Non vedrà affondare il sasso

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Racconto scritto per il Ferragosto d'Inchiostro del 2018. Pubblicato qui.

Non vedrà affondare il sasso

«Ha già fatto tutto Ivan» osserva Alessio.
«Anche stavolta» risponde Luca «Credono che non siamo in grado».
«Meglio così. Non ci offenderemo perché c’impediscono di faticare, giusto?»
I fratelli guardano la spiaggia ghiaiosa, tinta di un timido arancio che annuncia il tramonto.
Ivan, l’altro tuttofare dello stabilimento, ha già sistemato lettini e ombrelloni, prima del loro arrivo. A Luca e Alessio non resta che il rapido compito di raccogliere i pochi rifiuti a terra. Evidentemente il capo non vuole rischiare incidenti, nonostante i gemelli siamesi lo abbiano più volte rassicurato riguardo le loro capacità motorie.
Di solito tanto diversi nel modo di pensare il mondo, i due leggono il tramonto alla stessa maniera: è l’omicidio del giorno, il trionfo della notte. Ogni ventiquattro ore, per alcuni minuti il cielo annega nel sangue, ma presto le tenebre cannibali inghiottono quell’unica traccia del delitto consumato.
I fratelli hanno viso e corpo identici e indossano costumi dello stesso giallo pallido, con gli elastici a sfregarsi appena sotto l’inizio della lunga striscia di cartilagine che lega i busti.
Lavorano sempre la sera, quando la spiaggia è ormai quasi vuota, per non dover sopportare il misto di curiosità, disgusto e terrore così comune negli sguardi della gente.
«Fammi tirare un paio di sassi» dice Alessio.
«Dovremmo metterci al lavoro».
«Nessuno raccoglierà la spazzatura al posto nostro, sta tranquillo».
Con passo sicuro i fratelli raggiungono la battigia.
Si chinano e Alessio si riempe le mani di sassi. È il suo lato sinistro quello attaccato al corpo del fratello, quindi il braccio destro, il più forte, è libero dall’ingombro. Luca ha invece per arto esterno il mancino e questo lo rende il meno abile dei due in certe situazioni. Lanciare sassi richiede forza e spazio di manovra che, delle quattro braccia gemelle, appartengono insieme soltanto al destro di Alessio.
Il primo sasso parte rapido e affonda piuttosto lontano, ma il secondo tiro supera il precedente e il terzo va ancora più in là, provocando alti schizzi. Ogni lancio è accompagnato da un grido e a volte da un’imprecazione.
Se continua così colpirà la Croazia prima dell’alba, pensa Luca, sapendo che niente farebbe più contento il fratello che demolire a sassate un paese di quattro milioni di abitanti.
Alessio lancia pietre perché odia la spiaggia, odia chiunque la frequenti e spera di farli infuriare lapidando il mare, proprio come si infurierebbe un bambino se una sassaiola minacciasse il suo cane. Lui li detesta tutti perché fingono di divertirsi.
I gemelli condividono il fegato, ma gli altri organi sono distinti e autonomi. La scienza non saprebbe spiegare come Luca possa percepire con tanta intensità la rabbia del fratello, così come Alessio è sempre in grado di indovinare la disperazione di Luca.
Sono entrambi di poche parole e per nulla espressivi: cercargli in volto il riflesso delle emozioni che provano sarebbe come tentare di specchiarsi su un muro di mattoni.
Eppure Luca sente la voglia di uccidere del fratello.
Eppure Alessio sente la voglia di morire del fratello.
Sono due bestie autunnali, con pelliccia di foglie secche e l’alito che sa di polvere.
La violenta pioggia di sassi non si ferma e quando finalmente il sole affonda all’orizzonte, il cielo impregnato del suo sangue, Alessio prova la piacevole sensazione di essere complice nell’assassinio.
Solo allora si ferma per recuperare le forze e si accorge che, stavolta, il fratello non ha seguito il naufragio della stella che sempre lo deprime tanto. Oggi Luca è ipnotizzato, rapito da una magia che si compie alla sua sinistra, poco lontano, e Alessio ci mette poco a capire cosa sta fissando: a meno di cinquanta metri, due bambini costruiscono un castello di pietre con il padre.
«Luca?»
«Sì?» risponde lui senza voltarsi.
«Lo senti?»
Luca respira profondamente.
«Sì, lo sento».
«Pure io, un po’» ammette Alessio.
«Io invece molto forte».
È crema solare, perlopiù, ma non è questo che li trattiene. Mescolato a quell’odore comune, percepiscono un altro profumo che viene da molto lontano, ma è comunque forte, inconfondibile. Il profumo delle cose insieme, di ciò che si dicono. Il profumo della pace.
Il 24 dicembre, il buio dell’armadio, il nascondino al parco, il sonnellino pomeridiano, il cancello della scuola: quando erano bambini tutto aveva un odore che legava oggetti e idee, luoghi ed emozioni. La realtà non taceva, si rivelava a loro attraverso un senso oltre i sensi, una specie di olfatto magico.
Crescendo, i gemelli siamesi hanno perso questa capacità di annusare il mondo. Il profumo della vita è stato brutalmente soppresso.
Oggi agli occhi di Luca tutto eternamente muore.
Oggi agli occhi di Alessio tutto eternamente uccide.
Ogni tanto però capita ancora, anche se di rado: ci sono cose che comunicano, si abbracciano, rompono il segreto.
Sono i vecchi odori, tanto cercati ma ritrovati sempre per caso, come inciampare su una margherita autentica in una foresta di plastica.
I bambini costruiscono il castello con il padre e sanno di pace, che è una comunione di respiro leggero, acqua fredda, allegra stanchezza e tanto altro: non è possibile dire a parole quello che rivela l’olfatto magico. Si tratta di legami, verità intraducibili.
«Arriverà un’onda che sfonderà il castello» tenta cinicamente di sottrarsi Alessio «I bambini si metteranno a piangere e il padre dovrà farsi tutta la strada del ritorno con l’emicrania per colpa dei figli che strillano e del caldo trattenuto dall’auto durante il giorno...»
Luca annuisce ma è ancora in un posto lontano.
«...e poi il sudore, la pelle salata a contatto con il sedile, le chiamate perse dall’ufficio...»
«Già».
«La gente non è felice, Luca, quello che... sentiamo è solo un’illusione. Una bugia sopravvissuta alla fine dell’infanzia. Non c’è niente oltre lo schifo. La realtà di tutti è orribile proprio come la nostra».
«Mmh».
«Ci diamo da fare? La spiaggia è più sporca di quanto mi sembrasse quando siamo arrivati».
«No, ancora un minuto».
Luca continua a fissare i bambini col padre. Come previsto dal fratello, un’onda più grande delle altre ha appena demolito il castello di sassi, ma quell’odore non se n’è andato. Tutto è ancora in armonia.
«Sono tutti infelici come noi» ripete Alessio, ma la voce gli trema. Sente di essere vicino alle lacrime.
Infila una mano nella tasca del costume e trova un sasso liscio e piatto: lo lancia verso il mare, senza la foga di prima. Il sasso parte basso e dritto, poi accarezza la superficie e rimbalza, scende ancora e rimbalza, scende e rimbalza, scende e rimbalza...
Alessio chiude gli occhi, sorride: non vedrà affondare il sasso.

Re: Non vedrà affondare il sasso

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Se la profondità di un testo si misura dalla tragicità che lo permea, il tuo racconto ha ben tre livelli di tragicità: l'idea del tramonto intesa come fine del giorno/vita e vittoria della notte/morte; la consapevolezza della dispersione delle gioie infantili e la nostalgia che ne consegue; la scelta dei due gemelli protagonisti.
Mentre i primi due livelli rappresentano un aspetto del tragico che può prestarsi a essere in vario modo edulcorato, pur mantenendo, comunque, la qualità che lo caratterizza (pensiamo allo strapotere delle foto di tramonti e alla voracità con cui il mondo pubblicitario si appropria dei sentimenti di nostalgia), il terzo livello, rappresentato dai gemelli, non può essere in nessun modo addomesticato e spande su tutto il racconto una luce accecante. 
Essa si riverbera anche sui tempi passati, quando fratelli o sorelle siamesi venivano esposti come fenomeni da baraccone, e si ripercuote infine sul lettore con violenza.
Kuno ha scritto: ven gen 01, 2021 4:04 pmEvidentemente il capo non vuole rischiare incidenti, nonostante i gemelli siamesi lo abbiano più volte rassicurato riguardo le loro capacità motorie.
È qui che si nominano per la prima volta: in un colpo solo (ed è un bel colpo da scrittore) si viene a sapere la peculiarità dei fratelli (e quindi si chiariscono le battute precedenti) e si inquadra il "contorno": i due hanno voglia di lavorare, vogliono sentirsi normali, hanno un capo che si fida di loro e in qualche modo li (e si) protegge.
Kuno ha scritto: ven gen 01, 2021 4:04 pmLavorano sempre la sera, quando la spiaggia è ormai quasi vuota, per non dover sopportare il misto di curiosità, disgusto e terrore così comune negli sguardi della gente.
Esatto, così comune. Il "misto di curiosità, disgusto e terrore" che Alessio e Luca sentono addosso è un sapido incentivo alla riflessione. 
Kuno ha scritto: ven gen 01, 2021 4:04 pmLuca ha invece per arto esterno il mancino e questo lo rende il meno abile dei due in certe situazioni.
Qui non ho capito perché il braccio sinistro di Luca è meno forte del destro del fratello: immagino che, essendo per lui il braccio dominante, possa essere egualmente vigoroso. 
O forse mi sfugge qualcosa.
Kuno ha scritto: ven gen 01, 2021 4:04 pmLui li detesta tutti perché fingono di divertirsi.
Una frase dogmatica che ha una sua (intelligente) ragione d'essere: verrà difatti dolorosamente smantellata a breve.
Kuno ha scritto: ven gen 01, 2021 4:04 pmSono due bestie autunnali, con pelliccia di foglie secche e l’alito che sa di polvere.
Ho cercato di immaginare questa frase in un altro luogo del racconto, perchè, a una prima lettura, qui mi sembrava fuori posto. Poi ho pensato che sarebbe stato sufficiente, a mio parere, rimpicciolire le "bestie" e farle diventare "bestioline".
Kuno ha scritto: ven gen 01, 2021 4:04 pmMescolato a quell’odore comune, percepiscono un altro profumo che viene da molto lontano
Eccolo, il profumo che parla al cervello antico, quello limbico; il sapore della madeleine che scuote i sensi e fa sembrare inutile il presente: a che pro vivere, se pace, felicità e bellezza sono ormai alle spalle? Siamo tutti un po' Leopardi, a volte. 
D'impatto il duplice senso della locuzione "da lontano".
Kuno ha scritto: ven gen 01, 2021 4:04 pmLa realtà non taceva, si rivelava a loro attraverso un senso oltre i sensi, una specie di olfatto magico.
Molto significativa l'espressione secondo cui vi è un periodo della vita (per i più fortunati) in cui la realtà non tace.
Kuno ha scritto: ven gen 01, 2021 4:04 pmArriverà un’onda che sfonderà il castello» tenta cinicamente di sottrarsi Alessio
Secondo me l'avverbio lo potresti omettere, perchè la scena che hai costruito è chiarissima e molto commovente.
Kuno ha scritto: ven gen 01, 2021 4:04 pmLa realtà di tutti è orribile proprio come la nostra».
«Mmh».
La tragicità continua a fare capolino tra le righe. Non ricordo in quale museo di Roma, o forse in qualche sede universitaria, sono conservati in formalina feti deformi e tutto ciò che esula da quella che riteniamo la normalità, la quale, in effetti, ci permette di stare al mondo senza tutta la fatica che devono fare, per continuare col tuo esempio, i fratelli nati attaccati. 
E se già vivere vuol dire separarsi di continuo da chi amiamo, come è possibile che a dolore si aggiungano ancora dolore e fatica? 
È l'indifferenza cosmica a muovere la Vita, o siamo noi che non sappiamo guardare oltre? Chi peserà le nostre realtà umane, spesso tra loro così enormemente differenti? 
Insomma, come vedi, le domande che nascono da quel "Mmh" di Luca sono molte e di varia natura: soprattutto, sono necessarie.
Kuno ha scritto: ven gen 01, 2021 4:04 pmTutto è ancora in armonia.
«Sono tutti infelici come noi» ripete Alessio, ma la voce gli trema. Sente di essere vicino alle lacrime.
Il contrasto tra quello che Alessio dice e quello che in realtà pensa è anch'esso altamente tragico.

Il racconto, molto bello, denota una notevole capacità di entrare dentro le cose del mondo. Capacità niente affatto scontata.
Ciao e grazie, @Kuno.
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Re: Non vedrà affondare il sasso

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Ciao, credo sia la prima volta che leggo un tuo racconto. L'ho trovato originale, ben costruito e infine toccante.
Intanto, penso che sia un'idea non comune pensare a una coppia di gemelli siamesi che lavora in una spiaggia. Penso tu sia stato bravo nel rendere la psicologia dei protagonisti e il loro modo di reagire a quel che capita attorno a loro. Sappiamo molto bene, ahimè, come il nostro modo di vedere il mondo sia condizionato dal nostro destino individuale. Così una scena in teoria oggettivamente incantevole, come un padre e un figlio che costruiscono un castello di sabbia mentre il sole tramonta, suscita reazioni contrastanti in una coppia di persone costrette da una grave invalidità, probabilmente incapaci di assaporare questi piccoli momenti di felicità per via della loro condizione. Ho trovato interessante come tu, attraverso la tua scrittura, apra e chiuda alla speranza che queste due persone costrette in un solo corpo possano, in qualche modo, sfuggire ai loro comprensibili sentimenti di rabbia. Il racconto è interessante proprio per questa oscillazione, che sei riuscito a creare, fra l'odio e la speranza. E' un'oscillazione molto comune nell'animo umano. Se noi siamo infelici, vogliamo che tutti siano infelici. Non crediamo alla felicità degli altri. Mi ha fatto venire in mente il racconto (ma quello era una commedia) "The Worm in the Apple" di John Cheever, in cui i vicini e i conoscenti di una famiglia particolarmente baciata dalla fortuna non riescono a capacitarsi del loro successo e cercano (inutilmente) di trovare qualcosa di sbagliato nelle loro vite, perché non è possibile, appunto, che ognuno di noi non abbia "un verme nella mela," come dice l'espressione inglese. Cito il titolo a memoria, spero sia giusto. Per tornare al tuo racconto, mi sembra (ma forse è quello che voglio leggere io) che infine si apra alla speranza. Ma potrebbe essere solo un momento fugace, perché, quando Alessio riaprirà gli occhi, vedrà sempre il solito mondo condizionato dalla sua invalidità.
Ho trovato toccante la frase: "Sono tutti infelici come noi...", con cui Alessio, con poca convinzione, cerca di autoconvincersi che la loro sfortuna sia universale, comune al genere umano, per poi esprimersi in un gesto piccolo e spensierato, come gettare un sasso nel mare nella speranza che esso rimbalzi per sempre, perciò con una sorta di apertura al sogno, alla vita, e alla speranza. Mi è sembrato un bel finale, misurato e significativo.
Concludo dicendo che il racconto mi ha fatto molto riflettere sulla differenza fra la realtà in sé e come noi la percepiamo attraverso le nostre lenti di persone spesso smarrite e confuse. Grazie per la bella lettura.
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