Discrepanze
Posted: Mon Jan 18, 2021 12:09 am
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- E poi?
- Ho cercato di seguirli, ma li ho persi di vista. Eppure, ho sentito qualcosa.
- Racconta.
Alfredo si grattò la testa, aggrottò le sopracciglia, guardò la tazzina del caffè ormai vuota e l'ultimo sorso di amaro rimasto nel bicchiere, posati sul tavolino del dehor.
– Beh, è una parola. Veramente non te lo saprei spiegare. È stato come se fossero passati attraverso il muro. Per un attimo ho avuto la tentazione di provarci anch'io. Lo so, è una follia, ma la cosa che ho sentito era proprio quella.
– Cioè?
Prima di rispondere, Alfredo si decise a finire il suo liquore.
– Che sarei potuto passare. Sì, propri lì, in quel punto. Hai presente il muro del vecchio stadio.
Lorenzo lo guardò di sbieco.
– Il vecchio stadio? Ma che cavolo ci facevi laggiù?
Alfredo alzò le spalle.
– Te l'ho detto, cercavo di seguirli.
– Ma lì non c'è nulla, solo un cantiere abbandonato.
– Magari andavano lì proprio per quello. Non sembravano tipi molto socievoli. E poi sono passati attraverso quel fottuto muro. Che ne sai tu di cosa c'è dall'altra parte?
Lorenzo tirò fuori dal pacchetto una sigaretta, la accese e ne aspirò una lunga boccata guardando verso il cielo. Fece tutto con calma, come per aiutarsi a riflettere su quella strana storia.
– Dunque io dovrei credere che tu avresti visto quel tizio col cane entrare nella toilette del bar. Nella toilette con il cane?
– Sì, è così. – Alfredo cercò di essere il più convincente possibile, – È proprio per questo che mi sono insospettito. Figurati come ci sono rimasto quando l'ho rivisto uscire con quella sventola in minigonna e senza il cane.
– Potrebbero essersi scambiati, che so? Da una porta sul retro? – Replicò Lorenzo.
– Macché, io in questo bar ci passo metà della vita: il cesso è in un angolo cieco, puoi andarlo a vedere se vuoi, sarà appena due metri quadri senza finestra. È già tanto se ci riesci a entrare; con un cane poi, per giunta un pastore tedesco, mica un chihuahua.
– Ma anche se fosse, che ti frega di uno che va al cesso col cane? Magari non voleva lasciarlo da solo nel bar.
– Forse non mi sono spiegato. Quando il tizio è uscito il cane non c'era più, al suo posto c'era quella bionda con un tacco dodici e due gambe da sballo.
Lorenzo tacque. L'espressione che aveva sul volto era più che eloquente. Forse Alfredo aveva bevuto qualche bicchiere di troppo.
– Non mi credi, vero? Non hai mai sentito parlare delle discrepanze? Per questo li ho seguiti, e guarda un po', avevo proprio ragione. Quando li ho visti sparire nel muro mi sono detto: ecco, finalmente ho le prove. Questa volta li ho proprio beccati.
Lorenzo spense la sigaretta nel posacenere. Pigiò il mozzicone due o tre volte, poi guardò Alfredo dritto negli occhi.
– Ma insomma, secondo te chi sarebbero quei due?
– Non capisci? Le discrepanze. Tutto parte dalle discrepanze. Tu vedi una cosa che non è come dovrebbe essere, magari non ci fai subito caso, ma poi ti entra come un tarlo nel cervello. Quell'uomo che va al cesso con il cane per esempio, sì, forse è un po' strambo, ma può essere... e invece no. È lì che inizia la discrepanza, e loro lo sanno benissimo. Sembra che non vogliano farsi scoprire eppure penso che lo facciano apposta.
– Scusa ma non ti capisco. Loro chi? Cos'è che fanno apposta?
Alfredo si appoggiò allo schienale sella sedia lasciando cadere le braccia.
– A te non è mai successo? Non ti ha mai sfiorato il dubbio che le cose non siano come sembrano? – Sul volto si disegnò un sorriso ironico. – Il bello è che ce l'hanno fatto vedere in tutte le salse, ci hanno raccontato un sacco di storie per farci credere che le discrepanze sono solo questioni di fantasia; roba buona per farci dei film come Matrix. Tu esci dal cinema e pensi: ma guarda che bella storia, e non crederesti mai di esserci dentro fino al collo.
– Così quei due se ne sono usciti da qui, sono andati a piedi verso il vecchio stadio e tu li hai seguiti.
– Sai cosa ti dico? – Alfredo puntò il dito verso il suo compagno. – Quei due, a vederli per strada, sembravano normali, due tipi a posto come tanti. E allora penso: ma quanti cazzo ce ne saranno in giro? Come faccio a fidarmi della gente? Magari stringi la mano a uno, gli offri anche da bere, poi ti trovi davanti a un rettiliano: mezzo uomo e mezzo coccodrillo.
– Sì, va beh, ma raccontami del muro.
– Ah! Quella è la parte più bella. Conosci il posto. Di lì non passa molta gente, al massimo qualche tossico in cerca del pusher. Non volevo che mi notassero, così mi tenevo a distanza senza perderli d'occhio. A un certo punto, che mi prenda un colpo, li ho visti girare. Vanno a sbattere contro al muro, mi sono detto, e invece no. Sono entrati nel muro come un coltello nel burro. Hai capito ora? Hai capito perché non serviva la porta sul retro?
Lorenzo tentennò il capo.
– Ma allora il cane non si è trasformato nella donna?
– Che cavolo vuoi che ne sappia. Quelli là fanno certe cose che noi manco ce le sogniamo. D'altronde se sono riusciti ad arrivare fin qui con i loro dischi volanti vuol dire che la nostra tecnologia è roba da ragazzi.
Il cameriere arrivò per sgombrare il tavolino. Alfredo lo prese per un braccio. – Ehi Luciano, senti. Te lo ricordi quel tizio che è andato al cesso col cane? – Luciano rispose solo con un mezzo sorriso.
– E la bionda? Non dirmi che non l'hai notata quel gran pezzo di...
– Prendete qualcos'altro? – Lo interruppe il cameriere.
– Ma sì, portami un altro amaro. – Alfredo guardò l'amico che aveva alzato la mano per dire che era a posto così.
– Lo vedi? – Continuò. – Viviamo con le fette di prosciutto sugli occhi. Nessuno sa niente, nessuno ha visto niente.
Lorenzo aveva l'aria pensierosa.
– Mi hai detto che avevi sentito qualcosa.
Alfredo poggiò i gomiti sul tavolino e una mano sulla fronte. Scrollò la testa.
– Questa è la cosa più incredibile. Ero là. Quando li ho visti sparire sono corso verso il muro. Per un attimo mi è parso fatto di aria, o di vapore, qualcosa del genere insomma. Mi sono detto: chi se ne frega, adesso ci vado anch'io; poi però ho messo le mani avanti, e meno male, se no mi sarei spaccato il naso.
– E poi?
– E poi niente. Me ne sono tornato qui al bar.
Luciano tornò col bicchiere di amaro, lo mise sul tavolino e voltò sui tacchi. Alfredo lo prese, fece girare il liquido scuro nel bicchiere e il suo sguardo si perse nelle velature ambrate sul vetro.
– S'è fatto tardi. – disse Lorenzo. – Devo proprio andare. Non ti preoccupare, offro io.
Alfredo fece solo un cenno col capo mentre l'amico entrava nel bar.
– Che ne dici? – chiese Luciano.
– Mi sembra che il test abbia avuto successo. Non si è accorto di nulla. Ha continuato a raccontarmi la sua storia convinto che io fossi Lorenzo.
– E sulla discrepanza?
– Oh, questa gente è più preoccupata di parlare di sé che non di quello che succede.
Luciano controllò sul registratore di cassa del bar.
– I rapporti sugli altri contatti sono più o meno simili. Non credo che ci siano altri problemi. In breve potremo aprire i varchi.
I due si scambiarono un sorriso.
– Però su una cosa Alfredo ha ragione. Il cesso di questo bar è davvero scomodo.
Risero, mentre Lorenzo si avviava verso la toilette.
Alfredo aveva ancora in mano il suo bicchiere. Si girò per guardare l'interno del locale. Luciano era solo, seduto alla cassa. Non aveva visto uscire Lorenzo. Pensò: “Un'altra discrepanza”.
Fece spallucce e trangugiò il suo liquore.
- E poi?
- Ho cercato di seguirli, ma li ho persi di vista. Eppure, ho sentito qualcosa.
- Racconta.
Alfredo si grattò la testa, aggrottò le sopracciglia, guardò la tazzina del caffè ormai vuota e l'ultimo sorso di amaro rimasto nel bicchiere, posati sul tavolino del dehor.
– Beh, è una parola. Veramente non te lo saprei spiegare. È stato come se fossero passati attraverso il muro. Per un attimo ho avuto la tentazione di provarci anch'io. Lo so, è una follia, ma la cosa che ho sentito era proprio quella.
– Cioè?
Prima di rispondere, Alfredo si decise a finire il suo liquore.
– Che sarei potuto passare. Sì, propri lì, in quel punto. Hai presente il muro del vecchio stadio.
Lorenzo lo guardò di sbieco.
– Il vecchio stadio? Ma che cavolo ci facevi laggiù?
Alfredo alzò le spalle.
– Te l'ho detto, cercavo di seguirli.
– Ma lì non c'è nulla, solo un cantiere abbandonato.
– Magari andavano lì proprio per quello. Non sembravano tipi molto socievoli. E poi sono passati attraverso quel fottuto muro. Che ne sai tu di cosa c'è dall'altra parte?
Lorenzo tirò fuori dal pacchetto una sigaretta, la accese e ne aspirò una lunga boccata guardando verso il cielo. Fece tutto con calma, come per aiutarsi a riflettere su quella strana storia.
– Dunque io dovrei credere che tu avresti visto quel tizio col cane entrare nella toilette del bar. Nella toilette con il cane?
– Sì, è così. – Alfredo cercò di essere il più convincente possibile, – È proprio per questo che mi sono insospettito. Figurati come ci sono rimasto quando l'ho rivisto uscire con quella sventola in minigonna e senza il cane.
– Potrebbero essersi scambiati, che so? Da una porta sul retro? – Replicò Lorenzo.
– Macché, io in questo bar ci passo metà della vita: il cesso è in un angolo cieco, puoi andarlo a vedere se vuoi, sarà appena due metri quadri senza finestra. È già tanto se ci riesci a entrare; con un cane poi, per giunta un pastore tedesco, mica un chihuahua.
– Ma anche se fosse, che ti frega di uno che va al cesso col cane? Magari non voleva lasciarlo da solo nel bar.
– Forse non mi sono spiegato. Quando il tizio è uscito il cane non c'era più, al suo posto c'era quella bionda con un tacco dodici e due gambe da sballo.
Lorenzo tacque. L'espressione che aveva sul volto era più che eloquente. Forse Alfredo aveva bevuto qualche bicchiere di troppo.
– Non mi credi, vero? Non hai mai sentito parlare delle discrepanze? Per questo li ho seguiti, e guarda un po', avevo proprio ragione. Quando li ho visti sparire nel muro mi sono detto: ecco, finalmente ho le prove. Questa volta li ho proprio beccati.
Lorenzo spense la sigaretta nel posacenere. Pigiò il mozzicone due o tre volte, poi guardò Alfredo dritto negli occhi.
– Ma insomma, secondo te chi sarebbero quei due?
– Non capisci? Le discrepanze. Tutto parte dalle discrepanze. Tu vedi una cosa che non è come dovrebbe essere, magari non ci fai subito caso, ma poi ti entra come un tarlo nel cervello. Quell'uomo che va al cesso con il cane per esempio, sì, forse è un po' strambo, ma può essere... e invece no. È lì che inizia la discrepanza, e loro lo sanno benissimo. Sembra che non vogliano farsi scoprire eppure penso che lo facciano apposta.
– Scusa ma non ti capisco. Loro chi? Cos'è che fanno apposta?
Alfredo si appoggiò allo schienale sella sedia lasciando cadere le braccia.
– A te non è mai successo? Non ti ha mai sfiorato il dubbio che le cose non siano come sembrano? – Sul volto si disegnò un sorriso ironico. – Il bello è che ce l'hanno fatto vedere in tutte le salse, ci hanno raccontato un sacco di storie per farci credere che le discrepanze sono solo questioni di fantasia; roba buona per farci dei film come Matrix. Tu esci dal cinema e pensi: ma guarda che bella storia, e non crederesti mai di esserci dentro fino al collo.
– Così quei due se ne sono usciti da qui, sono andati a piedi verso il vecchio stadio e tu li hai seguiti.
– Sai cosa ti dico? – Alfredo puntò il dito verso il suo compagno. – Quei due, a vederli per strada, sembravano normali, due tipi a posto come tanti. E allora penso: ma quanti cazzo ce ne saranno in giro? Come faccio a fidarmi della gente? Magari stringi la mano a uno, gli offri anche da bere, poi ti trovi davanti a un rettiliano: mezzo uomo e mezzo coccodrillo.
– Sì, va beh, ma raccontami del muro.
– Ah! Quella è la parte più bella. Conosci il posto. Di lì non passa molta gente, al massimo qualche tossico in cerca del pusher. Non volevo che mi notassero, così mi tenevo a distanza senza perderli d'occhio. A un certo punto, che mi prenda un colpo, li ho visti girare. Vanno a sbattere contro al muro, mi sono detto, e invece no. Sono entrati nel muro come un coltello nel burro. Hai capito ora? Hai capito perché non serviva la porta sul retro?
Lorenzo tentennò il capo.
– Ma allora il cane non si è trasformato nella donna?
– Che cavolo vuoi che ne sappia. Quelli là fanno certe cose che noi manco ce le sogniamo. D'altronde se sono riusciti ad arrivare fin qui con i loro dischi volanti vuol dire che la nostra tecnologia è roba da ragazzi.
Il cameriere arrivò per sgombrare il tavolino. Alfredo lo prese per un braccio. – Ehi Luciano, senti. Te lo ricordi quel tizio che è andato al cesso col cane? – Luciano rispose solo con un mezzo sorriso.
– E la bionda? Non dirmi che non l'hai notata quel gran pezzo di...
– Prendete qualcos'altro? – Lo interruppe il cameriere.
– Ma sì, portami un altro amaro. – Alfredo guardò l'amico che aveva alzato la mano per dire che era a posto così.
– Lo vedi? – Continuò. – Viviamo con le fette di prosciutto sugli occhi. Nessuno sa niente, nessuno ha visto niente.
Lorenzo aveva l'aria pensierosa.
– Mi hai detto che avevi sentito qualcosa.
Alfredo poggiò i gomiti sul tavolino e una mano sulla fronte. Scrollò la testa.
– Questa è la cosa più incredibile. Ero là. Quando li ho visti sparire sono corso verso il muro. Per un attimo mi è parso fatto di aria, o di vapore, qualcosa del genere insomma. Mi sono detto: chi se ne frega, adesso ci vado anch'io; poi però ho messo le mani avanti, e meno male, se no mi sarei spaccato il naso.
– E poi?
– E poi niente. Me ne sono tornato qui al bar.
Luciano tornò col bicchiere di amaro, lo mise sul tavolino e voltò sui tacchi. Alfredo lo prese, fece girare il liquido scuro nel bicchiere e il suo sguardo si perse nelle velature ambrate sul vetro.
– S'è fatto tardi. – disse Lorenzo. – Devo proprio andare. Non ti preoccupare, offro io.
Alfredo fece solo un cenno col capo mentre l'amico entrava nel bar.
– Che ne dici? – chiese Luciano.
– Mi sembra che il test abbia avuto successo. Non si è accorto di nulla. Ha continuato a raccontarmi la sua storia convinto che io fossi Lorenzo.
– E sulla discrepanza?
– Oh, questa gente è più preoccupata di parlare di sé che non di quello che succede.
Luciano controllò sul registratore di cassa del bar.
– I rapporti sugli altri contatti sono più o meno simili. Non credo che ci siano altri problemi. In breve potremo aprire i varchi.
I due si scambiarono un sorriso.
– Però su una cosa Alfredo ha ragione. Il cesso di questo bar è davvero scomodo.
Risero, mentre Lorenzo si avviava verso la toilette.
Alfredo aveva ancora in mano il suo bicchiere. Si girò per guardare l'interno del locale. Luciano era solo, seduto alla cassa. Non aveva visto uscire Lorenzo. Pensò: “Un'altra discrepanza”.
Fece spallucce e trangugiò il suo liquore.