Una donna allo specchio

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La donna aveva appena fatto la doccia. Si era buttata addosso l'accappatoio e aveva avvolto con cura i capelli in un asciugamano.
A quell'ora non c'era nessuno in casa e aveva percorso in fretta il corridoio con le mani strette sui lembi di spugna. Dopo aver chiuso la porta della camera, si era seduta sulla sponda del letto, di fronte alla grande specchiera del vecchio armadio liberty, e aveva controllato le unghie dei piedi cercando di ricordare dove fossero le forbicine.

Alzò lo sguardo e incrociò la sua immagine riflessa.

Un senso di disagio la portò a concentrarsi con maggiore attenzione sulle unghie, ma ormai un piccolo tarlo si era fatto strada nei suoi pensieri.

Solo stupidaggini, si disse. Cercò di ritornare con la mente alle cose concrete, ai figli, al marito, alla casa, al lavoro. Eppure la sensazione di uno sguardo estraneo continuava a volerla ossessionare, a violare la barriera difensiva dei suoi pensieri quotidiani. Era lo sguardo che aveva intuito poche ore prima mentre serviva al negozio quel cliente un po’ galante e un po’ troppo invadente, quell'occhiata che aveva cercato di ignorare, ma che ora si sentiva rivolgere dal grande specchio.

Avrebbe dovuto rivestirsi, ma l’idea di togliere l’accappatoio la metteva in imbarazzo.
Che mi succede? qui non c’è nessuno. In questa camera, davanti a questo specchio mi sono vestita e svestita centinaia di volte. Ma si rese conto di averlo sempre fatto senza mai guardare da quella parte.

Quel senso di vergogna lo aveva assorbito dentro di sé, nei suoi gesti automatici, tanto da non doverlo avvertire. Perché mai ora non era così? Può davvero tanto uno sguardo di apparente interesse? Di cosa poi ci si dovrebbe interessare? Di cose che ormai non abitano più qui?

Una fitta dolorosa le attraversò la mente. La sensazione di aver perso qualcosa di importante risvegliò in lei una punta di rabbia che si opponeva alla rassegnazione. Pensieri ed emozioni erano eserciti contrapposti ormai pronti a sfidarsi in campo aperto.

Bene, se così deve essere, allora avanti. Senza pietà.

Prima si sciolse l’asciugamano dai capelli, poi, rimanendo seduta, si fece scivolare l’accappatoio dalle spalle. Alzò lo sguardo e la battaglia ebbe inizio.
Stupida, cosa pensavi di vedere a cinquant'anni suonati.

I seni, dai capezzoli larghi, mollemente adagiati sulle coste, ricordavano due borse ormai svuotate. La parte superiore del torace, rimasta sguarnita, lasciava spazio al risalto delle clavicole che ora apparivano troppo sporgenti, e a loro volta sostenevano un collo che mostrava una evidente trama di pieghe e di rughe.

Provava rabbia e rancore, la sensazione di essere stata tradita. Odiava lo sguardo dell'ipotetico ammiratore che, per un breve attimo di compiacimento in cui era stata colta senza difese, l’aveva costretta a quella pantomima, ma ormai il gioco non poteva essere interrotto.
Si alzò in piedi, lasciò cadere l’accappatoio fino a terra per mostrare allo specchio il resto di sé. Anche l’addome, come il seno, come il collo, portava i segni del cedimento alla gravità e agli anni. La peluria che ricopriva il pube si era diradata ed aveva un aspetto brullo e incanutito, le cosce ed i glutei sembravano invece essersi allargati come a voler raccogliere tutto ciò che la parte superiore del corpo aveva lasciato cadere.

La stretta che sentiva nello stomaco si fece strada verso la gola, in un misto di rabbia e pianto. Ma cosa vuole da me? Perché non mi lascia in pace?
Avrebbe voluto sottrarsi a quel supplizio, ma sapeva che la sfida non si era ancora risolta, non poteva finire così, con la sensazione bruciante della sconfitta, la stessa che sentiva da tempo; non sapeva nemmeno lei da quanto tempo.

Guardò ancora l’immagine nello specchio cercando di mantenere il controllo. Inarcò la schiena nel tentativo di riportare in alto ciò che era crollato. Con i palmi delle mani cercò di stirare all’insù la parte superiore del seno, ma quello scatto di orgoglio non fece altro che alimentare la sensazione di impotenza. Tornò a sedersi sulla sponda del letto lasciando cadere le braccia, sentendosi più frustrata di prima. L’immagine era ancora lì come un enigma irrisolto.



Una leggera corrente d’aria le passò sulla pelle facendola rabbrividire; tanto poco bastò ad evocare il semplice gesto di cingersi con le braccia e cercare per un attimo il calore del proprio corpo.

Le mani scivolarono lentamente sul seno, questa volta per accarezzarlo, per consolarlo, quello stesso seno che un tempo aveva portato con orgoglio, che era stato baciato da suo marito, che aveva nutrito i suoi figli.

Lasciò che le palpebre si chiudessero. Le mani sembravano più sagge degli occhi. Si accarezzò la pancia che aveva ospitato le sue gravidanze e poi più giù, all’origine dell’enigma del dolore e del piacere.
La donna si lasciò cadere all’indietro sul letto accogliente, con la mano ancora stretta in mezzo alle cosce; si ricordò dei suoi tredici anni quando le si svelarono i misteri degli adulti.

Ma cosa sto facendo?

Questa volta la risposta si formò in lei più sicura, decisa a combattere contro la vergogna e il senso del ridicolo, decisa a esplorare fino in fondo quella crepa nelle sue difese.

Io sono io, io decido di me e del mio corpo.

Osservava questa ribellione con stupore, così diversa dal suo stile. Lei che aveva sempre giocato di rimessa cercando di accondiscendere alle aspettative di tutti, finalmente ora si era ricordata di sé stessa.
La mano continuò a frugare nei ricordi fino a che nella sua mente il tempo rimase sospeso, coagulato in un istante eterno come in quel primo orgasmo di adolescente.



Col placarsi del respiro la protesta andava trasformandosi in pacata consapevolezza. Aveva ancora gli occhi chiusi e la sua mente ora vedeva un altro corpo, anche questo trasformato dal tempo, ma pieno del significato della sua vita, l’affidabile strumento del suo destino, magari un po’ logoro, ma per aver servito bene il suo scopo.



Il rumore della porta di casa la scosse.

-Ciao cara, sono arrivato.

Ancora nuda, di fronte allo specchio rivide se stessa, si riconobbe e si piacque così come appariva. La battaglia era vinta, il grande specchio sconfitto.

-Vengo subito, il tempo di vestirmi.
La donna si rivestì con calma, attenta a non perdere la memoria di quella strana esperienza. Pensò a suo marito.

Da troppo tempo non facciamo l’amore. Questa sera voglio fargli una sorpresa.

Re: Una donna allo specchio

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Ciao @Poldo Ho trovato questo tuo racconto perso nelle ultime pagine della sezione racconti, è molto bello e significativo. Tu sei un uomo e nonostante hai colto, dell'animo famminile, un'aspetto tragico che coglie impreparate quasi tutte le donne. Che diamine! dopo un paio di salti il ciclo si ferma, non arriva più quello strano calore alle ovaie che ti fa sentire viva e all'improvviso...FRAAAN tutto viene giù: guance, collo, seno, lembi di pelle che nemmeno sapevano dove, i nervi tenaci, si attaccavano. Da un giorno all'altro non siamo più femmine. Che scherzo scemo. Poi, sì, ci accorgiamo che un altro tempo e altre esperienze ci hanno rese felici e che continueremo ad esserlo, ma allora, però, entrano in ballo diversi aspetti della vita individuale; sentirsi belle e felici per sempre dipende da quanto e se abbiamo fatto in tempo ad amarci e ad amare davvero noi stesse e gli altri.
Eppure la sensazione di uno sguardo estraneo continuava a volerla ossessionare, a violare la barriera difensiva dei suoi pensieri quotidiani. Era lo sguar

Scriverei meno qui: continuava ossessionante. Dire volerla ossessionare mi sembra troppo forte: la volontà dello sguardo è quasi persona e il racconto sembra sfociare nel paranormale o nell' horror. Io che leggo immagino che qualcuno la stia realmente spiando attraverso lo specchio, mentre è tutto nella sua testa.
Era lo sguardo che aveva intuito poche ore prima mentre serviva al negozio quel cliente un po’ galante e un po’ troppo invadente, quell'occhiata che aveva cercato di ignorare, ma che ora si sentiva rivolgere dal grande specchio.
Aggiusterei questa frase. Ci ho provato per farti un esempio, ma le possibilità di migliorala ancora ci sono: era lo sguardo di quel cliente galante che aveva servito poche ore prima al negozio: aveva intuito quell'occhiata un po’ troppo invadente che aveva cercato di ignorare, ma che ora si sentiva rivolgere dal grande specchio.
dai capezzoli larghi,

Non mi piace come aggettivo. Di capezzoli che si allargano con l'età non ho mai sentito. Forse l'areola intorno cambia di intensità di colore...
trama di pieghe e di rughe.
Un pò troppo a cinquanta anni... forse un'accenno di trama di pieghe e di rughe sarebbe più giusto.
Odiava lo sguardo dell'ipotetico ammiratore che,
Perchè ipotetico? mi sembrava che lei fosse certa che il cliente stesse facendo un pò il mollicone.
La peluria che ricopriva il pube si era diradata ed aveva un aspetto brullo e incanutito, le cosce ed i glutei sembravano invece essersi allargati come a voler raccogliere tutto ciò che la parte superiore del corpo aveva lasciato cadere.

E sì, la protagonista, per me ha più o meno sessant'anni.

Lasciò che le palpebre si chiudessero.
Le mani sembravano più sagge degli occhi.
Si accarezzò la pancia che aveva ospitato le sue gravidanze e poi più giù, all’origine dell’enigma del dolore e del piacere. La donna si lasciò cadere all’indietro sul letto accogliente, con la mano ancora stretta in mezzo alle cosce; si ricordò dei suoi tredici anni quando le si svelarono i misteri degli adulti.

Belle immagini!
Questa volta la risposta si formò in lei più sicura, decisa a combattere contro la vergogna e il senso del ridicolo, decisa a esplorare fino in fondo quella crepa nelle sue difese. Io sono io, io decido di me e del mio corpo.

Le sue difese: le sue credenze inculcate dalla società e dalla cultura millenaria che vuole donne secondo certi schemi. Riguardo al sesso, pulsioni sane e liberatorie sono scalzate da modelli riproposti da millenni. Certo, per fortuna non è sempre così, ma una sessantenne o cinquantenne che sia, dopo tot figli, marito e lavoro, si spegne sotto certi punti di vista. Ma soprattutto perchè ha priorità reali e più immediate con cui fare i conti. I suoi bisogni sessuali restano soltanto relegati però.
si riconobbe e si piacque così come appariva. La battaglia era vinta, il grande specchio sconfitto.

Bel finale! nella ritrovata consapevolezza di se stessa le urge una speranza di ritrovare la sua femminilita tra le pieghe della sua carne. E la sorpresa che farà a suo marito risorprenderà anche lei stessa.

Grazie per l'ottima lettura e alla prossima.

Ps. C'è un bel film che da a questo tema una luce inaspettata, dovrebbero vederlo tutte le donne e gli uomini che si perdono dietro a rimasugli di vita e smettono di far esultare il proprio corpo. Ti lascio il link perchè il tuo racconto me lo ha ricordato, ma anche perchè secondo me è un bel film e Meryl Streep è una grande attrice.
https://g.co/kgs/qEVqHV

Re: Una donna allo specchio

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Ciao @Poldo

Bello, leggermente malinconico, questo tuo racconto.
Coraggioso, inoltre, il mettersi in prova nel declinarlo nella veste femminile.
Non è mai facile per un maschio entrare in quel complesso e articolato mondo che costituisce l'altra metà del cielo.
Lo hai fatto con una sensibilità e un'attenzione tali da rendere credibile la voce del personaggio narrante, a maggior ragione impegnato nel rappresentare una serie di sensazioni ed emozioni proprie di una donna anagraficamente matura.
Il racconto ci induce anche a una riflessione sul nostro rapportarci col tempo che passa e inevitabilmente muta più rapidamente il nostro corpo piuttosto che l'anima.
Sembrerà un discorso scontato, ma nella nostra "bolla" di moderna civiltà occidentale, non siamo più capaci di invecchiare in maniera serena e naturale.
Bombardati dal mito dell' health & beauty, siamo condannati a rincorrere, da una certa età in su, il mito dell'eterna giovinezza. Mito insano e vieppiù dettato dal marketing commerciale delle aziende che si occupano di cura del corpo, del fitness, dell’alimentazione salutista.
Basti pensare agli adagi che abbiamo creato alla bisogna affermando che: “gli anni cinquanta di oggi, sono i quaranta di un tempo”, con la stessa logica ci rapportiamo poi con i sessanta e i settanta.
Questa consolatoria convinzione è sicuramente avvalorata dai ritrovati della moderna medicina, da una vita di lavoro meno dura e logorante di un tempo, ma certo è che prima o dopo ci tocca fare i conti col numero delle nostre primavere.
Vero che le donne, continuamente obiettivo di ogni media nella nostra “bolla culturale” occidentale, vengono sollecitate a essere il più a lungo possibile, belle, toniche, sexy come stelle dello star system, impegnate in una continua battaglia di concorrenza con altre donne e con sé stesse e il proprio corpo, appunto, davanti allo specchio-
Va detto che anche noi uomini non siamo esenti da questa lotta verso il tempo e i suoi disagi.
Solo il pudore, la prostata, il culo molle e la pancia cadente, alla fine ci convincono che non sia più il caso di abbigliarci come una stella del Trap, per proporci, dopo i sessanta anni, a delle avvenenti trentenni sgarzoline.
Infatti io ho smesso, giusto perché ho pietà di me stesso.
Per dirla con Jean-Paul Sartre:in “A porte chiuse” (Huis clos) nell' opera teatrale del 1944:
“L’inferno è negli occhi degli altri”. Una grande verità in una società che ci impone l’esteriorità come valore portante.

Come detto il racconto è assai godibile e ci invita a meditare, quindi non posso che complimentarmi.

Buone cose e a presto rileggerti amico mio. Ciao.

Re: Una donna allo specchio

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@Alba359
Grazie per il passaggio, gli apprezzamenti e i suggerimenti.
Questo è stato il primo racconto che ho postato sul WD e risale a molti anni fa, così è stato anche il primo che ho traghettato sul nuovo forum. Nel tempo è stato rimaneggiato diverse volte, ma forse si potrebbero ancora correggere alcune cose che mi hai fatto notare.
@Nightafter
Amico mio. Da quando ho scritto questo racconto altri anni si sono aggiunti alla vita. Mi dai uno spunto su cui dovrò riflettere, ovvero se cimentarmi in un
tema analogo al maschile. Non ti nascondo che mi sentirei un po in imbarazzo, però potrei anche provarci.

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La donna aveva appena fatto la doccia. Si era buttata addosso l'accappatoio e aveva avvolto con cura i capelli in un asciugamano.
A quell'ora non c'era nessuno in casa e aveva percorso in fretta il corridoio con le mani strette sui lembi di spugna. Dopo aver chiuso la porta della camera, si era seduta sulla sponda del letto, di fronte alla grande specchiera del vecchio armadio liberty, e aveva controllato le unghie dei piedi cercando di ricordare dove fossero le forbicine.

Alzò lo sguardo e incrociò la sua immagine riflessa.

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ciao @Poldo . Scena che tutti noi abbiamo ampiamente visto e rivisto nel nostro quotidiano. La nostra compagna che esce dalla doccia con tanto di accappatoio e turbante di spugna. Una scena familiare che sa di vissuto, di convivenza. Come un rito giornaliero per procrastinare l'inizio o la fine di una giornata. La fermata di fronte allo specchio è anch'essa una tappa obbligatoria; ci si guarda dentro come per scoprirsi ancora vivi e se stessi.
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Era lo sguardo che aveva intuito poche ore prima mentre serviva al negozio quel cliente un po’ galante e un po’ troppo invadente, quell'occhiata che aveva cercato di ignorare, ma che ora si sentiva rivolgere dal grande specchio.

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Hai colto in pieno il momento del resoconto di una vita e che lo specchio ti spinge al confronto con te stesso. Tale imbarazzo è comune a tutti, specialmente a chi gli anni se li è visti scorrere dandosi uno sguardo allo specchio ogni santo giorno, nella speranza di ritrovarsi lì, come il solito giovane pieno di vita: ma haimè! non è così.

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Bene, se così deve essere, allora avanti. Senza pietà.
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Questo è il momento di scoprirsi e mettersi a nudo senza remore e senza fingersi dentro. Mi pare il momento di fare i conti con il proprio inconscio e forse, non tanto nascosto desiderio.
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Prima si sciolse l’asciugamano dai capelli, poi, rimanendo seduta, si fece scivolare l’accappatoio dalle spalle. Alzò lo sguardo e la battaglia ebbe inizio.
Stupida, cosa pensavi di vedere a cinquant'anni suonati.
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In questo passo la voce narrante si permette una intromissione; non è che mi dispiace, però qualcuno direbbe che non si fa..

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Guardò ancora l’immagine nello specchio cercando di mantenere il controllo. Inarcò la schiena nel tentativo di riportare in alto ciò che era crollato. Con i palmi delle mani cercò di stirare all’insù la parte superiore del seno, ma quello scatto di orgoglio non fece altro che alimentare la sensazione di impotenza. Tornò a sedersi sulla sponda del letto lasciando cadere le braccia, sentendosi più frustrata di prima. L’immagine era ancora lì come un enigma irrisolto.

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Lo prova dello specchio è crudele e impietosa. Allo specchio non si può fingere, è un giudice scrupoloso e imparziale.
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Le mani scivolarono lentamente sul seno, questa volta per accarezzarlo, per consolarlo, quello stesso seno che un tempo aveva portato con orgoglio, che era stato baciato da suo marito, che aveva nutrito i suoi figli.
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Cominci ad essere osé; la tua protagonista è in preda ai ricordi e decisa a ritornare indietro a quando la vita le diede le più significative esperienze.

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Col placarsi del respiro la protesta andava trasformandosi in pacata consapevolezza. Aveva ancora gli occhi chiusi e la sua mente ora vedeva un altro corpo, anche questo trasformato dal tempo, ma pieno del significato della sua vita, l’affidabile strumento del suo destino, magari un po’ logoro, ma per aver servito bene il suo scopo.
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Perdersi per un attimo condotti dai propri istinti repressi: è l'ora della trasgressione.
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La donna si rivestì con calma, attenta a non perdere la memoria di quella strana esperienza. Pensò a suo marito.

Da troppo tempo non facciamo l’amore. Questa sera voglio fargli una sorpresa.
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Questa parte finale è quella che mi piace meno: è banale. Mi sarei aspettato qualcosa di più forte, del tipo: domani rispondo con lo sguardo al mio ammiratore che tanto mi ha suscitato di fronte allo specchio. Direi che dal punto di vista morale stai dentro al recinto, ma dato che quando si parla di animo umano, questo è sempre un groviglio di sentimenti a cui dare spazio... Nel contesto è un racconto piacevole sul passare del tempo e dei suoi segni che vengono lasciati sul nostro corpo e sulla nostra anima. Piacere di averti letto. Ciao e a presto.
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