[H24] La vampa della paura
Posted: Sun Oct 27, 2024 11:17 am

La vampa della paura
È un sangue malato
che ghiaccia le vene,
una vampa che prende
di fronte all'ignoto
e allo sguardo di un cielo
È un sangue malato
che ghiaccia le vene,
una vampa che prende
di fronte all'ignoto
e allo sguardo di un cielo
che morte minaccia.
Il corpo estraneo
Dopo tanto soffrire e, più atroce ancora, nella prospettiva del peggio, mi sono decisa a togliermi il lungo spino dall'occhio, con un colpo deciso.
Sono distesa a pancia in su, lo afferro come posso e tiro tendendomi al massimo, fra atroci dolori... e il globo oculare si squaglia liberandosi.
All'apice del male fisico, devo essere svenuta. Adesso la ferita brucia e punge: cola sangue e umori vitrei e vischiosi ma so che smetterà prima o poi.
Certo, vecchia e guercia come sono adesso, sarà difficile la mia sopravvivenza, nella solitudine completa in cui mi trovo. Nel rifugio che mi sono conquistata, giaccio sui miei escrementi, non potendo muovermi dal momento dell'incidente, ma concederò solo poco ancora di tempo alle mie forze esauste per riprendersi, e poi mi alzerò per cercare il mio sostentamento, in qualsiasi modo.
L'alpinista
Ce l'ho fatta, ma a che prezzo! No, non lo rifarei più, anche se riuscissi a salvarmi da questa situazione.
Sono arrivato sulla cima di questo monte aguzzo che, levigata da millenni l'apice dalle intemperie, mostra questa piattaforma: anche se di stretta misura, è all'apparenza liscia, quasi senza asperità, potrei dire "accogliente" per l'esausto alpinista che io sono. Ma... c'è un ma grosso come un punto interrogativo sul domani, un ma pari a quello d'interpunzione di una formica in procinto di essere calpestata.
Ma sono impedito a scendere da questa vetta anche se ci sono salito: sono in preda a nausee e vertigini e fatico a respirare. Non ho avvisato nessuno della mia destinazione e nessuno mi aspetta a casa. Quando qualcuno penserà di rintracciarmi sarà troppo tardi. Il mio cellulare non ha campo: sembra assurdo, in mezzo allo sconfinato cielo aperto, ma così è. Sono esposto alle intemperie e, nonostante il piumino rinforzato che indosso, la febbre che mi sta assalendo mi fa mancare le forze. E vomito, vomito e ancora vomito: affacciato all'abisso per non sporcare.
Mi volto per sistemarmi in sicurezza e cosa vedono i miei occhi increduli? Vorrei urlare il mio terrore ma non riesco a emettere un solo suono. Me la faccio sotto dalla paura: un'aquila sembra dirigersi verso di me, stridendo minacciosa, anche se la voce è rauca in modo strano...
Riesco a percepire la lentezza inusuale del suo incedere, non maestosa ma pesante, e poi una quasi incontrollata discesa. Mi vedo dall'alto quando lei mi si schianta traballando vicina, ghermendomi e beccando brandelli di carne dal collo, dalle guance: ogni difesa è vana. Matto dal dolore, non so come, mi ritrovo in mano il coltellino svizzero: faccio scattare la lama ed è Imprevista e inaspettata la forza che mi nutre. Con precisione, le centro l'occhio: è la mia salvezza, perché mi accorgo che l'altro occhio è già fuori uso di suo. L'aquila cieca annaspa senza forze, e io posso finirla infierendo subito sul suo ventre, sino a scoprirne le viscere, e la vedo morire. Mi fermo, disgustato da quello che ho fatto ma preoccupato ancora di più per il fiato che mi manca e per la mia fine che si avvicina. Comincio a avere le visioni: un cielo grondante sangue, attraversato da nuvole dalle forme demoniache o di mostri sconosciuti.
In un momento di lucidità mi trascino lungo il perimetro della piattaforma. Da tre lati il picco è scosceso ma da un lato è fatta a strapiombo perfetto: se mi lasciassi cadere, finirei nelle adiacenze della stradina sterrata del paesino di partenza della mia folle avventura. Oppure...
Mentre cerco di scegliere tra le due alternative della mia certa fine (abisso o vertigini?) guardo la carcassa dell'aquila con più attenzione.
Poi apro il mio zaino ed esamino il carico: corde, piccozza, moschettoni e quant'altro. Il suo peso aggiunto a quello dell'uccello dovrebbe far precipitare a piombo il fardello. L'altezza non è proibitiva. Prendo frenetico il cellulare e compongo tremando un messaggio di richiesta di aiuto con la mia posizione, indirizzato ai pochi nominativi salvati. E no che non partono, come previsto. Però, se infilo il cellulare nello zaino, protetto dal contenuto, e lo zaino lo assicuro alle zampe dell'aquila con un po' di corda, non dovrebbe rompersi, e, giunto al suolo, attivare i messaggi. Forse, data la posizione, il fardello può essere visto da chi di passaggio e far risalire comunque alla vetta in cui mi trovo... Spero in tempo utile per la mia sopravvivenza.
Sono passate tre ore e ormai nel cielo grondante sangue ululano mostri che hanno fattezze umane conosciute.
C'è un'altra aquila in arrivo, ma questa è maestosa davvero e già l'ombra della sua apertura alare copre me e la cima del monte...
Mi volto per sistemarmi in sicurezza e cosa vedono i miei occhi increduli? Vorrei urlare il mio terrore ma non riesco a emettere un solo suono. Me la faccio sotto dalla paura: un'aquila sembra dirigersi verso di me, stridendo minacciosa, anche se la voce è rauca in modo strano...
Riesco a percepire la lentezza inusuale del suo incedere, non maestosa ma pesante, e poi una quasi incontrollata discesa. Mi vedo dall'alto quando lei mi si schianta traballando vicina, ghermendomi e beccando brandelli di carne dal collo, dalle guance: ogni difesa è vana. Matto dal dolore, non so come, mi ritrovo in mano il coltellino svizzero: faccio scattare la lama ed è Imprevista e inaspettata la forza che mi nutre. Con precisione, le centro l'occhio: è la mia salvezza, perché mi accorgo che l'altro occhio è già fuori uso di suo. L'aquila cieca annaspa senza forze, e io posso finirla infierendo subito sul suo ventre, sino a scoprirne le viscere, e la vedo morire. Mi fermo, disgustato da quello che ho fatto ma preoccupato ancora di più per il fiato che mi manca e per la mia fine che si avvicina. Comincio a avere le visioni: un cielo grondante sangue, attraversato da nuvole dalle forme demoniache o di mostri sconosciuti.
In un momento di lucidità mi trascino lungo il perimetro della piattaforma. Da tre lati il picco è scosceso ma da un lato è fatta a strapiombo perfetto: se mi lasciassi cadere, finirei nelle adiacenze della stradina sterrata del paesino di partenza della mia folle avventura. Oppure...
Mentre cerco di scegliere tra le due alternative della mia certa fine (abisso o vertigini?) guardo la carcassa dell'aquila con più attenzione.
Poi apro il mio zaino ed esamino il carico: corde, piccozza, moschettoni e quant'altro. Il suo peso aggiunto a quello dell'uccello dovrebbe far precipitare a piombo il fardello. L'altezza non è proibitiva. Prendo frenetico il cellulare e compongo tremando un messaggio di richiesta di aiuto con la mia posizione, indirizzato ai pochi nominativi salvati. E no che non partono, come previsto. Però, se infilo il cellulare nello zaino, protetto dal contenuto, e lo zaino lo assicuro alle zampe dell'aquila con un po' di corda, non dovrebbe rompersi, e, giunto al suolo, attivare i messaggi. Forse, data la posizione, il fardello può essere visto da chi di passaggio e far risalire comunque alla vetta in cui mi trovo... Spero in tempo utile per la mia sopravvivenza.
Sono passate tre ore e ormai nel cielo grondante sangue ululano mostri che hanno fattezze umane conosciute.
C'è un'altra aquila in arrivo, ma questa è maestosa davvero e già l'ombra della sua apertura alare copre me e la cima del monte...