacista li contava, suo malgrado.
22 era davvero facile da ricordare, anche dopo aver bevuto. Lo stesso numero: la data e gli anni di Giulia. Poteva andarsene via tranquillo. Tornare da dove era venuto, dal sottopasso all'angolo del teatro.
Al pomeriggio è così, bisogna sbrigarsi a tornare, anche se il posto è suo da tempo. Non si sa mai, quante volte è successo che gliel'ha preso qualcun altro o che gli hanno buttato via il cartone. Impossibile dormire senza. Cartone e giornali fanno miracoli contro il freddo. Sono molto meglio di quelle stupide coperte che ti portano i volontari. Anselmo non li sopporta, lo svegliano sempre quando finalmente è riuscito a prendere sonno. E provateci voi ad addormentarvi quando il freddo ti è già entrato nelle ossa.
Per fortuna il suo giaciglio è intatto. Il cartone che fa da pavimento e quello che fa da coperta e che nasconde il suo sacchetto. Dentro c'è il suo cambio. Un pantalone e una camicia. Sono sporchi anche quelli ma si ostina a tenerli lì come faceva quando c'era ancora Lina con lui. Lei ci teneva al cambio pulito. Diceva che la pulizia non serve agli altri, a chi ti guarda, ma a te. Lina lavava i panni alla fontanella una volta alla settimana ma per Anselmo è una fatica inutile. L'acqua gelida è una tortura per le mani e piano piano ha perso l'abitudine e, soprattutto il senso di quella operazione.
Il sole è già calato e si avvicina quell'ora difficile in cui il freddo aumenta ma che ad Anselmo porta anche un po' di sollievo perché le strade si svuotano e si deve lottare di meno per conquistare un luogo che si possa sentire come proprio. I passanti di giorno non se ne accorgono che invadono i piccoli ritagli invisibili di uno spazio intimo. Di notte la strada diventa casa. Certo, se tutto va bene. Ma Anselmo a quello non ci pensa. I pericoli ci sono, lo sa, ma è meglio illudersi di essere soli e che i passanti sono solo quello, gente che passa e se ne va.
Anselmo si stende sotto al cartone e beve un sorso di alcol. Una vampata di bruciore gli infiamma la bocca e la gola. Infine, più piano, scende allo stomaco e la sente irradiarsi in tutto il corpo. Il pensiero corre a Lina, che non voleva che bevesse l'alcol puro e aveva ragione.
- Costa poco - le risponde lui, come se lei potesse sentirlo - e fa più effetto, combatte il freddo e il dolore.
L'ultimo pensiero cosciente di questo 22 gennaio va allora a Giulia, la sua piccola Giulia, che è diventata grande. Anselmo pensa alla torta, alle candeline. Al soffio della sua piccina per spegnerle.
Guarda la coperta marrone arrotolata ai suoi piedi, quella stupida coperta dei volontari. Il calore illusorio dell'alcol è già svanito, intanto. È in quel momento che gli viene l'idea. Prende l'accendino dalla tasca del cappotto e accende la fiamma. È bella quella piccola lingua di fuoco dalla base azzurra. Ne fissa i colori e le trasparenze, il suo effimero cuore scarlatto e il suo corpo giallo, la consistenza immateriale eppure concreta, viva. Anche Giulia avrà tra una settimana davanti a sé quella stessa luce incandescente. Perché le fiamme seppur diverse sono tutte uguali, copie identiche di uno stesso fuoco. Guarda di nuovo la coperta e le spruzza sopra un po' di alcol. Almeno servirà a qualcosa. Non ha tempo di pensare ad altro. Riesce a sentire però un barlume di calore, un simulacro di conforto, l'abbraccio di Lina e Giulia, prima di sprofondare nel buio.
È il 22 gennaio, oggi. Manca una settimana al compleanno di Giulia. Farà 22 anni. Ecco perché Anselmo è sicuro di non sbagliare. Di solito non bada molto al calendario. Quando arriva verso metà gennaio, invece, ci sta attento, non vuole che quella data passi senza che se ne accorga. Non perché faccia niente di particolare. Non la cerca, non le fa gli auguri, né niente, ma la pensa, prova a immaginare cosa stia facendo, cosa stia pensando. Forse perché è più semplice immaginare un compleanno, una torta con le candeline accese, una pizza con gli amici, messaggi e telefonate di auguri.
È stato facile, oggi, sapere che è il 22, lo ha visto sotto l'insegna della farmacia, la data lampeggiava con le sue lucine a pallini verdi mentre si alternava all'ora e alla temperatura. Anselmo l'ha guardata bene, aspettando che quel numero comparisse almeno tre volte, e altrettante volte se l'è ripetuto per non dimenticarlo e non doversi fermare di nuovo lì davanti, con il rischio di essere mandato via. Poi è entrato in farmacia e, come al solito, ha creato il vuoto. È bastato avvicinarsi a una delle due code perché la gente in attesa sparisse in un attimo.
- Oddio, che odore!
- Non si può stare!
Il solito copione. Anselmo sentiva quelle frasi, sempre le stesse più o meno, e ne approfittava per sbrigarsi.
- Una confezione di alcol etilico. - diceva.
Gli spiccioli cadevano sul bancone e la farmacista li contava, suo malgrado.
22 era davvero facile da ricordare, anche dopo aver bevuto. Lo stesso numero: la data e gli anni di Giulia. Poteva andarsene via tranquillo. Tornare da dove era venuto, dal sottopasso all'angolo del teatro.
Al pomeriggio è così, bisogna sbrigarsi a tornare, anche se il posto è suo da tempo. Non si sa mai, quante volte è successo che gliel'ha preso qualcun altro o che gli hanno buttato via il cartone. Impossibile dormire senza. Cartone e giornali fanno miracoli contro il freddo. Sono molto meglio di quelle stupide coperte che ti portano i volontari. Anselmo non li sopporta, lo svegliano sempre quando finalmente è riuscito a prendere sonno. E provateci voi ad addormentarvi quando il freddo ti è già entrato nelle ossa.
Per fortuna il suo giaciglio è intatto. Il cartone che fa da pavimento e quello che fa da coperta e che nasconde il suo sacchetto. Dentro c'è il suo cambio. Un pantalone e una camicia. Sono sporchi anche quelli ma si ostina a tenerli lì come faceva quando c'era ancora Lina con lui. Lei ci teneva al cambio pulito. Diceva che la pulizia non serve agli altri, a chi ti guarda, ma a te. Lina lavava i panni alla fontanella una volta alla settimana ma per Anselmo è una fatica inutile. L'acqua gelida è una tortura per le mani e piano piano ha perso l'abitudine e, soprattutto il senso di quella operazione.
Il sole è già calato e si avvicina quell'ora difficile in cui il freddo aumenta ma che ad Anselmo porta anche un po' di sollievo perché le strade si svuotano e si deve lottare di meno per conquistare un luogo che si possa sentire come proprio. I passanti di giorno non se ne accorgono che invadono i piccoli ritagli invisibili di uno spazio intimo. Di notte la strada diventa casa. Certo, se tutto va bene. Ma Anselmo a quello non ci pensa. I pericoli ci sono, lo sa, ma è meglio illudersi di essere soli e che i passanti sono solo quello, gente che passa e se ne va.
Anselmo si stende sotto al cartone e beve un sorso di alcol. Una vampata di bruciore gli infiamma la bocca e la gola. Infine, più piano, scende allo stomaco e la sente irradiarsi in tutto il corpo. Il pensiero corre a Lina, che non voleva che bevesse l'alcol puro e aveva ragione.
- Costa poco - le risponde lui, come se lei potesse sentirlo - e fa più effetto, combatte il freddo e il dolore.
L'ultimo pensiero cosciente di questo 22 gennaio va allora a Giulia, la sua piccola Giulia, che è diventata grande. Anselmo pensa alla torta, alle candeline. Al soffio della sua piccina per spegnerle.
Guarda la coperta marrone arrotolata ai suoi piedi, quella stupida coperta dei volontari. Il calore illusorio dell'alcol è già svanito, intanto. È in quel momento che gli viene l'idea. Prende l'accendino dalla tasca del cappotto e accende la fiamma. È bella quella piccola lingua di fuoco dalla base azzurra. Ne fissa i colori e le trasparenze, il suo effimero cuore scarlatto e il suo corpo giallo, la consistenza immateriale eppure concreta, viva. Anche Giulia avrà tra una settimana davanti a sé quella stessa luce incandescente. Perché le fiamme seppur diverse sono tutte uguali, copie identiche di uno stesso fuoco. Guarda di nuovo la coperta e le spruzza sopra un po' di alcol. Almeno servirà a qualcosa. Non ha tempo di pensare ad altro. Riesce a sentire però un barlume di calore, un simulacro di conforto, l'abbraccio di Lina e Giulia, prima di sprofondare nel buio.