Mia sorella

1
https://www.writersdream.org/forum/foru ... a-sorella/


Mi guardo intorno e mi chiedo se questa casa ci aiuterà. Ha salvato i miei bisnonni dalla guerra, i miei nonni dalla fame, ma adesso? Cosa potrà contro mia sorella?
“Zia, ho sonno.” Miky si stropiccia gli occhi. La prendo in braccio e la porto nel lettino che un tempo aveva cullato me e sua madre.

“Mamma dov’è?” La solita bugia “Mamma lavora, sei con zia adesso, dormi.”

Mia sorella, sua madre.

Ricordo il giorno della sua laurea. La ragazza prodigio, madre, moglie, master in fisica; a ventitré anni mia sorella aveva già fatto tutto quello che io potevo appena sognare. I miei genitori erano vestiti a festa, immobili nel timore di disturbare. Poi c’erano i professori con il loro sguardo un po’ annoiato mentre giocherellavano con gli occhiali. Mia sorella parlava di quark e di fotoni nel brusio sommesso dei ragazzi in attesa del proprio turno. La ricordo dopo la proclamazione, la vedo corrermi incontro, prendere Miky in braccio e ridere felice.

Nemmeno il tempo di festeggiare la laurea che arrivò la borsa di studio per il dottorato.

Fui felice di aiutarla e di permetterle di accettare quel lavoro occupandomi di Miky.

Adesso, mentre la bimba dormire tranquilla, non so più cosa pensare.



Cominciò con gli occhiali. Non era mai stata miope e mi sembrò strano vederla indossare quella montatura scura. “Vale, ma da quando li metti?” Le dissi. “Stanchezza” rispose lei. Poi una sera ci comunicò che si era separata dal marito. Non andavano d’accordo e lui se ne era andato via senza spiegazioni. Conoscevo mio cognato da quando era un ragazzino e tutto potevo immaginare tranne una cosa del genere. Quella sera mia sorella prese Miky e se andò senza aggiungere altro.

Di mio cognato non si parlò più e per quel che ne so potrebbe essere sia vivo che morto. E ora vorrei non chiedermelo.

Lei arrivava la mattina a lasciarci la bambina, la sera nemmeno saliva in casa a prenderla, citofonava e io la portavo giù.

Volli vedere con i miei occhi, capire cosa l'aveva cambiata. Non potevo credere che mio cognato, che non vedeva altro che lei, si fosse stufato di punto in bianco, o che lei non avesse mai tempo per me e per i nostri genitori e che la bambina sembrasse semplicemente un dovere da compiere. Così una mattina decisi di seguirla di nascosto. Lasciai Miky ai miei, presi la macchina e arrivai all’Istituto di Fisica.

Riuscii a infilarmi nel portone che si richiuse immediatamente alle mie spalle lasciandomi immersa nel buio. Cercai la guardiola del custode che ricordavo piena di fiori il giorno della laurea ma non vidi nulla. Il buio era totale, ciononostante potevo capire dove mi trovavo, era una sensazione strana come se potessi vedere ma non con gli occhi.

Sentivo l'inquietudine crescere. Mi sarebbe bastato tornare indietro, uscire dal portone e andare a prendermi un caffè al bar dell’Universitá, ma continuai a camminare, fino a quando capii di essere arrivata all’inizio della scala e cominciai a salire.

Il buio era sempre più nero, nessun suono arrivava alle mie orecchie eppure sentivo la presenza di qualcuno nascosto e silenzioso. Camminavo passo dopo passo con i pensieri congelati in quel silenzio parlante, in quel buio che non era solo mancanza di luce.

Fu quando arrivai in cima allo scalone che persi la percezione di me e del mio corpo.

Persi tutti i riferimenti e mi sentii trafitta da mille spilli. Speravo di riconoscere l’ingresso dell’aula Magna ma quello che percepivo era qualcosa di simile a un muro.

Come una cieca provai a tastare quell'oscurità che sembrava venirmi incontro e avvolgermi. Avrei urlato se solo avessi potuto. Aprii e chiusi gli occhi più volte ma non serviva a niente. Nero dentro e nero fuori.

Mi obbligai a rimanere ferma ad ascoltare i miei sensi distorti. Nel centro del muro percepii una porta che sembrava chiusa ma, contro ogni logica, doveva anche essere aperta, perché senza accorgermi mi trovai dall’altra parte.

Improvvisamente tutto sembró tornare alla normalità. Vidi mia sorella con il camice bianco nell’aula delle lauree che si tormentava gli occhiali e interrogava una ragazzina dall’aria spaurita. Feci un passo verso di lei, ma l’aula scomparve. Pensai di essere tornata indietro attraverso la porta ma non c’era nessuna porta davanti a me.

Poi, in quel vortice di oscuritá, vidi di nuovo mia sorella, questa volta senza occhiali, senza camice bianco. Nuda, pallida. Si volse nella mia direzione e io capii con orrore perché aveva quegli occhiali.

Oltre una cortina invisibile la sentivo continuare l’interrogazione, ma nello stesso istante la Valentina nuda fu in un attimo accanto a me, dietro a me, intorno a me con quelle due cose al posto degli occhi che mi entravano dentro.

“Non dovresti essere qui”.

La voce arrivava dall’essere vicino a me, ma arrivava anche dall’aula come se mia sorella parlasse a due voci. Però io vedevo la ragazza timida che continuava a esporre la legge di Keplero come se niente fosse. Mi sentii prendere per un braccio e quelle due voci mi risuonavano nella testa.

“Ormai non puoi fare altro che guardare senza capire. Sei sempre stata una stupida”.

Sentii moltiplicarsi la vista, l’udito, il tatto. I sensi si dilatarono così tanto che non vidi più mia sorella, ma vidi cento, mille, milioni di sorelle. Milioni di versioni della stessa persona che contemporaneamente uccidevano e curavano, cantavano e urlavano, amavano, torturavano, giocavano e seviziavano.

Un’orgia di voci esplose nella testa.

“Pensavi davvero che la realtá fosse così semplice? Che tu fossi solo tu, io solo io. Pensavi che fossimo tutti così, come tu ci vedi? Ti fa paura?”

Strizzai gli occhi, mi tappai le orecchie, ma non serví: ero inchiodata lì, obbligata a vedere sentire e capire. Milioni di esseri entravano e uscivano dalla porta; tutti simili eppure tutti diversi. Spazio e tempo erano spariti.

“Vorresti aggrapparti alle tue inutili certezze, ma non potrai mai sapere chi arriva e chi va, cosa sia e cosa voglia o quali intenzioni abbia, anche se sembra tua sorella.”

“Miky…” mormorai, sforzandomi di reggere quello sguardo per cercare una traccia della mia vera sorella che pur doveva esserci in fondo a quegli occhi.

Poi tutto divenne per un istante confuso. Mi trovai accanto alla cattedra, con la ragazza che consegnava il libretto.

“Perché sei qui? È successo qualcosa a casa?”

Valentina aveva alzato lo sguardo nella mia direzione e sembrava sinceramente sorpresa di vedermi lí.

Non so cosa accadde dopo. So solo che riuscii a fuggire da quel luogo.

L’istinto guidò la macchina per me.

Corsi a casa, presi Miky, le chiavi della casa in campagna e fuggii.

“Non potrai mai sapere chi arriva e chi va. Non potrai mai sapere cosa sia e cosa voglia.”



Adesso sono qui, nel silenzio della casa buia. Ho provato a chiamare mia madre e mio padre ma nessuno risponde.

La bambina dorme e io devo restare sveglia.

Mia sorella immaginerà facilmente dove sono. Ha gli occhiali e io adesso so cosa nascondono, ma nonostante tutto continuo a credere che sia stata lei a lasciarmi andare.

L’altra, o le altre, non so più come chiamarle, sapranno già, se vogliono sapere.

Arriveranno a prendere me, come hanno preso mio cognato e forse i miei genitori. Arriveranno a prendere Miky, e nessuno lo saprà.

Non ho nessuna speranza, l’unica che mi rimane è che Valentina non dica nulla all’altra. Ti prego, non dirglielo. Penserò io a Miky. Con me sarà al sicuro.

Un’auto si è fermata davanti al cancello. Guardo fuori dalla finestra. Mamma? Papà? Davvero siete voi? Vale?

Miky si sveglia, corre da sua madre, le butta la braccia al collo stringendosi a lei, sembra felice, ma io non sono ancora sicura.

“Aspetta Miky, vieni qui.” Ma lei non mi ascolta.

Mia sorella la guarda e le accarezza gli occhi, poi prende dalla borsa un paio di piccoli occhiali e li infila sul naso della bambina.

“Appena in tempo piccolina, appena in tempo”.

Mi voltano le spalle. Se ne stanno andando.

“Ehi!” Grido con tutto il fiato che ho in corpo, ma nessuno mi sente.

Resto qui a tremare nel buio.

Re: Mia sorella

2
Ciao @Cicciuzza, ho visto che hai postato qui anche il "mai più Giselle" che mi ha ricordato il FdI 2018, ma ho trovato questo tuo racconto che non avevo mai letto e spero di lasciarti un commento utile.
Cicciuzza ha scritto:Adesso, mentre la bimba (sembra) dormire tranquilla, non so più cosa pensare.
Immagino che manca un "sembra" se è questa la tua intenzione.
Quella sera mia sorella prese Miky e se (ne) andò senza aggiungere altro.
Come sopra. :)
Ho notato, per il resto, alcuni accenti sbagliati ma il commento mi è partito per sbaglio e per cercare di rimediare ho premuto modifica ma... non è cambiato niente, ho perso le parti che ti avevo segnalato... :(

Ok, ti lascio un'impressione.
Inizio con il dirti che questo racconto mi ha davvero messo l'ansia: ho visto il link al WD ma non l'avevo letto all'epoca e non volevo farmi influenzare (che ne so, da commenti altrui). Quindi non so in realtà quale sia il genere del racconto, ma posso dirti di aver visto un horror introspettivo, un lungo degrado verso una fine in cui la protagonista non può far altro che realizzare la fine e/o domandarsi cosa può fare per evitare una fine ormai certa. D'altra parte, mi scuso con te, mi sfugge un po' il senso, non trovo una chiave di lettura chiara (magari è tua intenzione) ma solo molte immagini generali a interpretazione, in un certo senso, come se avessi voluto dare una paura generale al lettore senza una svolta specifica.
Ottima comunque la scrittura e ottimo anche il contrasto tra l'università in senso classico del termine e questa sua versione oscura che inquieta per via proprio della propria natura acquisita. Reso bene quello che Freud definirebbe "il perturbante". :)

Buona domenica e alla prossima lettura.
https://www.facebook.com/curiosamate

Re: Mia sorella

3
Ciao @Cicciuzza . Un bel racconto, non c'è che dire, mi ha messo inquietudine. Ti faccio solo alcune osservazioni perché secondo me con alcuni accorgimenti può diventare ancora più pauroso. :sss:
che un tempo aveva cullato me e sua madre.
Io qui userei come tempo verbale "ha cullato", o, al massimo, "cullava".
Mia sorella, sua nuora
Si capisce già, toglierei del tutto questa frase.


Sguardo annoiato dei professori: se vuoi rendere la sorella davvero speciale anche i professori devono essere interessati, lei deve essere la loro pupilla, quindi ribalterei del tutto il loro atteggiamento in questa scena.
e di permetterle
" io scriverei "permettendole", oppure "per permetterle".

Interessante la scelta della mattina anziché della notte, però forse vuoi connotarla. C'è nebbia, ad esempio?
Cercai la guardiola del custode che ricordavo piena di fiori il giorno della laurea ma non vidi nulla. Il buio era totale, ciononostante
Io cambierei in "il giorno della laurea, ma non vidi nulla, il buio era totale. Ciononostante".
Avrei urlato se solo avessi potuto:
perché non può? Non è meglio se urla ma non esce suono?
"nello stesso istante la Valentina nuda fu in un attimo"
Non è bello nello stesso istante + in un attimo, troverei dei sinonimi.
Quelle cose al posto degli occhi:
ok, l'indeterminatezza la paura, ma qui forse è un po' eccessiva. Non svelare cosa sono "quelle cose", certo, ma forse qualche indizio in più potrebbe servire, ecco.

In generale il (piccolo) problema è che sembra tutto un po' poco reale. Le altre versioni della sorella fanno cose orrende, ok, ma non le immaginiamo, non ci fanno effetto, perché non abbiamo niente a cui ancorare questa immaginazione. Seviziano. Ok, ma chi seviziano, cosa, come, perché?
Potresti ributtare dentro il cognato, magari in funzione di vittima (e dandogli un nome), oppure usare la studentessa.

Fa molta paura il finale, ma ancora mi manca qualcosa. Uno sguardo maligno della sorella? E forse ci vorrebbe anche qualche allusione in più alla funzione di questi occhiali. Sono un bell'oggetto catalizzatore, ma va gettato qualche semino in più sulla loro funzione. Allusioni, bada bene, non spiegazioni.

Re: Mia sorella

4
@Cicciuzza eccomi, il tuo testo è davvero inquietante. A livello di scrittura, tranne la frase superflua " Mia sorella, sua madre" non leggo nulla su cui obiettare, ma il senso della trama mi sfugge. Inizialmente ho immaginato che la sorella indossasse gli occhiali scuri per nascondere le violenze subite dal marito, che in effetti ha lasciato. Poi, quando hai cominciato a descrivere l'entrata alla facoltà di Fisica, il buio, lo scalone, l'interrogazione e tutto il resto ho immaginato stessi descrivendo un incubo. Ma la scena finisce (sempre come fosse un incubo) senza rivelare alcuna verità. Alla fine credo che la "pazza" sia proprio lei, il personaggio narrante. Questo è quello che ho recepito. Non so se il tuo sia uno stralcio (e allora potrebbe avere un senso) oppure un racconto autonomo (e in questo caso troppe cose rimangono senza spiegazione), in ogni caso si salva a pieni voti il senso di inquietudine; questo sei riuscita a trasmetterlo a pieno.

A rileggerti

Re: Mia sorella

5
@Cicciuzza eccomi, il tuo testo è davvero inquietante. A livello di scrittura, tranne la frase superflua " Mia sorella, sua madre" non leggo nulla su cui obiettare, ma il senso della trama mi sfugge. Inizialmente ho immaginato che la sorella indossasse gli occhiali scuri per nascondere le violenze subite dal marito, che in effetti ha lasciato. Poi, quando hai cominciato a descrivere l'entrata alla facoltà di Fisica, il buio, lo scalone, l'interrogazione e tutto il resto ho immaginato stessi descrivendo un incubo. Ma la scena finisce (sempre come fosse un incubo) senza rivelare alcuna verità. Alla fine credo che la "pazza" sia proprio lei, il personaggio narrante. Questo è quello che ho recepito. Non so se il tuo sia uno stralcio (e allora potrebbe avere un senso) oppure un racconto autonomo (e in questo caso troppe cose rimangono senza spiegazione), in ogni caso si salva a pieni voti il senso di inquietudine; questo sei riuscita a trasmetterlo a pieno.

A rileggerti

Re: Mia sorella

6
Non ci posso credere, @Cicciuzza :love3: Amica mia, quanto tempo! Spero tanto che stai bene. Che piacere :libro:

Mi guardo intorno e mi chiedo se questa casa ci aiuterà. Ha salvato i miei bisnonni dalla guerra, i miei nonni dalla fame, ma adesso? Cosa potrà contro mia sorella?
“Zia, ho sonno.” Miky si stropiccia gli occhi. La prendo in braccio e la porto nel lettino che un tempo aveva cullato me e sua madre.
Incipit molto dolce

Ricordo il giorno della sua laurea. La ragazza prodigio, madre, moglie, master in fisica; a ventitré anni mia sorella aveva già fatto tutto quello che io potevo appena sognare. I miei genitori erano vestiti a festa, immobili nel timore di disturbare. Poi c’erano i professori con il loro sguardo un po’ annoiato mentre giocherellavano con gli occhiali. Mia sorella parlava di quark e di fotoni nel brusio sommesso dei ragazzi in attesa del proprio turno. La ricordo dopo la proclamazione, la vedo corrermi incontro, prendere Miky in braccio e ridere felice.
Bellissima descrizione molto scorrevole.

Cominciò con gli occhiali. Non era mai stata miope e mi sembrò strano vederla indossare quella montatura scura. “Vale, ma da quando li metti?” Le dissi. “Stanchezza” rispose lei. Poi una sera ci comunicò che si era separata dal marito. Non andavano d’accordo e lui se ne era andato via senza spiegazioni. Conoscevo mio cognato da quando era un ragazzino e tutto potevo immaginare tranne una cosa del genere. Quella sera mia sorella prese Miky e se andò senza aggiungere altro.
:) Scrivi con grazia

Di mio cognato non si parlò più e per quel che ne so potrebbe essere sia vivo che morto. E ora vorrei non chiedermelo.
Questa frase mi lascia un pò perplessa. Non mi convince: sia vivo che morto

Volli vedere con i miei occhi, capire cosa l'aveva cambiata. Non potevo credere che mio cognato, che non vedeva altro che lei, si fosse stufato di punto in bianco, o che lei non avesse mai tempo per me e per i nostri genitori e che la bambina sembrasse semplicemente un dovere da compiere.
In questa frase ci sono troppe congiunzioni

Riuscii a infilarmi nel portone che si richiuse immediatamente alle mie spalle lasciandomi immersa nel buio. Cercai la guardiola del custode che ricordavo piena di fiori il giorno della laurea ma non vidi nulla. Il buio era totale, ciononostante potevo capire dove mi trovavo, era una sensazione strana come se potessi vedere ma non con gli occhi.
Suggerimento: L'oscurità era totale. Per non ripetere: buio

Il buio era sempre più nero, nessun suono arrivava alle mie orecchie eppure sentivo la presenza di qualcuno nascosto e silenzioso. Camminavo passo dopo passo con i pensieri congelati in quel silenzio parlante, in quel buio che non era solo mancanza di luce.
Ripeti troppo spesso: buio

Fu quando arrivai in cima allo scalone che persi la percezione di me e del mio corpo.
Preferirei: alle scale. Che significa: persi la percezione di me e del mio corpo?

Come una cieca provai a tastare quell'oscurità che sembrava venirmi incontro e avvolgermi. Avrei urlato se solo avessi potuto. Aprii e chiusi gli occhi più volte ma non serviva a niente. Nero dentro e nero fuori.
:D Bellissimo finale

Improvvisamente tutto sembró tornare alla normalità. Vidi mia sorella con il camice bianco nell’aula delle lauree che si tormentava gli occhiali e interrogava una ragazzina dall’aria spaurita. Feci un passo verso di lei, ma l’aula scomparve. Pensai di essere tornata indietro attraverso la porta ma non c’era nessuna porta davanti a me.
Secondo me in questa frase c'è un ritmo troppo veloce

Poi, in quel vortice di oscuritá, vidi di nuovo mia sorella, questa volta senza occhiali, senza camice bianco. Nuda, pallida. Si volse nella mia direzione e io capii con orrore perché aveva quegli occhiali.
Anche qui, la narrazione risulta accellerata

Oltre una cortina invisibile la sentivo continuare l’interrogazione, ma nello stesso istante la Valentina nuda fu in un attimo accanto a me, dietro a me, intorno a me con quelle due cose al posto degli occhi che mi entravano dentro.
Frase un pò confusa. Cos'è la cortina invisibile?


Sentii moltiplicarsi la vista, l’udito, il tatto. I sensi si dilatarono così tanto che non vidi più mia sorella, ma vidi cento, mille, milioni di sorelle. Milioni di versioni della stessa persona che contemporaneamente uccidevano e curavano, cantavano e urlavano, amavano, torturavano, giocavano e seviziavano.
La protagonista sta impazzendo?

Strizzai gli occhi, mi tappai le orecchie, ma non serví: ero inchiodata lì, obbligata a vedere sentire e capire. Milioni di esseri entravano e uscivano dalla porta; tutti simili eppure tutti diversi. Spazio e tempo erano spariti.
Questa scena è molto inquentante

“Vorresti aggrapparti alle tue inutili certezze, ma non potrai mai sapere chi arriva e chi va, cosa sia e cosa voglia o quali intenzioni abbia, anche se sembra tua sorella.”
Qui chi parla?

Corsi a casa, presi Miky, le chiavi della casa in campagna e fuggii.
Perchè fugge con la figlia di Valentina?

“Non potrai mai sapere chi arriva e chi va. Non potrai mai sapere cosa sia e cosa voglia.”
Qui immagino la sua parte interiore che parla


Miky si sveglia, corre da sua madre, le butta la braccia al collo stringendosi a lei, sembra felice, ma io non sono ancora sicura.
Bellissima scena :love3:

Mia sorella la guarda e le accarezza gli occhi, poi prende dalla borsa un paio di piccoli occhiali e li infila sul naso della bambina.
“Appena in tempo piccolina, appena in tempo”.
Mi voltano le spalle. Se ne stanno andando.
“Ehi!” Grido con tutto il fiato che ho in corpo, ma nessuno mi sente.
Resto qui a tremare nel buio.
Finale a sorpesa

Conclusioni: racconto piacevole, fluido e con una struttura di grazia. Trama non facile e non immediata. Alcune frasi vanno rilette due volte. La doppia interlinea mi ha disturbato parecchio, disperde molto la narrazione. Penso che la protagonista soffre di qualche disturbo psichiatrico, ho l'impressione che voglia essere come sua sorella e madre di Miky. La fine evidenzia meglio il suo disagio. Crei un'atmosfera giusta tra l'angoscia e la paura.
Ti auguro un buon fine di settimana :romance-smileyheart:
:laughing-lettersrofl: :happy-smileyflower:
Rispondi

Torna a “Racconti”