(CN23) Le montagne nella nebbia

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A Vera,
il cui sguardo spazza via 
ogni velo di nebbia residuo

Titolo: Le montagne nella nebbia 
Traccia: La nebbia 
Genere: Fantastico (sentimentale?)
 
La piazza, che la sera prima era gremita di gente, è deserta all'alba del giorno di Natale.
Una fitta coltre di nebbia avvolge i palazzi e la guglia del campanile della cattedrale si distingue a malapena. Le viuzze strette che si diramano in tutte le direzioni, ispirano e espirano come bronchioli affannati l’aria densa e lattiginosa. Un bianco sporco, caliginoso e denso, ottenebra le mura, le finestre e i giardini, circonda le case che senza tinte appaiono tutte uguali; ne penetra subdolo all’interno, reca con sé il suo alito umido e cattura ogni persona che incontra.
Gli abitanti del paese sono tutti senza contorni, i colori zittiti.
Il giorno è invisibile, come il giorno prima e quello prima ancora, e indietro così di generazioni e generazioni, tante che nemmeno più il ricordo di quando la Nebbia giunse nella valle per la prima volta sfugge al suo oblio.
Alcuni raccontano di antiche maledizioni o punizioni divine, altri credono sia lì da ancor prima che il mattone originario del villaggio fosse posato. Nessuno sa con certezza da dove sia venuta e perché. C’è da chiedersi se davvero sia un morbo della terra e non piuttosto una infermità degli occhi.
È certo che lo spesso velo c’è e c’è sempre stato. Continua a ricoprire ogni cosa, in paese, e si appoggia al letto del fiume che scorre mesto nel suo grembo. Miliardi di goccioline deformi si attaccano alle materie e ai corpi come pidocchi.
Le aspre montagne che circondano la valle sono anch’esse soffocate dalla pallida foschia, così che qualunque cosa ci sia al di là di esse è nascosto alla vista da troppo tempo, del tutto sconosciuto agli abitanti della piccola città, che da secoli hanno imparato a vivere di sé stessi.
Il paese non è altro che un’isola remota in mezzo a un oceano di onde grigie, che nessuno prova ad attraversare.
Nessuno tranne T.

Nel deserto lattiginoso dell’alba, S. sta pensando a lui. Attraversa la piazza, le trecce che ondeggiano di un biondo splendido che nessuno può vedere. Costeggia la scuola. Il profilo dell’edificio emerge dalle ombre per qualche istante sulla sua destra.

Quando erano bambini, S. e T. si ritrovavano spesso a percorrere la strada per scuola in compagnia. Non era proprio come camminare insieme. Lei lo intravedeva comparire all’improvviso dalla Nebbia, come se fosse appena stato generato dal nulla, e ne seguiva i passi svelti e rassicuranti.
I ragazzi conoscevano tutti la via, ma alla piccola S., che incedeva lenta e indecisa nel vuoto, sembrava che T. la conoscesse meglio degli altri, che ne percepisse ostacoli e segreti. Non sapeva spiegarsi il motivo, era come se la… vedesse.
Cosi, la piccola S. si affidava a lui come un cieco al suo cane guida. Gli stava appiccicata perché le dava sicurezza , ed era certa che lui ne fosse cosciente e glielo lasciasse fare con una punta di orgoglio. Andavano così verso scuola, l’una attaccata all’altro, in silenzio.
Una volta, però, T. aveva allungato una mano attraverso la nebbia ad afferrare il polso di S. e le aveva sussurrato di seguirlo.
S. aveva avvertito che stavano deviando dal solito percorso e si inoltravano nel parco. Poi T. si era fermato e con uno scatto era salito sullo scheletro deforme di un albero che era parso nascere sotto i loro occhi solo un attimo prima.
“Vieni, su!” le aveva gridato dall’alto.
Ma S. era rimasta giù.
“Sei matto! Scendi, dai.”
Lei indugiava in basso, con gli occhi che si affannavano a seguire il corpicino di lui che balzava da un ramo all’altro, sempre più in alto, sempre più invisibile nel vapore che gli vorticava intorno.
“Dovresti proprio salire. Da quassù si vede qualcosa, sai? La nebbia è meno fitta. Anche l’odore è diverso.” le aveva gridato. “Laggiù mi sembra di vedere le montagne!”
Poi era saltato giù, rapido come era salito.
“Quando sarò grande le raggiungerò“, aveva detto. Poi si era avviato e lei era tornata a seguirlo sul cammino verso scuola.

S. tira dritto, e l’edificio è inghiottito nuovamente dall’indefinito. Percorre il corso del paese ed entra nel parco. L’odore acre della terra bagnata le afferra le narici. Si accovaccia per un istante a toccarla. Sotto le mani sente il terriccio limaccioso e ruvido.

“Erba?” aveva ripetuto S., con l’aria sorpresa di chi pronuncia parole in una lingua sconosciuta
“Sì, erba.” T. stava muovendo la mano con delicatezza sul terreno, come se stesse accarezzando un animaletto bisognoso di affetto. “E prato, e fiori! Ti dico che esistono queste cose. O almeno, prima c’erano, anche qui. Adesso, non lo so, da qualche parte…”
S. aveva iniziato a muovere anch’essa la mano sul suolo umido e morto, alla ricerca di qualcosa. Per un istante le due mani si toccarono.
“Il Sole…” pensò lei.

S. si stringe nel bavero della giacca. L’aria del primo mattino è marcia e fredda, intorno a lei. Eppure, nascosto da qualche parte dietro quella tenda triste e grigia, un disco dorato deve aver cominciato a irradiare il cielo della sua luce rosata. S. tende il collo e il viso verso l’alto, un tentativo di farsi raggiungere almeno in parte da quel calore lontano.

“Dev’essere stupendo, il cielo!”
A scuola non c’andavano più, per loro quel tempo era passato.
Erano nella stanza di T.
All’interno delle case la Nebbia entra ma incede più lieve, come se anch’essa, nonostante la sua natura, serbi un leggero pudore e un certo rispetto per l’intimità. Pur se velati, due sorrisi erano visibili sui loro volti.
T. era alla finestra.
S. si chiese cosa stesse guardando, lì fuori. Lei percepiva solo pallore cinereo. Lei vedeva un enorme vuoto, mentre lui sembrava riempirlo con lo sguardo.
Il cielo, aveva detto.
Cielo e terra, in paese, erano un unico sfondo addormentato e appannato. Ma T. le diceva di alberi fioriti, di frutti, di colori. Le raccontava di un cielo stellato, e di come in qualche luogo la sua presenza stesse guidando un uomo attraverso la tempesta. Le parlava di come il sole riflettesse su capelli dorati come i suoi, o descriveva posti dove puoi fermarti a guardare fino a quanto in là i tuoi occhi riescono, fino a una linea che si chiama orizzonte.
Poi avevano fatto l’amore, per la prima volta.

S. ripensa alla sera prima, la notte prima di Natale.
T. le era sembrato inquieto. C’era qualcosa, nella sua voce, che le suonava diverso. Una fiamma vibrante.
Erano a letto, ma non avevano fatto l’amore. Lei aveva la testa poggiata sul suo petto, e ne percepiva il respiro irregolare. Lui la teneva stretto con il braccio sinistro, mentre con la mano destra le carezzava un fianco. Anche la mano, però, pareva muoversi secondo un ritmo sconosciuto, come se a guidarla non fosse l’amore ma un desiderio di possesso quasi avido che non aveva mai avvertito prima.
Parlò guardando dritto di fronte a sé, al soffitto:
“A me sembra che qui c’è la prendiamo con la nebbia, mentre è solo che la gente non ha il coraggio di guardare al di là del proprio naso”.
Disse solo questo.
A S. non venne da rispondere nulla. Era totalmente disorientata. Così non disse niente.
Stettero entrambi in silenzio per il tempo che rimaneva alla sera, fino a che a S. parve di ascoltare solo un sussurrato “mi dispiace”, un attimo prima che la nebbia del sonno la rapisse per il resto della notte.
Quando si era svegliata, lui non c’era più, e nemmeno il suo calore nel letto, avvolto dalla foschia.

S. si ferma ai margini della città.
Impigliati nella ragnatela opaca che avvolge il mondo scorge a malapena i profili dei tronchi caduchi che annunciano l’inizio delle montagne e dei boschi tetri che le accompagnano. L’aria umida le sferza il viso, le punge il naso.
Ma è poco più su che sta piangendo.
Nel cuore che batte forte è appena iniziata una lotta tra un desiderio fortissimo e una paura profonda.
Sotto il velo di lacrime che le bagna gli occhi, quello di nebbia pare diradarsi per qualche istante, e allora crede di vederlo:
un filo di erba fiorita a carezzare le montagne;
una linea di azzurro e rosa a colorare il cielo;
un uomo che cammina lungo un sentiero illuminato.

Re: (CN23) Le montagne nella nebbia

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Joyopi ha scritto: lun dic 25, 2023 7:45 pmLe viuzze strette che si diramano in tutte le direzioni, ispirano e espirano come bronchioli affannati l’aria densa e lattiginosa.
Ciao @Joyopi 
bella questa similitudine (attento alla virgola che separa il soggetto dal verbo)
Joyopi ha scritto: lun dic 25, 2023 7:45 pmne penetra subdolo all’interno,
Toglierei o il “ne” oppure all’ 
Penetra subdolo all’interno.  Oppure: Ne penetra l’interno
Joyopi ha scritto: lun dic 25, 2023 7:45 pmC’è da chiedersi se davvero sia un morbo della terra e non piuttosto una infermità degli occhi.
Bello!
Joyopi ha scritto: lun dic 25, 2023 7:45 pmanch’esse soffocate dalla pallida foschia, così che qualunque cosa ci sia al di là di esse
potresti usare “loro” per variare oppure qualunque cosa che ci sia al di là delle vette (per es.)
Joyopi ha scritto: lun dic 25, 2023 7:45 pmdava sicurezza , ed era certa che lui ne
c’è  da togliere lo spazio prima della virgola
Joyopi ha scritto: lun dic 25, 2023 7:45 pmUna volta, però,
toglierei quel “però” (anticipa che sta per accadere qualcosa e toglie suspence)
Joyopi ha scritto: lun dic 25, 2023 7:45 pmVieni, su!”
sostituirei con “Sali!”
Joyopi ha scritto: lun dic 25, 2023 7:45 pmuna lingua sconosciuta
manca il punto finale
Joyopi ha scritto: lun dic 25, 2023 7:45 pmS. aveva iniziato a muovere anch’essa la mano sul suolo umido e morto, alla ricerca di qualcosa. Per un istante le due mani si toccarono.
Attento alla consecutio da trapassato p. a p. remoto
Joyopi ha scritto: lun dic 25, 2023 7:45 pmAll’interno delle case la Nebbia entra ma incede più lieve, come se anch’essa, n
anche qui hai usato il p. Indicativo in un periodo al passato

Joyopi ha scritto: lun dic 25, 2023 7:45 pmLei percepiva solo pallore cinereo. Lei vedeva un enorme vuoto,
Puoi asciugare due volte “lei” appesantisce la lettura
Joyopi ha scritto: lun dic 25, 2023 7:45 pmc’è la prendiamo
ce la prendiamo 
Joyopi ha scritto: lun dic 25, 2023 7:45 pmQuando si era svegliata
Consecutio (quando si svegliò) il resto del periodo è al p.remoto


Il racconto inizia con un’accurata e suggestiva descrizione del paesaggio avvolto nella nebbia e proprio la Nebbia diventa l’antagonista della storia. Quindi trovo azzecatissimo il connubio dichiarato di “fantasy sentimentale”.
Mi è piaciuta la passeggiata nei ricordi, si avverte la nostalgia e il timore di perdere la persona amata. Il desiderio di affrancarsi da una vita immersa nel grigiore e spingersi “oltre le terre di Mordor” a cercare l’abbraccio di un sole che renda vivida e colorata l’esistenza.
È un racconto che fa pensare, una storia che dice molto di più delle parole scritte.
Certo il brano a mio avviso deve ancora essere revisionato per brillare al meglio, ma, al netto di alcune cose che ti ho in parte segnalato, il tuo lavoro mi è piaciuto molto per l’atmosfera e l’intenzione. Complimenti.

Re: (CN23) Le montagne nella nebbia

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Joyopi ha scritto: lun dic 25, 2023 7:45 pmun uomo che cammina lungo un sentiero illuminato.
Non mi metterò a farti le pulci o a darti consigli su come migliorare la storia, non sono molto brava in questo.
Voglio concentrare il mio commento sull'idea, sulla trama che appare velata sotto la nebbia anche lei.
Ci vuole un grande enorme coraggio per intraprendere quel sentiero oppure nulla, basta fare un passo e ci sei sopra.
Questo mi ricollega al racconto di @Alberto Tosciri, nel quale ho colto, in modo più vago, lo stesso significato.
Ah, si potesse soffiare via la nebbia!
Il racconto mi è piaciuto molto. Spero di riceverlo in regalo nella seconda tappa.

Re: (CN23) Le montagne nella nebbia

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ciao @Joyopi 

Joyopi ha scritto: lun dic 25, 2023 7:45 pmA Vera,
il cui sguardo spazza via 
ogni velo di nebbia residuo
S. non è la donna a cui è fatta la dedica, perché, o meglio, chi è Vera? trovo questa dedica sensuale e nostalgica e svelare l'elemento dominante della storia: la nebbia.

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La piazza, che la sera prima era gremita di gente, è deserta all'alba del giorno di Natale.

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Ti inserisci subito nella traccia.
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Una fitta coltre di nebbia avvolge i palazzi e la guglia del campanile della cattedrale si distingue a malapena. Le viuzze strette che si diramano in tutte le direzioni, ispirano e espirano come bronchioli affannati l’aria densa e lattiginosa. Un bianco sporco, caliginoso e denso, ottenebra le mura, le finestre e i giardini, circonda le case che senza tinte appaiono tutte uguali; ne penetra subdolo all’interno, reca con sé il suo alito umido e cattura ogni persona che incontra.
Gli abitanti del paese sono tutti senza contorni, i colori zittiti.
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Quante dettagliate descrizioni che potenziano l'atmosfera grigia del luogo e degli animi. 
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Il giorno è invisibile, come il giorno prima e quello prima ancora, e indietro così di generazioni e generazioni, tante che nemmeno più il ricordo di quando la Nebbia giunse nella valle per la prima volta sfugge al suo oblio.
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Questo passo parrebbe introdurre alla trama, dove qualcosa di misterioso vive e condiziona gravemente 
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Nessuno tranne T.
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T. è un lui, 

Nel deserto lattiginoso dell’alba, S. sta pensando a lui. 
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S. è una lei, adesso è tutto chiaro. Non sono molto propenso all'uso delle iniziali, ma in questo caso, aumenta il mistero, o lo inflaziona?
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Quando erano bambini, S. e T. si ritrovavano spesso a percorrere la strada per scuola in compagnia. Non era proprio come camminare insieme. Lei lo intravedeva comparire all’improvviso dalla Nebbia, come se fosse appena stato generato dal nulla, e ne seguiva i passi svelti e rassicuranti.
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Dato il tipo di racconto ci può stare il corsivo, dove la voce narrante prende le redini della storia e svela il passato che fu. D'altronde, i flash back tornano sempre utili a risolvere le questioni temporali
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“Erba?” aveva ripetuto S., con l’aria sorpresa di chi pronuncia parole in una lingua sconosciuta
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Questo passo è ancora un segnale di una trama che cela un mistero, ma che ancora non entra in scena, almeno nella parte esplicativa
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“Dev’essere stupendo, il cielo!”
A scuola non c’andavano più, per loro quel tempo era passato.
Erano nella stanza di T.
All’interno delle case la Nebbia entra ma incede più lieve, come se anch’essa, nonostante la sua natura, serbi un leggero pudore e un certo rispetto per l’intimità. Pur se velati, due sorrisi erano visibili sui loro volti.
T. era alla finestra.
S. si chiese cosa stesse guardando, lì fuori. Lei percepiva solo pallore cinereo. Lei vedeva un enorme vuoto, mentre lui sembrava riempirlo con lo sguardo.
Il cielo, aveva detto.
Cielo e terra, in paese, erano un unico sfondo addormentato e appannato. Ma T. le diceva di alberi fioriti, di frutti, di colori. Le raccontava di un cielo stellato, e di come in qualche luogo la sua presenza stesse guidando un uomo attraverso la tempesta. Le parlava di come il sole riflettesse su capelli dorati come i suoi, o descriveva posti dove puoi fermarti a guardare fino a quanto in là i tuoi occhi riescono, fino a una linea che si chiama orizzonte.
Poi avevano fatto l’amore, per la prima volta.
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Questa storia d'amore appare ridurre di molto l'idea di una storia intricata, con fenomeni di tipo esoterico e mistici
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S. si ferma ai margini della città.
Impigliati nella ragnatela opaca che avvolge il mondo scorge a malapena i profili dei tronchi caduchi che annunciano l’inizio delle montagne e dei boschi tetri che le accompagnano. L’aria umida le sferza il viso, le punge il naso.
Ma è poco più su che sta piangendo.
Nel cuore che batte forte è appena iniziata una lotta tra un desiderio fortissimo e una paura profonda.
Sotto il velo di lacrime che le bagna gli occhi, quello di nebbia pare diradarsi per qualche istante, e allora crede di vederlo:
un filo di erba fiorita a carezzare le montagne;
una linea di azzurro e rosa a colorare il cielo;
un uomo che cammina lungo un sentiero illuminato.
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Che dire a questo punto? Quella che sembrava una storia ambientata in un misterioso paese, dove l'ombra cupa e minacciosa della nebbia ha devastato l'ambiente, e modificato l'animo dei suoi abitanti, si rivela tutt'altro. Una storia d'amore dark. Comunque, complimenti per l'atmosfera che hai saputo creare e alla parte descrittiva di pregio. La trama mi ha ingannato, ma va bene così! (y)
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Re: (CN23) Le montagne nella nebbia

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Joyopi ha scritto: lun dic 25, 2023 7:45 pmS. aveva iniziato a muovere anch’essa la mano sul suolo umido e morto, alla ricerca di qualcosa. Per un istante le due mani si toccarono  si erano toccate.
Giusto l'iniziale trapassato prossimo, da usare anche nella frase successiva.
Joyopi ha scritto: lun dic 25, 2023 7:45 pmLei vedeva un enorme vuoto, mentre lui sembrava riempirlo con lo sguardo.
Hai la poesia dentro, @Joyopi !
Joyopi ha scritto: lun dic 25, 2023 7:45 pmLe raccontava di un cielo stellato, e di come in qualche luogo la sua presenza potesse guidare stesse guidando un uomo attraverso la tempesta. 
E' corretta comunque la tua scelta, ma mi sembra più musicale quella che ti suggerisco.
Joyopi ha scritto: lun dic 25, 2023 7:45 pmS. ripensa alla sera prima, la notte prima di Natale.
Ci sono due "prima", potresti rimediare, per esempio, con:
S. ripensa alla sera precedente...
Joyopi ha scritto: lun dic 25, 2023 7:45 pmA me sembra che qui c’è ce la prendiamo comoda
Di certo, un refuso involontario, da fretta.
Joyopi ha scritto: lun dic 25, 2023 7:45 pmL’aria umida le sferza il viso, le punge il naso.
Ma è poco più su che sta piangendo si mette a piangere.
Suggerimento.
Joyopi ha scritto: lun dic 25, 2023 7:45 pmNel cuore che batte forte è appena iniziata una lotta tra un desiderio fortissimo e una paura profonda.
Sotto il velo di lacrime che le bagna gli occhi, quello di nebbia pare diradarsi per qualche istante, e allora crede di vederlo:
un filo di erba fiorita a carezzare le montagne;
una linea di azzurro e rosa a colorare il cielo;
un uomo che cammina lungo un sentiero illuminato.
Anche lei è riuscita a vincere le sue paure e a scegliere di vedere oltre la Nebbia della sua vita, come ha fatto lui che ora conosce il Cielo e il Sole.

Caro @Joyopi - la tua presenza eleva la media di qualunque Contest: per me sei sempre un esempio e mi piace il genere e lo stile dei tuoi racconti.

Bravo!  (y)
Di sabbia e catrame è la vita:
o scorre o si lega alle dita.


Poeta con te - Tre spunti di versi

Re: (CN23) Le montagne nella nebbia

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@Monica ha scritto: mar dic 26, 2023 12:28 pmÈ un racconto che fa pensare, una storia che dice molto di più delle parole scritte.
Ciao @@Monica, ti ringrazio, questa frase racchiude proprio quello che volevo fosse il mio racconto. 
Grazie anche per le correzioni. Hai ragione, ho pubblicato senza una minima revisione e nel caso dovessi riprendere in mano questo racconto farò tesoro dei tuoi suggerimenti.
A presto!

Re: (CN23) Le montagne nella nebbia

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Bravo @Joyopi

un racconto d'atmosfera con un messaggio chiaro:
Joyopi ha scritto: lun dic 25, 2023 7:45 pm“A me sembra che qui ce la prendiamo con la nebbia, mentre è solo che la gente non ha il coraggio di guardare al di là del proprio naso”.
e sono d'accordo, ma io ne ho trovato anche un altro intermedio e non meno importante ed è questo:
Joyopi ha scritto: lun dic 25, 2023 7:45 pmPer un istante le due mani si toccarono.
“Il Sole…” pensò lei.
da brividi. Bellissimo.
Molto bella la descrizione iniziale, certe espressioni quasi poetiche:
Joyopi ha scritto: lun dic 25, 2023 7:45 pme cattura ogni persona che incontra
Grazie.
Nessun timore, nessun favore, nessun rancore.

Re: (CN23) Le montagne nella nebbia

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Ciao Gio', è un piacere tornare a leggere qualcosa di tuo  :)

Prima di tutto segnalo un paio di refusi:
Joyopi ha scritto: lun dic 25, 2023 7:45 pmLe viuzze strette che si diramano in tutte le direzioni, ispirano e espirano
Qui la virgola non ci va
Joyopi ha scritto: lun dic 25, 2023 7:45 pm“Erba?” aveva ripetuto S., con l’aria sorpresa di chi pronuncia parole in una lingua sconosciuta
Qui manca il punto a fine frase
Joyopi ha scritto: lun dic 25, 2023 7:45 pmA me sembra che qui c’è la prendiamo con la nebbia
E qui è "ce" invece di "c'è"

Che dire, il racconto mi è piaciuto parecchio; è fortemente allegorico, e tocca delle corde che sento molto vicine alla mia personale sensibilità. Un moderno mito della caverna, se vogliamo, anche se in un'accezione diversa. Il senso lo riveli in maniera più esplicita qui:
Joyopi ha scritto: lun dic 25, 2023 7:45 pmA me sembra che qui c’è la prendiamo con la nebbia, mentre è solo che la gente non ha il coraggio di guardare al di là del proprio naso
Il protagonista sente il desiderio di avere qualcosa di più, di conoscere, di esplorare, di affrontare l'ignoto, mentre il resto delle persone attorno a lui ristagna nella propria condizione e neanche ci pensa al cambiamento.
Io non scrivo granché di questi temi, ma li affronto tutti i giorni nella vita, quindi con me hai fatto centro  :asd:
Lei, d'altro canto, è come tutti gli altri:
Joyopi ha scritto: lun dic 25, 2023 7:45 pmLei vedeva un enorme vuoto, mentre lui sembrava riempirlo con lo sguardo.
Con la differenza chiave, però, che è abbastanza curiosa da seguirlo, inizialmente affascinata dalla sua sicurezza. Penso che il ruolo di S. nella vicenda non sia del tutto passivo: è vero che senza T. non avrebbe forse combinato nulla, ma la spinta di iniziare a seguirlo e di prendere il coraggio di seguirlo alla fine viene tutta da lei e da nessun altro.
Chissà poi cosa faranno, una volta scavallate le montagne. Qual è la scelta più etica? Fuggire senza più voltarsi indietro? Comunicare al resto della città le meraviglie che si celano al di là della nebbia? Costringere tutti con la forza a uscire dalla nebbia? Restare e combattere per cercare di soffiare via la nebbia? T. va per la sua strada, al limite porta con sé chi è disposto a seguirlo, e per quanto empatizzi con lui, mi chiedo cosa avrei fatto al suo posto, e non lo so.

Spero che la tua non si tratti solo di una toccata e fuga, ma spero di rivederti più spesso da queste parti. Magari non a tutti tutti i contest - quello manco io  :asd: - ma giusto a qualcuno.
Be', grazie della lettura, e a presto  :D

Re: (CN23) Le montagne nella nebbia

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Ciao @Joyopi
Joyopi ha scritto: lun dic 25, 2023 7:45 pmLa piazza, che la sera prima era gremita di gente, è deserta all'alba del giorno di Natale.
Una fitta coltre di nebbia avvolge i palazzi e la guglia del campanile della cattedrale si distingue a malapena. Le viuzze strette che si diramano in tutte le direzioni, ispirano e espirano come bronchioli affannati l’aria densa e lattiginosa. Un bianco sporco, caliginoso e denso, ottenebra le mura, le finestre e i giardini, circonda le case che senza tinte appaiono tutte uguali; ne penetra subdolo all’interno, reca con sé il suo alito umido e cattura ogni persona che incontra.
Bellissima descrizione, questo è un quadro che ti fa vedere un mondo, ti fa venire la voglia di oltrepassare quelle mura, quelle finestre, quei giardini per vedere cosa c’è oltre, per immergersi in quell’atmosfera.
In questo tipo di descrizioni io amo immaginare restando ancora davanti ai muri, fuori, che già lì è poesia, quei muri con tutto il vissuto, le tracce del loro passato, pregustando il piacere di cosa ci sarà dietro.
Questa nebbia indefinita, eterna, misteriosa ha permeato la vita del paese e dei suoi abitanti, ma loro come vivono nelle loro case, nelle loro riunioni?
Joyopi ha scritto: lun dic 25, 2023 7:45 pmÈ certo che lo spesso velo c’è e c’è sempre stato. Continua a ricoprire ogni cosa, in paese, e si appoggia al letto del fiume che scorre mesto nel suo grembo. Miliardi di goccioline deformi si attaccano alle materie e ai corpi come pidocchi.
Un altro tocco di pittura alla descrizione. Sembra di vederlo questo fiume, che scorre mesto, con l’acqua fredda e scura mai illuminata dal sole. A mio parere gli abitanti del paese non sono, non si considerano prigionieri di questa nebbia che circonda anche il paesaggio circostante; fa parte della loro vita da sempre.
Mi piace l’evocazione di T., questo ragazzo che attraversa da solo il paese immerso nella nebbia, quasi fosse un esploratore, ma di un territorio che conosce molto bene e trovo bella l’immagine di S. che pensa a lui mentre va a scuola con le trecce bionde ondeggianti che nessuno può vedere.
Io ho visto quella scuola dove si reca, immaginato la sua storia e le storie dei ragazzi, degli insegnanti che la frequentano, immaginato su come possono essere viste, interpretate dentro quella scuola, quella roccaforte, le storie del mondo esterno.
Hai delineato bene la forte personalità di T., la sua sicurezza. È come tutti gli altri ragazzi del paese ma S. lo preferisce a loro, si fida di lui perché ha qualcosa in più, si fida di lui, del suo spirito di avventura e intraprendenza e lo segue silenziosa. È già questa una storia d’amore.
Ho visto l’arrampicarsi di T. in quell’albero scheletrico, altra bella immagine pittorica (scusa se faccio sempre riferimento alla pittura, avendo fatto l’Artistico in un altra vita ho sempre amato le immagini, le suggestioni pittoriche). L’arrampicarsi in quell’albero da parte di T. è come il primo gradino verso l’uscita, l’esplorazione oltre il proprio confine di vita. Una cosa che tutti potevano fare, ma solo T. poteva osare, forse contravvenendo a un retaggio implicito. E infatti comincia a vedere oltre. Chi guarda oltre ha la visione di un altro mondo.
Mi è piaciuto anche tutto il seguito naturalmente, ci starei a farne l’esegesi (addirittura dirai… ma dico sul serio) e non ne uscirei con due parole. Ho apprezzato anche, ti sembrerà strano che qualcuno debba dirlo di questi tempi, anche quando T. ed S., già grandi, fanno l’amore. Citi la cosa in modo molto dolce, molto tenue, quasi come il biblico - l’uomo “conobbe” la donna – senza aggiungere nulla di più. Oggi non ci si ferma facilmente nel descrivere queste situazioni.
Joyopi ha scritto: lun dic 25, 2023 7:45 pm“A me sembra che qui c’è la prendiamo con la nebbia, mentre è solo che la gente non ha il coraggio di guardare al di là del proprio naso”.
Forse qui una piccola critica avrei da farla, ma rispecchia solo il mio modo di vedere. Non guardare oltre il naso si sa che è una metafora a indicare la chiusura, l’ottusità di qualcuno. Ma qui si tratta di altro. Certamente ci vuole coraggio per abbandonare il proprio modo di vivere e cercare un nuovo orizzonte, ma se gli abitanti del paese, i compaesani di T. non lo fanno, non gliene farei una ragione, forse non vogliono saperne del mondo esterno. Tanto è vero che S. pur consapevole dell’esistenza di un’altra realtà all’esterno, non segue T. nel suo viaggio ma si ferma ai margini, al confine, pur vedendo i primi sprazzi di una vita diversa in quel filo d’erba, in quella linea di azzurro e rosa che colora il cielo. E in lontananza vede T. che cammina, si allontana lungo un sentiero illuminato. Chissà quanta nostalgia, quanto rammarico, quanto struggimento avrà per non averlo seguito. Come sarà la sua vita?
Un bellissimo finale, un bellissimo racconto.
Davvero tanti complimenti.
Si salveranno solo coloro che resisteranno e disobbediranno a oltranza, il resto perirà.
(Apocalisse di S. Giovanni)
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