La notte di Tim - (esperimento horror)

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Una notte d’inverno, una notte come le altre, Tim dormiva nel suo letto.

Le pareti della sua stanza erano piene di sue foto di quando era più piccolo, oppure insieme alla mamma, al papà o con i nonni.
Sopra la scrivania, di fianco al quaderno dei compiti per casa, rimanevano le macchinine con le quali aveva giocato quel pomeriggio mentre rispondeva svogliatamente agli esercizi che la maestra gli aveva assegnato a scuola.
Sulle mensole di fianco alla porta della sua cameretta i volti rubicondi dei soldatini di latta che gli aveva regalato il nonno a Natale fissavano gli adesivi dei guerrieri della galassia appiccicati all’armadio a muro della parete opposta, con il fucile in verticale al loro fianco e la divisa impeccabile dipinta di un rosso lucido che rifletteva la luce lunare che entrava dalla finestra di fronte al letto.

Rigirandosi scompostamente sotto le coperte Tim aprì gli occhi pesanti, la vista offuscata dal sonno, gli scappava la pipì. Si tirò più su la coperta fin sotto il mento, non voleva andare in bagno, chissà cosa c’era nel buio della stanza, forse i mostri, si sa che i mostri si nascondono nel buio, meglio restare al sicuro sotto il pesante piumone, lì sotto le coperte di sicuro non c’era nessun mostro.
Fece per richiudere gli occhi poi però notò che la stanza non era del tutto buia, ci vedeva un pochino, da dove veniva la luce?
Spalancò gli occhi, la finestra! Non aveva abbassato la persiana! La mamma gli diceva sempre di farlo prima di andare a letto però si era messo a leggere con la lampada accesa pensando di chiuderla dopo e invece se n’era dimenticato!
Doveva abbassarla assolutamente altrimenti la mamma l’indomani l’avrebbe sgridato.

Si fece coraggio e piano piano si fece scivolare fuori dal letto con gli occhi sgranati in cerca di ogni più piccolo movimento nella stanza, le orecchie tese nel percepire qualsiasi rumore che non fossero i suoi passi o il suo respiro. Vedeva le ombre dei giocattoli per la stanza e tutto era immobile e silenzioso.
Si mosse lentamente sulle punte dei piedi con passo felpato come un ninja, avvicinandosi cauto e un po’ accucciato alla finestra. Gli si mise di lato afferrando la corda che abbassava la persiana si tirò un po’ su e sbirciò fuori.
Il prato di casa era libero e lievemente illuminato dalla luna, poi c’era una staccionata di legno e iniziava il boschetto che gettava lunghe orme sull’erba.
Con cautela iniziò a far scorrere la corda, sussultando ad ogni scricchiolio che produceva scorrendo nelle guide, non voleva assolutamente fare rumore e svegliare la mamma.
La stanza stava diventando sempre più buia, iniziò a guardarsi intorno sospettoso nell’oscurità che lo circondava cominciando a sentirsi un po’ a disagio e lanciò un ultimo sguardo alla serranda quasi del tutto abbassata.
Ciò che vide lo pietrificò.
Davanti a sé, a meno di 40 cm dal suo viso, due occhi rossi, tondi come pozze di fuoco nella notte lo fissavano.
Nel panico la corda gli sfuggì di mano chiudendo del tutto la persiana con un tonfo; il colpo lo scosse e senza nemmeno pensare si fiondò con un tuffo sul letto e sotto le coperte tirandosele fin sopra la testa e rannicchiandosi col respiro pesante e il cuore che batteva all’impazzata.
Il lupo! Era il lupo ne era sicuro! Nelle storie ci sono sempre i lupi cattivi nei boschi, lo sapeva anche lui, ne aveva letta una in cui uno entrava nella camera di un bambino di notte e mentre lui dormiva iniziava a rosicchiargli i piedi fino a mangiarselo intero!
Rimanendo immobile in quella posizione cercò di concentrarsi sull’udito ma non sentiva altro che il suo respiro pesante.
Dopo qualche minuto mise con cautela la testa fuori dalla coperta sempre tendendo le orecchie.
Nulla. Forse era stata la sua immaginazione, forse era il riflesso di qualcos’altro, magari i fanali di una macchina di che passava di lì.
Il cuore iniziò a rallentare, sentiva il sudore pizzicargli la pelle sotto il pigiama.
Ad un tratto dall’esterno della casa sentì grattare sul muro. Il sangue gli si gelò nelle vene.
Dei piccoli passi ticchettanti corsero intorno alla parete allontanandosi.

Silenzio.
Era teso come un blocco di pietra, supino, perfettamente immobile con il piumone tirato fino al mento, a malapena osava respirare.
Il silenzio si protrasse ancora. Minuti.
Tim stava quasi tornando a rilassarsi, quando un rumore proveniente dal salotto lo fece sobbalzare. Un colpo attutito come se fosse caduto qualcosa sul tappeto.
Gli occhi di Tim erano sbarrati. Con tutta la calma di cui era in grado in quel momento strisciò di nuovo completamente sotto le coperta e si rannicchiò su sé stesso stringendola più forte che poteva sopra di lui. Voleva chiamare la mamma, voleva urlare e chiamarla con tutto il fiato che aveva in gola ma non voleva che la bestia lo sentisse, che lo trovasse.
Sarebbe rimasto immobile sotto la coperta così il lupo non lo avrebbe visto e se ne sarebbe andato via.
Sentì la porta socchiusa della sua cameretta aprirsi lentamente.
Tim tratteneva il fiato. Le mani gli tremavano.
Sentì di nuovo quei passi ticchettanti muoversi lentamente nella sua stanza. Girarono intorno al letto.
Lo sentiva annusare e sbuffare.
Dopo un minuto di assoluto silenzio la creatura posò il muso in fondo al letto, fra le coperte annusando profondamente.
Lacrime sgorgarono dagli occhi di Tim; un fiumiciattolo caldo gli scese fra le gambe ma lui nemmeno se ne rese conto, il suo corpo tremava convulsamente mentre cercava di trattenere i singhiozzi serrando la bocca e spingendo più che poteva la faccia sul materasso.
Il muso della bestia si allontanò dal letto. Tornò il silenzio.

Tim rimase in quella posizione senza osare muovere un muscolo.
Passarono i minuti.
Passò quella che sembrava un’eternità; un’ora, forse più, aveva perso la cognizione del tempo. I muscoli gli facevano male per la tensione.
Il silenzio continuava. Non si sentiva più nulla. Né un ticchettio, né un respiro che non fosse il suo.
Il cuore di Tim aveva iniziato a rallentare. Le lacrime asciutte sulle guance gli prudevano.
Forse se n’era andato, non lo aveva trovato e se n’era andato!
Il più lentamente possibile iniziò a spostarsi sotto le coperte.
Ancora silenzio.
Fece appello a tutto il suo coraggio per aprire un sottile spiraglio sulla coperta e sbirciare fuori ma era tutto buio.
La sollevò un po’ di più avvicinando il viso all’esterno verso la porta della camera.
Sembrava non ci fosse nulla, la porta era aperta a metà.
Si girò con cautela per guardare in fondo al letto, verso la finestra tirando un po’ in fuori la testa e vide che non c’era niente nemmeno lì.
Esalando un sospiro più lento e regolare e con la tensione che finalmente allentava la presa sui suoi muscoli tremanti infine si voltò dalla parte dell’armadio.
E lì li vide.
Gli occhi rossi, assassini, vuoti di alcun sentimento, non gli occhi di un lupo, non gli occhi di un animale, gli occhi di un mostro reale, incastonati in una figura scura, più nera dell’oscurità; un suono basso, bestiale, terribile crebbe dalla cosa mentre snudava le sue fauci, gialle zanne minacciose, una promessa di morte che si spalancò davanti allo sguardo attonito di Tim, una promessa che si chiuse sul suo volto con ferocia e senza pietà ponendo fine alla speranza appena rinata in lui di veder sorgere un'altra alba.

Il buio fu l’ultima cosa che vide e la paura la sua ultima emozione

Re: La notte di Tim - (esperimento horror)

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Ciao, @L'Incostante!
Il racconto non tiene fede al genere indicato nel titolo; la tensione e la sensazione più simile a un racconto horror arriva infatti da metà racconto e rimane poco nella breve storia. L'horror è, a mio personale giudizio, uno dei generi più difficili cui accostarsi.
In questo caso assistiamo dapprima a una scena che ha connotazioni tutt'altro che orrorifiche, visti anche i pensieri che distraggono il protagonista bambino da quello che sta accadendo.
L'arrivo degli occhi rossi è un inizio, ma non basta per creare la tensione nel lettore, che poi arriva nel momento in cui la creatura entra nella stanza e sparisce non appena torna il silenzio. La conclusione del racconto non spinge il lettore a rimanere inquietato da quello che ha letto, né terrorizzato (in grande o in minima parte).
Ti suggerisco di provare con altri esperimenti che puntino tutto sulla tensione, sull'inquietudine e la paura, più che sulle "immagini" d'orrore quale delle fauci spalancate. Nella scrittura horror penso abbiamo più effetto inquietudini psicologiche e paure sottopelle, a meno che ovviamente tu non voglia virare verso lo splatter (in quel caso, però, andrebbe descritta la scena del mostro che si ciba del bambino, per fare un esempio banale).

Sulla forma c'è da lavorare, soprattutto sulla punteggiatura. È povera: conta solo punti e virgole, mentre sarebbe auspicabile utilizzare i due punti, i punti sospensivi, il punto e virgola. Per questo motivo molte frasi sono poco scorrevoli o peggio a singhiozzo (un esempio: Si tirò più su la coperta fin sotto il mento, non voleva andare in bagno, chissà cosa c’era nel buio della stanza, forse i mostri, si sa che i mostri si nascondono nel buio, meglio restare al sicuro sotto il pesante piumone, lì sotto le coperte di sicuro non c’era nessun mostro.)

Mi fermo qui: penso di averti dato già molti spunti su cui riflettere e, se vuoi, su cui lavorare.
Grazie per aver condiviso il tuo racconto e a presto!
Domenico Russo - Editor
Gruppo Dedalo - Servizi editoriali
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