Bashir

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ex WD

Mi chiamo Bashir e ormai ho deciso. Partirò.
Baba ne parla con Quais, vuole convincerlo a convincere me. “Partire è una follia”, dice.
Lo capisco. Lasciare andare il proprio figlio è sempre difficile.
Ma Quais crede che sia una follia non farlo, e Quais non è uno stupido.
Baba dice che tutti quelli che sono andati via sono morti.
Quais, al contrario, dice che tutti quelli che sono andati via sono vivi e mangiano tre volte al giorno, anche se non lavorano e non hanno soldi.
Baba si arrabbia e gli urla in faccia che è stupido pensare queste cose, è una bugia, e alza le braccia al cielo invocando l'aiuto di Allah affinché io non parta.
In effetti Quais sa di avere detto una bugia, lo so perché quando lo ha affermato mi ha guardato con gli occhi del bugiardo.
Ma non era una bugia cattiva, era una bugia necessaria.
Quais strilla a sua volta, dice che Baba deve smetterla di pensare solo al suo metro di terra, e far finta che gli spari siano lontani miglia e miglia quando, invece, in fondo alla strada si vede la polvere che alzano quelli.
È per questo che vuole partire anche lui.
La polvere in fondo alla strada l'ho vista anch'io.
Baba ha pestato i piedi sulla terra dura e gli si è rotto uno dei sandali. L'unico paio che aveva, ha pianto.
Io so che ha pianto per il sandalo, anche se poteva sembrare che piangesse per me o per quelli che alzano la polvere in fondo alla strada. Lo sa pure lui che prima o poi arriveranno da noi.
Non è il sandalo più importante di me, ma è importante per tutta la famiglia. Senza sandalo non si può far pascolare la nostra capra. Dove c'è cibo per lei ci sono roveti per noi.
La prima cosa che farò quando avrò raggiunto l'isola sarà mandare un paio di sandali a mio padre.
Mia madre non parla, ma io so cosa vuole. Vuole che vada e non importa se, via io, loro mangeranno di meno. Non potrò più andare a raccogliere verdure e se si guasterà la pompa che ho costruito per tirare l'acqua dal fiume non avranno più acqua e torneranno a caricarla coi secchi, ma a lei non importa vuole che vada, glielo leggo negli occhi.
La mia forse è incoscienza.
Quella di Baba è prudenza.
Quello di mamma è coraggio.
Lei ha coraggio per tutti.
Mi sembra di vederla ancora, quando mi ha spronato a camminare di nuovo, dopo che mi ero rotto il piede pascolando le due capre che avevamo. Una è morta cadendo da un dirupo. Io mi sono rotto il piede tentando di salvarla. È stato allora, credo, che in me è nata la voglia di partire. È successo cinque anni fa, ma certe decisioni non parlano lo stesso minuto che nascono. Aspettano che tu cresca, e nel frattempo ti mettono la forza nelle gambe e nel petto. Sono pazienti perché ci vuole anche il tempo per capirle e accettarle. Loro lo sanno.
Una cosa comunque è certa, appena nate certe decisioni non muoiono più.
Non è solo per ricomprare la capra che voglio partire, ma perché ho fame, una fame che non avevo mai provato prima.
La mia pancia è un pozzo, non è mai sazia abbastanza.
Il mese scorso abbiamo avuto un giorno fortunato e abbiamo portato molto cibo, io e Baba, e abbiamo mangiato a sazietà perché era di quello che non si poteva conservare.
Alla fine, avevo più fame di sempre. Allora ho capito: la mia fame è nella testa.
Sono rimasto per un giorno intero a guardare la strada, vedevo solo polvere. Polvere fin dove arrivava il mio occhio.
Ho pensato che anche se faccio chilometri non cambia niente, potrei raggiungere solo la piccola oasi dove vive Samir. È l’unico che, con il suo furgone, ha visto tante città.
Quando viene lo vedo apparire da una nuvola bianca, porta frutta e verdura una volta al mese, lo vedo scomparire il giorno dopo alla stessa maniera.
Samir, la nuvola buona in fondo alla strada.
Al mio paesaggio posso aggiungere due palme, e animali liberi, che sul sentiero battuto fiancheggiato da poche casupole, camminano come viandanti smarriti, annusano la polvere; neanche loro conoscono altro.

Il mese scorso sono andato in città con Quais, e Baba maledice quel giorno. Pensa che io sia cambiato per questo, perché ho visto la luce elettrica e tante strade asfaltate in una volta sola. Sì, mi hanno impressionato, ma io ero cambiato già prima. Ho anche visto una donna europea, indossava una gonna blu e una camicia bianca, accompagnava un gruppo di turisti, e discuteva con il guardiano di una Moschea guardandolo in faccia, dritto negli occhi.
Mia madre e mia sorella, quando provano a discutere qualcosa con Baba, fissano il pavimento. Ecco, anche questa – ho pensato – è una strada che voglio conoscere.
No, Baba non sa.
Ha ragione, però, quando dice di non riconoscermi più, sono sempre arrabbiato e strillo se si parla del viaggio che mi vuole impedire.
Con Quais avevamo già parlato di andarcene e avevamo ormai deciso di partire, per questo eravamo andati in città, per prendere accordi. Abbiamo inventato la scusa dei giunti necessari alla pompa dell'acqua. Arrivati lì, però, Quais mi ha detto che con noi sarebbe venuto anche Mahmud. Mi sono arrabbiato con Quais, perché Mahmud è un cattivo ragazzo. Fa sempre liti con tutti, ha ucciso anche un uomo. Quais dice che una volta arrivati ci separeremo da lui. A noi non importerà più niente.
Io dico che sbaglia.
Si dice che Mahmud non sia figlio di suo padre, che uno dei francesi venuto per il petrolio ha violato sua madre. I suoi occhi non sono uguali a quelli della nostra gente.
Ma ormai è deciso Mahmud verrà con noi.
Ecco perché sono arrabbiato, voglio fare il viaggio, ma non vorrei farlo con Mahmud.
Davvero Baba non sa.
Ho sedici anni ormai sono un uomo, non posso fare capricci e decidere io chi deve partire e chi no. La strada è di tutti.

Ci dà un passaggio Samir. Passa a prenderci all’alba con il suo furgone scassato. Non verrà con noi, farà un nuovo carico e continuerà a girare per il suo commercio. Giorni e giorni tra un mercato e l’altro lavorando come un cane.
Il suo campo, a settanta chilometri da qui, è il più rigoglioso della zona, grazie a lui vivono anche i suoi fratelli, in tutto sette famiglie; il furgone però non può cambiarlo. Dice sempre “Bashir la prossima volta mi vedrai con un furgone nuovo”, poi ride con i suoi denti rotti; sa di mentire.
Ci sistemiamo tra le cassette vuote.
È il 5 luglio, una buona data per partire, siamo nel mezzo della bella stagione.
«Il mare non può farci paura» ha detto Quais, e lui sa quello che dice.
Tiro le ginocchia al petto perché mi batte troppo forte il cuore. Per farmi coraggio penso che anche il mare è una strada.
Samir ci avverte: «Il tragitto è tutto sterrato, arriverete con le ossa rotte».
Poi ride come solo lui riesce a fare anche quando le cose gli girano male.

Re: Bashir

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@Adel J. Pellitteri ripesco questo tuo racconto perché vi trovo affinità con quello che vorrei pubblicare oggi. Me lo ricordo ancora dal WD e vorrei rileggerlo, spero non ti dispiaccia se vado a riesumarlo.
Adel J. Pellitteri ha scritto: Mi chiamo Bashir e ormai ho deciso. Partirò.
Ho due proposte qui: Mi chiamo Bashir e ormai ho deciso: partirò.
Mi chiamo Bashir e ho deciso di partire.
Mi sembra che, per com'è formulato adesso, l'incipit freni e non capisco bene quel partirò là da solo.
Adel J. Pellitteri ha scritto: Lasciare andare il proprio figlio è sempre difficile.
Lui lo può supporre, ma come fa a saperlo? Non mi sembra abbia l'età per avere un figlio che lo ha lasciato.
Adel J. Pellitteri ha scritto: mi ha guardato con gli occhi del bugiardo.
aggiungerei una parola per caratterizzarli, come sono gli occhi di un bugiardo?
Adel J. Pellitteri ha scritto: Io so che ha pianto per il sandalo, anche se poteva sembrare che piangesse per me o per quelli che alzano la polvere in fondo alla strada.
cambierei tempo verbale: Io so che piangeva per il sandalo...
Adel J. Pellitteri ha scritto: Non è il sandalo più importante di me, ma è importante per tutta la famiglia.
Il sandalo non è più importante di me, ma senza sandalo non si può far pascolare la capra.
Formulerei così la frase perché non c'è una vera opposizione: il sandalo è importante per tutta la famiglia, ma così lo è anche Bashir, mi sembra meglio non opporre le due cose come se annullassero il valore l'uno dell'altro.
Adel J. Pellitteri ha scritto: ma certe decisioni non parlano lo stesso minuto che nascono.
bellissima!
Adel J. Pellitteri ha scritto: La mia pancia è un pozzo, non è mai sazia abbastanza.
rimarrei sul pozzo: La mia pancia è un pozzo mai pieno.
Adel J. Pellitteri ha scritto: lo vedo scomparire il giorno dopo alla stessa maniera.
scompare il giorno seguente alla stessa maniera.
Adel J. Pellitteri ha scritto: Fa sempre liti con tutti, ha ucciso anche un uomo.
Litiga sempre con tutti e ha ucciso un uomo.
È ancora bello come lo ricordavo, ha lo stesso sapore di sabbia e di polvere. Questa volta trovo che gli servirebbe più azione e più presa diretta. Tutto è molto raccontato e questo gli dà un tono poetico e un po' epico che mette in secondo piano quello che succede. Non c'è scontro diretto con il padre, invece credo che dovrebbe vedersi. Credo anche che ci siano troppi personaggi: Quais e Samir potrebbero essere la stessa persona ed prender epiù caratterizzazione, secondo me.
Mi è piaciuto rileggere Bashir, è stato come ritrovare una sensazione amica e conosciuta  :)
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Linda e la montagna di fuoco

Re: Bashir

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@Kikki grazie per avere riesumato questo racconto, concordo su quasi tutto, le tue annotazioni mi dicono che c'è sempre qualcosa che si può migliorare.

Come sono gli occhi di un bugiardo? Giusto, avrei dovuto aggiungere "non guardano mai Baba negli occhi".
Concordo anche su " Ho deciso: partirò (lo trovo più deciso rispetto alla seconda proposta)

Bashir non può sapere cosa significa vedere partire un figlio, giusto anche questo. Potrei aggiungere "Ho visto tanti padri dopo la partenza dei loro figli"
Invece, per quanto riguarda il tuo suggerimento circa il confronto (assente) tra padre e figlio, ti dico la mia idea. Il padre cerca di parlare l'adulto che vuole portarglielo via, perché sa bene che il figlio è accecato dal desiderio di lasciare quella terra, non avrà modo di convincerlo, mentre Quais è quello che dovrebbe sapere quali sono i veri pericoli del viaggio. La discussione è volutamente mostrata tra Quais e il padre.
"Litiga sempre con tutti", andrebbe bene, solo che mi sembra troppo corretto e credo pure tolga un po' di colore al testo. 

Detto questo ti ringrazio per l'analisi attenta e puntuale. Ogni suggerimento è preziosissimo. Impone riflessione e ci aiuta tanto a migliorare quanto a definire il nostro stile.  :rosa:

Mi manca tanto il confronto quotidiano di un tempo, ho imparato tantissimo e tantissimo ancora avrei da imparare. 
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