Non vedrà affondare il sasso
Posted: Fri Jan 01, 2021 4:04 pm
Racconto scritto per il Ferragosto d'Inchiostro del 2018. Pubblicato qui.
Non vedrà affondare il sasso
«Ha già fatto tutto Ivan» osserva Alessio.
«Anche stavolta» risponde Luca «Credono che non siamo in grado».
«Meglio così. Non ci offenderemo perché c’impediscono di faticare, giusto?»
I fratelli guardano la spiaggia ghiaiosa, tinta di un timido arancio che annuncia il tramonto.
Ivan, l’altro tuttofare dello stabilimento, ha già sistemato lettini e ombrelloni, prima del loro arrivo. A Luca e Alessio non resta che il rapido compito di raccogliere i pochi rifiuti a terra. Evidentemente il capo non vuole rischiare incidenti, nonostante i gemelli siamesi lo abbiano più volte rassicurato riguardo le loro capacità motorie.
Di solito tanto diversi nel modo di pensare il mondo, i due leggono il tramonto alla stessa maniera: è l’omicidio del giorno, il trionfo della notte. Ogni ventiquattro ore, per alcuni minuti il cielo annega nel sangue, ma presto le tenebre cannibali inghiottono quell’unica traccia del delitto consumato.
I fratelli hanno viso e corpo identici e indossano costumi dello stesso giallo pallido, con gli elastici a sfregarsi appena sotto l’inizio della lunga striscia di cartilagine che lega i busti.
Lavorano sempre la sera, quando la spiaggia è ormai quasi vuota, per non dover sopportare il misto di curiosità, disgusto e terrore così comune negli sguardi della gente.
«Fammi tirare un paio di sassi» dice Alessio.
«Dovremmo metterci al lavoro».
«Nessuno raccoglierà la spazzatura al posto nostro, sta tranquillo».
Con passo sicuro i fratelli raggiungono la battigia.
Si chinano e Alessio si riempe le mani di sassi. È il suo lato sinistro quello attaccato al corpo del fratello, quindi il braccio destro, il più forte, è libero dall’ingombro. Luca ha invece per arto esterno il mancino e questo lo rende il meno abile dei due in certe situazioni. Lanciare sassi richiede forza e spazio di manovra che, delle quattro braccia gemelle, appartengono insieme soltanto al destro di Alessio.
Il primo sasso parte rapido e affonda piuttosto lontano, ma il secondo tiro supera il precedente e il terzo va ancora più in là, provocando alti schizzi. Ogni lancio è accompagnato da un grido e a volte da un’imprecazione.
Se continua così colpirà la Croazia prima dell’alba, pensa Luca, sapendo che niente farebbe più contento il fratello che demolire a sassate un paese di quattro milioni di abitanti.
Alessio lancia pietre perché odia la spiaggia, odia chiunque la frequenti e spera di farli infuriare lapidando il mare, proprio come si infurierebbe un bambino se una sassaiola minacciasse il suo cane. Lui li detesta tutti perché fingono di divertirsi.
I gemelli condividono il fegato, ma gli altri organi sono distinti e autonomi. La scienza non saprebbe spiegare come Luca possa percepire con tanta intensità la rabbia del fratello, così come Alessio è sempre in grado di indovinare la disperazione di Luca.
Sono entrambi di poche parole e per nulla espressivi: cercargli in volto il riflesso delle emozioni che provano sarebbe come tentare di specchiarsi su un muro di mattoni.
Eppure Luca sente la voglia di uccidere del fratello.
Eppure Alessio sente la voglia di morire del fratello.
Sono due bestie autunnali, con pelliccia di foglie secche e l’alito che sa di polvere.
La violenta pioggia di sassi non si ferma e quando finalmente il sole affonda all’orizzonte, il cielo impregnato del suo sangue, Alessio prova la piacevole sensazione di essere complice nell’assassinio.
Solo allora si ferma per recuperare le forze e si accorge che, stavolta, il fratello non ha seguito il naufragio della stella che sempre lo deprime tanto. Oggi Luca è ipnotizzato, rapito da una magia che si compie alla sua sinistra, poco lontano, e Alessio ci mette poco a capire cosa sta fissando: a meno di cinquanta metri, due bambini costruiscono un castello di pietre con il padre.
«Luca?»
«Sì?» risponde lui senza voltarsi.
«Lo senti?»
Luca respira profondamente.
«Sì, lo sento».
«Pure io, un po’» ammette Alessio.
«Io invece molto forte».
È crema solare, perlopiù, ma non è questo che li trattiene. Mescolato a quell’odore comune, percepiscono un altro profumo che viene da molto lontano, ma è comunque forte, inconfondibile. Il profumo delle cose insieme, di ciò che si dicono. Il profumo della pace.
Il 24 dicembre, il buio dell’armadio, il nascondino al parco, il sonnellino pomeridiano, il cancello della scuola: quando erano bambini tutto aveva un odore che legava oggetti e idee, luoghi ed emozioni. La realtà non taceva, si rivelava a loro attraverso un senso oltre i sensi, una specie di olfatto magico.
Crescendo, i gemelli siamesi hanno perso questa capacità di annusare il mondo. Il profumo della vita è stato brutalmente soppresso.
Oggi agli occhi di Luca tutto eternamente muore.
Oggi agli occhi di Alessio tutto eternamente uccide.
Ogni tanto però capita ancora, anche se di rado: ci sono cose che comunicano, si abbracciano, rompono il segreto.
Sono i vecchi odori, tanto cercati ma ritrovati sempre per caso, come inciampare su una margherita autentica in una foresta di plastica.
I bambini costruiscono il castello con il padre e sanno di pace, che è una comunione di respiro leggero, acqua fredda, allegra stanchezza e tanto altro: non è possibile dire a parole quello che rivela l’olfatto magico. Si tratta di legami, verità intraducibili.
«Arriverà un’onda che sfonderà il castello» tenta cinicamente di sottrarsi Alessio «I bambini si metteranno a piangere e il padre dovrà farsi tutta la strada del ritorno con l’emicrania per colpa dei figli che strillano e del caldo trattenuto dall’auto durante il giorno...»
Luca annuisce ma è ancora in un posto lontano.
«...e poi il sudore, la pelle salata a contatto con il sedile, le chiamate perse dall’ufficio...»
«Già».
«La gente non è felice, Luca, quello che... sentiamo è solo un’illusione. Una bugia sopravvissuta alla fine dell’infanzia. Non c’è niente oltre lo schifo. La realtà di tutti è orribile proprio come la nostra».
«Mmh».
«Ci diamo da fare? La spiaggia è più sporca di quanto mi sembrasse quando siamo arrivati».
«No, ancora un minuto».
Luca continua a fissare i bambini col padre. Come previsto dal fratello, un’onda più grande delle altre ha appena demolito il castello di sassi, ma quell’odore non se n’è andato. Tutto è ancora in armonia.
«Sono tutti infelici come noi» ripete Alessio, ma la voce gli trema. Sente di essere vicino alle lacrime.
Infila una mano nella tasca del costume e trova un sasso liscio e piatto: lo lancia verso il mare, senza la foga di prima. Il sasso parte basso e dritto, poi accarezza la superficie e rimbalza, scende ancora e rimbalza, scende e rimbalza, scende e rimbalza...
Alessio chiude gli occhi, sorride: non vedrà affondare il sasso.
Non vedrà affondare il sasso
«Ha già fatto tutto Ivan» osserva Alessio.
«Anche stavolta» risponde Luca «Credono che non siamo in grado».
«Meglio così. Non ci offenderemo perché c’impediscono di faticare, giusto?»
I fratelli guardano la spiaggia ghiaiosa, tinta di un timido arancio che annuncia il tramonto.
Ivan, l’altro tuttofare dello stabilimento, ha già sistemato lettini e ombrelloni, prima del loro arrivo. A Luca e Alessio non resta che il rapido compito di raccogliere i pochi rifiuti a terra. Evidentemente il capo non vuole rischiare incidenti, nonostante i gemelli siamesi lo abbiano più volte rassicurato riguardo le loro capacità motorie.
Di solito tanto diversi nel modo di pensare il mondo, i due leggono il tramonto alla stessa maniera: è l’omicidio del giorno, il trionfo della notte. Ogni ventiquattro ore, per alcuni minuti il cielo annega nel sangue, ma presto le tenebre cannibali inghiottono quell’unica traccia del delitto consumato.
I fratelli hanno viso e corpo identici e indossano costumi dello stesso giallo pallido, con gli elastici a sfregarsi appena sotto l’inizio della lunga striscia di cartilagine che lega i busti.
Lavorano sempre la sera, quando la spiaggia è ormai quasi vuota, per non dover sopportare il misto di curiosità, disgusto e terrore così comune negli sguardi della gente.
«Fammi tirare un paio di sassi» dice Alessio.
«Dovremmo metterci al lavoro».
«Nessuno raccoglierà la spazzatura al posto nostro, sta tranquillo».
Con passo sicuro i fratelli raggiungono la battigia.
Si chinano e Alessio si riempe le mani di sassi. È il suo lato sinistro quello attaccato al corpo del fratello, quindi il braccio destro, il più forte, è libero dall’ingombro. Luca ha invece per arto esterno il mancino e questo lo rende il meno abile dei due in certe situazioni. Lanciare sassi richiede forza e spazio di manovra che, delle quattro braccia gemelle, appartengono insieme soltanto al destro di Alessio.
Il primo sasso parte rapido e affonda piuttosto lontano, ma il secondo tiro supera il precedente e il terzo va ancora più in là, provocando alti schizzi. Ogni lancio è accompagnato da un grido e a volte da un’imprecazione.
Se continua così colpirà la Croazia prima dell’alba, pensa Luca, sapendo che niente farebbe più contento il fratello che demolire a sassate un paese di quattro milioni di abitanti.
Alessio lancia pietre perché odia la spiaggia, odia chiunque la frequenti e spera di farli infuriare lapidando il mare, proprio come si infurierebbe un bambino se una sassaiola minacciasse il suo cane. Lui li detesta tutti perché fingono di divertirsi.
I gemelli condividono il fegato, ma gli altri organi sono distinti e autonomi. La scienza non saprebbe spiegare come Luca possa percepire con tanta intensità la rabbia del fratello, così come Alessio è sempre in grado di indovinare la disperazione di Luca.
Sono entrambi di poche parole e per nulla espressivi: cercargli in volto il riflesso delle emozioni che provano sarebbe come tentare di specchiarsi su un muro di mattoni.
Eppure Luca sente la voglia di uccidere del fratello.
Eppure Alessio sente la voglia di morire del fratello.
Sono due bestie autunnali, con pelliccia di foglie secche e l’alito che sa di polvere.
La violenta pioggia di sassi non si ferma e quando finalmente il sole affonda all’orizzonte, il cielo impregnato del suo sangue, Alessio prova la piacevole sensazione di essere complice nell’assassinio.
Solo allora si ferma per recuperare le forze e si accorge che, stavolta, il fratello non ha seguito il naufragio della stella che sempre lo deprime tanto. Oggi Luca è ipnotizzato, rapito da una magia che si compie alla sua sinistra, poco lontano, e Alessio ci mette poco a capire cosa sta fissando: a meno di cinquanta metri, due bambini costruiscono un castello di pietre con il padre.
«Luca?»
«Sì?» risponde lui senza voltarsi.
«Lo senti?»
Luca respira profondamente.
«Sì, lo sento».
«Pure io, un po’» ammette Alessio.
«Io invece molto forte».
È crema solare, perlopiù, ma non è questo che li trattiene. Mescolato a quell’odore comune, percepiscono un altro profumo che viene da molto lontano, ma è comunque forte, inconfondibile. Il profumo delle cose insieme, di ciò che si dicono. Il profumo della pace.
Il 24 dicembre, il buio dell’armadio, il nascondino al parco, il sonnellino pomeridiano, il cancello della scuola: quando erano bambini tutto aveva un odore che legava oggetti e idee, luoghi ed emozioni. La realtà non taceva, si rivelava a loro attraverso un senso oltre i sensi, una specie di olfatto magico.
Crescendo, i gemelli siamesi hanno perso questa capacità di annusare il mondo. Il profumo della vita è stato brutalmente soppresso.
Oggi agli occhi di Luca tutto eternamente muore.
Oggi agli occhi di Alessio tutto eternamente uccide.
Ogni tanto però capita ancora, anche se di rado: ci sono cose che comunicano, si abbracciano, rompono il segreto.
Sono i vecchi odori, tanto cercati ma ritrovati sempre per caso, come inciampare su una margherita autentica in una foresta di plastica.
I bambini costruiscono il castello con il padre e sanno di pace, che è una comunione di respiro leggero, acqua fredda, allegra stanchezza e tanto altro: non è possibile dire a parole quello che rivela l’olfatto magico. Si tratta di legami, verità intraducibili.
«Arriverà un’onda che sfonderà il castello» tenta cinicamente di sottrarsi Alessio «I bambini si metteranno a piangere e il padre dovrà farsi tutta la strada del ritorno con l’emicrania per colpa dei figli che strillano e del caldo trattenuto dall’auto durante il giorno...»
Luca annuisce ma è ancora in un posto lontano.
«...e poi il sudore, la pelle salata a contatto con il sedile, le chiamate perse dall’ufficio...»
«Già».
«La gente non è felice, Luca, quello che... sentiamo è solo un’illusione. Una bugia sopravvissuta alla fine dell’infanzia. Non c’è niente oltre lo schifo. La realtà di tutti è orribile proprio come la nostra».
«Mmh».
«Ci diamo da fare? La spiaggia è più sporca di quanto mi sembrasse quando siamo arrivati».
«No, ancora un minuto».
Luca continua a fissare i bambini col padre. Come previsto dal fratello, un’onda più grande delle altre ha appena demolito il castello di sassi, ma quell’odore non se n’è andato. Tutto è ancora in armonia.
«Sono tutti infelici come noi» ripete Alessio, ma la voce gli trema. Sente di essere vicino alle lacrime.
Infila una mano nella tasca del costume e trova un sasso liscio e piatto: lo lancia verso il mare, senza la foga di prima. Il sasso parte basso e dritto, poi accarezza la superficie e rimbalza, scende ancora e rimbalza, scende e rimbalza, scende e rimbalza...
Alessio chiude gli occhi, sorride: non vedrà affondare il sasso.