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Se dovessi camminare in una valle oscura

Posted: Mon Jan 25, 2021 11:35 am
by Ippolita
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«Mi ha detto che se piango durante il funerale mi prende a calci davanti a tutti.»
«Lascialo parlare.»
«Dice che sono un'ipocrita schifosa, che per anni non l'ho fatta entrare in casa per gelosia, e adesso che è morta mi dispero. Ci potevi pensare prima, mi fa.»
«Facile a dirsi.»
«Io non mi sono mai comportata male. Ci andavamo a pranzo tutte le domeniche, a Natale e a Pasqua sempre un bel regalo. E pure al compleanno.»
«Ma allora che ha da criticare. Ne conosco, io, di persone che coi suoceri hanno chiuso i ponti il giorno dopo il matrimonio. Pure troppo brava sei stata. Regali alle feste e pranzo tutte le domeniche, figurati. Io manco morta.»
«Era impicciona. Mi suonava alla porta in continuazione. Sempre con quella mania che lei cucinava meglio e mi doveva insegnare tutto altrimenti il figlio suo deperiva. Sai che pena. E poi ogni volta a guardare se i letti erano tirati su, e se avevo spolverato per bene. Io lavoro, mica sto a casa tutto il giorno, lo sai. Ma che te ne frega a te, pensavo, se io il letto me lo rifaccio la sera? E poi: questo vaso è troppo kitsch; le tende si vede che sono di acrilico e non fa fine; i tappeti accumulano polvere, è meglio se li levi. Un giorno sono sbottata e ho detto basta, guardati casa tua che alla mia ci penso io. Sai cosa mi ha risposto? Se hai questa casa è solo perché vi ho aiutato io. Col vostro stipendio da fame giusto cogli zingari potevate andare ad abitare. L'ho fatto per mio figlio, lo voglio vicino.»
«Io le avrei dato una botta in testa e avrei fatto sparire il corpo.»
«Gli dicevo: guarda che tua madre ci farà separare. Tutte le volte che avevamo un impegno a cui tenevo quella disgraziata chiamava al telefono per dire che si sentiva svenire, o che la pressione era alta, o qualche altro accidente. Lui bestemmiava ma ci andava sempre. Poi quando tornava cominciava ad augurarle la morte, e spesso manco uscivamo più.»
«Che stronzo. E ora ti giudica.»
«Poi mi ricordo di una volta. Era il compleanno di mia cognata, stavamo a festeggiare da mia suocera, perché mia cognata abita lontano, fortuna sua, in una casa da ricchi che le hanno lasciato i nonni, e mia suocera non si spostava mai volentieri, voleva sempre tutti intorno, e lei a cucinare. Insomma: non si mette a parlare del fatto che io ancora non ero rimasta incinta? E che fai, prendi la pillola o usi qualche diavoleria moderna, guarda che il corpo poi si vendica e ti fa sterile, e lasci mio figlio senza un erede. Ti giuro, non credevo alle mie orecchie. Ma mica che lui mi ha difeso, no. Mangiava la lasagna e guardava la partita col fratello. E poi aspetta, non è finita. Fa a mia cognata: vedi Adele che vestitini da colf indossa, lei che è costretta a risparmiare? Non è che tra le cose che levi per la Caritas ci esce qualcosina di dignitoso per questa bella ragazza, che non si sa valorizzare?»
«Dio. E tu? Gliel'hai fatta passare liscia? Dimmi di no, ti prego.»
«Ho detto che portavo a spasso il cane e me ne sono tornata a casa. Non finivo più di piangere.»
«E nessuno ti è venuto a cercare? Che bastardi.»
«Poi si è ammalata. Per fortuna si è potuta permettere una badante fissa. Un giorno mi chiama, più o meno un anno fa, e mi dice vieni, ti voglio regalare una cosa bella. Da quando si era messa a letto non ci ero più andata, anche perché mi avevano trasferito in un ufficio dall'altra parte della città, ti ricordi, e non avevo mai tempo di passare a casa sua. Insomma, vado, e la trovo nel letto, sotto le coperte, con la testa rialzata su due cuscini. Mi è parsa piccola, lei che era bella in carne. Piccola e pallida, piena di rughe. Ma aveva gli occhi grandi, era quasi solo occhi, e mi guardava in modo diverso, non saprei dirti. Mi fa sedere accanto a lei, sul letto, e mi dice di darle un braccio. Da sotto un cuscino prende una cosa luccicante, e me l'allaccia al polso. Era un bracciale d'oro intrecciato. Questo qui, guarda che bello.»
«Davvero bello. Pesa.»
«Sono rimasta di stucco, non sapevo cosa dire, ho provato a rifiutare ma ha cominciato a tossire forte e la badante ha fatto capolino. Allora le ho dato un bacio in fronte e l'ho ringraziata tanto.»
«Cominciava ad avere paura della fine e cercava di rimediare. Furba.»
«Forse. Ma aveva quegli occhi strani, mi sembravano specchi scuri. Ho cominciato ad andare a trovarla ogni settimana. Stavo un po' con lei, su una sedia vicino al letto, guardavamo insieme la televisione. La badante mi preparava la crostata di pesche. A mio marito non dicevo niente, ma non per la paura che pensasse che ci andavo solo perché mi aveva regalato il braccialetto. Lei mi aveva fatto promettere di non dirglielo del bracciale, così se mi servivano soldi me lo potevo vendere, perché era tanto oro quasi da sembrare finto. Oggi l'ho messo al polso per fartelo vedere, lo tengo sempre nascosto.»
«Allora perché non glielo hai detto a tuo marito che andavi a trovarla?»
«Non so il perché. Neppure io sapevo perché andavo. Stavo lì con lei una mezz'oretta, mi chiedeva del lavoro, se mi trattavano male. Mi guardava fissa negli occhi, prima non lo aveva mai fatto. Hai notato che se guardi attentamente gli occhi di uno che ti fissa ti vedi riflesso?»
«Sì, è vero. Fanno da specchio.»
«Un mese fa è peggiorata di botto. Ho cominciato ad andare tutti i giorni, e mio marito non faceva che chiedermi se mi dovevo far perdonare qualcosa. Cavoli miei, gli rispondevo. Vai da tua madre, valla a trovare ora, perché poi la vedrai solo in foto al cimitero. Quella non è più mia madre, mi diceva. E in effetti era diventata magra magra, con la faccia scavata, e gli occhi che roteavano da una parte all'altra della stanza. Ho cominciato a stare con lei tutto il tempo libero che avevo, e poi ho pure chiesto qualche permesso al lavoro. Mi mettevo stesa accanto, con la mia guancia attaccata alla sua, e le cantavo le canzoni. Lei un po' dormiva, un po' sorrideva. Le piaceva che le contavo le vene delle mani, tutte in rilievo, ormai. Ci fissavamo negli occhi, la baciavo sulla fronte e lei mi diceva: ancora. Sentivo che era felice. Poi mi muovevo per andare, ma appena la badante chiudeva la porta di casa mi veniva la nostalgia e suonavo di nuovo il campanello. E ricominciavo da capo.»
«Ma non sarai depressa?»
«Macché depressa. Stavo bene, sto bene. Ho dentro il dolore, questo sì. È morta ieri, la mia vecchina. Ero stata con lei fino a mezzogiorno, e lei è morta quando sono andata via. Ma non fa niente, può capitare. Ecco, adesso vengo da casa sua. Sta nella bara, tutta raccolta e graziosa. L'ho carezzata tanto, ci siamo parlate. Ho sentito che era lì, con me, e mi diceva stai tranquilla, Adele, bambina mia.
Ma io sono sola, adesso. Tanto sola.»