Fiamme

1
Sanjuro osservava il fuoco a pochi passi da lui. Le fiamme si muovevano lente e sinuose; facevano pensare a qualcosa di vivo, anche se in esse non c’era vita.
Si può vivere senza luce, ma senza calore si è destinati a morire; non ricordava chi glielo aveva detto, ma doveva ignorare che anche una cosa buona come il fuoco, se portata all’eccesso, poteva uccidere. “Anche mal riporre la propria fiducia può portare allo stesso risultato.”
Nella danza delle lingue scarlatte ricordò fiamme che si levavano verso il cielo ruggendo e soffiando, stagliandosi alte contro la notte nera, sferzando le facciate dei palazzi, il calore così elevato che sbriciolava il cemento.
Sanjuro si guardò attorno, non nuovo a scenari di distruzione, ma non abituato a quanto aveva dinanzi.
Corpi carbonizzati pendevano dalle finestre nel disperato tentativo di sfuggire alle fiamme. Le auto si erano accartocciate su se stesse, le barre di metallo incandescente che continuavano a piegarsi.
“Questa città non doveva essere colpita.” Avanzò accumulando orrore su orrore. “C’era solo gente innocente che semplicemente cercava di sopravvivere, non era una base di Posseduti.”
Camminò nel crepitio dei vetri che esplodevano, tra i crolli di muri e pilastri.
Una massa fiammeggiante rotolò fuori da un palazzo, contorcendosi al suolo qualche secondo prima di giacere immobile. Dell’uomo che era stato, in pochi attimi erano rimaste soltanto ossa e fiamme che fuoriuscivano dal torace e dalle orbite degli occhi.
“L’Inferno è sceso sulla Terra” pensò stranito. “Ma chi tra noi è stato capace di fare una cosa del genere? Chi ha avuto questo coraggio? No, non coraggio” si corresse. “Follia.”
Avanzò sulle strade roventi, sperando ci fosse ancora qualcuno da aiutare. Ma sapeva che nessuno poteva sopravvivere a quelle fiamme. Nessuno che non fosse dotato di Potere.
Dal lato opposto della strada un uomo avanzava baldanzoso verso di lui.
«Spettacolo grandioso, vero Sanjuro?»
«Furia…»
«Controlli che il lavoro sia stato portato a termine?» Furia gli batté una mano sulla spalla. «Stai tranquillo: nessuno è rimasto in vita in questa città. A parte me e te, naturalmente.»
«Questa città non era da colpire…»
«Certo che lo era: lo sono tutte.»
«Questa città non era da colpire!» scattò Sanjuro.
Furia alzò le sopracciglia. «Perché?»
«Queste persone cercavano solo di sopravvivere! C’erano innocenti! C’erano bambini!» urlò Sanjuro.
«E allora?» domandò senza scomporsi Furia.
Sanjuro si avvicinò minaccioso. «Che colpa avevano i bambini?»
«Il sangue dei padri scorre nelle vene dei figli» rispose tranquillamente Furia.
«Che stai dicendo?» ringhiò Sanjuro.
«Un giorno i bambini cresceranno e saranno come gli uomini che li hanno procreati. Rifaranno gli stessi sbagli, gli stessi crimini, creeranno gli stessi orrori o anche peggio. Quindi meglio eliminarli quando sono una possibile minaccia, che non una minaccia che ha fatto danno.»
Sanjuro socchiuse gli occhi come una belva pronta ad attaccare. «Ma tu chi sei?»
«Uno che fa la tua stessa identica cosa» rispose l’altro.
«Io non uccido bambini!» sibilò Sanjuro sentendo la rabbia montargli dentro.
«Tu uccidi, esattamente come me. Spazzi vite via dalla faccia della terra come fa il vento con le foglie secche.»
«Io non provo piacere nell’uccidere.» Sanjuro strinse i denti. «Tu sì.»
«Solo perché le persone hanno quello che si meritano. Perché gli viene reso quanto hanno fatto. Accetta la realtà: tutti gli uomini sono colpevoli. Nessuno escluso.»
«Neppure tu.»
«Certo. Infatti, non mi reputo una vittima e neppure voglio esserlo. Preferisco essere il carnefice. E come carnefice, apprezzo il sangue che viene versato.» Furia prese a girargli attorno. «Anche tu lo sei e pure a te piace portare rovina, per quanto tu possa negarlo. Non c’è nulla di più sublime dell’avere tra le mani la vita degli altri e poterla spezzare. Abbiamo il potere più grande, quello di dare la morte e non c’è niente che faccia sentire così vivi.» Osservò con disgusto un corpo carbonizzato. «Provi pietà per il decesso di queste persone ma guarda in che modo vivevano, in cosa credevano, cosa inseguivano e capirai che meritavano questa fine.» Gli lanciò un’occhiata di feroce divertimento. «Sai che cos’ha di bello questo potere? È nei momenti in cui uccidiamo che la vita esprime e acquisisce la sua maggiore intensità, ci fa provare il desiderio di continuare a essere, cancellando ogni apatia, ogni non senso.»
«La morte è solo dolore.»
Furia scosse il capo. «La morte è liberazione dal dolore. Il dolore è vivere. Tu pensi di sapere cos’è la sofferenza, ma non hai mai provato quella vera, capace di mutare il tuo essere in ogni suo aspetto.»
Sanjuro sentì la rabbia crescere. «Hai perso il senso dell’essere Usufruitore.»
Furia scoppiò in una bassa risata. «Ho detto di esserlo?»
La frase raggelò Sanjuro, cominciando a comprendere. «Tu non sei un Usufruitore…»
«A costo di ripetermi, non l’ho mai detto. Il fatto che io abbia la vostra stessa forza, non fa me uno di voi.»
«Ma allora…» Sanjuro sentì il peso della rivelazione piombargli addosso di colpo.
Furia sollevò le mani con i palmi rivolti verso l’esterno in segno di discolpa. «La responsabilità non è mia se non sai osservare e distinguere le cose.»
Il respiro di Sanjuro accelerò. «Mi sono fidato di te.»
Furia scrollò le spalle. «Impara a non fidarti di nessuno.»
«Ci hai usato, utilizzando le nostre informazioni per i tuoi scopi.»
«Non ho usato nessuno: ho fatto quello che avrei fatto in tutti modi. Solo che in questa maniera le nostre strade si sono affiancate. Con o senza di voi continuerò sullo stesso percorso. Quindi, non farti il sangue amaro per questo: non puoi farci nulla.»
«Su questo ti sbagli, demone.» Il Potere colpì in pieno Furia e la strada esplose, scaraventando pezzi d’asfalto in tutte le direzioni.
Furia scagliò in avanti le fiamme in colonne ruggenti. I lampioni e le auto si fusero come ghiaccio nel deserto.
Sanjuro rotolò lontano, rialzandosi e scagliandogli contro il proprio Potere.
Il fuoco si erse a difesa formando un muro che disperse l’attacco.
«Dovrai fare di meglio» Furia sbeffeggiò Sanjuro. «Hai scoperto il Potere da poco tempo, mentre io sono antico di secoli e quindi ho più esperienza di te. E l’esperienza è tutto sul campo di battaglia.»
Il muro di fuoco fu perforato da catene che lo centrarono nel petto. Furia rotolò sull’asfalto, sentendo gli abiti inzupparsi di sangue.
“È riuscito a ferirmi” costatò stupito.
Le fiamme furono ricacciate indietro. Sanjuro avanzò deciso.
“Ma che…?”
Catene incandescenti gli salirono sulle gambe, intrecciandosi con altre dagli anelli rosso sangue fin sulle braccia e sul petto, dove divenivano nere.
“Che razza di Potere sta usando?” Furia riuscì a schivare l’attacco delle catene, scagliando in risposta una marea di fiamme.
Le catene crearono un vortice di anelli attorno a Sanjuro; il fuoco fu spinto verso l’alto, disperdendosi nel cielo in nuvole di scintille.
Furia lo incalzò, ma niente riusciva a passare la ferrea difesa. “Non sta usando nessun Potere, eppure quelle catene hanno forza: le mie fiamme non riescono nemmeno a scalfirle.” Prese ad arretrare, sentendo un tintinnio quando il suo calcagno pestò qualcosa di duro.
“Merda.” Tutto intorno a lui era uno strisciare di catene: non vedeva la fine del serpeggiare degli anelli fatti di rosso, nero, arancione. Il buio cominciò a calare, le fiamme soffocate dall’espandersi della misteriosa manifestazione di Sanjuro. Palazzi, strade: tutto era ricoperto di catene che sferragliavano.
“Si mette male.” Furia fece esplodere il potere in una gigantesca colonna di fuoco accecante e poi scattò all’indietro. Sentì il corpo perforato in decine di punti, le catene che cercavano di serrarsi attorno a braccia e gambe per trascinarlo al suolo e stritolarlo in uno spietato abbraccio. Lasciando lembi di carne tra gli anelli, riuscì a liberarsi, scappando nella notte.

La mente di Sanjuro ritornò al presente. Si alzò, risoluto. Era tempo di porre rimedio agli errori commessi.
Esistono molti mondi: reali, immaginari. Non importa la loro natura: da ognuno di essi si può apprendere qualcosa.
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