Pullman italiano

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Accadde poco prima che il pullman arrivasse alla sommità della salita: una perdita di potenza del motore, due o tre sobbalzi, poi più niente. Dopo aver tirato il freno a mano, l’autista, appoggiato al volante, fissava una lucina rossa sul cruscotto e, con il berretto in mano, si grattava la fronte.

I passeggeri erano rimasti seduti sulle loro poltroncine per nulla impensieriti da quel piccolo inconveniente.

La porta si aprì con uno sbuffo, l’autista scese dal pullman. Si assentò per pochi minuti, durante i quali i passeggeri iniziarono a lanciarsi sguardi interrogativi e a pronunciare qualche bisbiglio.

Dopo poco ricomparve, si pose in piedi davanti al corridoio e si schiarì la voce.

– Scusate signori, ma devo chiedervi di scendere tutti quanti dal pullman.

I due signori anziani seduti nella prima fila si mostrarono subito contrariati.

– Non ne vedo alcun motivo – disse il primo ricevendo lo sguardo di assenso dell’altro. – Ho pagato e pretendo di essere portato a destinazione senza dover lasciare il mio posto.

– Il fatto è che … – Tentò timidamente l’autista, ma fu interrotto da un altro signore sulla destra, tre sedili più indietro.

– Si vede a prima vista che lei è un incompetente. Io l’avevo già capito fin da quando sono salito, e mi sono detto, mi sa che qui finisce male.

La signora che sedeva affianco a quest’ultimo che aveva parlato, lo tirò per la giacca.

– Ma allora, se lo sapeva, perché non ce l’ha detto subito?

Per un breve lasso di tempo si sviluppò sul pullman una piccola gazzarra. Chi alzava la voce, chi agitava il dito in segno di monito, chi se ne stava rincantucciato guardandosi in giro spaventato; anche chi si rivolgeva al cielo. Ma nessuno si alzò dal proprio posto.

Poi, non si sa come, un signore paffuto dall’aria pacata e dall’accento emiliano riuscì a catturare l’attenzione degli altri passeggeri.

– Ma stiamo tranquilli. Non c’è mica bisogno di agitarsi. Basterà lasciar raffreddare il motore e presto tutto tornerà come prima. Vedrete che non sarà necessario scendere. Non è vero giovanotto?

A quel punto l’autista, non sapendo bene come rispondere, balbettò qualche parola di scuse poi disse: – Beh, se preferite stare qui … io intanto vado a vedere cosa posso fare. – E se ne uscì definitivamente.

Un altro signore, piccoletto e con i capelli tinti, si fece avanti.

– Mi consenta, ma lei la fa troppo facile. – Disse rivolto al signore paffuto per rimproverarlo. – Non possiamo mica star qui ad aspettare in eterno. Forse sarebbe giusto fare qualcosa. Qualcuno dovrebbe scendere e andare a spingere.

– E bravo. Perché non ci va lei? – Giunse una voce da dietro.

– Perché qualcuno deve stare al volante, mi sembra ovvio. – Rispose prontamente l’ometto. – E io mi sacrificherei lasciando il mio posto per prendere quello dell’autista che se ne è andato.

– E già. – Fece un altro. – E se mentre stiamo tutti dietro al pullman e lei toglie il freno a mano; chi ci dice che non finiremo tutti schiacciati.

– Assassini! – gridò una voce dal fondo.

Un signore esagitato dai capelli lunghi e brizzolati, aveva alzato la voce così tanto da far girare tutti verso di lui.

– Siete solo degli incompetenti. – Continuò. – Secondo voi dovremmo stare tutti qui a morire di fame o a farci schiacciare quando la nuova tecnologia potrebbe offrirci un sacco di soluzioni moderne. – Molti sentirono crescere un filo di speranza. – Il mondo potrebbe essere un posto migliore se ognuno fosse libero di decidere del proprio destino. – Qualcuno tornò a essere perplesso.

Prese a scuotere per le spalle il suo vicino che si era appisolato.

– Tu, per esempio, cosa vorresti fare?

L’altro, poco lucido, rimase a guardarlo stupito.

– Ecco, vedete? È questo il vero problema. Nessuno sa decidere. C’è qualcuno tra voi che ha qualche competenza nella meccanica?

Si alzò un giovanotto con un giubbotto scuro.

– Mio cuggino è ingegnere alla scuola guida.

– E avresti qualche proposta?

– Certo. Penso che dovremmo andarcene via da qui.

– Ma come?

– Che scherzi? Col pullman. E come se no?

Tutti furono entusiasti.

– Sì, ma come possiamo muovere il pullman?

– Guarda. – Disse il giovanotto indicando il sedile dell’autista, – mo vado a sedermi là così ci penso.

Il giovanotto dal giubbotto scuro si sistemò al posto del conducente. Prese in mano il volante è iniziò a fare il rumore del motore spernacchiando con la bocca.

Un individuo con la barba e i capelli corti gli si avvicino. Aveva notato che la porta del pullman era rimasta aperta da quando era sceso l’autista.

– Scusa, non c’è modo di chiudere quella porta?

Il giovanotto alla guida lo guardò per un attimo, poi fece spallucce e continuò nelle sue riflessioni. Allora l’uomo con la barba si rivolse a tutti gli altri.

– Signori. Mi spiace dirvi che dobbiamo affrontare un altro grave problema.

Tutti si allarmarono.

– Tra non molto farà buio. Siamo sulla sommità di una collina, fuori dal centro abitato. Se non riusciamo a chiudere quella porta saremo alla mercé di qualsiasi malintenzionato dovesse passare da queste parti.

I passeggeri del pullman si guardarono intorno. A quanto pare nessuno aveva pensato al pericolo di trovarsi in una situazione del genere, ma ora, dopo quel monito sarebbe stato meglio procurarsi anche delle armi.

– Io veramente soffro di claustrofobia. – Disse una signora di una certa età, vestita con un tailleur rosa pallido. – Inoltre, se il signore qui vicino è così gentile da tenermi il posto, vorrei uscire per prendere un po’ d’aria e per trovare un angolino dove fare la pipì.

Un mormorio di disapprovazione percorse tutto il pullman.

– Questa sovversiva rischia di metterci tutti in pericolo. Se vuole, che se ne stia pure fuori, ma non si sogni di tornare sul pullman.

L’uomo con la barba studiò il quadro di comandi del pullman. Chiese anche al giovanotto se gli poteva cedere il sedile del conducente, ma quello fece lo gnorri. Trovò comunque i tasti che aprivano e chiudevano le porte. Li provò un paio di volte poi decretò.

– Bene, d’ora in poi da qui si entra o si esce solo quando lo dico io.

Altre persone che avevano appoggiato la signora in rosa pallido, per via del fatto che anche loro avevano qualche esigenza fisiologica da espletare, formarono un comitato di resistenza; cercarono l’alleanza con il giovanotto seduto al posto di guida il quale non si fece pregare per premere al momento giusto il pulsante che aprì la porta e il tizio con la barba fu buttato fuori con una spinta decisa al grido di “fascista”.

Ma poi il buio arrivò per davvero, e con esso il freddo.

Cercare di stare più vicini forse sarebbe servito a scaldarsi un po’, ma sarebbe sembrato sconveniente. Qualcuno si ricordò che il pullman doveva avere un sistema di riscaldamento; riuscirono perfino a scalzare il giovanotto col giubbotto scuro dal posto di guida, ma nessuno riuscì a raccapezzarsi per farlo funzionare. Allora conclusero che il riscaldamento avrebbe funzionato solo se fossero riusciti a far ripartire il motore, ma a quel punto il viaggio sarebbe potuto proseguire.

C’era chi ci sperava, altri invece volevano trovare una soluzione immediata.

Finì che alcuni riuscirono ad accendere un fuoco all’interno del pullman utilizzando quello che avevano a disposizione senza dover uscire, mentre altri si avventurarono nella bruma notturna, intirizziti, vaganti senza meta. I primi morirono asfissiati in breve tempo, mentre i pochi sopravvissuti del secondo gruppo non recuperarono mai più la ragione.

Quando il giorno dopo l’autista tornò con il meccanico si trovò davanti a uno spettacolo raccapricciante. Pensare che qualche centinaio di metri più avanti un piccolo albergo avrebbe potuto ospitare tutti per la notte, ma nessuno lo avrebbe seguito.

Re: Pullman italiano

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Ciao @Poldo, credo di non aver mai letto o commentato qualcosa di tuo sul WD, ma inizio ora e cerco di lasciarti un commento che mi auguro sia utile... o almeno può essere comunque un feedback di un lettore. :)
Non mi soffermo sulla forma perché credo che questo racconto sia scritto molto bene e si legga con piacere, passo dunque al contenuto.

Non ci giro intorno: mi viene in mente che tu abbia voluto inserire un messaggio, trasmettere qualcosa tra le righe, ma non riesco a capire cosa. Il racconto, letto così com'è, è una gradevole scenetta fatta magari di molti luoghi comuni, ma mi sembra strano che ti sia fermato qui. L'autobus che ha problemi e si ferma in salita, tutto il dialogo che spazia tra il surreale fino a sfociare in una tragicomica tragedia non credo si fermi solo all'immagine e all'immediatezza di quanto si legge (anche il titolo "pullman italiano" è troppo specifico). Poi magari mi dirai che mi sono fatto molti film mentali e basta...
Tralasciando i miei limiti da lettore, posso dirti che comunque il tutto resta godibile - significato intrinseco o meno - e a dire il vero ho trovato molto divertente il crescendo di esagerazioni che porta all'assurdo finale.
Buona serata e alla prossima lettura. :saltello:
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Re: Pullman italiano

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Grazie @bwv582 per la lettura e il commento.
mi viene in mente che tu abbia voluto inserire un messaggio, trasmettere qualcosa tra le righe,
Intuizione più che corretta; speravo solo che si riuscisse a cogliere anche il contesto della metafora.
Per metterti sulla strada ti invito a pensare alla scena politica del recente passato e di provare a giocare a "indovina il personaggio". Sul pullman ci siamo tutti noi, il problema è capire che guida.

Re: Pullman italiano

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Poldo ha scritto:Per metterti sulla strada ti invito a pensare alla scena politica del recente passato e di provare a giocare a "indovina il personaggio". Sul pullman ci siamo tutti noi, il problema è capire che guida.
Dicendomi "politica" mi hai anche risolto il titolo; quel "italiano" come aggettivo... non ne venivo a capo. :D
Per il resto... di primo acchitto mi fai venire in mente il passaggio dal Conte al Conte bis, ma comunque se mi viene in mente qualcosa... spoilero nel vero senso della parola, ovvero scrivo in spoiler così non influenzo gli altri.
Ti ringrazio della risposta e ti auguro una buona serata. :)
https://www.facebook.com/curiosamate

Re: Pullman italiano

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Ciao @Poldo
Leggendo le prime righe pensavo stessi parafrasando un episodio di alcuni film degli anni Quaranta e Cinquanta di cui ora mi sfugge il titolo, ma che ricalcavano scene di pullman bombati, stracarichi di valigie sul tetto, che si fermavano in aperta campagna o a causa di guasti o incursioni aeree. Ma erano altri tempi e, materialmente parlando, all’epoca sarebbero scesi tutti per dare una mano a spingere, era nell’ordine naturale delle cose.
Rapportato ai giorni nostri, come metafora italiana, il significato appare politicamente chiaro e condivisibile, quando per politica intendiamo il principio di popolo e suoi rappresentanti che dovrebbero occuparsi di res pubblica…
Il conduttore di questo tuo pullman è alquanto ambiguo e inaffidabile in quanto, pur rendendosi conto di quanto è accaduto al mezzo che conduce non è per niente rassicurante, non spiega, o se lo fa è generico e superficiale; sa che vicino c’è possibilità di pernottare ma non lo dice, lo sa lui e tanto egoisticamente gli basta. Ma non valgono molto di più i vari passeggeri a dire la verità, ognuno chiuso nel suo piccolo mondo che vorrei definire antico, come il romanzo di Antonio Fogazzaro…. Ma che non ha nulla di antico bensì di egoistico, presupponente e tendente ognuno a tirare l’acqua al suo mulino, senza accettare punti di vista od opinioni diverse… Un bel quadro tipico nostrano, dove ognuno è convinto di essere nel giusto e basta, a prescindere dall’esistenza, esigenze e pensieri degli altri.
Questi passeggeri, questo “popolo”, alla fine prenderà la decisione di sbrancarsi, ognuno per sé e Dio per tutti, convinto che gli altri non hanno capito niente e ognuno di loro farà una fine diversa, a seconda delle sue possibilità, capacità e forse anche meriti. Chi è abituato a sacrifici può anche resistere a una notte all’addiaccio, senza cibo e bevande, altri morirebbero al solo pensiero… non tanto in maniera metaforica a dire il vero.
Potrei concludere, per come la vedo io, che se un conduttore abbandona coloro che conduce, come l’autista che descrivi, va sostituito in qualche modo. Qualcuno ci prova, il giovanotto con il giubbotto scuro che si pone al posto di guida… senza averne nessuna conoscenza e competenza, riuscendo solo a fare la scimmia che imita senza capire cosa sta facendo e perché. (E qui le analogie con situazioni odierne si sprecherebbero...).
Simpatica anche la rappresentazione dell’uomo con la barba che propone di chiudere il… pullman per paura di essere in balia di malintenzionati che vengono da fuori e che si autoproclama detentore del potere di aprire, chiudere e di conseguenza far uscire o entrare chi vuole lui… è fin troppo evidente chi si vuole rappresentare e condivido che l’idea non è buona, tanto se uno volesse entrare nel… pullman, porte aperte o chiuse entrerebbe lo stesso e non servirebbero armi bensì la conoscenza del “gergo”, della lingua e delle usanze dei malintenzionati per venire a patti con loro, e al limite dividersi i posti o cercare fra i malintenzionati qualcuno che sappia riparare anche provvisoriamente un motore… magari ci si guadagna tutti da un mutuo e tacito scambio di favori. Nel senso che i passeggeri possono non capire nulla di “motori” ma i malintenzionati magari si e da che mondo è mondo si può sempre provare a parlare…
Bisogna essere fiduciosi nel genere umano e… dico la verità, sono arrivato tardi a questa conclusione; da giovane ero, diciamo più “intransigente”…
Ci sarebbe ancora molto da dire e da parafrasare su questa tua interessante metafora di vita attuale italiana, come sempre la tua è un’ottima scrittura, non mi sogno nemmeno di correggere qualcosa. Al limite forse al posto di quel morirono asfissiati ci avrei messo che morirono assiderati, visto il freddo; probabile una piccola svista.
A rileggerti.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)
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