Ti prego non sognare

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(ex WD)

Li aveva tutti facili. Realizzabili nell'arco di un mese, una settimana, un giorno, un'ora anche. Andavano dall'acquisto di un maglione a un nuovo colore di capelli. Sapeva che con i sogni troppo grandi si finisce per fare male non solo a se stessi ma anche agli altri, soprattutto agli altri; coloro che non hanno le tue stesse mete, che non riempiranno mai con te le medesime valigie. Quelli che per forza devi lasciare indietro.
Per i grandi sogni, lo sapeva, si parte da soli e se non atterri sulla pista giusta ma sopra un'illusoria piattaforma, allora il precipitare è doloroso e rapido.
Non ne voleva di sogni come questi, non voleva infrangere le regole della felicità: il dolce confine di una spiaggia, le sicure pareti di una casa, le voci amiche nei fine settimana.
Eppure... l'orizzonte stava sempre lì, sembrava fissarla in attesa, e mentre lei s'impuntava a non lasciarsi prendere, l'affascinava.
Non avrebbe voluto, ciò nonostante alla fine – resisti e resisti – era corsa incontro al suo rapitore, il sogno.
Il miraggio incastonato dentro l'orizzonte.
A quel punto tornare indietro sarebbe stato lo stesso che nuotare contro la corrente.
«Vado di là» gli diceva, e scompariva per ore dentro i suoi silenzi.
«Ti prego non sognare.» La supplicava con gli occhi chiusi, senza dire nulla.
Se pure al fianco, la percepiva rintanata nel suo mondo.
Per entrare doveva bussare due, tre volte, o farsi strada con una sgridata della quale, dopo, si pentiva.
Ma cos'altro poteva fare?
La scorgeva sempre più distante, tra esseri estranei, a lei troppo vicini, meteore con una vita lunga cento, duecento, mille pagine. Mondi precari dall'apparenza eterna.
«Ti prego non sognare. Ascolta la mia voce. Non posso viverti lontano. Ho paura, e non senti neanche questo!?»
Ormai, era come una madre troppo presa dai suoi figli.
Era lei che adesso dispiegava mondi sopra cento, duecento, mille pagine, lasciando a lui la solitudine.
«Ti seguirò» le disse allora. Le palpebre corrugate dai pensieri.
Erano partiti, infine, insieme, ma per motivi avversi.
Ragioni contrarie.
Lei per spiccare il volo, lui per non lasciarla andare.
Un palloncino al polso di un bambino.
L'avrebbe vista volteggiare leggera lassù, l'avrebbe ripresa per tornare a casa. Non è forse felice il palloncino nel volare? Non è felice il bimbo che lo trattiene a sé?
L'amava.
Era questa l'unica paura.
«Ti prego, non sognare», ripeteva tra sé, tra un volo e l'altro, tra un romanzo e un altro, «Non sognare o sogna di noi due, come mi hai insegnato a fare la prima volta che ci siamo amati».

Re: Ti prego non sognare

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Ciao, cara @Adel J. Pellitteri :) mi piace il nuovo nick
coloro che non hanno le tue stesse mete, che non riempiranno mai con te le medesime valigie. Quelli che per forza devi lasciare indietro.
questo pezzetto mi fa venire i brividi, non so chi soffre di più. Qualche volta tocca partire, perché non ne puoi fare a meno, devi staccarti, lasciare indietro. Non parlo di lavoro, ma di responsabilità personale verso noi stessi.
ciò nonostante alla fine – resisti e resisti –
ti faccio una domanda-provocazione: alla fine di cosa? Lo so che è un'espressione, ma mi è successo spesso che leggendo cose mie mi chiedessero che cosa intendevo, quando scrivevo alla fine, mi è saltato all'occhio. Tu sai rispondere? Si può omettere?
«Vado di là» gli diceva, e scompariva per ore dentro i suoi silenzi.
avrei lasciato una riga vuota prima di questa frase, perché da qui cambia il punto di vista.

È un racconto dolce e amaro insieme. Ti prego, non sognare credo che sia la cosa più crudele che ho mai letto, come dire: ti prego, non essere te stessa. Metti in evidenza una relazione che a me sembra sbagliata, c'è ansia da entrambe le parti, e disagio. Come sempre, in poche righe, tiri fuori mondi.
Metterei qualche virgola prima dei ma e dei perché e, mi viene da dire che espliciterei qualche soggetto, ma so che questo è il tuo stile quindi mi cucio la bocca, fai finta che non lo abbia scritto.
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Linda e la montagna di fuoco

Re: Ti prego non sognare

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Kikki ha scritto: gio gen 21, 2021 2:20 pm Ciao, cara @Adel J. Pellitteri :) mi piace il nuovo nick

grazie, vedrò di riuscire a mettere anche una foto. Rispondo al tuo bel commento dicendoti che ho acceso il pc con l'intento di commentare un tuo racconto, quindi finito qui vado a leggerti.

questo pezzetto mi fa venire i brividi, non so chi soffre di più. Qualche volta tocca partire, perché non ne puoi fare a meno, devi staccarti, lasciare indietro. Non parlo di lavoro, ma di responsabilità personale verso noi stessi.

Soffrono entrambi

ti faccio una domanda-provocazione: alla fine di cosa? Lo so che è un'espressione, ma mi è successo spesso che leggendo cose mie mi chiedessero che cosa intendevo, quando scrivevo alla fine, mi è saltato all'occhio. Tu sai rispondere? Si può omettere?

"Alla fine", per me, segna e sottolinea il punto estremo con una pennellata di stanchezza. Come dire: stanca di oppormi ho ceduto. Io lo uso senza troppe paranoie perché è questo il significato che gli do. Può non piacere a molti, come a molti non piace il "dunque". Penso sia questione di gusto personale e non può essere discusso a tavolino.

avrei lasciato una riga vuota prima di questa frase, perché da qui cambia il punto di vista.
Sono perfettamente d'accordo

È un racconto dolce e amaro insieme. Ti prego, non sognare credo che sia la cosa più crudele che ho mai letto, come dire: ti prego, non essere te stessa. Metti in evidenza una relazione che a me sembra sbagliata, c'è ansia da entrambe le parti, e disagio. Come sempre, in poche righe, tiri fuori mondi.

Sì uso un'espressione crudele, ma che ha un'origne da un sentimento forte.
Grazie per il complimento "tiri fuori mondi" . La parte dolorosa nasce da un amore vero e reciproco che cerco di racchiudere in una frase per me molto significativa, ed è questa: L'avrebbe vista volteggiare leggera lassù, l'avrebbe ripresa per tornare a casa. (come dire l'avrebbe lasciata libera senza perderla del tutto). Non è forse felice il palloncino nel volare? Non è felice il bimbo che lo trattiene a sé?
Il palloncino staccandosi dal braccio volerebbe altissimo, fino a perdersi (scoppiare) e il bambino rimarebbe a "terra" a piangere. Perchè allora trasformare qualsiasi sogno in un dolore? Per cosa? Quale riconoscimento può gratificare più di un amore vero? La paura è dietro l'angolo e lui la percepisce più forte che mai.
Ti prego, non sognare», ripeteva tra sé, tra un volo e l'altro, tra un romanzo e un altro, «Non sognare o sogna di noi due, come mi hai insegnato a fare la prima volta che ci siamo amati». Questa è la supplica che lui fa non per castrarla, ma per ricordarle che anche il loro amore è un grande sogno e possono continuarlo insieme.
La sofferenza, o meglio l'angoscia che può causare una scelta che coinvolge solo uno dei due è proprio il tasto che volevo toccare.

Metterei qualche virgola prima dei ma e dei perché e, mi viene da dire che espliciterei qualche soggetto, ma so che questo è il tuo stile quindi mi cucio la bocca, fai finta che non lo abbia scritto.
Per le virgole devo decidermi a fare un gran bel ripasso perché sono veramente un disastro.

Grazie infinite, corro a leggere il tuo pezzo

Re: Ti prego non sognare

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Ciao, @Adel J. Pellitteri ,
come promesso vengo a leggere questo racconto. Commento con pulci, perché lo userò per Caronte. è molto breve, e suppongo già revisionato. Vabbé, io intanto leggo eh. Vado eh. Pronti, partenza, via!

Letto. è un bel testo, e capisco molto bene perché leggendo "il mare" tu abbia pensato a questo. In effetti parlano della stessa cosa: la prepotenza con cui si può affacciare il desiderio di altrove, della forza distruttiva che può avere. I personaggi ne vengono sopraffatti; non possono decidere di rimanere dove sono, devono assecondare una spinta profonda che li possiede. Una differenza, però, è che il mio personaggio maschile fa sì resistenza, ma alla fine si arrende e lascia andar via, il tuo (personaggio maschile?) non vuole la libertà della compagna, a costo di incatenarla (bella l'immagine del palloncino legato al bambino: ho avvertito un bambino pesantissimo).
Le immagini... non tutte mi sono sembrate necessarie, sinceramente, e non tutte mi sono sembrate riuscite. è come se a tratti piuttosto che utilizzarle per rinforzare il messaggio e la sensazione, tu le abbia usate per celare, come quando si scrive in codice per non far trapelare proprio tutta la verità. A volte, invece, semplicemente spiazzano perché sono un po' troppo difficili da visualizzare nel momento stesso della lettura. Provo a spiegarmi meglio più giù, citando il testo (se ci riesco, qui su cdm ho ancora difficoltà a farlo).
Nel complesso mi è piaciuto, ma a maggior ragione perchè è un testo brevissimo avrei eliminato le ridondanze, gli elenchi e le immagini di troppo. Magari in fase di revisione pensaci...

Pulci!
Adel J. Pellitteri ha scritto: gio gen 21, 2021 11:56 am (ex WD)

Li aveva tutti facili. Realizzabili nell'arco di un mese, una settimana, un giorno, un'ora anche. Andavano dall'acquisto di un maglione a un nuovo colore di capelli. Sapeva che con i sogni troppo grandi si finisce per fare male non solo a se stessi ma anche agli altri, soprattutto agli altri; coloro che non hanno le tue stesse mete, che non riempiranno mai con te le medesime valigie. Quelli che per forza devi lasciare indietro.

forse qualche esempio e qualche elenco può essere sfrondato. è un incipit un po' troppo saturo. Dovendo sottrarre, sacrificherei l'immagine di riempire sempre le stesse valigie, non si capisce molto se sia un immagine figurata o letterale. Cioè, coloro che davvero condivideranno una valigia con te o coloro che condivideranno una meta? In ogni caso l'hai appena detto nella frase precedente, magari può bastare.
Mamma mia, perdonami, è il primo commento vero che faccio su CdM, non mi rendo molto conto di cosa sto combinando, spero abbia messo in grassetto le parti del testo che volevo ma non ne sono sicuro, con questa interfaccia. Vabbé, andiamo avanti


Per i grandi sogni, lo sapeva, si parte da soli e se non atterri sulla pista giusta ma sopra un'illusoria piattaforma, allora il precipitare è doloroso e rapido.

Qui mi disorienta il cambio di soggetto, inizi con l'impersonale "si parte" e poi usi il "tu", sempre in funzione impersonale. Io avrei mantenuto una scelta, potevi continuare con "si atterra". Trovo poi che qui tu abbia calcato un po' troppo la mano sulle immagini. Il "partire da soli" ti ha indotto a usare la metafora dell'atterraggio per la realizzazione dei sogni, che in verità è un po' troppo indiretta perché non crei qualce inceppo alla lettura. L'illusione di aver realizzato un sogno diventa una piattaforma insicura che lascia cadere giù. Ok, faccio però gran fatica a ritornare dall'astratto al reale (che so, vuoi diventare il comomero più grande del mondo, per cui mangi ma non ci riesci, e dunque la sensazione è di atterrare su una piattaforma che ti fa cadere? Non so, non mi sconfinfera

Lei per spiccare il volo, lui per non lasciarla andare.
Un palloncino al polso di un bambino.
Questa immagine invece funziona molto bene

Non è forse felice il palloncino nel volare? Non è felice il bimbo che lo trattiene a sé?
Non la espliciterei però, non tornerei ripetutamente sulle stesse immagini. (poco prima fai la stessa cosa con l'orizzonte, il sogno e il miraggio)

«Ti prego, non sognare»
molto efficace la frase che dà il titolo al brano. E spietatamente realistica... descrive una dinamica purtroppo molto comune
A rileggerci presto :)
Scrittore maledetto due volte

Re: Ti prego non sognare

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@Edu grazie per essere passato e grazie per il commento. Apprezzo tutti i tuoi suggerimenti. La tua messa a fuoco evidenzia tante cose che andrebbero sistemate meglio.

Dovendo sottrarre, sacrificherei l'immagine di riempire sempre le stesse valigie, non si capisce molto se sia un immagine figurata o letterale

Nel mio intento l'immagine rientra sia nel figurato che nel letterale: si parte insieme ma con speranze diverse.

Personalmente diffido dei grandi sogni, quelli per i quali devi lasciarti qualcuno di importante alle spalle (sarà che alla soglia dei sessant'anni ho una maturità diversa), tanto più che a volte può rivelarsi un salto nel buio (ecco perché dico che puoi atterrare male e precipitare; non tutti i sogni di realizzano, purtoppo).
Mi sovviene la scelta fatta da Virna Lisi. A Hollywood le fecero firmare un contratto per non so quanti film ma una clausola le imponeva di stare separata dalla persona che amava e di non avere figli per tutta la durata dell'accordo. Lei strappò il contratto pagando una penale esorbitante, tornò in Italia e non se ne è mai pentita: ha rinunciato a Hollywood ma non alla sua vita.
Nel mio racconto la preghiera di lui "ti prego non sognare" parla di amore, del desiderio di non perderla. L'accompagna, vuole che lei respiri una parte di felicità che è soltanto sua, ma perché compromettere tutto il resto che hanno costruito insieme?

Grazie ancora, sei stato prezioso
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