[Caronte] La danza del sole
Posted: Thu Jan 28, 2021 9:32 pm
viewtopic.php?p=5763#p5763 racconto migrato dal WD
viewtopic.php?p=5759#p5759 Commento.
La danza del sole
Le aveva conciate su dischi di salice dipinti di nero, quelle strisce di pelle. Quando vide che erano mature, mancavano ormai pochi giorni per arrivare al suo villaggio. Piccolo Lupo aveva osservato la pista battuta dall’uomo bianco: non dovevano esserci strade nella terra che Wakan Tanka aveva dato al suo popolo, non dovevano esserci uomini bianchi che frugavano nelle loro terre sacre. Aveva esplorato i confini della nazione Sioux, scrutato l’orizzonte dalle cime più basse di Pahá Sápa e visto lunghe file di carri stanziarsi a ridosso della pista che loro stessi tracciavano: li aveva visti addentrarsi senza permesso nei territori a nord. Per quello erano passati sotto il suo coltello diversi scalpi e decise che avrebbe mostrato con orgoglio quei trofei e fatto scegliere a suo padre, gli ornamenti più degni da regalare a sua madre: lei ne andò fiera e li cucì sull’apertura del tepee.
Dopo i giorni di solitudine passati a cercare risposte che non arrivarono, la visione che lo tormentava tornava sempre con maggiore forza, a sconvolgere le sue notti. Quella sera, Piccolo Lupo, avrebbe voluto dire a suo padre quello che aveva visto, ma in sé esitava. Andò nella tenda paterna e rimase in silenzio seduto davanti al fuoco. Al pensiero di turbare suo padre, le parole non affioravano, sembravano annaspare e sciogliersi nel fiato caldo.
Suo Padre intuì il tormento del giovane. Sapeva che suo figlio era cambiato. Nel corso degli anni, il ragazzo aveva mostrato le attitudini di uno sciamano ma era anche forte, coraggioso e aveva le doti di un grande guerriero. Da che era tornato, suo figlio, come rapito da pensieri troppo grandi, se ne stava spesso taciturno e chiuso con se stesso, quindi per aiutarlo prese lui per primo la parola:
- Prendi del fuoco Piccolo lupo, se vuoi, oppure serviti del cibo, ma fai presto e vai a stendere la stuoia nella tua tenda per favore, io sono stanco.
- Padre, non sono la fame o il freddo a trattenermi qui, mi tormentano le cose che ho visto durante giorni della solitudine. Dalle rive del grande fiume, fin dove le montagne si fondono sulla prateria, non si contano i carri e le anime che vengono. La strada di ferro è sempre più vicina. Hanno varcato i confini da diverse lune, alcuni hanno già profanato i nostri luoghi sacri e noi siamo qui senza far nulla. I giovani vogliono combattere. Non resteranno immobili mentre ci porteranno via la terra. Lo sento nel vento padre! Sento il pericolo che si avvicina ogni giorno che passa. Ascolta la notte, lo senti? La brezza porta odori che non riconosco. È l’ora di preparare la guerra.
- Devi avere pazienza e tieni i giovani a bada. I Capi tribù si sono riuniti e la decisione spetta alla saggezza delle loro menti. Nuvola Rossa ha avuto un accordo e una firma. Il Grande Padre bianco non tradirà mai più le sue parole e non lo faremo nemmeno noi.
- Devo chiederti aiuto allora, perché io continuo ad avere la mia visione. Ho eseguito il rito del digiuno, ho viaggiato in solitudine. Ho toccato l’orizzonte con le dita, ma le aquile se ne vanno sempre lontano. Resteranno solo lupi e serpenti a vivere nei nostri territori.
- È arrivato per te, il tempo di danzare. La stagione sta per avere la prima luna piena. Sapremo così, se sarai un buon guerriero, o se tutt'altro destino è celato dietro i tuoi occhi. Il luogo è già stato scelto e tu sarai con gli altri danzatori al centro del cerchio sacro.
- Sono con te, padre. Tu sei nel giusto. Guarderò il sole, affronterò la paura e il dolore, ma quando la danza sarà finita, dovrò prendere una decisione e non ti piacerà in nessuno dei casi, se non diremo ai guerrieri di tingersi dei colori per la battaglia.
******
E poco prima di un'alba raggiante, la sua gente era tutta riunita.
L’odore di salvia e di cedro bruciati riempiva l’aria che vibrava al suono dei tamburi e dei canti. Si perdevano nel vento intriso di fumo, echi di voci e di preghiere. Il ritmo scandiva i gesti del lavoro delle donne e degli uomini addetti alla preparazione dell’Inipi. Seguendo le regole, per quattro volte si alzarono le cortine. Per quattro volte furono introdotte le pietre ardenti dentro la tenda della purificazione. Immerso nel vapore, Piccolo Lupo preparava il suo spirito. Imparava ad avere paura di non farcela, a sopportare l’incertezza, e a trovare il coraggio di essere quello per cui era nato.
L’aria alle sue labbra arrivava attraverso un fischietto d’osso d’aquila; La frenesia della sua danza superava da ore il ritmo del suo cuore. Il sudore copriva per intero il suo corpo e il movimento muoveva l’aria intorno, benevolo, affiorava un alito fresco sulla pelle. Piccolo Lupo pregava per il suo popolo. Senza perdere il passo e la concentrazione, supplicava Wakan Tanka che gli donasse la saggezza.
Si sentì sollevato in aria, quando Il sole lo guardò gentile. Ebbe paura di aver sbagliato qualcosa, non ricordava più quando tutto fosse cominciato. Un forte dolore sul petto lo riportò al centro del cerchio sacro. Allora capì che non era finita, il sole brillava e l’albero della vita non gettava alcuna ombra. Gli avevano inserito i legni nei tagli sul petto e due corde lo legavano all’albero. Tutto, ora dipendeva da lui, da i piccoli passi infiniti, in avanti e indietro. Poi, aveva lasciato andare il dolore fino a comprendere il suo essere tutt’uno con l’universo. Aveva aperto le braccia, con un grido selvaggio aveva lacerato a sua carne; si era gettato all’indietro liberandosi delle corde.
Fu allora che la sua visione si svelò del tutto.
Il cielo si fece nero, una moltitudine di aquile oscurava il giorno e volava verso le colline sacre. Ogni volatile lanciava grida orribili e teneva tra gli artigli una grossa pietra. Sette furono i giri che le videro ingigantire di numero sulle vette aguzze; al settimo lasciarono andare le pietre.
Una tempesta si abbatté sopra i boschi. Le pietre lanciate dalle aquile frantumavano i monti: macigno su macigno si portavano a valle la terra, gli alberi, gli animali, i prati e i corsi d’acqua. Un‘enorme nuvola di polvere saliva al cielo e le aquile, splendenti come il sole, la attraversavano per tornare da dove erano arrivate.
Ai piedi delle colline distrutte, lunghe file di Sioux Lakota, Sicangu, Hunkpapa, gli Oglala di Nuvola rossa e tutte le altre tribù, lasciavano i territori. Gemevano, soffocavano, lasciavano i loro morti nella polvere e le grida delle donne, il pianto dei bambini, i visi dei vecchi rassegnati, provocarono al danzatore un rigurgito acido.
Piccolo lupo si svegliò sulla stuoia di suo padre. Il fuoco ardeva al centro del tepee. Intorno, a formare un cerchio, sedevano gli altri danzatori e gli anziani. A fatica riuscì a sedersi, Il petto gli bruciava ma il rito non era ancora terminato.
- Ecco la tua pipa figlio.
Piccolo Lupo aprì l’involto di pelle e, collegato il cannello, come fa il maschio con la femmina, al fornello di pietra rossa, pigiò la corteccia di salice al suo interno, la accese e ne aspirò una grande boccata. Poi in silenzio la porse di nuovo a suo padre.
- Figlio mio. - Il Capo tribù parlò con apprensione per suo figlio. - Tutti abbiamo visto il tuo valore, hai donato al popolo il tuo dolore e hai avuto in ricompensa il sogno. Noi anziani ti aiuteremo a capirne il senso. Cos’hai visto? Parla figlio.
Piccolo lupo non parlò. Non disse nulla quel giorno e non aprì bocca nemmeno il giorno successivo, quando, dopo aver salutato il vecchio Capo, prese le sue cose, il suo cavallo e si allontanò per sempre dalla sua tribù.
Piccolo Lupo visse lontano dalla sua gente e dalle città dei bianchi altri settantacinque anni. Vide la ferrovia puntare diritta fino al mare, la dinamite tormentare le Black Hills e treni portarsi via vagoni pieni d’oro. Vide la nazione Sioux rinchiusa nelle riserve e i valorosi guerrieri trasformarsi in lombrichi per una bottiglia di alcool.
Lottò quanto poté, per non morire di tristezza, ma prima di invecchiare troppo, lasciò a suo figlio l’orgoglio di essere nato Sioux.
viewtopic.php?p=5759#p5759 Commento.
La danza del sole inizia da dove @Plata ha lasciato Piccolo Lupo. Vorrei che leggeste prima il racconto di Plata e poi il mio, poichè si tratta di un sequel
La danza del sole
Le aveva conciate su dischi di salice dipinti di nero, quelle strisce di pelle. Quando vide che erano mature, mancavano ormai pochi giorni per arrivare al suo villaggio. Piccolo Lupo aveva osservato la pista battuta dall’uomo bianco: non dovevano esserci strade nella terra che Wakan Tanka aveva dato al suo popolo, non dovevano esserci uomini bianchi che frugavano nelle loro terre sacre. Aveva esplorato i confini della nazione Sioux, scrutato l’orizzonte dalle cime più basse di Pahá Sápa e visto lunghe file di carri stanziarsi a ridosso della pista che loro stessi tracciavano: li aveva visti addentrarsi senza permesso nei territori a nord. Per quello erano passati sotto il suo coltello diversi scalpi e decise che avrebbe mostrato con orgoglio quei trofei e fatto scegliere a suo padre, gli ornamenti più degni da regalare a sua madre: lei ne andò fiera e li cucì sull’apertura del tepee.
Dopo i giorni di solitudine passati a cercare risposte che non arrivarono, la visione che lo tormentava tornava sempre con maggiore forza, a sconvolgere le sue notti. Quella sera, Piccolo Lupo, avrebbe voluto dire a suo padre quello che aveva visto, ma in sé esitava. Andò nella tenda paterna e rimase in silenzio seduto davanti al fuoco. Al pensiero di turbare suo padre, le parole non affioravano, sembravano annaspare e sciogliersi nel fiato caldo.
Suo Padre intuì il tormento del giovane. Sapeva che suo figlio era cambiato. Nel corso degli anni, il ragazzo aveva mostrato le attitudini di uno sciamano ma era anche forte, coraggioso e aveva le doti di un grande guerriero. Da che era tornato, suo figlio, come rapito da pensieri troppo grandi, se ne stava spesso taciturno e chiuso con se stesso, quindi per aiutarlo prese lui per primo la parola:
- Prendi del fuoco Piccolo lupo, se vuoi, oppure serviti del cibo, ma fai presto e vai a stendere la stuoia nella tua tenda per favore, io sono stanco.
- Padre, non sono la fame o il freddo a trattenermi qui, mi tormentano le cose che ho visto durante giorni della solitudine. Dalle rive del grande fiume, fin dove le montagne si fondono sulla prateria, non si contano i carri e le anime che vengono. La strada di ferro è sempre più vicina. Hanno varcato i confini da diverse lune, alcuni hanno già profanato i nostri luoghi sacri e noi siamo qui senza far nulla. I giovani vogliono combattere. Non resteranno immobili mentre ci porteranno via la terra. Lo sento nel vento padre! Sento il pericolo che si avvicina ogni giorno che passa. Ascolta la notte, lo senti? La brezza porta odori che non riconosco. È l’ora di preparare la guerra.
- Devi avere pazienza e tieni i giovani a bada. I Capi tribù si sono riuniti e la decisione spetta alla saggezza delle loro menti. Nuvola Rossa ha avuto un accordo e una firma. Il Grande Padre bianco non tradirà mai più le sue parole e non lo faremo nemmeno noi.
- Devo chiederti aiuto allora, perché io continuo ad avere la mia visione. Ho eseguito il rito del digiuno, ho viaggiato in solitudine. Ho toccato l’orizzonte con le dita, ma le aquile se ne vanno sempre lontano. Resteranno solo lupi e serpenti a vivere nei nostri territori.
- È arrivato per te, il tempo di danzare. La stagione sta per avere la prima luna piena. Sapremo così, se sarai un buon guerriero, o se tutt'altro destino è celato dietro i tuoi occhi. Il luogo è già stato scelto e tu sarai con gli altri danzatori al centro del cerchio sacro.
- Sono con te, padre. Tu sei nel giusto. Guarderò il sole, affronterò la paura e il dolore, ma quando la danza sarà finita, dovrò prendere una decisione e non ti piacerà in nessuno dei casi, se non diremo ai guerrieri di tingersi dei colori per la battaglia.
******
E poco prima di un'alba raggiante, la sua gente era tutta riunita.
L’odore di salvia e di cedro bruciati riempiva l’aria che vibrava al suono dei tamburi e dei canti. Si perdevano nel vento intriso di fumo, echi di voci e di preghiere. Il ritmo scandiva i gesti del lavoro delle donne e degli uomini addetti alla preparazione dell’Inipi. Seguendo le regole, per quattro volte si alzarono le cortine. Per quattro volte furono introdotte le pietre ardenti dentro la tenda della purificazione. Immerso nel vapore, Piccolo Lupo preparava il suo spirito. Imparava ad avere paura di non farcela, a sopportare l’incertezza, e a trovare il coraggio di essere quello per cui era nato.
L’aria alle sue labbra arrivava attraverso un fischietto d’osso d’aquila; La frenesia della sua danza superava da ore il ritmo del suo cuore. Il sudore copriva per intero il suo corpo e il movimento muoveva l’aria intorno, benevolo, affiorava un alito fresco sulla pelle. Piccolo Lupo pregava per il suo popolo. Senza perdere il passo e la concentrazione, supplicava Wakan Tanka che gli donasse la saggezza.
Si sentì sollevato in aria, quando Il sole lo guardò gentile. Ebbe paura di aver sbagliato qualcosa, non ricordava più quando tutto fosse cominciato. Un forte dolore sul petto lo riportò al centro del cerchio sacro. Allora capì che non era finita, il sole brillava e l’albero della vita non gettava alcuna ombra. Gli avevano inserito i legni nei tagli sul petto e due corde lo legavano all’albero. Tutto, ora dipendeva da lui, da i piccoli passi infiniti, in avanti e indietro. Poi, aveva lasciato andare il dolore fino a comprendere il suo essere tutt’uno con l’universo. Aveva aperto le braccia, con un grido selvaggio aveva lacerato a sua carne; si era gettato all’indietro liberandosi delle corde.
Fu allora che la sua visione si svelò del tutto.
Il cielo si fece nero, una moltitudine di aquile oscurava il giorno e volava verso le colline sacre. Ogni volatile lanciava grida orribili e teneva tra gli artigli una grossa pietra. Sette furono i giri che le videro ingigantire di numero sulle vette aguzze; al settimo lasciarono andare le pietre.
Una tempesta si abbatté sopra i boschi. Le pietre lanciate dalle aquile frantumavano i monti: macigno su macigno si portavano a valle la terra, gli alberi, gli animali, i prati e i corsi d’acqua. Un‘enorme nuvola di polvere saliva al cielo e le aquile, splendenti come il sole, la attraversavano per tornare da dove erano arrivate.
Ai piedi delle colline distrutte, lunghe file di Sioux Lakota, Sicangu, Hunkpapa, gli Oglala di Nuvola rossa e tutte le altre tribù, lasciavano i territori. Gemevano, soffocavano, lasciavano i loro morti nella polvere e le grida delle donne, il pianto dei bambini, i visi dei vecchi rassegnati, provocarono al danzatore un rigurgito acido.
Piccolo lupo si svegliò sulla stuoia di suo padre. Il fuoco ardeva al centro del tepee. Intorno, a formare un cerchio, sedevano gli altri danzatori e gli anziani. A fatica riuscì a sedersi, Il petto gli bruciava ma il rito non era ancora terminato.
- Ecco la tua pipa figlio.
Piccolo Lupo aprì l’involto di pelle e, collegato il cannello, come fa il maschio con la femmina, al fornello di pietra rossa, pigiò la corteccia di salice al suo interno, la accese e ne aspirò una grande boccata. Poi in silenzio la porse di nuovo a suo padre.
- Figlio mio. - Il Capo tribù parlò con apprensione per suo figlio. - Tutti abbiamo visto il tuo valore, hai donato al popolo il tuo dolore e hai avuto in ricompensa il sogno. Noi anziani ti aiuteremo a capirne il senso. Cos’hai visto? Parla figlio.
Piccolo lupo non parlò. Non disse nulla quel giorno e non aprì bocca nemmeno il giorno successivo, quando, dopo aver salutato il vecchio Capo, prese le sue cose, il suo cavallo e si allontanò per sempre dalla sua tribù.
Piccolo Lupo visse lontano dalla sua gente e dalle città dei bianchi altri settantacinque anni. Vide la ferrovia puntare diritta fino al mare, la dinamite tormentare le Black Hills e treni portarsi via vagoni pieni d’oro. Vide la nazione Sioux rinchiusa nelle riserve e i valorosi guerrieri trasformarsi in lombrichi per una bottiglia di alcool.
Lottò quanto poté, per non morire di tristezza, ma prima di invecchiare troppo, lasciò a suo figlio l’orgoglio di essere nato Sioux.