La Grande Catapulta

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La Grande Catapulta


La Grande Catapulta non si ferma mai. Giorno e notte viene caricata senza sosta e il suo carico parte con un’affascinante traiettoria parabolica che è la perfetta combinazione della volontà umana con la gravità della Terra, al netto dell’attrito, naturalmente.
Già, l’attrito, questo è il punto. In realtà gli attriti sono tanti e diversi e in ciò sta l’abilità dell’artigliere da catapulta, colui che presiede ai lanci. E anche i proiettili sono tanti e diversi tra loro, difficile prevederne con esattezza i comportamenti balistici.

Devo essere lanciato in un giorno di luglio, caldo d’inferno, sole inchiodato allo zenit. Caricato insieme agli altri, c’è una gran confusione, urla, qualche sparo. Nella ressa non distinguo bene, mi pare che due o tre persone siano rimaste a terra. Ma ecco, ci siamo: si vola!
La traiettoria è curva, non so dire se sia proprio parabolica; a vederla sembra dritta, ma è un’antica illusione dell’uomo, poi sfatata da solitari pensatori.
In realtà forse è sferica, perché stiamo curvando parallelamente al terreno, circa un metro sopra di esso, stiamo cadendo intorno alla Terra come un satellite, le stiamo orbitando a un metro di distanza.

La foresta con la sua terra rossa, le scimmie ridono sopra di noi, almeno, sembrano ridere, ma sapete com’è: con le scimmie non si può mai dire. Una volta mia nonna mi disse in segreto che le scimmie comprendono e parlano perfettamente il linguaggio degli uomini, ma si fingono stupide perché altrimenti gli uomini le costringerebbero a lavorare per loro. Mi è sempre sembrata una sciocchezza, ma oggi, sentendole lassù in alto tra i rami, ho avuto l’impressione che fosse vero, che forse si fanno beffe di noi.

Fiotti di luce dalla volta della foresta, come lampi sempre più frequenti, sempre più lunghi, finché alla fine si fondono: luce abbagliante e ogni tanto qualche lampo nero, sempre più raro.
Planiamo sul giallo, un mare d’erbe e qualche albero gigante a far da guardia. E in questo mare si aggirano le creature più incredibili. In tutto questo strano pianeta gli animali devono mangiarsi tra loro, ma da nessuna parte lo fanno con tanta grandezza e stravaganza, qui l’orrore assume una bizzarria epica.
Grandi mostri gialli e neri bramosi di sangue spiano furtivi creature grottesche, dai nasi e colli assurdi e spropositati. Lì c’è un unicorno, ma non è slanciato ed elegante, somiglia quasi a un furgone; là qualcos’altro sguazza nel fango, lento e gonfio come un idropico.
Branchi di animali più piccoli e spauriti vagano guardinghi, tormentati dagli insetti e dal sole; tutti si sorvegliano timorosi l’un l’altro, la morte può arrivare in ogni istante da ogni lato.

Dopo il primo mare, ecco il secondo: sabbia e pietre e nient’altro, letteralmente. Attraversiamo i ruderi del mondo, distrutto dal suo grande nemico, il Tempo. Tutto è stato disgregato, sfarinato, umiliato, annientato. Granelli di sabbia risalgono infelici nel vento le creste delle dune, per cercare di suicidarsi dall’altro lato; ma dall’altro lato c’è solo un’altra duna da risalire.
Finita l’acqua, io e gli altri proiettili ricicliamo le urine per le ultime bevute, ognuno le sue, nessun altruismo possibile neanche per donne o bambini. Ma una buona parte di noi non ce la fa e viene lasciata lì, anche loro verranno distrutti dal tempo.

Tocchiamo terra, finalmente. A poca distanza c’è un altro mare, lo vediamo dalle sbarre delle gabbie. Per meglio dire, lo intravede chi ha la fortuna di essere vicino alle sbarre. Lì almeno arriva un po’ d’aria, più all’interno c’è solo una miscela d’ossigeno e gas umani: ognuno nei propri escrementi, anzi, non solo nei propri, già quello sarebbe un lusso.
Di nuovo in mare, il terzo mare stavolta è fatto d’acqua, di vera acqua. Sete feroce, circondati da una gigantesca massa d’acqua imbevibile. A che scopo? Perché un mare che non si può bere? La sensazione di essere l’oggetto di una crudele, pazzesca presa in giro ordita da sempre ai nostri danni per motivi incomprensibili si fa sempre più invincibile.
Non capisco, non capisco, perché morire di sete proprio in mezzo a... in quel momento succede il finimondo: spintoni, qualcuno spara, ci rovesciamo.
Passano ore, sono aggrappato a qualcosa, circondato da una piccola isola di vivi e morti. Pian piano mi sembra di star meglio, ho come un torpore piacevole che avanza lentamente dalla superficie all’interno del corpo. Posso quasi sentirlo avanzare, freddo e lento, strato dopo strato, e la mente si abbandona rilassata, quasi ubriaca, non ho più neanche sete.
Poi, all’improvviso... fantasmi? No, no, è gente bianca vestita di bianco; mi ripesca, mi dà da bere, mi ricopre con qualcosa, mi issa su una nave bianca; tutto è bianco, non capisco più niente, forse sono davvero spettri? Non importa, sono sfinito, ho sonno; devo dormire, non m’importa chi siano loro, non m’importa più neanche chi sia io, voglio solo dormire.

Sono arrivato, infine: il lancio perfetto della catapulta mi ha scaraventato a destinazione con precisione diabolica. Giallo, attenzione; ecco il rosso ed entro in azione: mi aggiro tra le file metalliche scegliendo i soggetti in apparenza più disponibili. Il tempo è limitato, bisogna fare in fretta. Verde, via, via dalla strada! Bilancio: quaranta centesimi e due vaffanculo, neanche male. Due minuti al prossimo rosso, poi un minuto di verde, altri due di rosso e così via: l’intera giornata, rossa e verde, verde e rossa.
A volte mi pare di aver sognato tutto: io da piccolo all’alba andavo a pescare con mio padre, poi tornavo a giocare sulla spiaggia, e la sera mia nonna mi raccontava le storie; e poi andavo a scuola, avevo una ragazza, e dopo ancora mi avevano mandato perfino a studiare medicina all’università, e ora? Ora ho un incubo spezzettato in piccoli frammenti di rosso e di verde, di centesimi e di vaffanculo, con in mezzo pochi secondi di allarme giallo.
Ma almeno una cosa l’ho imparata e mi sento in dovere di dirvela: sappiate che la Grande Catapulta è sempre in azione e viene caricata giorno e notte senza sosta, anche in questo momento. Altri proiettili partono, altri sono in viaggio, altri arriveranno: non vi illudete di poterlo impedire, nessuna forza al mondo può fermarla.
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