[N20-3] _18
Posted: Sat Jan 16, 2021 10:59 am
Pacco 11
Ecco una lista di frasi note a tutti:
Assumere a stomaco pieno – Vietato sporgersi dal finestrino – Agitare prima dell'uso – Vietato parlare al conducente – Fragile. Non capovolgere – Leggere il foglietto illustrativo prima dell'uso – Pericolo di morte – Non esporre a fonti di calore – Usare in luogo ventilato – Non consumare dopo la data di scadenza.
Scegliete due avvertenze dalla lista: la prima sarà la traccia da cui sviluppare il vostro racconto; la seconda fungerà da boa e dovrà essere inserita, tale e quale, nel testo.
[N20-3] _18
Martina_17 è già sveglia e guarda il muro davanti a sé. È bianco, come le lenzuola che la coprono e il pigiama che indossa. Come i mobili della camera e l’edificio cui vive.
Come tutti gli edifici a McCity.
Come quasi tutto a McCity.
Sente il segnale sonoro e sobbalza leggermente. Si volta verso destra e guarda la porta della camera, poi verso sinistra dove c’è una finestra circolare che dà sul cortile.
Ha dormito poco. È normale nelle notti prima di un giorno importante, succede spesso, ma Martina_17 non lo sa. Non ne ha mai avuti, lei, giorni importanti.
Da uno sguardo sotto le lenzuola, guarda i piedi che spuntano dal pantalone, le gambe stese e i seni che modellano la maglietta. Li sfiora con i polpastrelli, poi li testa con il palmo e sente uno strano brivido galopparle lungo la schiena.
Il segnale sonoro insiste e lei si mette seduta sul letto. Fa fatica ad alzarsi e non capisce perché.
Si trascina nel bagno, lo specchio le da il buongiorno e il lavandino le offre spazzolino e dentifricio. Si specchia mentre lava i denti e ascolta distratta il programma della giornata.
La sua giornata.
L’armadio le propone due vestiti, uno per la giornata e uno blu per la sera - la sua sera -, le spiega che si intona con i toni della festa e che le farà risaltare il colorito. Martina_17 annuisce poco convinta, si aggrappa al davanzale della finestra e guarda fuori. C’è il giardino, il prato curato, Martina_7 e Martina_8 che fanno attività di risveglio con gli educatori.
Piove di rado a MCcity, e Martina_17 pensa che sia una buona cosa. Le piace il sole, la luce che si infila nella finestra e cade obliqua sul pavimento della camera. Il pavimento bianco, come le pareti, le lenzuola e il pigiama.
Spera che ci sia il sole anche nel nuovo posto, e una finestra per guardare fuori. Lo ha aspettato tanto il nuovo posto, eppure ora non fa che pensare al sole, al prato e tutto quel bianco che non vedeva l’ora di colorare.
Non lo sa, Martina_17, che quando si passa tanto tempo ad aspettare qualcosa, si finisce sempre con l’avere paura di afferrarla.
Martina_17 non lo sa che ha paura.
Non gliel’hanno mai spiegata, la paura. E a lei non è mai servita.
Non serve la paura a MCcity, il tempo l’ha lavata via, dispersa nell’inesorabile flusso della serenità.
Martina si stacca dalla finestra solo quando sente bussare alla porta, corre ad aprire e si ritrova intorno al collo le braccia di Martina_14.
Restano attaccate per qualche minuto l'una all'altra ed entrambe a un qualcosa che non riescono a definire.
«Come ti senti? Sei felice?» Chiede Martina_14
«Certo che lo sono. Non mi sembra vero che tocchi a me.»
«Sarai la 18 più bella di tutte stasera. Più della Eleonora_18, per non parlare delle Lisa_18. Sarai stupenda, meglio della Martina_18 dell'ultima volta.»
«Quando toccherà a te sarai ancora più bella»
«Mi aspetterai al nuovo posto?»
«Certo!»
«Dico sul serio. Mi aspetterai? Ci sarai quando toccherà a me?»
Martina_14 socchiude leggermente gli occhi, che si inumidiscono come a implorare una risposta sincera.
«Sarò io ad accoglierti. Te lo prometto. E resteremo insieme per sempre.»
«Anche da vecchie?»
«Anche da vecchie!»
«Credi che esistano allora?»
«I vecchi?»
«Si.»
«Non lo so.»
«Una volta l’ho chiesto a uno degli educatori»
«E che ti hanno risposto?»
«Risposta non presente nel database»
«Stupidi Robot!»
Martina_14 sorride lasciando intravedere lo spazio tra gli incisivi leggermente troppo larghi, poi riprende seria: «Andrea_15 ha detto che una volta li ha visti. Erano in un’auto enorme e guardavano da lontano.»
«Gli Andrea dicono un sacco di sciocchezze, qui dentro è pieno di bugiardi.
«Vedrai la Mamma?»
«Lo spero»
«Secondo te è una vecchia la mamma?»
«Non lo so, ma non credo sia importante.»
Sorridono entrambe, poi si abbracciano di nuovo prima di lasciare insieme la stanza.
«Ehi…» Riprende Martina_14 «…quasi dimenticavo: buon compleanno.»
Martina_17 passa la giornata al centro dell’attenzione e arriva alla sera carichissima. Rientra in camera, osserva il vestito pronto per la festa, lo indossa e si guarda allo specchio che di rimando le fa i complimenti infilando una vena di commozione nella sua voce computerizzata: «Sei un essere umano di età adolescenziale estremamente gradevole alla vista.»
Esce dal cortile dell’edificio, trasportata su una pedana sorretta da quattro educatori dipinti a festa per l’occasione. Le altre Martina dell’edificio la seguono formando un piccolo corteo.
Martina_14 ha un tamburo legato con una cintura al collo e lo batte a ogni passo alternando la mano destra e la sinistra. Martina_8 e Martina_9 saltellano seguendo il ritmo delle percussioni, sotto gli occhi attenti di Martina_15.
Sulla strada per l’agorà di McCity incrociano il carro degli Andrea, Andrea_17 indossa una camicia nera con uno scollo a V da cui compare una collana tribale. Balla accompagnato dai canti degli altri Andrea, che lo inneggiano tenendo in mano dei bengala. Sulla pedana si erge uno striscione con una scritta nera su uno sfondo rosso: Andrea_18 is coming.
I due cortei proseguono insieme e arrivano all'agorà in un trionfo di suoni e danze improvvisate. Martina_17 è felice e segue dall'alto i movimenti battendo le mani.
Al centro dell'agorà un enorme palco è adibito a festa e uno schermo sferico proietta a 360 gradi il numero 18.
I cortei dei vari edifici si dispongono ognuno in un punto della piazza. I nuovi _18 scendono dalle pedane e si avvicinano al palco.
Si dispongono uno di fianco all'altro, con le braccia stese lungo i fianchi.
Le grida della folla si fanno più intense, accompagnate da battiti di mani e colpi di tamburi che esplodono in un unico grande boato: dal video sferico sparisce il grande numero 18, per lasciare il posto a fasci luminosi che illuminano i _18 messi in fila.
Una piattaforma mobile emerge da terra raccogliendo i _18 che vengono trasportati sul palco. Nella sfera video compaiono uno alla volta i volti dei ragazzi, e infine l'immagine di una grande bocca che annuncia in modo solenne: «Benvenuti alla festa dei 18. Facciamo gli auguri ai festeggiati.»
E parte “Tanti auguri a te”.
Martina_17 si rende conto di essere, finalmente, diventata Martina_18 e improvvisamente sente qualcosa esplodere nel petto. Cerca di istinto Martina_14 tra la folla, e alza un braccio quando la vede in cenno di saluto.
Due scorrevoli nella parte bassa del palco creano un’apertura da cui escono decine di educatori, che distribuiscono roba da mangiare su diversi vassoi. La sfera si apre e viene fuori un’enorme torta. È per i nuovi _18. Per l’occasione, viene dato il permesso di mangiare dolci.
La festa si protrae fino alle undici di sera, dopodiché i nuovi _18 vengono scortati da quattro educatori alla piattaforma di partenza, dove li attende un treno rosso con una grossa M bianca sulle facciate.
Martina_18 osserva il treno, trattiene a fatica la voglia di correrci dentro, mentre segue l’incedere lento degli educatori. Una volta dentro sale subito in piedi sul sediolino per poter guardare fuori, prima di leggere su un’etichetta “Vietato sporgersi dal finestrino” e risedersi.
Si adagia sullo schienale, poggia la testa e chiude gli occhi. Li riapre solo quando sente il treno muoversi. Si gira verso il vetro, venato di piccole gocce da una leggera pioggia che sembra graffiare tutto quel bianco.
McCity sfila di lato con tutti i giardini e gli edifici bianchi.
A volte piove a McCity.
E Martina_18 pensa che sia una cosa bella.
La contessa Marta Finestri Gubbi saggia il peso della forchetta d’oro. È laccata senza dubbio. Ormai si guarda solo alla facciata. A una squallida facciata patinata. Qualche anno fa sul tavolo trovavi tutto un servizio di posate sfavillanti. E i piatti avevano dei ricami in corallo rosso.
Ora ci sono solo una forchetta e un coltello e il piatto è d’argento.
«La nuova moda che viene dalla capitale è il minimalismo» ha detto il cameriere quando l’ha fatta accomodare, ma non ci credeva nemmeno lui.
I tempi moderni richiedono una vasta gamma di ridimensionamenti. È questa la verità. Tant’è che in sala fino a qualche tempo fa i camerieri erano cinque e non uno.
«La contessa ha deciso?» chiede d’un tratto.
«Ancora qualche minuto» replica la donna. Settimana scorsa ha mangiato di fretta e ha sprecato ben sette minuti dei venticinque che le spettavano. Oggi non ripeterà lo stesso errore.
Il punto è che si sente malinconica e la malinconia è un ingrediente che rovina tutte le pietanze.
Che gusto c’è a essere privilegiati, se il lusso e lo sfarzo vengono ingabbiati nella modestia?
I notiziari continuano a ripetere che se si vuole mantenere alto almeno il livello del cibo, bisogna tagliare le spese in tutti gli altri campi.
Ma la contessa ha settantuno anni ed è nata nell’agiatezza. In casa Finestri Gubbi la servitù le faceva il bagnetto nel latte d’asina, già a pochi mesi di vita. E ora deve mangiare con delle posate laccate d’oro.
«Signora, devo chiederle cosa prende. Perché temo che altrimenti la cucina non farà in tempo a…»
«Mi dia solo un minuto e la chiamo io.»
Il treno si è fermato. Martina_18 non era mai stata su un mezzo di trasporto. Immaginava che non fossero sempre in movimento una volta partiti, ma ora ha avuto la conferma.
Non sa se scendere e resta seduta composta sul suo sedile.
Per un attimo si convince che il treno sia la sua nuova casa. Ora abiterà in un vagone e girerà tutto il mondo. Senza poter mai guardare dal finestrino, però.
Immaginerà i paesaggi. Del resto è una vita che lo fa.
Invece qualcuno la chiama. O meglio, non chiama propriamente lei.
«C’è una Martina_18 qui dentro, vero?» dice una vocina acuta. Così acuta che neppure una Martina_4 potrebbe mai competere.
Allora Martina_18 si alza e mette timidamente un piede fuori, quindi scende dalle scalette di ferro.
«Mamma?»
Forse è stato un azzardo chiamarla così, ma c’è una donna davanti a lei. O meglio, la descrizione degli Andrea combacia. Non può che essere Mamma.
«Mamma? Oh, sì, sono io, figlia mia.»
Martina_18 sorride e si lancia verso l’insolito essere umano. Vuole abbracciarla e persino osare dei baci sulle guance.
Ma poi la Mamma alza una mano e le intima di fermarsi. La mascella è serrata. Gli occhi spalancati. Ogni traccia di dolcezza è svanita.
«Io e te non possiamo toccarci.»
«Ma Mamma…»
«Seguimi. E resta ad almeno tre passi da me. Non devi mai avvicinarti troppo. Intesi?»
«Intesi.»
Martina_18 è comunque soddisfatta. La Mamma la sta educando. Con estrema severità, ma la sta educando. Se pensa che fino a qualche momento non l’aveva mai vista, le viene da piangere. Meglio avere una Mamma severa che non averne nessuna.
A Martina_18 fanno male i piedi. Camminano da tantissimo tempo e la Mamma non si è più girata. Sempre a tre passi da lei. Sono arrivate in un dedalo di piccoli vicoli e Martina_18 si è persa da un bel pezzo. Non saprebbe mai come tornare al treno. Eppure ha cercato in tutti i modi di memorizzare la strada, perché è sicura che la Mamma la interrogherà.
«Entra lì» dice la Mamma.
«Lì dove?» chiede Martina_18, ma non finisce neppure la domanda, che si apre un buco nella parete indicata dalla donna.
«Nel buco.»
«Che c’è nel buco?»
«Sempre curiose le Martina. Grandi scocciature, ma forse è quello che dà la morbidezza. Chi lo sa.»
«Mamma, cosa c’è nel buco?»
«Entra e basta. Non farmi perdere la pazienza.»
Martina_18 prende coraggio ed entra.
Non ha molto tempo per capire cosa succede.
Sente uno scatto meccanico, poi viene schiacciata da tutti i punti. Il suo urlo rimane a metà, per poi trasformarsi nel flaccido rumore di carne triturata e maciullata
«Signora, mi scusi. Giuro che poi non la disturbo più. Ma prima di ordinare, sono lusingato di dirle che è arrivata della freschissima Martina. Or ora.»
Il cameriere sorride, compiaciuto.
La contessa Marta Finestri Gubbi gli concede solo un cenno di assenso. Se deve mangiare, sapere di poter gustare della Martina e non una roba stoppacciosa come gli Andrea, la solleva.
«Vada per la Martina.»
«Voglio fargliela vedere prima cruda» ribadisce il cameriere e fugge verso le cucine con passo spedito e il sorriso ancora stampato sul volto.
La contessa non riesce a bloccarlo. La parte scenica non è necessaria, ma non le va di alzare la voce e farsi sentire dagli altri commensali. Si presterà alla sceneggiata.
«Eccola qua. Delicatissima.»
La donna osserva la giara di vetro con dentro ciò che resta della ragazza. Pensa per un attimo a quando lei aveva diciotto anni. Gli animali non si erano ancora estinti e una domenica al mese la governante metteva sulla tavola dei Finestri Gubbi il tacchino ripieno. Le sembra un’eternità fa. Ma forse è passato anche più tempo di un’eternità.
C’è una targhetta sulla giara: “Non consumare dopo la data di scadenza”.
Come se serva a qualcosa. Come se qualcuno possa mai pensare, con ciò che i notiziari dicono ogni giorno, di far andare a male una Martina allevata per diciotto lunghi anni.
«Come la faccio cuocere, contessa?»
«Ben cotta, per favore. Ho una richiesta, però.»
«Senz’altro.»
«Mi può portare un cucchiaio?»
«Ma i cucchiai sono stati tutti fusi per fare forchette e coltelli, contessa.»
«Può provare a cercare? Le sarei estremamente grato se riuscisse a trovarne uno. Mi farebbe sembrare la tavola piena come un tempo.»
«Ma ora c’è…»
«Sì, lo so, il benedetto minimalismo. Faccia almeno finta di cercarlo, va bene?»
«Faccio il possibile.»
Il cameriere scappa via verso le cucine.
La donna si volta verso la finestra sulla sua sinistra. Fuori è tutto bianco. Non si riesce a scorgere alcun paesaggio. Le manca mangiare con una vista.
Dovrà affidarsi ai ricordi. Del resto è una vita che lo fa.
Ecco una lista di frasi note a tutti:
Assumere a stomaco pieno – Vietato sporgersi dal finestrino – Agitare prima dell'uso – Vietato parlare al conducente – Fragile. Non capovolgere – Leggere il foglietto illustrativo prima dell'uso – Pericolo di morte – Non esporre a fonti di calore – Usare in luogo ventilato – Non consumare dopo la data di scadenza.
Scegliete due avvertenze dalla lista: la prima sarà la traccia da cui sviluppare il vostro racconto; la seconda fungerà da boa e dovrà essere inserita, tale e quale, nel testo.
[N20-3] _18
Martina_17 è già sveglia e guarda il muro davanti a sé. È bianco, come le lenzuola che la coprono e il pigiama che indossa. Come i mobili della camera e l’edificio cui vive.
Come tutti gli edifici a McCity.
Come quasi tutto a McCity.
Sente il segnale sonoro e sobbalza leggermente. Si volta verso destra e guarda la porta della camera, poi verso sinistra dove c’è una finestra circolare che dà sul cortile.
Ha dormito poco. È normale nelle notti prima di un giorno importante, succede spesso, ma Martina_17 non lo sa. Non ne ha mai avuti, lei, giorni importanti.
Da uno sguardo sotto le lenzuola, guarda i piedi che spuntano dal pantalone, le gambe stese e i seni che modellano la maglietta. Li sfiora con i polpastrelli, poi li testa con il palmo e sente uno strano brivido galopparle lungo la schiena.
Il segnale sonoro insiste e lei si mette seduta sul letto. Fa fatica ad alzarsi e non capisce perché.
Si trascina nel bagno, lo specchio le da il buongiorno e il lavandino le offre spazzolino e dentifricio. Si specchia mentre lava i denti e ascolta distratta il programma della giornata.
La sua giornata.
L’armadio le propone due vestiti, uno per la giornata e uno blu per la sera - la sua sera -, le spiega che si intona con i toni della festa e che le farà risaltare il colorito. Martina_17 annuisce poco convinta, si aggrappa al davanzale della finestra e guarda fuori. C’è il giardino, il prato curato, Martina_7 e Martina_8 che fanno attività di risveglio con gli educatori.
Piove di rado a MCcity, e Martina_17 pensa che sia una buona cosa. Le piace il sole, la luce che si infila nella finestra e cade obliqua sul pavimento della camera. Il pavimento bianco, come le pareti, le lenzuola e il pigiama.
Spera che ci sia il sole anche nel nuovo posto, e una finestra per guardare fuori. Lo ha aspettato tanto il nuovo posto, eppure ora non fa che pensare al sole, al prato e tutto quel bianco che non vedeva l’ora di colorare.
Non lo sa, Martina_17, che quando si passa tanto tempo ad aspettare qualcosa, si finisce sempre con l’avere paura di afferrarla.
Martina_17 non lo sa che ha paura.
Non gliel’hanno mai spiegata, la paura. E a lei non è mai servita.
Non serve la paura a MCcity, il tempo l’ha lavata via, dispersa nell’inesorabile flusso della serenità.
Martina si stacca dalla finestra solo quando sente bussare alla porta, corre ad aprire e si ritrova intorno al collo le braccia di Martina_14.
Restano attaccate per qualche minuto l'una all'altra ed entrambe a un qualcosa che non riescono a definire.
«Come ti senti? Sei felice?» Chiede Martina_14
«Certo che lo sono. Non mi sembra vero che tocchi a me.»
«Sarai la 18 più bella di tutte stasera. Più della Eleonora_18, per non parlare delle Lisa_18. Sarai stupenda, meglio della Martina_18 dell'ultima volta.»
«Quando toccherà a te sarai ancora più bella»
«Mi aspetterai al nuovo posto?»
«Certo!»
«Dico sul serio. Mi aspetterai? Ci sarai quando toccherà a me?»
Martina_14 socchiude leggermente gli occhi, che si inumidiscono come a implorare una risposta sincera.
«Sarò io ad accoglierti. Te lo prometto. E resteremo insieme per sempre.»
«Anche da vecchie?»
«Anche da vecchie!»
«Credi che esistano allora?»
«I vecchi?»
«Si.»
«Non lo so.»
«Una volta l’ho chiesto a uno degli educatori»
«E che ti hanno risposto?»
«Risposta non presente nel database»
«Stupidi Robot!»
Martina_14 sorride lasciando intravedere lo spazio tra gli incisivi leggermente troppo larghi, poi riprende seria: «Andrea_15 ha detto che una volta li ha visti. Erano in un’auto enorme e guardavano da lontano.»
«Gli Andrea dicono un sacco di sciocchezze, qui dentro è pieno di bugiardi.
«Vedrai la Mamma?»
«Lo spero»
«Secondo te è una vecchia la mamma?»
«Non lo so, ma non credo sia importante.»
Sorridono entrambe, poi si abbracciano di nuovo prima di lasciare insieme la stanza.
«Ehi…» Riprende Martina_14 «…quasi dimenticavo: buon compleanno.»
Martina_17 passa la giornata al centro dell’attenzione e arriva alla sera carichissima. Rientra in camera, osserva il vestito pronto per la festa, lo indossa e si guarda allo specchio che di rimando le fa i complimenti infilando una vena di commozione nella sua voce computerizzata: «Sei un essere umano di età adolescenziale estremamente gradevole alla vista.»
Esce dal cortile dell’edificio, trasportata su una pedana sorretta da quattro educatori dipinti a festa per l’occasione. Le altre Martina dell’edificio la seguono formando un piccolo corteo.
Martina_14 ha un tamburo legato con una cintura al collo e lo batte a ogni passo alternando la mano destra e la sinistra. Martina_8 e Martina_9 saltellano seguendo il ritmo delle percussioni, sotto gli occhi attenti di Martina_15.
Sulla strada per l’agorà di McCity incrociano il carro degli Andrea, Andrea_17 indossa una camicia nera con uno scollo a V da cui compare una collana tribale. Balla accompagnato dai canti degli altri Andrea, che lo inneggiano tenendo in mano dei bengala. Sulla pedana si erge uno striscione con una scritta nera su uno sfondo rosso: Andrea_18 is coming.
I due cortei proseguono insieme e arrivano all'agorà in un trionfo di suoni e danze improvvisate. Martina_17 è felice e segue dall'alto i movimenti battendo le mani.
Al centro dell'agorà un enorme palco è adibito a festa e uno schermo sferico proietta a 360 gradi il numero 18.
I cortei dei vari edifici si dispongono ognuno in un punto della piazza. I nuovi _18 scendono dalle pedane e si avvicinano al palco.
Si dispongono uno di fianco all'altro, con le braccia stese lungo i fianchi.
Le grida della folla si fanno più intense, accompagnate da battiti di mani e colpi di tamburi che esplodono in un unico grande boato: dal video sferico sparisce il grande numero 18, per lasciare il posto a fasci luminosi che illuminano i _18 messi in fila.
Una piattaforma mobile emerge da terra raccogliendo i _18 che vengono trasportati sul palco. Nella sfera video compaiono uno alla volta i volti dei ragazzi, e infine l'immagine di una grande bocca che annuncia in modo solenne: «Benvenuti alla festa dei 18. Facciamo gli auguri ai festeggiati.»
E parte “Tanti auguri a te”.
Martina_17 si rende conto di essere, finalmente, diventata Martina_18 e improvvisamente sente qualcosa esplodere nel petto. Cerca di istinto Martina_14 tra la folla, e alza un braccio quando la vede in cenno di saluto.
Due scorrevoli nella parte bassa del palco creano un’apertura da cui escono decine di educatori, che distribuiscono roba da mangiare su diversi vassoi. La sfera si apre e viene fuori un’enorme torta. È per i nuovi _18. Per l’occasione, viene dato il permesso di mangiare dolci.
La festa si protrae fino alle undici di sera, dopodiché i nuovi _18 vengono scortati da quattro educatori alla piattaforma di partenza, dove li attende un treno rosso con una grossa M bianca sulle facciate.
Martina_18 osserva il treno, trattiene a fatica la voglia di correrci dentro, mentre segue l’incedere lento degli educatori. Una volta dentro sale subito in piedi sul sediolino per poter guardare fuori, prima di leggere su un’etichetta “Vietato sporgersi dal finestrino” e risedersi.
Si adagia sullo schienale, poggia la testa e chiude gli occhi. Li riapre solo quando sente il treno muoversi. Si gira verso il vetro, venato di piccole gocce da una leggera pioggia che sembra graffiare tutto quel bianco.
McCity sfila di lato con tutti i giardini e gli edifici bianchi.
A volte piove a McCity.
E Martina_18 pensa che sia una cosa bella.
La contessa Marta Finestri Gubbi saggia il peso della forchetta d’oro. È laccata senza dubbio. Ormai si guarda solo alla facciata. A una squallida facciata patinata. Qualche anno fa sul tavolo trovavi tutto un servizio di posate sfavillanti. E i piatti avevano dei ricami in corallo rosso.
Ora ci sono solo una forchetta e un coltello e il piatto è d’argento.
«La nuova moda che viene dalla capitale è il minimalismo» ha detto il cameriere quando l’ha fatta accomodare, ma non ci credeva nemmeno lui.
I tempi moderni richiedono una vasta gamma di ridimensionamenti. È questa la verità. Tant’è che in sala fino a qualche tempo fa i camerieri erano cinque e non uno.
«La contessa ha deciso?» chiede d’un tratto.
«Ancora qualche minuto» replica la donna. Settimana scorsa ha mangiato di fretta e ha sprecato ben sette minuti dei venticinque che le spettavano. Oggi non ripeterà lo stesso errore.
Il punto è che si sente malinconica e la malinconia è un ingrediente che rovina tutte le pietanze.
Che gusto c’è a essere privilegiati, se il lusso e lo sfarzo vengono ingabbiati nella modestia?
I notiziari continuano a ripetere che se si vuole mantenere alto almeno il livello del cibo, bisogna tagliare le spese in tutti gli altri campi.
Ma la contessa ha settantuno anni ed è nata nell’agiatezza. In casa Finestri Gubbi la servitù le faceva il bagnetto nel latte d’asina, già a pochi mesi di vita. E ora deve mangiare con delle posate laccate d’oro.
«Signora, devo chiederle cosa prende. Perché temo che altrimenti la cucina non farà in tempo a…»
«Mi dia solo un minuto e la chiamo io.»
Il treno si è fermato. Martina_18 non era mai stata su un mezzo di trasporto. Immaginava che non fossero sempre in movimento una volta partiti, ma ora ha avuto la conferma.
Non sa se scendere e resta seduta composta sul suo sedile.
Per un attimo si convince che il treno sia la sua nuova casa. Ora abiterà in un vagone e girerà tutto il mondo. Senza poter mai guardare dal finestrino, però.
Immaginerà i paesaggi. Del resto è una vita che lo fa.
Invece qualcuno la chiama. O meglio, non chiama propriamente lei.
«C’è una Martina_18 qui dentro, vero?» dice una vocina acuta. Così acuta che neppure una Martina_4 potrebbe mai competere.
Allora Martina_18 si alza e mette timidamente un piede fuori, quindi scende dalle scalette di ferro.
«Mamma?»
Forse è stato un azzardo chiamarla così, ma c’è una donna davanti a lei. O meglio, la descrizione degli Andrea combacia. Non può che essere Mamma.
«Mamma? Oh, sì, sono io, figlia mia.»
Martina_18 sorride e si lancia verso l’insolito essere umano. Vuole abbracciarla e persino osare dei baci sulle guance.
Ma poi la Mamma alza una mano e le intima di fermarsi. La mascella è serrata. Gli occhi spalancati. Ogni traccia di dolcezza è svanita.
«Io e te non possiamo toccarci.»
«Ma Mamma…»
«Seguimi. E resta ad almeno tre passi da me. Non devi mai avvicinarti troppo. Intesi?»
«Intesi.»
Martina_18 è comunque soddisfatta. La Mamma la sta educando. Con estrema severità, ma la sta educando. Se pensa che fino a qualche momento non l’aveva mai vista, le viene da piangere. Meglio avere una Mamma severa che non averne nessuna.
A Martina_18 fanno male i piedi. Camminano da tantissimo tempo e la Mamma non si è più girata. Sempre a tre passi da lei. Sono arrivate in un dedalo di piccoli vicoli e Martina_18 si è persa da un bel pezzo. Non saprebbe mai come tornare al treno. Eppure ha cercato in tutti i modi di memorizzare la strada, perché è sicura che la Mamma la interrogherà.
«Entra lì» dice la Mamma.
«Lì dove?» chiede Martina_18, ma non finisce neppure la domanda, che si apre un buco nella parete indicata dalla donna.
«Nel buco.»
«Che c’è nel buco?»
«Sempre curiose le Martina. Grandi scocciature, ma forse è quello che dà la morbidezza. Chi lo sa.»
«Mamma, cosa c’è nel buco?»
«Entra e basta. Non farmi perdere la pazienza.»
Martina_18 prende coraggio ed entra.
Non ha molto tempo per capire cosa succede.
Sente uno scatto meccanico, poi viene schiacciata da tutti i punti. Il suo urlo rimane a metà, per poi trasformarsi nel flaccido rumore di carne triturata e maciullata
«Signora, mi scusi. Giuro che poi non la disturbo più. Ma prima di ordinare, sono lusingato di dirle che è arrivata della freschissima Martina. Or ora.»
Il cameriere sorride, compiaciuto.
La contessa Marta Finestri Gubbi gli concede solo un cenno di assenso. Se deve mangiare, sapere di poter gustare della Martina e non una roba stoppacciosa come gli Andrea, la solleva.
«Vada per la Martina.»
«Voglio fargliela vedere prima cruda» ribadisce il cameriere e fugge verso le cucine con passo spedito e il sorriso ancora stampato sul volto.
La contessa non riesce a bloccarlo. La parte scenica non è necessaria, ma non le va di alzare la voce e farsi sentire dagli altri commensali. Si presterà alla sceneggiata.
«Eccola qua. Delicatissima.»
La donna osserva la giara di vetro con dentro ciò che resta della ragazza. Pensa per un attimo a quando lei aveva diciotto anni. Gli animali non si erano ancora estinti e una domenica al mese la governante metteva sulla tavola dei Finestri Gubbi il tacchino ripieno. Le sembra un’eternità fa. Ma forse è passato anche più tempo di un’eternità.
C’è una targhetta sulla giara: “Non consumare dopo la data di scadenza”.
Come se serva a qualcosa. Come se qualcuno possa mai pensare, con ciò che i notiziari dicono ogni giorno, di far andare a male una Martina allevata per diciotto lunghi anni.
«Come la faccio cuocere, contessa?»
«Ben cotta, per favore. Ho una richiesta, però.»
«Senz’altro.»
«Mi può portare un cucchiaio?»
«Ma i cucchiai sono stati tutti fusi per fare forchette e coltelli, contessa.»
«Può provare a cercare? Le sarei estremamente grato se riuscisse a trovarne uno. Mi farebbe sembrare la tavola piena come un tempo.»
«Ma ora c’è…»
«Sì, lo so, il benedetto minimalismo. Faccia almeno finta di cercarlo, va bene?»
«Faccio il possibile.»
Il cameriere scappa via verso le cucine.
La donna si volta verso la finestra sulla sua sinistra. Fuori è tutto bianco. Non si riesce a scorgere alcun paesaggio. Le manca mangiare con una vista.
Dovrà affidarsi ai ricordi. Del resto è una vita che lo fa.