[N20-3] Mani tese
Posted: Thu Jan 14, 2021 7:10 pm
Scritto a quattro mani con @bestseller2020
<<Sono l'Ufficiale giudiziario signor Stimberni>> disse l’uomo mostrando il faldone <<devo notificarle queste ingiunzioni di pagamento>>.
Giulio Stimberni annuì incredulo e gli fece cenno di posare sul banco della vendita il plico che a malapena era contenuto dalla cartella di pelle nera.
<<Ma sono tutti per me?>> chiese.
<<No no! Si tranquillizzi, non esageriamo adesso>> rispose l’ufficiale giudiziario. Poi prese a cercare tra i fogli, e a uno a uno, estrasse quattro atti formati da diversi fogli ciascuno.
L'intestazione del tribunale svettava in bella mostra sopra ognuno di loro, e i vari timbri di diversa forma e colore li rendevano terrificanti.
A Giulio prese a battere forte il cuore per lo spavento. Cercò di controllare l'ansia e il respiro, tanto per non correre il rischio di prendersi un infarto.
<<Dio mio adesso siamo arrivati al capolinea>> pensò tra sé.
L'ufficiale aveva preso a predisporre l'ultima pagina di ogni atto per eseguire la notifica mentre Giulio cercava di capire da chi venissero le richieste di pagamento. Sapeva di avere una montagna di debiti accumulati tra gli anni 2008 sino al 2020. L'inizio della crisi lo aveva investito con tanta di quella forza che era riuscito a reggere solo grazie agli aiuti economici della moglie Paola.
Senza l'intervento di quella massiccia dose di liquidità non avrebbero superato la crisi.
Aveva acquistato il capannone per allargare la produzione. Prima vendeva solo formaggi tipici. Dopo essersi ingrandito produceva anche prodotti freschi: mozzarelle, burro, mascarpone. Sapeva fare bene il suo lavoro, papà Ernesto gli aveva tramandato tutti i suoi segreti e le sue conoscenze, frutto di altrettanto tramandare dei nonni.
Aveva allargato il suo mercato ai rivenditori, proponendosi come fornitore di piccole catene di negozi alimentari a carattere familiare. L'investimento aveva prodotto un iniziale aumento degli introiti. Gli incassi coprivano le spese, tra cui le rate del mutuo per il capannone e le attrezzature. Ma le incertezze erano state come una nebbia spessa e pesante che aveva nascosto l'orizzonte. Non gli aveva dato la possibilità di capire cosa si celava dietro di esso.
Gli anni che ne erano venuti avevano falcidiato tutta una generazione di piccoli bottegai, quelli che portavano avanti un'attività a stretto contatto con la gente del posto. Il registro dei crediti da onorare era sempre pieno e stazionava tranquillo sotto ai banchi, ben nascosto agli sguardi indiscreti. Tra il bottegaio e il cliente c’era un rapporto di solida amicizia e una fiducia incondizionata. Tutto questo stava morendo ucciso dall'avvento, ancor prima, dei grossi ipermercati. Le nuove abitudini nel fare la spesa, la necessità di risparmiare sul carrello, la crisi generale, avevano messo al palo i piccoli negozianti.
Molti di loro avevano fallito. Per Giulio questo significava crediti irrecuperabili. Non ci aveva provato neanche; le procedure di partecipazione al fallimento erano costose e senza certezze. Ben presto gli era venuto a mancare il suo mercato principale e non era riuscito a rimpiazzarlo. La competizione era selvaggia e senza esclusione di colpi.
C’era chi distribuiva addirittura sotto costo i suoi stessi prodotti. Gente con l'acqua alla gola che pur di piazzare il prodotto non si faceva scrupoli a svendere: prendevano i soldi con l’idea di non pagare i fornitori. Sapevano di essere destinati al fallimento, ma poi avrebbero riaperto sotto altro nome.
Giulio si sentiva dentro un girone infernale, una situazione fuori controllo creata delle politiche comunitarie, alimentata da scandali vari, quote latte, concorrenza dei prodotti stranieri.
La caduta dei prezzi e dei margini di guadagno non permetteva più di stare sul mercato. Per giunta gli interessi della loro banca erano diventati insostenibili.
<<Mi dispiace per lei signor Stimberni e non me ne voglia, la situazione è generalizzata, io non faccio altro che portare decreti in giro>> .
<<Non è colpa sua, ma non è neanche mia. Questa non è l’epoca per noi che abbiamo scommesso sul lavoro duro, sulle nostre capacità, su quanto ci hanno lasciato i nostri genitori>>.
<< Si faccia coraggio! Trovi una soluzione con la banca, magari … anche se vedo qui che anche la banca le fa un decreto >>.
<< Con la banca ho già parlato e non c'è speranza. Sono costretto a fallire. Ma la cosa assurda è che non riuscirò neanche con il fallimento a disfarmi dei debiti>>.
Quello di Giulio era stato uno sfogo, di certo non si aspettava di commuovere lì ufficiale giudiziario. Quello però si dimostrò sensibile alle sue parole.
Prese a rincuorarlo spiegandogli che c’era una procedura - di saldo e stralcio dei debiti – introdotta con la legge antisuicidi. Era una strada dolorosa, ma forse poteva essere una soluzione. Giulio scrollò le spalle, non ascoltò neanche. Niente poteva salvarli dalla rovina.
L'uomo rimase in silenzio e gli porse la penna indicandogli dove firmare. Le quattro firme presero le sembianze di condanna a morte, Giulio fu conscio di firmare la resa, la capitolazione.
L'ufficiale riordinò le sue carte e lasciò sul bancone i quattro decreti. << Prima di fare qualsiasi cosa>> disse <<o di prendere una decisione, vada a parlare con l’associazione “ Con te e per te “ della dottoressa Manzotti. Parli della sua vicenda e vedrà che la aiuteranno a venirne fuori: me lo prometta, glielo dico nel suo interesse>>.
Giulio a bassa voce rispose con un “ vedrò” ; a questo punto l'uomo prese la via dell'uscita e lo lasciò solo con i suoi pensieri.
<<Dio mio come faremo adesso?>>. Giulio avvicinò gli atti al volto come per guardare in faccia la realtà. Dietro apparve una donna con un camice bianco e la retina sui capelli: la moglie Paola: <<Alla fine si sono mossi tutti quanti assieme. Si preparano a banchettare con la nostra carne: avvoltoi>>.
Si diresse verso la porta d'ingresso e la chiuse a chiave dicendo
<<Abbiamo finito di lavorare per sempre>> .
Si avvicinò e prese a guardare i quattro decreti ingiuntivi mentre Giulio le sussurrò che avrebbero reagito, una soluzione sarebbe saltata fuori. Paola sfogliò decreti.
<<Duecentotrentamila la banca, centodiecimila la Agenzia delle Entrate, quarantamila l'INPS, e per finire settantamila il Consorzio del latte. Questi del Consorzio avevano detto che ci avrebbero dato respiro, ma alla fine si sono messi in fila. Questa è una pugnalata alla schiena>>.
Senza dire altro lasciò cadere il fogli sul banco e si allontanò verso il retrobottega. Giulio la sentì piangere e sentì che il mondo gli crollava addosso. A causa sua Paola avrebbe perso i beni messi a garanzia dell’impresa. Pensò a quando l'aveva coinvolta nel salvataggio dell’azienda. Lei si era offerta da subito con slancio. Ora pensava che era stato un enorme sbaglio, sarebbe stato meglio non illudersi, fermarsi ai primi danni.
Quel giorno il sole d'inverno tramontò prima del tempo, si affrettò come per pietà, nel porre termine a una tragica giornata. Giulio e Paola avevano chiuso il laboratorio ed erano ritornati a casa; lei stancamente si era gettata sul letto, dopo aver preso un tranquillante. Giulio invece si era rintanato nel suo ufficio e pensava, si malediceva. Già si vedeva buttato per strada, da solo sotto un ponte, in compagnia di altri barboni. La matematica gli appariva spietata. I debiti erano due volte il valore del capannone e delle attrezzature, oltre al valore della casa dove vivevano. Avrebbero perso tutto e non sarebbero nemmeno riusciti a ripianarli. Si sarebbero portati dietro centinaia di migliaia di euro di debiti, un peso che mai avrebbe permesso la ripresa di una vita normale. Sapeva bene che il suo capannone si era svalutato enormemente a causa della crisi. Ce ne erano una infinità già chiusi e messi all'asta per cifre irrisorie. Con il fallimento tutto sarebbe finito per essere svenduto. Per un attimo Giulio pensò di farla finita e la sua mente prese a dipingergli davanti la sua scomparsa. Con la sua morte sarebbe finito anche il calvario di Paola, l'avrebbero aiutata a rifarsi una vita. Lui avrebbe pagato il suo fallimento estromettendola dalle conseguenze.
Era perso in pensieri del genere quando Paola, mezzo addormentata, lo abbracciò da dietro:
<<Cosa pensi?>>
Giulio unì le sue braccia a quelle di lei: << Paola ho paura di non farcela>>.
Lei lo strinse ancora più forte sussurrandogli di avere coraggio. La sua mano scivolò lentamente nella tasca della vestaglia e tirò fuori il cellulare. Lo porse a Giulio.
<<Perché? Cosa ci faccio?>> chiese.
<<Adesso chiami l'associazione che ha nominato l’ufficiale. Con te e per . Ti ho cercato il numero. Chiama>>.
Giulio tentennò per niente convinto, ma lo sguardo di Paola, caldo e deciso, lo convinse. Gli parve caldo, bello come non mai. Allungò la mano e afferrò il telefono.
Il cellulare si illuminò. Una voce rispose al quarto squillo.Si presentò come la dottoressa Manzotti. Lo invitò a esporre la sua vicenda che ascoltò senza interromperlo. Giulio confessò i suoi fallimenti e le sue paure. Parlò della montagna di debiti che neanche non la messa all'asta avrebbe ripianato. Avrebbe perso tutto e gli sarebbero rimasti pure i debiti a vita. Ma le parole intrise di amarezza non parvero scalfire la sicurezza della donna: <<Signor Stimberni ascolti. La situazione sua e di sua moglie è oramai la consuetudine, questa crisi ha travolto tante famiglie. Non bisogna lasciarsi andare così, bisogna reagire. La legge antisuicidi può aiutarla a estinguere i suoi debiti una volta per tutte. Serve proprio a questo; chiudere per sempre una situazione debitoria.>>
<<Se non ho soldi sufficienti per chiudere tutto come faccio? Mi verranno sempre addosso!>>
<<Allora non ci siamo capiti signor Stimberni; mi lasci spiegare. La legge stabilisce un principio e cioè che un essere umano non può essere perennemente perseguitato dai debiti. Per accedere alla procedura ci sono alcuni presupposti: i debiti non devono essere frutto di speculazioni andate male o di azioni di malaffare. Il debito deve essere causato da questioni di crisi di mercato a cui non si è riusciti a far fronte. Insomma ci deve essere il principio di meritevolezza, per il quale il debitore ha avuto un comportamento corretto nei confronti dei suoi creditori, una condotta esemplare>>.
<<Certo dottoressa, noi siamo sempre stati corretti con tutti, abbiamo pagato le conseguenze di altri fallimenti tra i nostri debitori, soldi che non abbiamo potuto recuperare>>.
<<Vede che ci sono tutti i presupposti per ottenere una sentenza favorevole! Le spiego come funziona: prima di tutto dobbiamo predisporre la pratica. In questa pratica da portare al giudice della esecuzione noi dichiariamo tutte le nostre sostanze, consegniamo conti correnti, libretti postali, qualsiasi introito che abbiamo, dichiariamo i beni immobiliari e mobiliari e li mettiamo in mano al giudice. In quel momento si bloccano tutte le procedure esecutive e il giudice valuterà se nel vostro caso ci sono i presupposti di meritevolezza di cui parlavo prima, decide poi nel merito di affidare ad un consulente la valutazione del compendio dato come pagamento del debito, dando anche la possibilità di avere noi stessi l'incarico di procedere alla vendita dei beni immobili senza per questo svenderli attraverso l'asta. Questa procedura dura quattro anni e in questi anni voi potete continuare a lavorare e mettere dei soldi nel compendio. Le somme raccolte dalle vendite verranno messe assieme ai soldi accumulati durante i quattro anni. Alla fine il totale sarà diviso tra i creditori, senza più dovere altro. Con questa procedura si mette una pietra tombale sulla vostra situazione debitoria. Il successo di questa procedura dipende dalla vostra buona fede e correttezza, perché se durante questi quattro anni voi nascondete un bene sottraendolo alla vendita, il giudice non vi concederà tale perdono debitorio. State anche attenti che se decidete di aprire questa procedura non potrete sgarrare minimamente>>.
<<Ho capito dottoressa! Mi pare una legge buona, anche se dovremmo liberarci di tutto e ricominciare da capo>>.
<<Signor Stimberni, lei valuti bene la sua situazione, ma se mi da detto onestamente dei suoi conti, non le rimane altro da fare. Almeno tra quattro anni potrà ricominciare, sempre che i tempi cambino in meglio. Magari riesce a tenersi o l'azienda o la casa. Non sarà indolore certo, ma è la via migliore per venirne fuori>>.
Giulio ringraziò la donna e si salutarono mentre Paola prese a piangere e stringere ancora più forte il suo adorato compagno di sventura. La notte calò con dolcezza.
Giulio si svegliò. Di anni ne erano passati otto. Paola era sempre lì, accanto a lui, nella loro casa.
Non c’era più un’azienda. Non c’erano più clienti da servire né fornitori da pagare o dipendenti con cui dividere speranze e timori. Non c’era niente di quello per cui avevano lavorato per tanto tempo. Ma c’era altro.
Nella stanza accanto dormiva Carlo, che aveva quattro anni: tanti quanti la loro nuova vita. Una vita finalmente senza debiti, con un buon lavoro per Giulio.
Gli anni della liquidazione non erano stati facili. Avevano sofferto; provato la vergogna e la paura. Ma in mezzo a tante difficoltà c’erano state anche le mani tese. Quella della dottoressa Manzotti, che lo aveva seguito passo passo nella sua vicenda giudiziaria, incoraggiandolo, consigliandolo, spiegandogli quel che gli stava accadendo. E poi quella di Matteo, il suo amico d’infanzia, che lo aveva presentato al cavaliere Poggi, un grosso produttore di formaggi della Val padana e il suo principale, oggi. L'imprenditore gli aveva offerto un lavoro con l’aria di chi riceve un favore, non di chi lo fa. E Giulio aveva fatto in modo che non se ne pentisse. Aveva lavorato con entusiasmo e serietà, mettendo tutta la sua competenza al servizio del caseificio. Oggi poteva dire che entrambi ci avevano guadagnato.
Si alzò e rimase seduto sul letto, ascoltando sua moglie respirare placidamente. Ancora certe notti sognava i debiti. Si svegliava inquieto, ma gli bastava uno sguardo alla donna che gli dormiva accanto per tranquillizzarsi.
Era uscito da quella storia più povero, con qualche ferita, molti rimpianti. Ma ne era uscito anche più sereno, pronto ad affrontare qualsiasi cosa, sicuro che nessuna tempesta sarebbe mai riuscita a spazzarlo via, perché l’amore di sua moglie e dello scricciolo che dormiva di là, lo tenevano saldamente ancorato a terra.
<<Sono l'Ufficiale giudiziario signor Stimberni>> disse l’uomo mostrando il faldone <<devo notificarle queste ingiunzioni di pagamento>>.
Giulio Stimberni annuì incredulo e gli fece cenno di posare sul banco della vendita il plico che a malapena era contenuto dalla cartella di pelle nera.
<<Ma sono tutti per me?>> chiese.
<<No no! Si tranquillizzi, non esageriamo adesso>> rispose l’ufficiale giudiziario. Poi prese a cercare tra i fogli, e a uno a uno, estrasse quattro atti formati da diversi fogli ciascuno.
L'intestazione del tribunale svettava in bella mostra sopra ognuno di loro, e i vari timbri di diversa forma e colore li rendevano terrificanti.
A Giulio prese a battere forte il cuore per lo spavento. Cercò di controllare l'ansia e il respiro, tanto per non correre il rischio di prendersi un infarto.
<<Dio mio adesso siamo arrivati al capolinea>> pensò tra sé.
L'ufficiale aveva preso a predisporre l'ultima pagina di ogni atto per eseguire la notifica mentre Giulio cercava di capire da chi venissero le richieste di pagamento. Sapeva di avere una montagna di debiti accumulati tra gli anni 2008 sino al 2020. L'inizio della crisi lo aveva investito con tanta di quella forza che era riuscito a reggere solo grazie agli aiuti economici della moglie Paola.
Senza l'intervento di quella massiccia dose di liquidità non avrebbero superato la crisi.
Aveva acquistato il capannone per allargare la produzione. Prima vendeva solo formaggi tipici. Dopo essersi ingrandito produceva anche prodotti freschi: mozzarelle, burro, mascarpone. Sapeva fare bene il suo lavoro, papà Ernesto gli aveva tramandato tutti i suoi segreti e le sue conoscenze, frutto di altrettanto tramandare dei nonni.
Aveva allargato il suo mercato ai rivenditori, proponendosi come fornitore di piccole catene di negozi alimentari a carattere familiare. L'investimento aveva prodotto un iniziale aumento degli introiti. Gli incassi coprivano le spese, tra cui le rate del mutuo per il capannone e le attrezzature. Ma le incertezze erano state come una nebbia spessa e pesante che aveva nascosto l'orizzonte. Non gli aveva dato la possibilità di capire cosa si celava dietro di esso.
Gli anni che ne erano venuti avevano falcidiato tutta una generazione di piccoli bottegai, quelli che portavano avanti un'attività a stretto contatto con la gente del posto. Il registro dei crediti da onorare era sempre pieno e stazionava tranquillo sotto ai banchi, ben nascosto agli sguardi indiscreti. Tra il bottegaio e il cliente c’era un rapporto di solida amicizia e una fiducia incondizionata. Tutto questo stava morendo ucciso dall'avvento, ancor prima, dei grossi ipermercati. Le nuove abitudini nel fare la spesa, la necessità di risparmiare sul carrello, la crisi generale, avevano messo al palo i piccoli negozianti.
Molti di loro avevano fallito. Per Giulio questo significava crediti irrecuperabili. Non ci aveva provato neanche; le procedure di partecipazione al fallimento erano costose e senza certezze. Ben presto gli era venuto a mancare il suo mercato principale e non era riuscito a rimpiazzarlo. La competizione era selvaggia e senza esclusione di colpi.
C’era chi distribuiva addirittura sotto costo i suoi stessi prodotti. Gente con l'acqua alla gola che pur di piazzare il prodotto non si faceva scrupoli a svendere: prendevano i soldi con l’idea di non pagare i fornitori. Sapevano di essere destinati al fallimento, ma poi avrebbero riaperto sotto altro nome.
Giulio si sentiva dentro un girone infernale, una situazione fuori controllo creata delle politiche comunitarie, alimentata da scandali vari, quote latte, concorrenza dei prodotti stranieri.
La caduta dei prezzi e dei margini di guadagno non permetteva più di stare sul mercato. Per giunta gli interessi della loro banca erano diventati insostenibili.
<<Mi dispiace per lei signor Stimberni e non me ne voglia, la situazione è generalizzata, io non faccio altro che portare decreti in giro>> .
<<Non è colpa sua, ma non è neanche mia. Questa non è l’epoca per noi che abbiamo scommesso sul lavoro duro, sulle nostre capacità, su quanto ci hanno lasciato i nostri genitori>>.
<< Si faccia coraggio! Trovi una soluzione con la banca, magari … anche se vedo qui che anche la banca le fa un decreto >>.
<< Con la banca ho già parlato e non c'è speranza. Sono costretto a fallire. Ma la cosa assurda è che non riuscirò neanche con il fallimento a disfarmi dei debiti>>.
Quello di Giulio era stato uno sfogo, di certo non si aspettava di commuovere lì ufficiale giudiziario. Quello però si dimostrò sensibile alle sue parole.
Prese a rincuorarlo spiegandogli che c’era una procedura - di saldo e stralcio dei debiti – introdotta con la legge antisuicidi. Era una strada dolorosa, ma forse poteva essere una soluzione. Giulio scrollò le spalle, non ascoltò neanche. Niente poteva salvarli dalla rovina.
L'uomo rimase in silenzio e gli porse la penna indicandogli dove firmare. Le quattro firme presero le sembianze di condanna a morte, Giulio fu conscio di firmare la resa, la capitolazione.
L'ufficiale riordinò le sue carte e lasciò sul bancone i quattro decreti. << Prima di fare qualsiasi cosa>> disse <<o di prendere una decisione, vada a parlare con l’associazione “ Con te e per te “ della dottoressa Manzotti. Parli della sua vicenda e vedrà che la aiuteranno a venirne fuori: me lo prometta, glielo dico nel suo interesse>>.
Giulio a bassa voce rispose con un “ vedrò” ; a questo punto l'uomo prese la via dell'uscita e lo lasciò solo con i suoi pensieri.
<<Dio mio come faremo adesso?>>. Giulio avvicinò gli atti al volto come per guardare in faccia la realtà. Dietro apparve una donna con un camice bianco e la retina sui capelli: la moglie Paola: <<Alla fine si sono mossi tutti quanti assieme. Si preparano a banchettare con la nostra carne: avvoltoi>>.
Si diresse verso la porta d'ingresso e la chiuse a chiave dicendo
<<Abbiamo finito di lavorare per sempre>> .
Si avvicinò e prese a guardare i quattro decreti ingiuntivi mentre Giulio le sussurrò che avrebbero reagito, una soluzione sarebbe saltata fuori. Paola sfogliò decreti.
<<Duecentotrentamila la banca, centodiecimila la Agenzia delle Entrate, quarantamila l'INPS, e per finire settantamila il Consorzio del latte. Questi del Consorzio avevano detto che ci avrebbero dato respiro, ma alla fine si sono messi in fila. Questa è una pugnalata alla schiena>>.
Senza dire altro lasciò cadere il fogli sul banco e si allontanò verso il retrobottega. Giulio la sentì piangere e sentì che il mondo gli crollava addosso. A causa sua Paola avrebbe perso i beni messi a garanzia dell’impresa. Pensò a quando l'aveva coinvolta nel salvataggio dell’azienda. Lei si era offerta da subito con slancio. Ora pensava che era stato un enorme sbaglio, sarebbe stato meglio non illudersi, fermarsi ai primi danni.
Quel giorno il sole d'inverno tramontò prima del tempo, si affrettò come per pietà, nel porre termine a una tragica giornata. Giulio e Paola avevano chiuso il laboratorio ed erano ritornati a casa; lei stancamente si era gettata sul letto, dopo aver preso un tranquillante. Giulio invece si era rintanato nel suo ufficio e pensava, si malediceva. Già si vedeva buttato per strada, da solo sotto un ponte, in compagnia di altri barboni. La matematica gli appariva spietata. I debiti erano due volte il valore del capannone e delle attrezzature, oltre al valore della casa dove vivevano. Avrebbero perso tutto e non sarebbero nemmeno riusciti a ripianarli. Si sarebbero portati dietro centinaia di migliaia di euro di debiti, un peso che mai avrebbe permesso la ripresa di una vita normale. Sapeva bene che il suo capannone si era svalutato enormemente a causa della crisi. Ce ne erano una infinità già chiusi e messi all'asta per cifre irrisorie. Con il fallimento tutto sarebbe finito per essere svenduto. Per un attimo Giulio pensò di farla finita e la sua mente prese a dipingergli davanti la sua scomparsa. Con la sua morte sarebbe finito anche il calvario di Paola, l'avrebbero aiutata a rifarsi una vita. Lui avrebbe pagato il suo fallimento estromettendola dalle conseguenze.
Era perso in pensieri del genere quando Paola, mezzo addormentata, lo abbracciò da dietro:
<<Cosa pensi?>>
Giulio unì le sue braccia a quelle di lei: << Paola ho paura di non farcela>>.
Lei lo strinse ancora più forte sussurrandogli di avere coraggio. La sua mano scivolò lentamente nella tasca della vestaglia e tirò fuori il cellulare. Lo porse a Giulio.
<<Perché? Cosa ci faccio?>> chiese.
<<Adesso chiami l'associazione che ha nominato l’ufficiale. Con te e per . Ti ho cercato il numero. Chiama>>.
Giulio tentennò per niente convinto, ma lo sguardo di Paola, caldo e deciso, lo convinse. Gli parve caldo, bello come non mai. Allungò la mano e afferrò il telefono.
Il cellulare si illuminò. Una voce rispose al quarto squillo.Si presentò come la dottoressa Manzotti. Lo invitò a esporre la sua vicenda che ascoltò senza interromperlo. Giulio confessò i suoi fallimenti e le sue paure. Parlò della montagna di debiti che neanche non la messa all'asta avrebbe ripianato. Avrebbe perso tutto e gli sarebbero rimasti pure i debiti a vita. Ma le parole intrise di amarezza non parvero scalfire la sicurezza della donna: <<Signor Stimberni ascolti. La situazione sua e di sua moglie è oramai la consuetudine, questa crisi ha travolto tante famiglie. Non bisogna lasciarsi andare così, bisogna reagire. La legge antisuicidi può aiutarla a estinguere i suoi debiti una volta per tutte. Serve proprio a questo; chiudere per sempre una situazione debitoria.>>
<<Se non ho soldi sufficienti per chiudere tutto come faccio? Mi verranno sempre addosso!>>
<<Allora non ci siamo capiti signor Stimberni; mi lasci spiegare. La legge stabilisce un principio e cioè che un essere umano non può essere perennemente perseguitato dai debiti. Per accedere alla procedura ci sono alcuni presupposti: i debiti non devono essere frutto di speculazioni andate male o di azioni di malaffare. Il debito deve essere causato da questioni di crisi di mercato a cui non si è riusciti a far fronte. Insomma ci deve essere il principio di meritevolezza, per il quale il debitore ha avuto un comportamento corretto nei confronti dei suoi creditori, una condotta esemplare>>.
<<Certo dottoressa, noi siamo sempre stati corretti con tutti, abbiamo pagato le conseguenze di altri fallimenti tra i nostri debitori, soldi che non abbiamo potuto recuperare>>.
<<Vede che ci sono tutti i presupposti per ottenere una sentenza favorevole! Le spiego come funziona: prima di tutto dobbiamo predisporre la pratica. In questa pratica da portare al giudice della esecuzione noi dichiariamo tutte le nostre sostanze, consegniamo conti correnti, libretti postali, qualsiasi introito che abbiamo, dichiariamo i beni immobiliari e mobiliari e li mettiamo in mano al giudice. In quel momento si bloccano tutte le procedure esecutive e il giudice valuterà se nel vostro caso ci sono i presupposti di meritevolezza di cui parlavo prima, decide poi nel merito di affidare ad un consulente la valutazione del compendio dato come pagamento del debito, dando anche la possibilità di avere noi stessi l'incarico di procedere alla vendita dei beni immobili senza per questo svenderli attraverso l'asta. Questa procedura dura quattro anni e in questi anni voi potete continuare a lavorare e mettere dei soldi nel compendio. Le somme raccolte dalle vendite verranno messe assieme ai soldi accumulati durante i quattro anni. Alla fine il totale sarà diviso tra i creditori, senza più dovere altro. Con questa procedura si mette una pietra tombale sulla vostra situazione debitoria. Il successo di questa procedura dipende dalla vostra buona fede e correttezza, perché se durante questi quattro anni voi nascondete un bene sottraendolo alla vendita, il giudice non vi concederà tale perdono debitorio. State anche attenti che se decidete di aprire questa procedura non potrete sgarrare minimamente>>.
<<Ho capito dottoressa! Mi pare una legge buona, anche se dovremmo liberarci di tutto e ricominciare da capo>>.
<<Signor Stimberni, lei valuti bene la sua situazione, ma se mi da detto onestamente dei suoi conti, non le rimane altro da fare. Almeno tra quattro anni potrà ricominciare, sempre che i tempi cambino in meglio. Magari riesce a tenersi o l'azienda o la casa. Non sarà indolore certo, ma è la via migliore per venirne fuori>>.
Giulio ringraziò la donna e si salutarono mentre Paola prese a piangere e stringere ancora più forte il suo adorato compagno di sventura. La notte calò con dolcezza.
Giulio si svegliò. Di anni ne erano passati otto. Paola era sempre lì, accanto a lui, nella loro casa.
Non c’era più un’azienda. Non c’erano più clienti da servire né fornitori da pagare o dipendenti con cui dividere speranze e timori. Non c’era niente di quello per cui avevano lavorato per tanto tempo. Ma c’era altro.
Nella stanza accanto dormiva Carlo, che aveva quattro anni: tanti quanti la loro nuova vita. Una vita finalmente senza debiti, con un buon lavoro per Giulio.
Gli anni della liquidazione non erano stati facili. Avevano sofferto; provato la vergogna e la paura. Ma in mezzo a tante difficoltà c’erano state anche le mani tese. Quella della dottoressa Manzotti, che lo aveva seguito passo passo nella sua vicenda giudiziaria, incoraggiandolo, consigliandolo, spiegandogli quel che gli stava accadendo. E poi quella di Matteo, il suo amico d’infanzia, che lo aveva presentato al cavaliere Poggi, un grosso produttore di formaggi della Val padana e il suo principale, oggi. L'imprenditore gli aveva offerto un lavoro con l’aria di chi riceve un favore, non di chi lo fa. E Giulio aveva fatto in modo che non se ne pentisse. Aveva lavorato con entusiasmo e serietà, mettendo tutta la sua competenza al servizio del caseificio. Oggi poteva dire che entrambi ci avevano guadagnato.
Si alzò e rimase seduto sul letto, ascoltando sua moglie respirare placidamente. Ancora certe notti sognava i debiti. Si svegliava inquieto, ma gli bastava uno sguardo alla donna che gli dormiva accanto per tranquillizzarsi.
Era uscito da quella storia più povero, con qualche ferita, molti rimpianti. Ma ne era uscito anche più sereno, pronto ad affrontare qualsiasi cosa, sicuro che nessuna tempesta sarebbe mai riuscita a spazzarlo via, perché l’amore di sua moglie e dello scricciolo che dormiva di là, lo tenevano saldamente ancorato a terra.