Fuori dalla baracca
Posted: Thu Jun 13, 2024 10:41 am
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- Geko, amico mio, cosa ci faccio qui?
- E ti sembra questo il momento di porre una simile domanda! Dormi, da brava.
- Ma, Geko... e se stessi commettendo un errore?
- Possibile.
- Come possibile? Cosa intendi? Vorresti rassicurarmi così?
- Certo che è possibile. O pensi di essere infallibile?
- No, infallibile no.
- Ecco! Allora capisci perché non ti devi preoccupare?
- Perché sto facendo del mio meglio e perché anche se lungo la strada farò degli errori saranno tutti parte del mio cammino?
- No! Perché è tardi! Ora dormi o almeno lascia dormire me.
Mi rigirai un po’ nel letto, finché non mi trovai completamente legata nel lenzuolo. Mi liberai a calci e con uno sbuffo rumoroso, mi alzai.
- Ora dove vai?
-Vado a fare pipì!
La casetta che mi ospitava in quelle settimane di vita rurale era proprio in mezzo al frutteto dove lavoravo e non aveva un bagno. Così la mia scelta, soprattutto quando mi alzavo nel cuore della notte, ricadeva su un grande carrubo a una ventina di metri dalla mia “baracca”, come la chiamavamo affettuosamente. Era una situazione, mettiamola così, a stretto contatto con la natura. Io ero più che contenta di disintossicarmi dalla città e Geko si mangiava tutti i malcapitati insetti che entravano in casa.
Fuori dalla porta di legno, dovetti fare attenzione a dove mettevo i piedi perché di luce non ce n’era. Almeno all’inizio.
A poco a poco, i miei occhi si abituarono al nuovo ambiente. Con grande sorpresa, cominciai a notare che, nonostante fossero le due di notte e il lampione più vicino fosse a cinque chilometri, riuscivo a distinguere gli alberi e le piante. Vedevo il profilo del sentiero che portava all’orto e alla casa principale. Si potevano addirittura distinguere le ranocchie che si godevano il fresco della notte sul bordo della fontana che stava accanto alla capanna.
Alzai gli occhi al cielo alla ricerca della fonte di luce e non fui più in grado di abbassarli.
So cosa pensate, e no, non era la luna. Non era nemmeno inquinamento luminoso, perché in quell’angolo di Andalucia hanno un’avversione di tutto rispetto per l’illuminazione artificiale. Era un oceano sterminato e sfolgorante di stelle di tutti i colori e le dimensioni. E giuro che mai mi ero resa conto che le stelle avessero colori e dimensioni diverse fino a quella notte. Alcune brillavano di una luce gialla intensa, altre erano azzurro pallide; alcune si confondevano nella nuvola della via lattea, altre erano grandi e nitide come disegnate. Ogni volta che pensavo di aver trovato un angolo di cielo buio e vuoto, mi bastavo guardare meglio per trovare altre stelle, ancora più lontane e ancora più brillanti.
Ripensai ai sogni ad occhi aperti di una bambina che aspettava che un’astronave venisse a rapirla per portarla lontano a esplorare la galassia. Guardai il cielo con i suoi occhi, pieni di gioia e meraviglia.
Rimasi con il naso per aria, dimenticandomi anche di fare pipì.
Non notai che Geko mi aveva raggiunta finché non sentii la sua voce.
- A cosa pensi?
- Ai bivi.
- A bivi?
- Sì, ai bivi. Prima riflettevo che la vita è proprio come un sentiero fatto tutto a bivi e non c’è nessuno che ti dica quale direzione sia quella giusta. Pensavo quanto questo sia spaventoso e che magari io li sto sbagliando tutti, i miei bivi.
- Interessante metafora, ma perché ci ripensi ora?
- Perché, se il sentiero mi ha portata fino a un cielo come questo, vuol dire che qualche bivio devo averlo proprio azzeccato.
- Geko, amico mio, cosa ci faccio qui?
- E ti sembra questo il momento di porre una simile domanda! Dormi, da brava.
- Ma, Geko... e se stessi commettendo un errore?
- Possibile.
- Come possibile? Cosa intendi? Vorresti rassicurarmi così?
- Certo che è possibile. O pensi di essere infallibile?
- No, infallibile no.
- Ecco! Allora capisci perché non ti devi preoccupare?
- Perché sto facendo del mio meglio e perché anche se lungo la strada farò degli errori saranno tutti parte del mio cammino?
- No! Perché è tardi! Ora dormi o almeno lascia dormire me.
Mi rigirai un po’ nel letto, finché non mi trovai completamente legata nel lenzuolo. Mi liberai a calci e con uno sbuffo rumoroso, mi alzai.
- Ora dove vai?
-Vado a fare pipì!
La casetta che mi ospitava in quelle settimane di vita rurale era proprio in mezzo al frutteto dove lavoravo e non aveva un bagno. Così la mia scelta, soprattutto quando mi alzavo nel cuore della notte, ricadeva su un grande carrubo a una ventina di metri dalla mia “baracca”, come la chiamavamo affettuosamente. Era una situazione, mettiamola così, a stretto contatto con la natura. Io ero più che contenta di disintossicarmi dalla città e Geko si mangiava tutti i malcapitati insetti che entravano in casa.
Fuori dalla porta di legno, dovetti fare attenzione a dove mettevo i piedi perché di luce non ce n’era. Almeno all’inizio.
A poco a poco, i miei occhi si abituarono al nuovo ambiente. Con grande sorpresa, cominciai a notare che, nonostante fossero le due di notte e il lampione più vicino fosse a cinque chilometri, riuscivo a distinguere gli alberi e le piante. Vedevo il profilo del sentiero che portava all’orto e alla casa principale. Si potevano addirittura distinguere le ranocchie che si godevano il fresco della notte sul bordo della fontana che stava accanto alla capanna.
Alzai gli occhi al cielo alla ricerca della fonte di luce e non fui più in grado di abbassarli.
So cosa pensate, e no, non era la luna. Non era nemmeno inquinamento luminoso, perché in quell’angolo di Andalucia hanno un’avversione di tutto rispetto per l’illuminazione artificiale. Era un oceano sterminato e sfolgorante di stelle di tutti i colori e le dimensioni. E giuro che mai mi ero resa conto che le stelle avessero colori e dimensioni diverse fino a quella notte. Alcune brillavano di una luce gialla intensa, altre erano azzurro pallide; alcune si confondevano nella nuvola della via lattea, altre erano grandi e nitide come disegnate. Ogni volta che pensavo di aver trovato un angolo di cielo buio e vuoto, mi bastavo guardare meglio per trovare altre stelle, ancora più lontane e ancora più brillanti.
Ripensai ai sogni ad occhi aperti di una bambina che aspettava che un’astronave venisse a rapirla per portarla lontano a esplorare la galassia. Guardai il cielo con i suoi occhi, pieni di gioia e meraviglia.
Rimasi con il naso per aria, dimenticandomi anche di fare pipì.
Non notai che Geko mi aveva raggiunta finché non sentii la sua voce.
- A cosa pensi?
- Ai bivi.
- A bivi?
- Sì, ai bivi. Prima riflettevo che la vita è proprio come un sentiero fatto tutto a bivi e non c’è nessuno che ti dica quale direzione sia quella giusta. Pensavo quanto questo sia spaventoso e che magari io li sto sbagliando tutti, i miei bivi.
- Interessante metafora, ma perché ci ripensi ora?
- Perché, se il sentiero mi ha portata fino a un cielo come questo, vuol dire che qualche bivio devo averlo proprio azzeccato.