[N20-3] Una notte insonne
Posted: Fri Jan 15, 2021 7:01 pm
Scritto da @Pulsar e @Lizz
Pacco 18
“Notte insonne”
Boa: non deve essere un racconto di genere horror.
Una notte insonne
Luca tamburella con le dita sul volante. Sbadiglia.
Uno scatto dell’avambraccio e il quadrante dell’orologio esce dal polsino.
Le undici e quaranta, ci siamo quasi!
Pigia sull’acceleratore e l’ago del contagiri schizza verso l’alto. L’Alfa 164 turbo non lo delude. Un’ultima sgasata e la lancetta torna ad indicare il minimo.
Ispeziona anche l’indicatore di carburante (lo ha già guardato almeno dieci volte, ma vuole essere sicuro): l’ago è oltre metà scala.
I fari di una macchina disegnano la facciata del palazzo davanti al quale ha posteggiato. Sull’insegna, in grandi caratteri colorati, si legge Banco Generale di Credito.
Luca segue la vettura con lo sguardo fino quando non svolta in fondo al Corso. Quando svanisce, torna a fissare l’ingresso.
E allora? Perché non arrivano?
Un furto: il costo del cibo da asporto è un furto! Però, pensa Zeno, per la sua dolce metà ne vale la pena: questa sera merita di mangiare come una regina, e se cucinasse lui rischierebbe di farle venire un’intossicazione alimentare. Non scherza, è successo.
Povera Alma, che anche oggi lavora fino a tardi! La ama tanto, anche se non glielo dimostra quanto dovrebbe. Ma una cena a lume di candela, anche se all'una di notte, è pur sempre una cena a lume di candela, no?
Zeno picchietta con le mani sul volante in attesa che il semaforo diventi verde, e il suo occhio si sofferma sul bazar all’angolo, aperto ventiquattr'ore su ventiquattro. Ma sì, giusto! Si merita dei fiori, la sua Almuccia, e magari anche qualche candela: le piacciono tanto, le cene a lume di candela! E oggi deve essere tutto perfetto. Non sa se è il momento giusto per quello che deve dirle, sa solo che non può più aspettare.
Mezzanotte e sette minuti.
«Ehi, mi sentite? Siete in ritardo!»
Silenzio.
Luca prova tutti i canali del walkie talkie, ma la risposta alla sua domanda resta un indistinto crepitio di fondo.
«E dai, ragazzi, dove siete?»
Una macchina si ferma davanti alla banca. È una berlina blu con a bordo due persone. Il passeggero parla al telefono, Luca ne intravede il volto al chiarore del display.
Tre minuti di ritardo. La sincronizzazione degli orologi è andata allegramente a farsi benedire.
Un rumoroso gruppo di giovinastri fa la sua comparsa sulla scena. Sono in sei e tutti indossano lo stesso chiodo di pelle decorato con teschi e pistole. Percorrono il marciapiede dal lato della banca e si arrestano in prossimità della berlina. Il tono di voce si alza.
«Ragazzi, c’è un po’ di traffico qui fuori…» dice al walkie talkie.
«E sta’ zitto, hai rotto!»
Walter! Quell’idiota.
«Che succede, Luca?»
«Dei motociclisti del cazzo, Pietro. Si sono messi a fare caciara proprio davanti all’ingresso della Banca».
Un attimo di silenzio.
«Va bene. Porta la macchina all’uscita posteriore: ce la svigniamo da lì.»
Luca innesta la prima e parte. Procede piano, l’obiettivo è di non attirare l’attenzione. Al semaforo svolta a destra fino a posizionarsi in corrispondenza di una porticina di metallo.
«Stiamo uscendo: tieniti pronto a partire.»
È nato pronto, Luca; lo dice alla radio, poi un riflesso nello specchietto retrovisore richiama la sua attenzione. La berlina blu si avvicina. Avanza a fari spenti fino ad accodarsi all’Alfa Romeo.
La porticina della banca si apre. Il primo a uscirne è Carlo “il tedesco”. Ha lavorato sei mesi nella pizzeria del cugino da qualche parte in Baviera e il nomignolo gli è rimasto appiccicato addosso. Regge due borsoni da viaggio ricolmi, uno per mano. Dietro di lui viene Pietro.
«Fermi, Polizia!» grida un biker con i capelli raccolti in un codino alla Roberto Baggio.
Come tutti gli altri è al riparo della berlina blu, la rivoltella spianata. Anche gli occupanti del veicolo puntano le loro armi sui suoi amici.
«Mani in alto! Lasciate la refurtiva!»
Dal vano di servizio della Banca, esce Walter. Ha una mitraglietta in mano e un ghigno feroce stampato in faccia.
Luca sente il crepitare dell’arma automatica, il rumore di cristalli infranti dell’auto civetta, il gemito di dolore dell’agente ferito. Non è come al cinema, non c’è nulla di epico: è solo rumore e puzza, quella della polvere da sparo che si confonde con quella della paura.
La polizia risponde al fuoco. “Il tedesco” viene crivellato di colpi, crolla sul selciato e rimane immobile. Anche Pietro viene colpito ad una gamba.
«Presto!» urla Walter.
E Luca s’affretta. Ingrana la retro e schiaccia l’acceleratore. Stridio di gomme, poi il clangore delle lamiere che si deformano. Nel rinculare, la berlina blu travolge i poliziotti.
«Sgomma!» Walter lancia un borsone attraverso il finestrino aperto dell’Alfa e tira la maniglia della portiera. «Che cazzo stai aspettando? Parti!»
«E Pietro?»
«Pietro è andato, vai!»
Luca guarda nello specchietto retrovisore. L’amico è in terra e si contorce; sullo sfondo, alcuni poliziotti si stanno rialzando.
«C’è ancora tempo, aiutalo» implora.
Walter lo scuote per il bavero. «Muoviti, ti ho detto!».
«Vallo a prendere». La pistola che è comparsa nella mano di Luca trema pericolosamente.
«Che cazzo credi di fare, eh? Mi vorrai mica sparare, femminuccia? Parti, oppure...»
Luca sente il grilletto cedere alla pressione. Walter ha un sussulto poi, lentamente, si accartoccia vomitando sangue sul velluto del sedile.
Pietro! Ma per Pietro è tardi: due poliziotti lo stanno ammanettando. Altri vengono verso l’Alfa.
Luca spinge fuori il cadavere e sgomma via.
A tutte le unità, scontro a fuoco alla banca di Corso Eremitani. Chiediamo rinforzi.
È uno scherzo. Deve essere uno scherzo.
«Siamo in zona, arriviamo. Passo e chiudo.»
Marco rimette a posto la ricetrasmittente e Giorgia, grigia in volto, evita il suo sguardo.
Un furto in banca il suo primo giorno di servizio? Conflitto a fuoco? Le viene da vomitare.
Arrivano giusto in tempo per vedere un'auto rossa che sgomma via, lasciandosi dietro mezzo parafango e dei poliziotti a terra.
Marco non dedica nemmeno uno sguardo ai colleghi e, con un'espressione dura in volto, accelera per rimanere alle calcagna dell'Alfa Romeo. Ci sarà tempo in seguito, per sincerarsi delle loro condizioni.
Giorgia vorrebbe essere come lui: implacabile. Al momento, però, può solo fare finta. Afferra la ricetrasmittente: «A tutte le unità, abbiamo un fuggitivo dalla Banca. Targa BS634NZ, modello Alfa Romeo 164 turbo, rossa. Si avvia sulla Giolitti, direzione est. Gli stiamo alle calcagna, servono unità di rinforzo.»
Prima, seconda, terza; il rombo del V6 Alfa riempie l’abitacolo mentre le ruote pattinano fumando.
Luca si lancia sul viale a tutta velocità. Nello specchietto retrovisore, l’auto della Polizia è un puntolino lontano.
Il piano è semplice: l’unico modo che hanno per prenderlo è circondarlo, quindi deve scomparire alla loro vista.
Scala in terza e affronta la curva tenendo un piede sul freno e l’altro sull’acceleratore. Quando rilascia il freno, l’Alfa si avventa in avanti con nuova furia.
Il semaforo all’incrocio scatta dal giallo al rosso.
Luca affonda sul gas e sfila davanti ad un’utilitaria i cui freni stridono per l’inchiodata.
C’è un altro incrocio. Stavolta è verde; nessun contrattempo.
Il cuore continua a battergli forte ma sta cominciando a convincersi di potercela fare; del resto sta andando tutto bene. All’improvviso il sangue gli si gela nelle vene.
Coglione! Coglione! Finché resterò in centro tracceranno il mio percorso con i photored e gli autovelox!
Deve lasciare i viali, prendere vie traverse. Per raggiungere il covo non potrà usare la strada più corta, quella diretta.
Rallenta l’andatura e imbocca un vicolo piastrellato di sanpietrini. Dalla traversa sbuca un pallone.
Al fischio dei freni, un bambino gli lancia coloriti improperi dal marciapiede.
«Fanculo, moccioso!»
Luca riparte facendo pattinare le ruote.
«Questo lo vedi?» alza il dito medio della destra e si volta per accertarsi che il pargolo lo veda.
Poi il rumore dell’impatto e la massa scura che colpisce il parabrezza spruzzandolo di rosso e riempiendolo di crepe.
A tutte le unità impegnate nell’inseguimento: la macchina è stata intercettata da due autovelox in zona San Carlo. Stiamo predisponendo i posti di blocco, ma tenete gli occhi aperti. Ripetiamo, il modello è un’Alfa Romeo 164 turbo rossa, targa BS634NZ.
«Non crederai mai a cosa ho visto in corridoio» Alma scalcia via le scarpe non appena entra in casa. C'è un profumino delizioso.
«C’era un tipo dall’aria loschissima che stava entrando al numero 7», è grata di avere un argomento di conversazione neutro, visto che da giorni non sa bene come parlare col marito, «e teneva una targa della macchina sottobraccio. Una targa, non ti pare strano?»
Entra in sala da pranzo armeggiando sotto i vestiti per sfilare il reggiseno, malefico arnese di tortura, e si blocca all’istante.
Zeno la aspetta sulla soglia della cucina, teglia in mano ed espressione tesa. «Sorpresa!»
Malgrado sia l'una passata, la stanza è illuminata a lume di candela, e il tavolo apparecchiato con il loro servizio migliore.
«Ti ho preso i fiori.»
«No.»
Zeno, che non le ha neanche mai preso una rosa per San Valentino, che è più tirchio di Ebenezer Scrooge, posa la teglia e si fa avanti con un mazzo di fiori che deve essergli costato come almeno dieci pacchetti delle sue adorate sigarette.
«Non ci credo…»
Non ci aveva creduto, quando la sua migliore amica le aveva suggerito che Zeno negli ultimi tempi si comportasse in modo strano perché la tradiva.
«Sei contenta?»
Lui aveva iniziato a farsi la doccia molto più spesso, e lei si era ritrovata il doppio delle mutande da lavare, ma cosa voleva dire, magari si era solo deciso, dopo cinque anni di matrimonio, a curarsi di più, e...
Sirene. Un’ambulanza. È la terza questa notte.
Luca inspira a fondo, esasperato.
Chissà che ore sono?
Un bip per ogni volta che preme i tasti di questo stramaledetto orologio, ma mai che s’illumini il quadrante. Ah, ecco, l'una e mezza di notte.
Dio, Cristo! Carlo e Walter morti, e Pietro in prigione. Ma non farà il suo nome alla pula, gli parerà il culo… almeno lo spera.
Alcol, ci vuole dell’alcol.
Per fortuna ne hanno lasciato un po’ nel covo. Per festeggiare la riuscita del colpo, dicevano. Puah, vita di merda. Festeggiare.
Jack Daniel’s. Il suo colore ambrato l'attrae; l’odore, invece, è un pugno in pieno volto.
Walter gli direbbe che è una femminuccia.
Fanculo! Stai bene dove ti trovi, stronzo.
Luca butta giù di stizza e l'alcool scende come fuoco liquido... Oh, Signore! Comincia a lacrimare.
Ha investito un uomo, cazzo, e l'ha lasciato secco sul bordo della strada. CAZZO! E ha quasi tirato sotto un cazzo di gruppo di poliziotti travestiti da bikers… Ma almeno loro se lo meritavano.
E se pensa che solo due settimane fa Pietro sorseggiava Jack Daniel’s a questo tavolo (che fosse la stessa bottiglia?), potrebbe cominciare a piangere davvero.
Pietro era in gamba, lo metteva a suo agio. E sapeva sempre cosa fare. Non come lui, che… Ma che cazzo ci fa, lui, qui? Una borsa colma di denaro, una pistola, e non uno straccio di idea su come salvare la pelle.
E adesso anche i vicini che urlano dall'altra parte del muro. A quanto pare, lui l'ha tradita e poi ha cercato di farsi perdonare portandole dei fiori. Che errore da pivello. Lei gli ha ferventemente augurato un cancro al colon. Oh be’, almeno ha trovato un modo per passare il tempo, visto che sonno proprio non ne ha. Beve un altro sorso di Jack Daniel's. Non è così male, una volta che ci si fa l'abitudine...
Marco guida lentamente, e Giorgia scruta le auto parcheggiate ai lati della strada. I posti di blocco non hanno funzionato: la macchina sembra scomparsa nel nulla. Ma la fortuna del principiante la assiste, ed eccola lì, sull’angolo: una Alfa Romeo 164 turbo rossa a cui manca il parafango.
«A tutte le unità, avvistata macchina sospetta in via Bolla. Ci avviciniamo per ispezionarla e controllare i dintorni, chiedo rinforzi. Non usate le sirene, ripeto, NON usate le sirene!»
La macchina non ha targa. Ma deve essere quella giusta: il finestrino destro è rotto e ci sono schizzi di sangue sulla fiancata. Il fuggitivo deve essere nei paraggi.
Lei è arrabbiata, ovvio, ma lo perdonerà. Zeno doveva confessarglielo, quel tradimento, non poteva mica tenerselo dentro: ci soffriva troppo.
Seguendola in camera, le sciorina tutta l'apologia che si è preparato: è stata la sua collega ad averlo sedotto, e la carne è debole, non è colpa sua, ma lui l'ama ancora ed è pentito. Gli sembra di averglielo dimostrato con la cena, no?
Passa la notte appoggiato allo stipite della porta, a osservare Anna che, silenziosa e furente, il viso rigato di lacrime nere di mascara, raccoglie le sue cose. Adesso non ha senso cercare di fermarla, la farebbe solo arrabbiare di più. Si merita di poter fare una scenata come si deve, la sua Almuccia. Oh be’, non gli resta che aspettare che lei lo perdoni.
Lei se ne va verso le cinque del mattino, portando con sé due valigie e lasciando una decina di scatoloni che manderà a prendere.
Dalla finestra al piano terra, Zeno la segue con lo sguardo fuori dall’edificio e vede due persone avvicinarla (che figura, chissà cosa penseranno del suo viso tutto impiastricciato di trucco); qualcosa che sembra un distintivo balugina nella notte, e lei indica il condominio. Tiene aperta la porta per loro e li lascia entrare nell’edificio.
Un taxi arriva. Lei sale, e Zeno si allontana dalla finestra; dopo la notte insonne, il suo stomaco brontola, ma la cena che aveva preparato non lo attira più… lo ispira una colazione anticipata.
Entra in cucina e fa per prepararsi un bel caffelatte: tra un paio di ore deve andare al lavoro, e ha bisogno di svegliarsi. Però manca lo zucchero.
Accidenti.
Per un attimo pensa che se lo sia portata via Alma: se non avrai me, non avrai dolcezza nella tua vita!, ma non riesce a crederla così meschina.
Ora che ci pensa, però, quando ha seguito Alma in corridoio poco fa, ha visto della luce trapelare da sotto la porta dell’appartamento numero sette. Non conosce la persona che ci abita, un nuovo inquilino dell’appartamento, ma chissà, magari è un tipo notturno ed è ancora sveglio, e magari ha dello zucchero da prestargli. O magari si è addormentato con la luce accesa e ha un caratteraccio.
Zeno rimane immobile al centro della stanza, cercando di decidersi sul da farsi.
Il litigio tra i due vicini è finito troppo presto… e anche il Jack Daniel’s, a dirla tutta.
Luca fissa sconsolato la bottiglia: come farà, adesso, a passare il tempo senza diventare matto? Certo, potrebbe… potrebbe sempre giocare con… la… pistola…. ma sarebbe un po’ scemo a farlo, no? No? dire che non regge l’alcool sarebbe un eufemismo.
Gli manca Pietro, cavolo. Batterlo a carte era il suo sport preferito. Chissà, magari… magari per il suo prossimo corto… no, il suo prossimo corpo… no, il prossimo colpo, visto… che questo è andato così bene… potrebbe far evadere Pietro. Sempre se è sopravvissuto.
Si guarda le mani, e non gli sembrano neanche sue. Sembrano le mani di Walter: insanguinate e spietate... Non gli piacciono quelle mani, come si fa a cambiarle?
Sirene. Ancora sirene. Ma quante ce ne sono? Come fa una persona a dormire? Ma poi, sirene dell’ambulanza o della polizia? Chissà se il barbone che ha investito è su un’ambulanza. Gli dispiace, cazzo. Tutta colpa… colpa del bambino.
Una porta sbatte in corridoio. O forse è il portoncino. Che sia tornata la donna del cancro al colon? Forse non è troppo sperare in un secondo round tra moglie e marito. Magari questa volta ci scappa anche qualche botta.
Un forte bussare alla sua porta lo fa sobbalzare. Si guarda intorno spaventato, poi abbassa lo sguardo: le mani stringono ancora la pistola.
Stanotte le sue mani sono le mani di Walter.
Si alza e si avvicina alla porta.
Pacco 18
“Notte insonne”
Boa: non deve essere un racconto di genere horror.
Una notte insonne
Luca tamburella con le dita sul volante. Sbadiglia.
Uno scatto dell’avambraccio e il quadrante dell’orologio esce dal polsino.
Le undici e quaranta, ci siamo quasi!
Pigia sull’acceleratore e l’ago del contagiri schizza verso l’alto. L’Alfa 164 turbo non lo delude. Un’ultima sgasata e la lancetta torna ad indicare il minimo.
Ispeziona anche l’indicatore di carburante (lo ha già guardato almeno dieci volte, ma vuole essere sicuro): l’ago è oltre metà scala.
I fari di una macchina disegnano la facciata del palazzo davanti al quale ha posteggiato. Sull’insegna, in grandi caratteri colorati, si legge Banco Generale di Credito.
Luca segue la vettura con lo sguardo fino quando non svolta in fondo al Corso. Quando svanisce, torna a fissare l’ingresso.
E allora? Perché non arrivano?
Un furto: il costo del cibo da asporto è un furto! Però, pensa Zeno, per la sua dolce metà ne vale la pena: questa sera merita di mangiare come una regina, e se cucinasse lui rischierebbe di farle venire un’intossicazione alimentare. Non scherza, è successo.
Povera Alma, che anche oggi lavora fino a tardi! La ama tanto, anche se non glielo dimostra quanto dovrebbe. Ma una cena a lume di candela, anche se all'una di notte, è pur sempre una cena a lume di candela, no?
Zeno picchietta con le mani sul volante in attesa che il semaforo diventi verde, e il suo occhio si sofferma sul bazar all’angolo, aperto ventiquattr'ore su ventiquattro. Ma sì, giusto! Si merita dei fiori, la sua Almuccia, e magari anche qualche candela: le piacciono tanto, le cene a lume di candela! E oggi deve essere tutto perfetto. Non sa se è il momento giusto per quello che deve dirle, sa solo che non può più aspettare.
Mezzanotte e sette minuti.
«Ehi, mi sentite? Siete in ritardo!»
Silenzio.
Luca prova tutti i canali del walkie talkie, ma la risposta alla sua domanda resta un indistinto crepitio di fondo.
«E dai, ragazzi, dove siete?»
Una macchina si ferma davanti alla banca. È una berlina blu con a bordo due persone. Il passeggero parla al telefono, Luca ne intravede il volto al chiarore del display.
Tre minuti di ritardo. La sincronizzazione degli orologi è andata allegramente a farsi benedire.
Un rumoroso gruppo di giovinastri fa la sua comparsa sulla scena. Sono in sei e tutti indossano lo stesso chiodo di pelle decorato con teschi e pistole. Percorrono il marciapiede dal lato della banca e si arrestano in prossimità della berlina. Il tono di voce si alza.
«Ragazzi, c’è un po’ di traffico qui fuori…» dice al walkie talkie.
«E sta’ zitto, hai rotto!»
Walter! Quell’idiota.
«Che succede, Luca?»
«Dei motociclisti del cazzo, Pietro. Si sono messi a fare caciara proprio davanti all’ingresso della Banca».
Un attimo di silenzio.
«Va bene. Porta la macchina all’uscita posteriore: ce la svigniamo da lì.»
Luca innesta la prima e parte. Procede piano, l’obiettivo è di non attirare l’attenzione. Al semaforo svolta a destra fino a posizionarsi in corrispondenza di una porticina di metallo.
«Stiamo uscendo: tieniti pronto a partire.»
È nato pronto, Luca; lo dice alla radio, poi un riflesso nello specchietto retrovisore richiama la sua attenzione. La berlina blu si avvicina. Avanza a fari spenti fino ad accodarsi all’Alfa Romeo.
La porticina della banca si apre. Il primo a uscirne è Carlo “il tedesco”. Ha lavorato sei mesi nella pizzeria del cugino da qualche parte in Baviera e il nomignolo gli è rimasto appiccicato addosso. Regge due borsoni da viaggio ricolmi, uno per mano. Dietro di lui viene Pietro.
«Fermi, Polizia!» grida un biker con i capelli raccolti in un codino alla Roberto Baggio.
Come tutti gli altri è al riparo della berlina blu, la rivoltella spianata. Anche gli occupanti del veicolo puntano le loro armi sui suoi amici.
«Mani in alto! Lasciate la refurtiva!»
Dal vano di servizio della Banca, esce Walter. Ha una mitraglietta in mano e un ghigno feroce stampato in faccia.
Luca sente il crepitare dell’arma automatica, il rumore di cristalli infranti dell’auto civetta, il gemito di dolore dell’agente ferito. Non è come al cinema, non c’è nulla di epico: è solo rumore e puzza, quella della polvere da sparo che si confonde con quella della paura.
La polizia risponde al fuoco. “Il tedesco” viene crivellato di colpi, crolla sul selciato e rimane immobile. Anche Pietro viene colpito ad una gamba.
«Presto!» urla Walter.
E Luca s’affretta. Ingrana la retro e schiaccia l’acceleratore. Stridio di gomme, poi il clangore delle lamiere che si deformano. Nel rinculare, la berlina blu travolge i poliziotti.
«Sgomma!» Walter lancia un borsone attraverso il finestrino aperto dell’Alfa e tira la maniglia della portiera. «Che cazzo stai aspettando? Parti!»
«E Pietro?»
«Pietro è andato, vai!»
Luca guarda nello specchietto retrovisore. L’amico è in terra e si contorce; sullo sfondo, alcuni poliziotti si stanno rialzando.
«C’è ancora tempo, aiutalo» implora.
Walter lo scuote per il bavero. «Muoviti, ti ho detto!».
«Vallo a prendere». La pistola che è comparsa nella mano di Luca trema pericolosamente.
«Che cazzo credi di fare, eh? Mi vorrai mica sparare, femminuccia? Parti, oppure...»
Luca sente il grilletto cedere alla pressione. Walter ha un sussulto poi, lentamente, si accartoccia vomitando sangue sul velluto del sedile.
Pietro! Ma per Pietro è tardi: due poliziotti lo stanno ammanettando. Altri vengono verso l’Alfa.
Luca spinge fuori il cadavere e sgomma via.
A tutte le unità, scontro a fuoco alla banca di Corso Eremitani. Chiediamo rinforzi.
È uno scherzo. Deve essere uno scherzo.
«Siamo in zona, arriviamo. Passo e chiudo.»
Marco rimette a posto la ricetrasmittente e Giorgia, grigia in volto, evita il suo sguardo.
Un furto in banca il suo primo giorno di servizio? Conflitto a fuoco? Le viene da vomitare.
Arrivano giusto in tempo per vedere un'auto rossa che sgomma via, lasciandosi dietro mezzo parafango e dei poliziotti a terra.
Marco non dedica nemmeno uno sguardo ai colleghi e, con un'espressione dura in volto, accelera per rimanere alle calcagna dell'Alfa Romeo. Ci sarà tempo in seguito, per sincerarsi delle loro condizioni.
Giorgia vorrebbe essere come lui: implacabile. Al momento, però, può solo fare finta. Afferra la ricetrasmittente: «A tutte le unità, abbiamo un fuggitivo dalla Banca. Targa BS634NZ, modello Alfa Romeo 164 turbo, rossa. Si avvia sulla Giolitti, direzione est. Gli stiamo alle calcagna, servono unità di rinforzo.»
Prima, seconda, terza; il rombo del V6 Alfa riempie l’abitacolo mentre le ruote pattinano fumando.
Luca si lancia sul viale a tutta velocità. Nello specchietto retrovisore, l’auto della Polizia è un puntolino lontano.
Il piano è semplice: l’unico modo che hanno per prenderlo è circondarlo, quindi deve scomparire alla loro vista.
Scala in terza e affronta la curva tenendo un piede sul freno e l’altro sull’acceleratore. Quando rilascia il freno, l’Alfa si avventa in avanti con nuova furia.
Il semaforo all’incrocio scatta dal giallo al rosso.
Luca affonda sul gas e sfila davanti ad un’utilitaria i cui freni stridono per l’inchiodata.
C’è un altro incrocio. Stavolta è verde; nessun contrattempo.
Il cuore continua a battergli forte ma sta cominciando a convincersi di potercela fare; del resto sta andando tutto bene. All’improvviso il sangue gli si gela nelle vene.
Coglione! Coglione! Finché resterò in centro tracceranno il mio percorso con i photored e gli autovelox!
Deve lasciare i viali, prendere vie traverse. Per raggiungere il covo non potrà usare la strada più corta, quella diretta.
Rallenta l’andatura e imbocca un vicolo piastrellato di sanpietrini. Dalla traversa sbuca un pallone.
Al fischio dei freni, un bambino gli lancia coloriti improperi dal marciapiede.
«Fanculo, moccioso!»
Luca riparte facendo pattinare le ruote.
«Questo lo vedi?» alza il dito medio della destra e si volta per accertarsi che il pargolo lo veda.
Poi il rumore dell’impatto e la massa scura che colpisce il parabrezza spruzzandolo di rosso e riempiendolo di crepe.
A tutte le unità impegnate nell’inseguimento: la macchina è stata intercettata da due autovelox in zona San Carlo. Stiamo predisponendo i posti di blocco, ma tenete gli occhi aperti. Ripetiamo, il modello è un’Alfa Romeo 164 turbo rossa, targa BS634NZ.
«Non crederai mai a cosa ho visto in corridoio» Alma scalcia via le scarpe non appena entra in casa. C'è un profumino delizioso.
«C’era un tipo dall’aria loschissima che stava entrando al numero 7», è grata di avere un argomento di conversazione neutro, visto che da giorni non sa bene come parlare col marito, «e teneva una targa della macchina sottobraccio. Una targa, non ti pare strano?»
Entra in sala da pranzo armeggiando sotto i vestiti per sfilare il reggiseno, malefico arnese di tortura, e si blocca all’istante.
Zeno la aspetta sulla soglia della cucina, teglia in mano ed espressione tesa. «Sorpresa!»
Malgrado sia l'una passata, la stanza è illuminata a lume di candela, e il tavolo apparecchiato con il loro servizio migliore.
«Ti ho preso i fiori.»
«No.»
Zeno, che non le ha neanche mai preso una rosa per San Valentino, che è più tirchio di Ebenezer Scrooge, posa la teglia e si fa avanti con un mazzo di fiori che deve essergli costato come almeno dieci pacchetti delle sue adorate sigarette.
«Non ci credo…»
Non ci aveva creduto, quando la sua migliore amica le aveva suggerito che Zeno negli ultimi tempi si comportasse in modo strano perché la tradiva.
«Sei contenta?»
Lui aveva iniziato a farsi la doccia molto più spesso, e lei si era ritrovata il doppio delle mutande da lavare, ma cosa voleva dire, magari si era solo deciso, dopo cinque anni di matrimonio, a curarsi di più, e...
Sirene. Un’ambulanza. È la terza questa notte.
Luca inspira a fondo, esasperato.
Chissà che ore sono?
Un bip per ogni volta che preme i tasti di questo stramaledetto orologio, ma mai che s’illumini il quadrante. Ah, ecco, l'una e mezza di notte.
Dio, Cristo! Carlo e Walter morti, e Pietro in prigione. Ma non farà il suo nome alla pula, gli parerà il culo… almeno lo spera.
Alcol, ci vuole dell’alcol.
Per fortuna ne hanno lasciato un po’ nel covo. Per festeggiare la riuscita del colpo, dicevano. Puah, vita di merda. Festeggiare.
Jack Daniel’s. Il suo colore ambrato l'attrae; l’odore, invece, è un pugno in pieno volto.
Walter gli direbbe che è una femminuccia.
Fanculo! Stai bene dove ti trovi, stronzo.
Luca butta giù di stizza e l'alcool scende come fuoco liquido... Oh, Signore! Comincia a lacrimare.
Ha investito un uomo, cazzo, e l'ha lasciato secco sul bordo della strada. CAZZO! E ha quasi tirato sotto un cazzo di gruppo di poliziotti travestiti da bikers… Ma almeno loro se lo meritavano.
E se pensa che solo due settimane fa Pietro sorseggiava Jack Daniel’s a questo tavolo (che fosse la stessa bottiglia?), potrebbe cominciare a piangere davvero.
Pietro era in gamba, lo metteva a suo agio. E sapeva sempre cosa fare. Non come lui, che… Ma che cazzo ci fa, lui, qui? Una borsa colma di denaro, una pistola, e non uno straccio di idea su come salvare la pelle.
E adesso anche i vicini che urlano dall'altra parte del muro. A quanto pare, lui l'ha tradita e poi ha cercato di farsi perdonare portandole dei fiori. Che errore da pivello. Lei gli ha ferventemente augurato un cancro al colon. Oh be’, almeno ha trovato un modo per passare il tempo, visto che sonno proprio non ne ha. Beve un altro sorso di Jack Daniel's. Non è così male, una volta che ci si fa l'abitudine...
Marco guida lentamente, e Giorgia scruta le auto parcheggiate ai lati della strada. I posti di blocco non hanno funzionato: la macchina sembra scomparsa nel nulla. Ma la fortuna del principiante la assiste, ed eccola lì, sull’angolo: una Alfa Romeo 164 turbo rossa a cui manca il parafango.
«A tutte le unità, avvistata macchina sospetta in via Bolla. Ci avviciniamo per ispezionarla e controllare i dintorni, chiedo rinforzi. Non usate le sirene, ripeto, NON usate le sirene!»
La macchina non ha targa. Ma deve essere quella giusta: il finestrino destro è rotto e ci sono schizzi di sangue sulla fiancata. Il fuggitivo deve essere nei paraggi.
Lei è arrabbiata, ovvio, ma lo perdonerà. Zeno doveva confessarglielo, quel tradimento, non poteva mica tenerselo dentro: ci soffriva troppo.
Seguendola in camera, le sciorina tutta l'apologia che si è preparato: è stata la sua collega ad averlo sedotto, e la carne è debole, non è colpa sua, ma lui l'ama ancora ed è pentito. Gli sembra di averglielo dimostrato con la cena, no?
Passa la notte appoggiato allo stipite della porta, a osservare Anna che, silenziosa e furente, il viso rigato di lacrime nere di mascara, raccoglie le sue cose. Adesso non ha senso cercare di fermarla, la farebbe solo arrabbiare di più. Si merita di poter fare una scenata come si deve, la sua Almuccia. Oh be’, non gli resta che aspettare che lei lo perdoni.
Lei se ne va verso le cinque del mattino, portando con sé due valigie e lasciando una decina di scatoloni che manderà a prendere.
Dalla finestra al piano terra, Zeno la segue con lo sguardo fuori dall’edificio e vede due persone avvicinarla (che figura, chissà cosa penseranno del suo viso tutto impiastricciato di trucco); qualcosa che sembra un distintivo balugina nella notte, e lei indica il condominio. Tiene aperta la porta per loro e li lascia entrare nell’edificio.
Un taxi arriva. Lei sale, e Zeno si allontana dalla finestra; dopo la notte insonne, il suo stomaco brontola, ma la cena che aveva preparato non lo attira più… lo ispira una colazione anticipata.
Entra in cucina e fa per prepararsi un bel caffelatte: tra un paio di ore deve andare al lavoro, e ha bisogno di svegliarsi. Però manca lo zucchero.
Accidenti.
Per un attimo pensa che se lo sia portata via Alma: se non avrai me, non avrai dolcezza nella tua vita!, ma non riesce a crederla così meschina.
Ora che ci pensa, però, quando ha seguito Alma in corridoio poco fa, ha visto della luce trapelare da sotto la porta dell’appartamento numero sette. Non conosce la persona che ci abita, un nuovo inquilino dell’appartamento, ma chissà, magari è un tipo notturno ed è ancora sveglio, e magari ha dello zucchero da prestargli. O magari si è addormentato con la luce accesa e ha un caratteraccio.
Zeno rimane immobile al centro della stanza, cercando di decidersi sul da farsi.
Il litigio tra i due vicini è finito troppo presto… e anche il Jack Daniel’s, a dirla tutta.
Luca fissa sconsolato la bottiglia: come farà, adesso, a passare il tempo senza diventare matto? Certo, potrebbe… potrebbe sempre giocare con… la… pistola…. ma sarebbe un po’ scemo a farlo, no? No? dire che non regge l’alcool sarebbe un eufemismo.
Gli manca Pietro, cavolo. Batterlo a carte era il suo sport preferito. Chissà, magari… magari per il suo prossimo corto… no, il suo prossimo corpo… no, il prossimo colpo, visto… che questo è andato così bene… potrebbe far evadere Pietro. Sempre se è sopravvissuto.
Si guarda le mani, e non gli sembrano neanche sue. Sembrano le mani di Walter: insanguinate e spietate... Non gli piacciono quelle mani, come si fa a cambiarle?
Sirene. Ancora sirene. Ma quante ce ne sono? Come fa una persona a dormire? Ma poi, sirene dell’ambulanza o della polizia? Chissà se il barbone che ha investito è su un’ambulanza. Gli dispiace, cazzo. Tutta colpa… colpa del bambino.
Una porta sbatte in corridoio. O forse è il portoncino. Che sia tornata la donna del cancro al colon? Forse non è troppo sperare in un secondo round tra moglie e marito. Magari questa volta ci scappa anche qualche botta.
Un forte bussare alla sua porta lo fa sobbalzare. Si guarda intorno spaventato, poi abbassa lo sguardo: le mani stringono ancora la pistola.
Stanotte le sue mani sono le mani di Walter.
Si alza e si avvicina alla porta.