Pura meraviglia

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Montagne bianche, spiegazzate. Depressioni e avvallamenti sulla superficie del mio letto: un leggero movimento del piede da sotto le lenzuola e la topografia del mio piccolo pianeta cambia. Non un'era o due, bastano solo una manciata di secondi a seguito di uno sforzo ridicolo.
Mi stufo presto a giocare con le lenzuola e guardo il soffitto: grigio, simile a un minuscolo surrogato del cielo fuori. Come la mia vita.
Il lampadario sbreccato rappresenta il sole di questo microcosmo; sì, è piccolo, ma ho sempre accomodato la cosa pensando che fosse solo una questione di prospettive.
Le tende della porta vetrata che filtrano i raggi del sole nelle belle giornate, come una mia personale aurora. I libri sul pavimento, attorno al letto, sono satelliti su cui non metto piede da tempo.
Guardo l'angolo della stanza dove vivo, vicino l'armadio. Lì c'è Spider, un ragnetto con la sua ragnatela, unico abitante del suo mondo come io del mio. Mi piacciono i ragni e a lui sono affezionato, ma questa è solo una mia supposizione. «Spider, mangiami la faccia quando mi addormento» gli dico a volte scherzando, ammesso che un depresso cronico come me lo possa fare. Ma l'animale sembra ignorarmi ogni volta.

Cazzo, di nuovo non riesco a respirare.
Quando mi manca l'aria tutto rallenta, si condensa; mi sembra di stare in una vasca piena d'acqua.
Chissà, cosa si prova a respirare con le branchie?
Sembra che l'ossigeno del mio piccolo mondo stia per esaurirsi; le volte che i mie polmoni vanno in crisi aumentano col passare dei giorni. La paura non è data da ciò che accadrà quando non riuscirò più a respirare, ma dalla curiosità che ho di vedere cosa viene dopo.
Ogni volta che succede, come un ciclo, osservo la tazzina di caffè poggiata da giorni sul comodino su cui è stampata la faccia di Cucciolo, il più stronzo dei sette nani, regalo di lei.
Sono le idiozie che spesso ci riportano alla realtà, penso e ammetto.

Non mi alzo dal letto, il mio mondo, da settimane, giusto qualche viaggio spaziale per andare in bagno o mangiare qualcosa. L'ultima volta che ho lasciato la mia galassia è stata per andare a fare un'abbondante spesa al supermercato, eoni or sono. Una sensazione viscerale, qualcosa di simile all'intuito degli animali che avvertono in anticipo i terremoti, mi sussurra che è stata anche l'ultima.

Lei non c'è più. Ultimo ponte col mondo, ormai sono isolato. Tutto fuori mi diventa estraneo, sempre più.
“Sei come un vortice che risucchia e intrappola tutto. Io non voglio caderci dentro.” Queste sono state le parole con cui la mia ragazza mi ha lasciato, mesi fa.
Il tempo è distorto, ma è probabile che sia io a renderlo così. Passa veloce e ridiventa lento; una mattina vola in una manciata di minuti, una notte può durare per sempre.
Il tempo è un pensiero.

Oggi l'armadio ha qualcosa che non va, ammesso che non siano i miei occhi a tradirmi: sembra più vicino.
L'aria è rarefatta, densa. Faccio fatica a respirare, e una massa dal peso idecifrabile sembra schiacciarmi lo stomaco.
Cerco di pensare a qualcosa di piacevole: le gambe di lei, i suoi seni e il suo profumo. Il suono del suo respiro di notte, mentre dormiva, e il ricordo della forma lasciata dal peso del suo corpo sul materasso quando si alzava. L'odore del caffè che precede di poco la visione di quella stupida tazzina. Caffè amaro, buono: un ossimoro plastico tra le mie mani racchiuso in un involucro, verso la mia bocca.
Il mio animo era già piegato, ma è stata lei a spezzarmi il cuore; lei è una stella che non irradia più luce, come dopo una supernova.
Il piacere dei ricordi dura sempre troppo poco, ma dopo i miei pugni tremano spesso.

Sogno. Niente forme, solo colori che si alternano. Mutano in un'alternanza indefinita; è così che sognano i pazzi?
Colori vivaci, iridescenti, cangianti. Saturazioni cromatiche mai percepite da occhio umano, probabile risultato proveniente dalla tavolozza di un pittore divino.
Mi sveglio. Accendo la lampada e mi guardo attorno: la luce sembra distorta, innaturale, come attratta dal mio corpo; i peli ritti sulle gambe sembrano vivi. L'aria è elettrica. Guardo alla mia destra: la tazzina cade a terra andando in pezzi. Giurerei che fino a quel momento stesse volteggiando in aria.
La paura è ciò che tiene unite le particelle elementari del mio corpo.
Sto diventando il buco nero del piccolo universo in cui vivo.
La linea temporale che mi ospita si altera, di continuo. Sembrano passare anni, ma non ho fame; lo scorrere del tempo è solo una sensazione. La barba non cresce, nessuno stimolo ad andare in bagno. Forse gli anni sono solo minuti?
Finirò con l'inghiottire tutto. Ho cominciato tempo fa coi miei sentimenti e le mie sensazioni. Il mio pessimismo adesso è così grande che sarebbe in grado di attrarre tutto il dolore dei mondi, e le galassie a cui appartengono, fino a mutarmi in qualcosa di più grande. Un qualcosa che diverrà quando tutto il resto sarà sparito; quando il dolore non avrà più motivo d'esistere.
Quando il tempo si piegherà su sé stesso, quando potrò toccare l'aria e attraversare i muri, allora niente potrà sfuggirmi.
L'aria si infiammerà, e le cose che mi circondano si accartocceranno su sé stesse, attratte da me e dalla potenza che riuscirò a racchiudere.
Sto diventando il centro dell'universo, e resisterò al dolore che contiene, solo per assaporarne il dopo. Perché so che sopportare tutta la sofferenza del mondo non sarà stato vano.
Ma riuscirò a resistere a qualsiasi cosa, a qualsiasi costo. Mi basterà la timida illusione di trarne in cambio un solo momento di pura meraviglia.

https://www.writersdream.org/forum/foru ... eraviglia/
Barone sbracato che non chiede dazio né gabella.

Re: Pura meraviglia

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Un racconto davvero bello, @Plata, complimenti. Nonostante il tema trattato presenti sempre il rischio, nella scrittura, di un ripiegamento su sé stessi talmente serrato da non permettere che nulla esca o entri (come il buco nero, per l'appunto), e tale da insinuare nel lettore un senso di claustrofobica repulsione anziché empatia, qui sei riuscito a far coesistere l'analisi perfetta e meticolosa del "male oscuro" con la riflessione sull'universo intero: l'interessante allusione alla conflagrazione universale (ecpirosi) si dilata fino ad acquistare addirittura risvolti cristologici (pur se indipendenti dalle tue intenzioni).
Quando il tempo si piegherà su sé stesso, quando potrò toccare l'aria e attraversare i muri, allora niente potrà sfuggirmi.
L'aria si infiammerà, e le cose che mi circondano si accartocceranno su sé stesse, attratte da me e dalla potenza che riuscirò a racchiudere
Sto diventando il centro dell'universo, e resisterò al dolore che contiene, solo per assaporarne il dopo. Perché so che sopportare tutta la sofferenza del mondo non sarà stato vano.
Ma riuscirò a resistere a qualsiasi cosa, a qualsiasi costo. Mi basterà la timida illusione di trarne in cambio un solo momento di pura meraviglia.

La frase conclusiva, oltre che di notevole bellezza, è anche di sconcertante profondità.

Ti segnalo due refusi che ho notato: "le volte che i mie polmoni"; "e una massa dal peso idecifrabile".
https://www.amazon.it/rosa-spinoZa-gust ... B09HP1S45C

Re: Pura meraviglia

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Plata ha scritto: Montagne bianche, spiegazzate. Depressioni e avvallamenti sulla superficie del mio letto: un leggero movimento del piede da sotto le lenzuola e la topografia del mio piccolo pianeta cambia. Non un'era o due, bastano solo una manciata di secondi a seguito di uno sforzo ridicolo.
Mi stufo presto a giocare con le lenzuola e guardo il soffitto: grigio, simile a un minuscolo surrogato del cielo fuori. Come la mia vita.
Il lampadario sbreccato rappresenta il sole di questo microcosmo; sì, è piccolo, ma ho sempre accomodato la cosa pensando che fosse solo una questione di prospettive.
Un buon incipit @Plata  In poche righe hai descritto lo stato d'animo del protagonista. Due cose indispensabili per proseguire una lettura sono: empatia e curiosità, le hai centrete in pieno entrambe.
Plata ha scritto: Mi piacciono i ragni e a lui sono affezionato, ma questa è solo una mia supposizione. «
Lo afferma e poi lo suppone, mi sembra strana come frase. I ragni non disturbano neanche me, però ci sono ragni e ragni...
Plata ha scritto: Cazzo, di nuovo non riesco a respirare.
Quando mi manca l'aria tutto rallenta, si condensa; mi sembra di stare in una vasca piena d'acqua.
é una questione di gusti, ma io quì non metterei la parolaccia. Cazzo, per me è lo sfogo per eccellenza, lo dico per scaricare rabbia, e ne dico anche tre in fila se voglio esorcizzare un momento davvero brutto. Il protagonsta invece sembra rassgnato, osserva con distacco e calma la sua vita e i suoi sintomi da depresso, quindi la parolaccia, che è più una imprecazione immediata a seguito di un evento improvviso e inaspettato, mi sembra sia meglio evitarla.

Plata ha scritto: Ogni volta che succede, come un ciclo,
Come in un ciclo. Almeno io ho osservato lui che non riesce a respirare, pensa ai suoi polmoni, guarda la tazzina ecc. Ogni volta ripete pensieri, gesti come in un ciclo stabilito, che ha un inizio e una fine.
Plata ha scritto: Lei non c'è più. Ultimo ponte col mondo, orm
questo mi fa pensare che lui era depresso anche prima che lei lo lasciasse. Vero?
Plata ha scritto: Oggi l'armadio ha qualcosa che non va, ammesso che non siano i miei occhi a tradirmi: sembra più vicino.
L'aria è rarefatta, densa. Faccio fatica a respirare, e una massa dal peso idecifrabile sembra schiacciarmi lo stomaco.
Da qui inizia la parte, che mi sembra riduttivo definire delirante. Tutta questa parte io l'ho trovata molto bella.
In questi ultimi tempi, quelli del covid, mi sono accadute molte cose negative. In ultimo in ordine cronologico, sto chiudendo la mia ventennale attività.
Sempre più spesso mi titrovo a fare escurzioni nel mio mondo, sui miei satelliti che stanno per sparire e sempre più spesso mi chiedo: quando capirò se sono davvero depressa o soltanto malinconica? cosa mi accadrà? Il protagonista del tuo racconto lo sa, e ne scruta tutti i momenti che lo avvertono di non fare assolutamente nulla per cambiare. 
Plata ha scritto: che avvertono in anticipo i terremoti, mi sussurra che è stata anche l'ultima.
Come qui! o almeno io, che ultimamente mi sto accartocciando,  la vedo così.
Plata ha scritto: Ma riuscirò a resistere a qualsiasi cosa, a qualsiasi costo. Mi basterà la timida illusione di trarne in cambio un solo momento di pura meraviglia.
La frase finale è ballissima: sembra il preludio di una rinascita.
Davvero un bella lettura, grazie.

Re: Pura meraviglia

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Ciao @Plata, sono passata a commentare il testo nella speranza di partecipare al MI 148 ed è incredibile come questo testo possa, a un primo sguardo sembrare assimilabile alla traccia di mezzogiorno, che richiede di raccontare la giornata di una persona che si focalizza sui particolari.
 L'incipit si adatterebbe molto bene a quella traccia, secondo me, e mi hai trascinato nella descrizione di una stanza che diventa un universo per il protagonista triste per essere stato lasciato. Ammetto che inizialmente credevo che si parlasse della situazione che vive una persona costretta a rimanere in camera per una situazione esterna non dipesa da lui e il paragone che hai fatto sui libri visti come pianeti sembrava un rifiuto a voler vivere la vita "fuori" anche se solo attraverso le "finestre" rappresentate dai libri.
Ne ho riso perché cozzava con le montagne bianche di cui hai parlato, e mi aspettavo che avrei osservato un paesaggio montano.
Tuttavia trovo stupendo questo incipit non solo per la sua brevità e la capacità di fornire da subito immagini, ma anche per il linguaggio ( l'uso della parola "depressioni" dopo tre parole lascia intendere che il clima del racconto non è tra i più solari), ma anche per la presentazione che fa del personaggio: permette di ipotizzare che questa persona sia una sorta di ossessivo compulsivo con la passione per i pianeti e le galassie, che in qualche modo mi ricorda la poesia di [font=-apple-system, system-ui, "Segoe UI", Roboto, Oxygen-Sans, Ubuntu, Cantarell, "Fira Sans", "Droid Sans", "Helvetica Neue", Helvetica, "ヒラギノ角ゴ Pro W3", "Hiragino Kaku Gothic Pro", メイリオ, Meiryo, "MS Pゴシック", Arial, sans-serif, "Apple Color Emoji", "Segoe UI Emoji", "Segoe UI Symbol"]Neil Hilborn "OCD"[/font]
Plata ha scritto: Montagne bianche, spiegazzate. Depressioni e avvallamenti sulla superficie del mio letto: un leggero movimento del piede da sotto le lenzuola e la topografia del mio piccolo pianeta cambia. Non un'era o due, bastano solo una manciata di secondi a seguito di uno sforzo ridicolo.
Mi stufo presto a giocare con le lenzuola e guardo il soffitto: grigio, simile a un minuscolo surrogato del cielo fuori. Come la mia vita.
Il lampadario sbreccato rappresenta il sole di questo microcosmo; sì, è piccolo, ma ho sempre accomodato la cosa pensando che fosse solo una questione di prospettive.
Le tende della porta vetrata che filtrano i raggi del sole nelle belle giornate, come una mia personale aurora. I libri sul pavimento, attorno al letto, sono satelliti su cui non metto piede da tempo.
Tuttavia, per me l'incipit termina qui e nel momento in cui nel testo viene presentato il personaggio di Spider, ritengo sarebbe stato meglio staccare il testo mandando a capo in modo da lasciare due righe.
Plata ha scritto: Mi piacciono i ragni e a lui sono affezionato, ma questa è solo una mia supposizione. 
Il fatto che qui lui faccia una supposizione mi fa pensare che sia un personaggio con qualche disturbo che gli frena l'empatia.
Plata ha scritto: Cazzo, di nuovo non riesco a respirare.
Credo che, visto che questo è un pensiero del protagonista sia meglio metterlo in corsivo, anche perché altrimenti nella lettura secondo me si verifica un distacco tra come "vede" il mondo il protagonista e i pensieri che formula a partire dagli oggetti che gli stanno intorno.

Plata ha scritto: Oggi l'armadio ha qualcosa che non va, ammesso che non siano i miei occhi a tradirmi: sembra più vicino.
Questo per esempio è un suo pensiero che avresti semplicemente potuto mostrare, raccontando che ha sentito un rumore troppo forte arrivare dall'armadio, senza far capire che è il protagonista che pensa che siano gli occhi a tradirlo.

Plata ha scritto: L'aria è rarefatta, densa. Faccio fatica a respirare, e una massa dal peso idecifrabile sembra schiacciarmi lo stomaco.
Questa frase la trovo magistrale, fa capire esattamente cosa sia la tristezza, il senso d'abbandono. Attenzione al refuso nella parola evidenziata.
Plata ha scritto: Sto diventando il centro dell'universo, e resisterò al dolore che contiene, solo per assaporarne il dopo. Perché so che sopportare tutta la sofferenza del mondo non sarà stato vano.
Ma riuscirò a resistere a qualsiasi cosa, a qualsiasi costo. Mi basterà la timida illusione di trarne in cambio un solo momento di pura meraviglia.
La parte finale mi ha lasciata con un senso di speranza per il tentativo del personaggio di trovare la forza di essere "il centro di sé stesso".

Complimenti, davvero un bel testo, che trasmette un senso di tristezza senza però mai cadere nella disperazione attraverso la ripetizione situazioni già viste.

Re: Pura meraviglia

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Ciao @Plata 

mi è piaciuto questo tuo racconto, complimenti.
Ho trovato catturante il modo nel quale ci introduci al dramma del protagonista, svelandoci poco alla volta attraverso le elucubrazioni dei suoi pensieri, quale è la scena in cui è calato e quali sono le ragioni che lo hanno condotto a viverla.

Si respira, con un’apprensione contagiosa, che quelle cha in prima battuta ci appaiono come considerazioni e giochi di fantasia oziosi, sono in realtà il prodotto di uno stato alterato dei sensi e della sensibilità, dovuti a una grave  forma depressiva che lo consuma, portandolo a rinunciare ad alimentarsi e idratarsi in un insano progetto suicida.
Devo dire che descrivi assai bene la condizione psicologica del personaggio, questo cercare diversivi per ingannare il tempo all’ interno del letto, come il giocare di fantasia con le pieghe delle lenzuola, o raffigurare come uno spazio planetario gli oggetti presenti nella sua stanza.
Si ritrova in questa modalità, quel genere di cose che tutti siamo portati a fare, lasciando ruota libera alla mente e i nostri pensieri quando siamo costretti a letto per lungo tempo e cerchiamo distrazioni al nostro stato di infermi.
La nostra attenzione in quei frangenti è attratta dal valutare l’ essenza delle cose e degli oggetti più insignificanti che ci circondano, dando loro una dimensione di vita in altri momenti ignorata: sia che si tratti di una tazza che di un piccolo ragnetto,
Il tuo protagonista è vittima di uno stato depressivo patologico e irreversibile, delle molte ragioni che lo hanno portato a questa sofferenza,
ci è solo dato di intuirle e non possono essere poche.
Tu ce le lasci immaginare accennandone:

“Il mio animo era già piegato, ma è stata lei a spezzarmi il cuore”

ma ci illustri solo l’ultima e la più fatale: essere abbandonato dalla donna che ama, l’ ultima estrema ragione di contatto con la realtà e quindi con la stessa vita.

Non possiamo del resto biasimarla, è evidente che, di fronte al disfacimento psicologico del protagonista, abbia reputato di non essere in grado di soccorrerlo, poiché non possedeva né i gli strumenti né la forza per affrontare il disagio del partner.
Infatti lo abbandona con parole disperate:

“Sei come un vortice che risucchia e intrappola tutto. Io non voglio caderci dentro.”

Il protagonista ha deciso di suicidarsi attraverso l'inedia totale che risulta fatale in 8-12 settimane, quindi ha il tempo di percorrere questo viaggio terminale come un’esperienza ultima e cosciente di speculazione interiore,
filosofando sull’ essere e sulle percezioni fisiche e mentali che conducono alla morte.
Ogni suicidio dicono sia un omicidio simbolico verso qualcuno, sia esso una persona che la società: c’è un meccanismo psicologico nel quale il suicida vede sé stesso come vittima di azioni o situazioni create da altri per nuocerlo e portarlo al gesto disperato di togliersi la vita.
Questo gesto diviene un accusa e una vendetta verso chi o cosa ha creato le premesse perché avenisse, in sostanza è una fuga dalla responsabilità
di quella scelta.

Il tuo protagonista affronta questo percorso calandosi in una dimesione quasi mistica, nella quale osserva il progredire della propria dissoluzione con lo spirito dell’asceta che separa la propria coscienza dai bisogni del corpo, aspirando a divenire, alla fine, un essere incorporeo, fatto solo di pensiero ed energia cosciente di sé.

Complimenti per la profondità che il racconto ci propone.

A pesto rileggerti e buone cose :)

Re: Pura meraviglia

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@Plata Ciao, dovendo fare un commento per il MI 149, ho scelto il tuo bellissimo racconto, complimenti.
Plata ha scritto: Montagne bianche, spiegazzate. Depressioni e avvallamenti sulla superficie del mio letto: un leggero movimento del piede da sotto le lenzuola e la topografia del mio piccolo pianeta cambia. Non un'era o due, bastano solo una manciata di secondi a seguito di uno sforzo ridicolo.
molto bello l'attacco dove ciò che è si alimenta di ciò che sembra ma dove, soprattutto, l'idea non si disperde e anzi, si amplia a livelli cosmici.
Plata ha scritto: Lì c'è Spider, un ragnetto con la sua ragnatela
 Quando ho visto il nome Spider sono rimasto un po' deluso. Per testimoniare la mancanza di voglia del protagonista perfino di inventare un nome, forse avrebbe funzionato meglio Regno (visto che non ci sono altri inglesismi. Invece, finito il racconto, penso che gli sarebbe stato bene il nome della ex ragazza del protagonista, che ne dici?
Plata ha scritto: a lui sono affezionato, ma questa è solo una mia supposizione
 non ho capito perché hai messo che è una supposizione. Se è il dubbio sulla capacità di affezionarsi, forse sarebbe stata più logica una frase tipo "se ancora mi ricordassi il significato di quella parola"

Sto diventando il buco nero del piccolo universo in cui vivo. ha scritto: Sto diventando il buco nero del piccolo universo in cui vivo.
La linea temporale che mi ospita si altera, di continuo. Sembrano passare anni, ma non ho fame; lo scorrere del tempo è solo una sensazione. La barba non cresce, nessuno stimolo ad andare in bagno. Forse gli anni sono solo minuti?
Finirò con l'inghiottire tutto. Ho cominciato tempo fa coi miei sentimenti e le mie sensazioni. Il mio pessimismo adesso è così grande che sarebbe in grado di attrarre tutto il dolore dei mondi, e le galassie a cui appartengono, fino a mutarmi in qualcosa di più grande. Un qualcosa che diverrà quando tutto il resto sarà sparito; quando il dolore non avrà più motivo d'esistere.
Quando il tempo si piegherà su sé stesso, quando potrò toccare l'aria e attraversare i muri, allora niente potrà sfuggirmi.
L'aria si infiammerà, e le cose che mi circondano si accartocceranno su sé stesse, attratte da me e dalla potenza che riuscirò a racchiudere.
Sto diventando il centro dell'universo, e resisterò al dolore che contiene, solo per assaporarne il dopo. Perché so che sopportare tutta la sofferenza del mondo non sarà stato vano.
Spettacolare la trasformazione un buco nero!
Plata ha scritto: Ma riuscirò a resistere a qualsiasi cosa, a qualsiasi costo. Mi basterà la timida illusione di trarne in cambio un solo momento di pura meraviglia.
L'unico punto che mi rende dubbioso è il finale che, seppur poetico e ebbro di speranza, non mi sembra coerente con la psicologia del protagonista sin lì. Un ribaltamento non costruito.

Ma sono inezie, di nuovo complimenti!
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