(U)n grosso cane nero

1
«Bello, il tuo cane. Come si chiama?»
«U»
«Solo "u"? Mai sentito un nome tanto breve. E che razza è?»
«La razza che si chiama "Fattiifattituoi". Molto pregiata, ma piuttosto recente. Andiamo, U, è ora della pappa. Ci scusi, signor vecchietto, noi dobbiamo andare».
Il signor vecchietto, che si chiamava Isidoro Baulli ed era un colonnello dell'esercito in pensione, salutò con gentilezza la ragazza e il suo grosso cane nero. Non aveva fatto caso alla risposta alla domanda su che razza fosse l'animale, perché aveva notato che la signora Oddina si stava avvicinando alla panchina su cui era seduto e di certo portava con sé quelle deliziose frittelle di mele che preparava il sabato mattina. Quindi fu contento che la giovane seduta accanto a lui si fosse alzata per andarsene: la sua solita panchina, nella parte opposta della villa, era occupata quel pomeriggio di sole da bambini che festeggiavano un compleanno ed egli, costretto a cambiare seduta, aveva temuto che la sua simpatica amica non lo avrebbe trovato.

Amabile aveva da poco compiuto quindici anni – un'età strana, anche perché collocata esattamente cinque anni dopo i dieci e cinque prima dei venti. Messo il guinzaglio al cane, s'incamminò lentamente verso la fontanella posta all'uscita – o all'entrata, per chi in quel momento vi entrava – del piccolo parco comunale che si allargava verdeggiante davanti ai balconi della sua casa. Alzò gli occhi, e già poteva vedere la mamma affacciata che la salutava con la mano.
«Uffa, U. C'è sempre qualcuno che mi controlla. Nemmeno avessi ancora cinque anni. Ti va una bella sorsata d'acqua? Dai, corriamo verso la fontanella, vediamo chi arriva prima!»
Tirò il guinzaglio e cominciò a correre verso l'acqua fresca. Non si accorgeva mai che intorno tutti ridevano nel vedere U che incespicava e rotolava dietro la padrona. Ridevano perché faceva ridere: ma tutti le volevano bene, e nessuno si sarebbe mai permesso di far uscire dalla propria chiostra dei denti un riso che avesse anche solo la parvenza dello scherno. Era un riso affettuoso e avvolgente, ma inevitabile.
«Dammi quel tuo musone bello bello e cicciotto cicciotto» disse Amabile a U appena arrivati alla fontanella e, senza aspettare, spinse il capo nero e peloso del cane sotto lo spruzzo fresco. Poi mise la mano a coppetta e bevve anche lei un lungo sorso d'acqua. Era felice. L'aria portava con sé i soffioni leggeri, e tante goccioline iridescenti colavano una a una dalle sue dita.

La mamma era ancora affacciata al balcone. Amabile agitò il braccio con allegria e le mandò un bacio con la mano. Attraversò la strada con attenzione, guardando prima a destra e poi a sinistra, e invitò U, come di consueto, a fare altrettanto: «Sii sempre prudente, U, ti prego; tu sei il mio cagnone, senza te non potrei vivere» gli disse mentre procedevano insieme sul marciapiede, poco prima di citofonare a casa.
«Eccovi qui, amori miei! Siete stanchi? La merenda è pronta per tutti e due!» disse la mamma aprendo la porta, mentre abbracciava la figlia e poi il cane.
«Stanchi, ma felici. Vero, U?» rispose Amabile e, sfilatogli il guinzaglio, prese in braccio il suo enorme cane nero di peluche, lo baciò sul naso in filo marrone e lo mise davanti alla ciotola colma di croccantini, affinché cominciasse a mangiare mentre lei si andava a lavare le mani.
https://www.amazon.it/rosa-spinoZa-gust ... B09HP1S45C

Re: (U)n grosso cane nero

2
Buongiorno @Ippolita :)
Ci scusi, signor vecchietto,
mi suona troppo posticcio, serve? Voglio dire, che sia un vecchietto si può evidenziare dopo.
Oddina si stava avvicinando alla panchina su cui era seduto e di certo portava con sé quelle deliziose frittelle di mele che preparava il sabato mattina
immagino sia voluta la rima, ma non mi convince tanto
era occupata quel pomeriggio
dopo aver letto delle frittelle del sabato mattina, mi sorprende un po' che sia pomeriggio, benché non ci sarebbe niente di male a rigor di logica se Oddina preparasse le frittelle di mattina e le portasse di pomeriggio alla panchina :D
e già poteva vedere la mamma affacciata
metterei riusciva al posto di poteva
e rotolava dietro la padrona.
dietro di lei. La padrona è lei ed è suo il punto di vista, è strano riferirsi a se stessi come la padrona del cane
dalla propria chiostra dei denti un riso che avesse anche solo la parvenza dello scherno.
modificherei così: dalla propria chiostra di denti un riso che avesse anche solo una parvenza di scherno. Opinione molto personale questa ;)
senza te non potrei vivere
hai perso un di dopo senza
mentre lei si andava a lavare le mani
andava a lavarsi

Molto carino, la verità è che me lo aspettavo che fosse un peluche. Che dolcezza!
L'unica cosa che imbroglia in questo racconto è l'inizio che affidi a un vecchietto che scompare. Il punto di vista è suo, tanto che mi aspettavo di ritrovarlo prima della fine, invece non c'è. Cambierei la prima parte affidando il punto di vista ad Amabile, oppure aggiungerei un'altra parte da dare al vecchietto, però a quel punto dovresti trovare un collegamento tra i due. Altra cosa che mi fa pensare è l'età di Amabile che a quindici anni porta fuori un peluche, io la farei più piccola, perché se no viene da chiedersi se abbia un qualche disturbo, cosa che non pare dal racconto. Se fosse più piccola giustificherebbe la storia senza alcuna perplessità, così invece io mi ritrovo a chiedermelo.
La trovo un'idea dolcissima comunque :love:
https://www.edizioniel.com/prodotto/lan ... 866568070/
https://www.edizionipiuma.com/it/i-disobbedienti/
Linda e la montagna di fuoco

Re: (U)n grosso cane nero

3
Buongiorno a te, @Kikki! Grazie per aver letto questo raccontino e per i tuoi utili suggerimenti. Vi sono tanto affezionata perché rappresenta il mio esordio al Mezzogiorno d'Inchiostro, in una domenica in cui mi si era liberato uno spazio per scrivere. Hai ragione sulle righe eccessive concesse al vecchietto, data la brevità dello scritto. Riguardo ad Amabile, il dubbio che ti è sorto è giusto, in quanto l'ho immaginata affetta da un disturbo. Il quartiere ne è a conoscenza e la protegge; il vecchietto invece, che di solito sosta in una parte diversa della villa, un po' si meraviglia. Come hai ben compreso, è molto più piccola della sua età effettiva. Ancora un grazie affettuoso e un saluto!
https://www.amazon.it/rosa-spinoZa-gust ... B09HP1S45C

Re: (U)n grosso cane nero

4
Ciao @ippolita (non so come si tagga), avevo letto tempo fa il tuo racconto e mi aveva colpito per la leggerezza e tenerezza, anche se lo trovo un po' ingenuo. Provo a fare il mio primo commento per esordire anch'io al mio primo contest. Questo racconto mi ha stimolato diverse riflessioni, molto personali, che vado a descrivere.
Dal mio punto di vista, si intuisce fin dalle prime battute che la protagonista è una ragazza fragile, già quando si rivolge con le parole “signor vecchietto” che le trovo particolari, dolci e non comuni.
Il racconto si apre con questo anziano che sembra non conoscere la ragazza, le si rivolge reggendo quello che per lui è il gioco del cane di peluche, ma non per lei. Questo inizio mi ha fatto pensare: o il vecchietto nota una particolarità nella bambina e cerca di attaccare bottone, con un intento affettuoso, per socializzare; oppure rimane sorpreso dal fatto che una bambina più grande del dovuto giochi con un pupazzo e fa il simpatico, forse per capire chi si trova di fronte. La reazione ineccepibile è quella che fa la bambina, che non vuole sentirsi oggetto di ironia e gli risponde a tono, e questa risposta denota una certa raffinatezza che sembra contrastare col fatto di prendersi cura di un animale di peluche.
D'accordo con Kikki sul dilungamento della parte iniziale del vecchietto che distoglie l'attenzione sulla protagonista. Si poteva fermarsi alle prime battute, oppure poteva essere interessante inserire altri incontri fugaci lungo la passeggiata col cane.

"Amabile aveva da poco compiuto quindici anni – un'età strana, anche perché collocata esattamente cinque anni dopo i dieci e cinque prima dei venti."
Forse è una mia mancanza ma non comprendo bene il senso dell'età strana che si pone cinque anni dopo i dieci e cinque prima dei venti.

"Tirò il guinzaglio e cominciò a correre verso l'acqua fresca. Non si accorgeva mai che intorno tutti ridevano nel vedere U che incespicava e rotolava dietro la padrona. Ridevano perché faceva ridere: ma tutti le volevano bene, e nessuno si sarebbe mai permesso di far uscire dalla propria chiostra dei denti un riso che avesse anche solo la parvenza dello scherno. Era un riso affettuoso e avvolgente, ma inevitabile."
Questo passaggio non nego che mi ha trasmesso un po' di malinconia, mi ha strappato un sorriso di tenerezza.
Capisco la buona l'intenzione, ma se in questo caso la situazione porta a delle risate pure, penso che non ci sia bisogno di ulteriori spiegazioni. Se si evidenzia il fatto che le risa non avevano la minima parvenza di scherno, in qualche modo si pone la possibilità del dubbio.

Arrivato alla fine devo confermare che questa storia mi ha trasmesso una sensazione di tristezza e come dicevo sopra, di malinconia. Forse era il tuo intento, non so. Certo che la dolcezza si percepisce nell'intenzione di voler raccontare una tenera storia ma, da questa poche righe, sembra che la vita della cara Amabile sia come ferma, sospesa; in qualche modo mi da la sensazione che non evolva. Come se dovesse crescere col fisico ma non con la mente. A questo in parte contribuisce l'aspetto troppo protettivo della mamma e del vicinato, che inconsciamente limitano lo sviluppo della ragazza con delle difficoltà, non stimolandola abbastanza ma solo sorvegliandola. Mi ha fatto ricordare alcune situazioni di paese di un tempo in cui una persona con qualche disagio era benvoluta, considerata con attenzione. Il rischio però è che in questo contesto la persona fragile non evolva e la sua vita rimane sempre allo stesso punto, invecchia facendo sempre le stesse cose. (Come d'altronde succede alle persone del paese che hanno l'illusione della libertà) La mia preoccupazione è che possa succedere anche alla cara Amabile.
Questa sensazione mi deriva anche dal fatto che dai una visione molto verosimile degli avvenimenti, che pur nella dolcezza del rapporto di Amabile col peluche, preclude in qualche modo un'apertura della ragazza. Di fatto in un parco pubblico circolano un vasto numero di cani a passeggio con i loro padroni. Sarebbe stato interessante vedere come avrebbe potuto interagire Amabile.
Forse se la situazione fosse stata fantastica sarebbe stato diverso, tipo che U iniziasse a parlare o a interagire con dei cani veri, che oggetti inanimati prendessero vita. Immagino, parere personale, che prendersi cura di un animale finto, nasconda un forte desiderio di fare la stessa cosa con uno vero. Chissà, un'evoluzione in questo senso sarebbe stata interessante, magari un sequel. Amabile che torna a casa con un vero cane.
Nel complesso ho apprezzato questa tenera storia e l'intenzione dolce che hai voluto trasmettere. A me mi ha trasmesso una sensazione di malinconia che mi ha fatto pensare. E questa credo sia sempre un'ottima cosa.
Ho letto altre cose tue e mi sembrano sempre interessanti.
Alla prossima

Re: (U)n grosso cane nero

5
Kasimiro ha scritto: sab gen 30, 2021 10:12 pm Ciao @ippolita (non so come si tagga)
Ciao a te, @Kasimiro, e grazie mille per esserti soffermato su questo piccolo racconto. Per taggare fai così: digita la chiocciola e a seguire, senza spazio (a differenza del WD), la prima lettera del nome dell'utente; subito si apre il menu a tendina, dove puoi trovare chi cerchi.

avevo letto tempo fa il tuo racconto e mi aveva colpito per la leggerezza e tenerezza, anche se lo trovo un po' ingenuo.
Mi fa piacere. Se traspare l'ingenuità, sono contenta. Amabile vive in un mondo a parte, in cui si è piccoli per sempre.

Dal mio punto di vista, si intuisce fin dalle prime battute che la protagonista è una ragazza fragile, già quando si rivolge con le parole “signor vecchietto” che le trovo particolari, dolci e non comuni.
Più che fragile, non normodotata. Mi sono ispirata a una ragazza della mia infanzia, ventenne quando io avevo dieci anni, che spesso giocava con noi alla pari.

Il racconto si apre con questo anziano che sembra non conoscere la ragazza, le si rivolge reggendo quello che per lui è il gioco del cane di peluche, ma non per lei.
Nelle mie intenzioni il vecchietto non si accorge del fatto che U è un cane finto, in quanto è tutto preso dall'arrivo della signora Oddina. Speravo sembrasse solo interessato alla razza del cane. Ma probabilmente non è chiaro.

La reazione ineccepibile è quella che fa la bambina, che non vuole sentirsi oggetto di ironia e gli risponde a tono, e questa risposta denota una certa raffinatezza che sembra contrastare col fatto di prendersi cura di un animale di peluche.
Per la mia esperienza, posso confermare che la ragazza di cui sopra riusciva a dare delle risposte (o a fare domande) lucidissime e spiazzanti, pur giocando con noi bambine.

D'accordo con Kikki sul dilungamento della parte iniziale del vecchietto che distoglie l'attenzione sulla protagonista. Si poteva fermarsi alle prime battute, oppure poteva essere interessante inserire altri incontri fugaci lungo la passeggiata col cane.
Mi trovi in assoluto accordo. Il racconto è squilibrato. A mia discolpa, posso dirti che è nato (come quasi tutti i miei testi) per un Mezzogiorno d'Inchiostro, contest in cui si aveva poco tempo a disposizione per scrivere, e che è stato il mio primo tentativo. Non sono stata capace di riprendere la figura del vecchietto senza incrinare la struttura che andavo creando.

"Amabile aveva da poco compiuto quindici anni – un'età strana, anche perché collocata esattamente cinque anni dopo i dieci e cinque prima dei venti." Forse è una mia mancanza ma non comprendo bene il senso dell'età strana che si pone cinque anni dopo i dieci e cinque prima dei venti.
Intendevo dire che è un'età a metà strada tra l'infanzia e la maturità.

"Tirò il guinzaglio e cominciò a correre verso l'acqua fresca. Non si accorgeva mai che intorno tutti ridevano nel vedere U che incespicava e rotolava dietro la padrona. Ridevano perché faceva ridere: ma tutti le volevano bene, e nessuno si sarebbe mai permesso di far uscire dalla propria chiostra dei denti un riso che avesse anche solo la parvenza dello scherno. Era un riso affettuoso e avvolgente, ma inevitabile."
Questo passaggio non nego che mi ha trasmesso un po' di malinconia, mi ha strappato un sorriso di tenerezza.
Capisco la buona l'intenzione, ma se in questo caso la situazione porta a delle risate pure, penso che non ci sia bisogno di ulteriori spiegazioni. Se si evidenzia il fatto che le risa non avevano la minima parvenza di scherno, in qualche modo si pone la possibilità del dubbio.
Un'osservazione molto acuta. In effetti, avevo bisogno di quel dubbio. Tutti, ogni volta, ridono, perché la situazione in sé fa ridere: un grosso cane finto tirato da una ragazza che corre. Ma la conoscono, e le vogliono bene. Se, però, capita da quelle parti qualcuno che non la conosce? Riderebbe non per affetto, ma come presa in giro. Così succedeva, ad esempio, quando un bambino nuovo conosceva la nostra amica ventenne: la prendeva in giro, e noi gli facevamo capire subito che non era aria. Mi rendo conto che non è possibile arguire tutto questo, quindi hai ragione tu, andrebbe modificato in toto.

Arrivato alla fine devo confermare che questa storia mi ha trasmesso una sensazione di tristezza e come dicevo sopra, di malinconia. Forse era il tuo intento, non so. Certo che la dolcezza si percepisce nell'intenzione di voler raccontare una tenera storia ma, da questa poche righe, sembra che la vita della cara Amabile sia come ferma, sospesa; in qualche modo mi da la sensazione che non evolva. Come se dovesse crescere col fisico ma non con la mente.
Esattamente. Usi parole perfette: la vita di Amabile è sospesa, e non evolverà mai. Crescerà col fisico, ma non con la mente. Quindi, purtroppo, la tristezza è inevitabile.

Di fatto in un parco pubblico circolano un vasto numero di cani a passeggio con i loro padroni. Sarebbe stato interessante vedere come avrebbe potuto interagire Amabile.
Concordo. Ma volutamente il suo spazio di manovra è circoscritto, come dimostra la mamma alla finestra. Amabile non può essere del tutto libera, perché in un ambiente non protetto incorrerebbe in pericoli. La ragazza di cui ti parlavo, ad esempio, girava per il quartiere senza problemi; tutti i negozianti la conoscevano. Ma, oltre quei confini, con lei vi era sempre la madre.

Forse se la situazione fosse stata fantastica sarebbe stato diverso, tipo che U iniziasse a parlare o a interagire con dei cani veri,
Questo sarebbe stato impossibile per via della traccia, la cui boa impediva che il cane parlasse: "Il racconto deve avere come punto fisso un grande cane nero: può esserne il protagonista, l’antagonista o il motore della vicenda, purché il suo ruolo sia fondamentale per il testo. (...) Boa: il cane non può parlare".

Nel complesso ho apprezzato questa tenera storia e l'intenzione dolce che hai voluto trasmettere. A me mi ha trasmesso una sensazione di malinconia che mi ha fatto pensare. E questa credo sia sempre un'ottima cosa.
Mi fa davvero piacere. Sì, anch'io sono convinta che se un testo fa pensare sia un'ottima cosa, pertanto ti ringrazio tanto per il tuo giudizio e per il tuo tempo. Un caro saluto.

Link al racconto
https://www.writersdream.org/forum/foru ... cane-nero/
https://www.amazon.it/rosa-spinoZa-gust ... B09HP1S45C
Rispondi

Torna a “Racconti”