La fotocopia

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Si costrinse ad aprire gli occhi. Li richiuse subito dopo, promettendosi di non aprirli mai più; quello spettacolo andava oltre la sua soglia di sopportazione.

Ma poco dopo li riaprì: non doveva esagerarne la portata; era pur sempre un’immagine, dopotutto; e lei non era una donnetta sprovveduta.
Però, era la goccia che faceva traboccare il vaso colmo.
Raimonda lasciò posarsi sulla scrivania, come se scottasse, l'oggetto del reato e poi, armata di alcool e straccio, si diresse verso il luogo del misfatto, dove troneggiava l’organo riproduttore (di fotocopie) da disinfettare nel piano d’appoggio e nel coperchio (lato interno). L’organo originale che vi era stato riprodotto non l’avrebbe avvicinato…mai!
“Deve aver usato quella sedia, inginocchiandosi” pensò.
“Hai messo l’ingrandimento a duecento?” guatò caustica al collega che si avvicinava circospetto.
“No, a grandezza naturale, vuoi controllare?” la pronta risposta di lui.
“Dileguati”: l’esclamazione, assieme all’espressione di malevolenza dipinta sul viso di Raimonda, fece sì che Mario si precipitasse nella relativa sicurezza dell’ufficio, senza peraltro esimersi dall’esclamare: “Allora hai apprezzato…”.
Ci voleva una severa lezione, tipo polvere di toner nel collutorio del collega!

Eppure, lei sapeva instaurare normali rapporti amichevoli e cordiali con chi la conosceva. Restando nel campo del lavoro, ad esempio, nella precedente esperienza con il collega Valerio, più anziano di lei di quindici anni, si era instaurata una vera amicizia, estesa alle rispettive famiglie, che tuttora si frequentavano. Spirito poetico, lui le diceva che la vedeva come una ventata d’aria fresca:
“Valerio ama il tennis, la moglie e sei figli, nonché l’aria pura e chi le assomigli.”
Fra loro potevano parlare di tutto, senza pregiudizi. Come quella volta in cui l’argomento era il parto e lui sosteneva che il momento in cui la donna soffriva di più fosse il momento della nascita del bimbo, mentre lei ribatteva che no, fosse il momento della dilatazione massima del collo dell’utero. Poi, al momento delle spinte, il peggio era passato. Lei sapeva: era mamma. Lui ribatteva: “So di cosa parlo. Io c’ero a cinque parti su sei dei miei figli!”
Ma, anche se la esasperava come riescono a fare gli uomini, quando non riesci a farli recedere da una loro convinzione (sbagliata) radicata, era bello lavorarci insieme. “Tutti i mali non vengono per nuocere” pontificava lui… “Non tutti i mali vengono per nuocere” lo correggeva lei. E dibattevano a lungo.

Ma stavolta era venuta per nuocere e basta, quella fotocopia!
Così Raimonda meditava, pulendo forsennatamente, su come potesse fermare definitivamente la vessazione amatoria del collega, fino a quel giorno di amichevole e non sgradita compagnia.
Mario, ad esempio, scriveva le lettere ai clienti, e intanto le rileggeva a bassa voce, rimarcando con voce più alta le parole destinate solo a lei:

- Gentile signora
Stiamo rinnovando le nostre offerte straordinarie per la nostra affezionata clientela.
- Vi invitiamo a presentarvi presso e nostri uffici …
- Vi aspettiamo, dal lunedì al venerdì. Orario…
- Restiamo a vostra disposizione

Sul biglietto infilato nei confetti del matrimonio del cugino Raimondo con Maria, lui aveva corretto la vocale finale dei due nomi in Raimonda e Mario. “La data cambiala tu” le aveva detto. Lei aveva tirato una riga sopra quella stampata e aveva scritto: “Mai”.
Lei gli aveva fatto capire chiaramente di finirla, e che, anche qualora fosse stata libera, lui non era il suo tipo, macché, lui dribblava dicendo che "scherzava seriamente".
Mario alternava battute da caserma e doppi sensi pesanti a piacevoli momenti di cameratismo.
“Tu mi turbi”: il ritornello di lui. “Tu disturbi”: il ritornello di lei in risposta.
Le era simpatico come collega, in quanto spiritoso e servizievole, accollandosi, come faceva spesso, i lavori di archivio e di catalogazione, ed era cortese e disponibile. Raimonda, dal canto suo, faceva in modo che tutte le giovani e belle clienti venissero servite da Mario, ma non era abbastanza per indurlo a smettere con le sue imbarazzanti attenzioni.
Non era stalking, no, perché era gentile e non invasivo, di solito, ma lei questa volta era a disagio, eccome! Non aveva mai assunto pose o atteggiamenti provocanti che giustificassero tale ardire; era una donna spiritosa e disinvolta ma seria (e seriamente sposata), oltretutto.
Ci voleva una lezione dura, sì, ci stava di far conoscere il misfatto alla direttrice, donna di mezza età, casa e Chiesa, mai sposata e, nei confronti di tutti, gentile e garbata, sempre con la soluzione pronta e logica per ogni problema.
Tornò nell’ufficio che divideva col collega, raccolse platealmente la fotocopia e andò a bussare alla Direzione, lasciando dietro di sé un Mario preoccupato e incredulo, nonché la vocina che sempre dice di non fare la spia.
“Guardi questo, prego” disse seria Raimonda, allungando il foglio alla sua dirigente.
La signora Rossi ci buttò uno sguardo e subito alzò gli occhi, sorridendo tranquillamente: “Ma cara, non mi devi giustificare ogni fotocopia sbagliata come questa; abbiamo i conteggi di un uso di massima e un tot di sprechi ci stanno, non ti preoccupare."
“Fai così: usalo dietro”, aggiunse e concluse la bonaria, innocente signora, a mo' di congedo.
La bocca tremante si sforzò di piegarsi in un sorriso educato e Raimonda uscì.
“E allora?” le chiese Mario, allarmato dalla sua strana espressione.
“Mi ha mandato a prenderlo in quel posto” si disse e gli rispose col pensiero, seduta alla sua scrivania, davanti all’imbarazzante collega, ora seriamente preoccupato.
E poi Raimonda si contorse, le spalle scosse da una convulsa, attutita, ma poi irrefrenabile, liberatoria risata.
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: La fotocopia

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Simpatico e molto ben mascherato, nel giocare con l'esplicita situazione che vivono i personaggi.
Ero quasi al finale e pensavo sì, però mica fa ridere...
Ma quando la responsabile equivoca (per la fortuna di Mario, in modo innocente, non vedendo l'oggetto fotocopiato, bensì un semplice errore di stampa) crea un ribaltamento che ho trovato davvero comico. E il suo tranquillizzare l'ingenua, ma diligente, collaboratrice ("ingenua" dal suo pov), il suo trovare un rimedio al pur trascurabile danno della fotocopia sprecata, diventa azzeccatissima battuta, sempre mascherata, ma dal doppio senso formidabile.
Peccato che la risata arrivi solo così prossima al finale, anche se il racconto condotto in questo modo riserva un effetto simil-barzelletta, che per una storia breve trovo gradevole.
Lo stile è a tratti serioso e un po' involuto, ma questo (da manuale, direi) esalta il contrasto con il genere.
Ok, Mario esagera, nella realtà la reazione di Raimonda è troppo moderata, mentre ci sarebbero i presupposti per considerare il gesto non una fragorosa caduta di stile, ma un vero e proprio allarme per atteggiamento maniaco di livello morboso. Però un pizzico di sospendsione d'incredulità ci sta, la situazione bizzarra è digeribilissima per il lettore, a mio parere.
Quindi, brava: complessivamente ho apprezzato.
A rileggerti.
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