L'ordine delle cose

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Padre, le scrivo questa lettera per raccontarle un fatto strano. Domenica scorsa è morto nel sonno un amico di famiglia. Non sto a scriverle chi era, tanto per lei sarebbero solo parole inutili, e io voglio arrivare al punto. Comunque: era giovane, operato al cuore da poco, e l’operazione era andata bene. Nel primo pomeriggio raggiungo le mie sorelle riunite a casa sua; la moglie, Eli, è disperata; lui è steso sul letto, e qualcuno lo ha già vestito. Non entro in camera, non voglio vederlo da morto. Sbircio quel corpo immobile, torno in sala da pranzo: chi arriva abbraccia la moglie; poi, scuotendo la testa, si siede intorno al tavolo, o sul divano. Lui è sempre steso sul letto, non può sentirci, non potrà mai più sollevare neppure un dito. Padre, ecco la prima domanda: dov’è Mario adesso? Io continuo a dire a Eli che è intorno a noi, che sarà per sempre accanto a lei. Padre, sono parole. Lui verrà seppellito domani, i morti non si possono tenere accanto: vi sono leggi biologiche che hanno la meglio su tutto.
Io non voglio chiederle il perché del dolore, delle ingiustizie della vita: ci ragiono da quando ero bambina. Credere è un salto nel buio; è affidarsi, lo so bene. Ma noi uomini non siamo pronti alla morte. Padre, io la imploro: mi aiuti a togliermi dalla mente un pensiero pernicioso. Se Dio non esiste, dov’è Mario adesso? Pretendo da lei parole di consolazione, di fede pura, appassionata, parole con cui asciugarmi le lacrime. E voglio da lei il perdono: mentre Eli singhiozzava e Mario era steso immobile, mentre chi arrivava la stringeva forte a sé, le toccava le mani e andava a rendere omaggio al morto, io mi ero messa a gironzolare tra gli scaffali, a guardare i titoli dei libri e le graziose suppellettili. Cercavo di sostare col pensiero sulla morte, ma non ci riuscivo!
Ecco, mi accorgo che sto divagando e ancora non sono arrivata al punto. Uscendo dalla loro casa, mi sentivo divisa in due: ero piena di sconcerto e dolore, ma allo stesso tempo pensavo a cosa avrei dovuto preparare per cena. Il funerale era previsto per l’indomani, alle tre del pomeriggio di lunedì sette ottobre: verso l’una ero andata dal fioraio e avevo scelto dei bei girasoli. Avevamo già ordinato le corone, ma io volevo poggiare personalmente dei fiori sulla bara.
Mentre mi incammino verso casa con quelle corolle accese tra le braccia, squilla il cellulare. È mia sorella Carolina, agitatissima: «Ippolita, deve essere successo qualcosa a Irene, stavo in ufficio e mi hanno detto che si è sentita male, è arrivata l’ambulanza, sono molto preoccupata, chiama Matteo, per favore, senti se sa qualcosa». Certo, le rispondo, ora chiamo subito. Sistemo meglio sul braccio i girasoli e cerco il numero di Matteo, il marito di nostra cugina Irene: lei e mia sorella lavorano nello stesso stabilimento. Non mi sento preoccupata, penso che Carolina si sia allarmata troppo. Esattamente in quell’istante, padre, squilla di nuovo il telefono. È Matteo, che piange e grida: «È morta! Irene è morta! Ippolita, io mi butto dal ponte, io in ospedale non ci vado». Dio, Dio che sei nei cieli, non capisco. Irene è morta? La mia compagna di giochi, mia cugina, mia coetanea, mia confidente, è morta? Ma siete tutti impazziti?

Pioveva piano, quel lunedì. Torno a casa, farfuglio qualcosa ai miei figli, a mio marito. Mi siedo, lui rimane in piedi, immobile: mi dice che dobbiamo muoverci subito, raggiungere di corsa l’ospedale. Io rimango seduta, ho fame. Mi preparo un panino con la mortadella, cerco di mandare giù i bocconi. Mastico, ma il pane non scende nell’esofago. Non riesco a capire: alle tre c’è il funerale di Mario, cosa significa che è morta Irene? Padre, non riuscivo ad alzarmi dalla sedia. Poi, senza capire come, mi sono ritrovata in macchina, quindi al pronto soccorso, infine in camera mortuaria.
A Mario non mi ero avvicinata, a Irene mi sono messa accanto, a parlarle, e intanto la gente arrivava, e piangeva. Sa cos’era successo, padre? Il suo cuore aveva smesso di battere per una specie di cortocircuito elettrico: così, senza preavviso alcuno. Lei era entrata nel suo ufficio e aveva dato appuntamento ai colleghi di lì a mezz’ora per una riunione; non vedendola arrivare, quelli avevano bussato e aperto la porta: era riversa sulla scrivania, già morta. Nella camera mortuaria io le ho dato un bacio sulla fronte: era fredda di un freddo mai sentito in vita mia. Qualche sera prima ci eravamo dette al telefono com'era bello che i nostri figli maggiori stessero così bene insieme: come noi da piccole.
Padre, divago di nuovo: le sto raccontando inezie. Non dei fatti vorrei parlare con lei, ma di quello che non si vede. Io vorrei che la mia fede fosse salda, radiosa, e vorrei essere di conforto agli altri: ma come può accadere questo, se io per prima sono confusa? Lo so bene che la fede non è un pacchetto bell’e pronto, ma una lotta. Mi sento ferma, padre, piena di paure, come fossi un bambino abbandonato. Mentre stavamo tutti davanti al corpo di Irene, coperto fino al mento da un lenzuolo, si svolgeva il funerale di Mario. I girasoli li avevo sistemati in un vaso pieno di acqua fresca, davanti alla finestra della mia cucina.

Quello che più mi colpisce della nostra vita è che non sia contemplato nell’ordine delle cose così come noi le conosciamo che il tempo si fermi, o che l’istante in cui veniamo sommersi dalla lava incandescente del dolore abbia pietà di noi, e ordini all’universo tutto compostezza e silenzio. Nessuna sospensione è prevista in quello spazio di mondo che pensiamo essere il nostro: se piove continua a piovere, se il sole splende continua a splendere, e nessuna cosa ci dà testimonianza di aver compreso quale sconquasso mina le profondità del nostro esistere.
Il funerale di Irene si è svolto dopo una settimana: è stata necessaria l’autopsia per capire cosa diamine fosse successo. Non immagina, padre, quanta gente era riunita in chiesa quel giorno: una folla gigantesca.
Vede, quello che mi ha sempre colpito dei funerali è che si incontrano persone che non vedi da tanto, con cui ti metti a chiacchierare, magari anche a ridere. E intanto la bara col corpo sigillato sta lì, in mezzo alla chiesa, circondata da montagne di corone orribili, che poi verranno accatastate nel carro funebre e lasciate a marcire al cimitero.
Non vorrei però annoiarla con queste sciocchezze. Il fatto è che non ricordo più il motivo per cui le ho scritto. Avevo in testa una domanda precisa, ma non riesco più a ricordare quale, mi sto confondendo di nuovo: la prego di scusarmi. Raccontarle tutto questo, però, mi ha dato un po’ di sollievo. Non ho mai pianto in quei giorni. Al funerale di Irene sì, mi scendevano le lacrime senza che riuscissi a fermarle, un rivolo continuo. Soprattutto quando la figlia di mezzo si è avvicinata alla bara della madre e, dopo aver chiesto il microfono al sacerdote, ha letto una poesia scritta di suo pugno:

Se anche ti avessi tirato su le palpebre,
non avrei riconosciuto i tuoi occhi.
Ho guardato il tuo ventre, mamma:
un tempo vi ero io, lì dentro.

Ora è tutto buio.

Ieri mi hai chiamato ‘farfallina’:
sono grande, ti ho risposto, non dirmi così!
Non era vero: ero grande ieri,
oggi non lo sono più.
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Re: L'ordine delle cose

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Ciao @Ippolita
Un racconto in forma epistolare che non sembra nemmeno un racconto.
Ippolita ha scritto:È mia sorella Carolina, agitatissima: «Ippolita, deve essere successo qualcosa a Irene,
Non so se citare te stessa fa di questo un testo autobiografico, ma al di la di ciò, visto che prima o poi tutti quanti dobbiamo confrontarci con il tema della morte, lo stato d'animo che descrivi fa parte, chi più chi meno, della vita di ognuno.
Non mi soffermo sulla scrittura, chiara, semplice e pulita.
I pensieri della voce narrante sono quelli che chi ci si è trovato ha sicuramente avuto, del resto stanno nell'ordine delle cose, come dici nel titolo. Per quanto confrontarsi con la morte sia un'esperienza drammatica e dolorosa, la vite che si impone con i suoi ritmi e le sue abitudini, nonostante ci sembri entrare in stridente contrasto con quei momenti, non può fare a meno di trascinarci via. E quasi ci stupiamo che possa succedere; alla luce di quel contrasto ci chiediamo che senso può avere, perché in tempo non si ferma in quel momento anche per noi? Invece no.
Ippolita ha scritto:Non vorrei però annoiarla con queste sciocchezze. Il fatto è che non ricordo più il motivo per cui le ho scritto. Avevo in testa una domanda precisa, ma non riesco più a ricordare quale, mi sto confondendo di nuovo: la prego di scusarmi.
Ho apprezzato questo finale che nella sua incoerenza dà conto di ciò che cercavo di descrivere. Hai tentato di ribadire un concetto simile nella poesia finale, ma mi è sembrata meno naturale e per cui meno efficace.
Una buona lettura in ogni caso, anche se, come ho detto all'inizio, non so se definirlo un racconto.

Re: L'ordine delle cose

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Ciao a te, @Poldo , e grazie per aver letto questo mio scritto che, come sottolinei a ragione, forse non è neppure un racconto. Come tutta la mia (esigua) produzione, esso è nato per un contest: qui il tema era il lutto e vi era obbligo di concludere con una poesia. Per me è stata l'occasione di mettere per iscritto l'esperienza sconcertante e interamente autobiografica di un doppio lutto a distanza di poche ore: ogni riga che hai letto è accaduta nella realtà esattamente così come la vedi scritta. Ho aggiunto del mio solo nel tentativo poetico finale, e ho modificato i nomi dei morti.
Ti ringrazio molto per le tue osservazioni. Un saluto!
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