Pura meraviglia
Posted: Sun Jan 24, 2021 2:49 pm
Montagne bianche, spiegazzate. Depressioni e avvallamenti sulla superficie del mio letto: un leggero movimento del piede da sotto le lenzuola e la topografia del mio piccolo pianeta cambia. Non un'era o due, bastano solo una manciata di secondi a seguito di uno sforzo ridicolo.
Mi stufo presto a giocare con le lenzuola e guardo il soffitto: grigio, simile a un minuscolo surrogato del cielo fuori. Come la mia vita.
Il lampadario sbreccato rappresenta il sole di questo microcosmo; sì, è piccolo, ma ho sempre accomodato la cosa pensando che fosse solo una questione di prospettive.
Le tende della porta vetrata che filtrano i raggi del sole nelle belle giornate, come una mia personale aurora. I libri sul pavimento, attorno al letto, sono satelliti su cui non metto piede da tempo.
Guardo l'angolo della stanza dove vivo, vicino l'armadio. Lì c'è Spider, un ragnetto con la sua ragnatela, unico abitante del suo mondo come io del mio. Mi piacciono i ragni e a lui sono affezionato, ma questa è solo una mia supposizione. «Spider, mangiami la faccia quando mi addormento» gli dico a volte scherzando, ammesso che un depresso cronico come me lo possa fare. Ma l'animale sembra ignorarmi ogni volta.
Cazzo, di nuovo non riesco a respirare.
Quando mi manca l'aria tutto rallenta, si condensa; mi sembra di stare in una vasca piena d'acqua.
Chissà, cosa si prova a respirare con le branchie?
Sembra che l'ossigeno del mio piccolo mondo stia per esaurirsi; le volte che i mie polmoni vanno in crisi aumentano col passare dei giorni. La paura non è data da ciò che accadrà quando non riuscirò più a respirare, ma dalla curiosità che ho di vedere cosa viene dopo.
Ogni volta che succede, come un ciclo, osservo la tazzina di caffè poggiata da giorni sul comodino su cui è stampata la faccia di Cucciolo, il più stronzo dei sette nani, regalo di lei.
Sono le idiozie che spesso ci riportano alla realtà, penso e ammetto.
Non mi alzo dal letto, il mio mondo, da settimane, giusto qualche viaggio spaziale per andare in bagno o mangiare qualcosa. L'ultima volta che ho lasciato la mia galassia è stata per andare a fare un'abbondante spesa al supermercato, eoni or sono. Una sensazione viscerale, qualcosa di simile all'intuito degli animali che avvertono in anticipo i terremoti, mi sussurra che è stata anche l'ultima.
Lei non c'è più. Ultimo ponte col mondo, ormai sono isolato. Tutto fuori mi diventa estraneo, sempre più.
“Sei come un vortice che risucchia e intrappola tutto. Io non voglio caderci dentro.” Queste sono state le parole con cui la mia ragazza mi ha lasciato, mesi fa.
Il tempo è distorto, ma è probabile che sia io a renderlo così. Passa veloce e ridiventa lento; una mattina vola in una manciata di minuti, una notte può durare per sempre.
Il tempo è un pensiero.
Oggi l'armadio ha qualcosa che non va, ammesso che non siano i miei occhi a tradirmi: sembra più vicino.
L'aria è rarefatta, densa. Faccio fatica a respirare, e una massa dal peso idecifrabile sembra schiacciarmi lo stomaco.
Cerco di pensare a qualcosa di piacevole: le gambe di lei, i suoi seni e il suo profumo. Il suono del suo respiro di notte, mentre dormiva, e il ricordo della forma lasciata dal peso del suo corpo sul materasso quando si alzava. L'odore del caffè che precede di poco la visione di quella stupida tazzina. Caffè amaro, buono: un ossimoro plastico tra le mie mani racchiuso in un involucro, verso la mia bocca.
Il mio animo era già piegato, ma è stata lei a spezzarmi il cuore; lei è una stella che non irradia più luce, come dopo una supernova.
Il piacere dei ricordi dura sempre troppo poco, ma dopo i miei pugni tremano spesso.
Sogno. Niente forme, solo colori che si alternano. Mutano in un'alternanza indefinita; è così che sognano i pazzi?
Colori vivaci, iridescenti, cangianti. Saturazioni cromatiche mai percepite da occhio umano, probabile risultato proveniente dalla tavolozza di un pittore divino.
Mi sveglio. Accendo la lampada e mi guardo attorno: la luce sembra distorta, innaturale, come attratta dal mio corpo; i peli ritti sulle gambe sembrano vivi. L'aria è elettrica. Guardo alla mia destra: la tazzina cade a terra andando in pezzi. Giurerei che fino a quel momento stesse volteggiando in aria.
La paura è ciò che tiene unite le particelle elementari del mio corpo.
Sto diventando il buco nero del piccolo universo in cui vivo.
La linea temporale che mi ospita si altera, di continuo. Sembrano passare anni, ma non ho fame; lo scorrere del tempo è solo una sensazione. La barba non cresce, nessuno stimolo ad andare in bagno. Forse gli anni sono solo minuti?
Finirò con l'inghiottire tutto. Ho cominciato tempo fa coi miei sentimenti e le mie sensazioni. Il mio pessimismo adesso è così grande che sarebbe in grado di attrarre tutto il dolore dei mondi, e le galassie a cui appartengono, fino a mutarmi in qualcosa di più grande. Un qualcosa che diverrà quando tutto il resto sarà sparito; quando il dolore non avrà più motivo d'esistere.
Quando il tempo si piegherà su sé stesso, quando potrò toccare l'aria e attraversare i muri, allora niente potrà sfuggirmi.
L'aria si infiammerà, e le cose che mi circondano si accartocceranno su sé stesse, attratte da me e dalla potenza che riuscirò a racchiudere.
Sto diventando il centro dell'universo, e resisterò al dolore che contiene, solo per assaporarne il dopo. Perché so che sopportare tutta la sofferenza del mondo non sarà stato vano.
Ma riuscirò a resistere a qualsiasi cosa, a qualsiasi costo. Mi basterà la timida illusione di trarne in cambio un solo momento di pura meraviglia.
https://www.writersdream.org/forum/foru ... eraviglia/
Mi stufo presto a giocare con le lenzuola e guardo il soffitto: grigio, simile a un minuscolo surrogato del cielo fuori. Come la mia vita.
Il lampadario sbreccato rappresenta il sole di questo microcosmo; sì, è piccolo, ma ho sempre accomodato la cosa pensando che fosse solo una questione di prospettive.
Le tende della porta vetrata che filtrano i raggi del sole nelle belle giornate, come una mia personale aurora. I libri sul pavimento, attorno al letto, sono satelliti su cui non metto piede da tempo.
Guardo l'angolo della stanza dove vivo, vicino l'armadio. Lì c'è Spider, un ragnetto con la sua ragnatela, unico abitante del suo mondo come io del mio. Mi piacciono i ragni e a lui sono affezionato, ma questa è solo una mia supposizione. «Spider, mangiami la faccia quando mi addormento» gli dico a volte scherzando, ammesso che un depresso cronico come me lo possa fare. Ma l'animale sembra ignorarmi ogni volta.
Cazzo, di nuovo non riesco a respirare.
Quando mi manca l'aria tutto rallenta, si condensa; mi sembra di stare in una vasca piena d'acqua.
Chissà, cosa si prova a respirare con le branchie?
Sembra che l'ossigeno del mio piccolo mondo stia per esaurirsi; le volte che i mie polmoni vanno in crisi aumentano col passare dei giorni. La paura non è data da ciò che accadrà quando non riuscirò più a respirare, ma dalla curiosità che ho di vedere cosa viene dopo.
Ogni volta che succede, come un ciclo, osservo la tazzina di caffè poggiata da giorni sul comodino su cui è stampata la faccia di Cucciolo, il più stronzo dei sette nani, regalo di lei.
Sono le idiozie che spesso ci riportano alla realtà, penso e ammetto.
Non mi alzo dal letto, il mio mondo, da settimane, giusto qualche viaggio spaziale per andare in bagno o mangiare qualcosa. L'ultima volta che ho lasciato la mia galassia è stata per andare a fare un'abbondante spesa al supermercato, eoni or sono. Una sensazione viscerale, qualcosa di simile all'intuito degli animali che avvertono in anticipo i terremoti, mi sussurra che è stata anche l'ultima.
Lei non c'è più. Ultimo ponte col mondo, ormai sono isolato. Tutto fuori mi diventa estraneo, sempre più.
“Sei come un vortice che risucchia e intrappola tutto. Io non voglio caderci dentro.” Queste sono state le parole con cui la mia ragazza mi ha lasciato, mesi fa.
Il tempo è distorto, ma è probabile che sia io a renderlo così. Passa veloce e ridiventa lento; una mattina vola in una manciata di minuti, una notte può durare per sempre.
Il tempo è un pensiero.
Oggi l'armadio ha qualcosa che non va, ammesso che non siano i miei occhi a tradirmi: sembra più vicino.
L'aria è rarefatta, densa. Faccio fatica a respirare, e una massa dal peso idecifrabile sembra schiacciarmi lo stomaco.
Cerco di pensare a qualcosa di piacevole: le gambe di lei, i suoi seni e il suo profumo. Il suono del suo respiro di notte, mentre dormiva, e il ricordo della forma lasciata dal peso del suo corpo sul materasso quando si alzava. L'odore del caffè che precede di poco la visione di quella stupida tazzina. Caffè amaro, buono: un ossimoro plastico tra le mie mani racchiuso in un involucro, verso la mia bocca.
Il mio animo era già piegato, ma è stata lei a spezzarmi il cuore; lei è una stella che non irradia più luce, come dopo una supernova.
Il piacere dei ricordi dura sempre troppo poco, ma dopo i miei pugni tremano spesso.
Sogno. Niente forme, solo colori che si alternano. Mutano in un'alternanza indefinita; è così che sognano i pazzi?
Colori vivaci, iridescenti, cangianti. Saturazioni cromatiche mai percepite da occhio umano, probabile risultato proveniente dalla tavolozza di un pittore divino.
Mi sveglio. Accendo la lampada e mi guardo attorno: la luce sembra distorta, innaturale, come attratta dal mio corpo; i peli ritti sulle gambe sembrano vivi. L'aria è elettrica. Guardo alla mia destra: la tazzina cade a terra andando in pezzi. Giurerei che fino a quel momento stesse volteggiando in aria.
La paura è ciò che tiene unite le particelle elementari del mio corpo.
Sto diventando il buco nero del piccolo universo in cui vivo.
La linea temporale che mi ospita si altera, di continuo. Sembrano passare anni, ma non ho fame; lo scorrere del tempo è solo una sensazione. La barba non cresce, nessuno stimolo ad andare in bagno. Forse gli anni sono solo minuti?
Finirò con l'inghiottire tutto. Ho cominciato tempo fa coi miei sentimenti e le mie sensazioni. Il mio pessimismo adesso è così grande che sarebbe in grado di attrarre tutto il dolore dei mondi, e le galassie a cui appartengono, fino a mutarmi in qualcosa di più grande. Un qualcosa che diverrà quando tutto il resto sarà sparito; quando il dolore non avrà più motivo d'esistere.
Quando il tempo si piegherà su sé stesso, quando potrò toccare l'aria e attraversare i muri, allora niente potrà sfuggirmi.
L'aria si infiammerà, e le cose che mi circondano si accartocceranno su sé stesse, attratte da me e dalla potenza che riuscirò a racchiudere.
Sto diventando il centro dell'universo, e resisterò al dolore che contiene, solo per assaporarne il dopo. Perché so che sopportare tutta la sofferenza del mondo non sarà stato vano.
Ma riuscirò a resistere a qualsiasi cosa, a qualsiasi costo. Mi basterà la timida illusione di trarne in cambio un solo momento di pura meraviglia.
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