[Lab11] Bobi
Posted: Mon Nov 20, 2023 9:15 pm
Prime letture (6-7 anni)
Tema: giochi
Bobi era un orsacchiotto di pezza, il giocattolo preferito di Sabrina. Non se ne vantava con gli altri giochi, anche perché non poteva parlare: aveva un sorriso cucito con lo spago che a Sabrina piaceva un mondo.
Ogni sera, prima di andare a dormire, Sabrina e la mamma leggevano una fiaba, e tenevano Bobi stretto in mezzo a loro. Sabrina aveva iniziato ad andare a scuola, e amava le storie. Quando la bimba si addormentava, la mamma spegneva la luce e le dava il bacio della buonanotte. Poi infilava Bobi sotto le coperte, e accarezzava entrambi prima di uscire. Che bello essere coccolati così!
Sabrina a volte passava i pomeriggi a costruire coi mattoncini, o a disegnare con le matite colorate. Certi giorni giocava a palla, o suonava la chitarra che le avevano regalato per il compleanno.
Non giocava spesso con le bambole. Quando capitava, invece di vestirle e berci il tè insieme, Sabrina parlava loro di matematica perché voleva diventare una scienziata.
Bobi la guardava dallo scaffale, e sapeva di essere il suo giocattolo preferito perché lei ogni sera tornava da lui. Quante fiabe aveva imparato! Biancaneve, Cenerentola e La Sirenetta – quella vera, che era la preferita della mamma anche se era un po’ triste.
A Sabrina piaceva cambiare le storie. Cappuccetto Rosso non cadeva mai nella trappola del lupo: scopriva il travestimento, liberava la nonna e lo cacciava. Poi arrivava il cacciatore, e tutti insieme facevano le addizioni, perché anche Cappuccetto voleva diventare uno scienziato.
Ogni volta una nuova fiaba, ogni notte nuove coccole. E così Bobi era il giocattolo più felice del mondo.
Poi, una sera, Sabrina non venne in camera. E nemmeno le sere successive. Quando infine tornò, non accese la luce. Si mise a letto senza fiaba e senza bacio della buonanotte. Bobi era molto preoccupato: non le piaceva più?
La mattina seguente, mentre Sabrina era a scuola, i giocattoli si riunirono per discutere.
— Forse si è stancata perché Bobi è sempre uguale —, dissero in coro i mattoncini. — Con noi può costruire tante cose diverse. Con la mamma può cambiare le storie. Ma Bobi è sempre Bobi.
— Magari basta colorarlo un po’ —, proposero le matite.
— Dovrebbe imparare a rimbalzare, sarebbe più divertente —, suggerì la palla.
— Secondo me Bobi è troppo silenzioso —, li interruppe la chitarra, e gli domandò — Perché non ti scuci la bocca e provi a cantare?
Bobi si spaventò: scucire il suo sorriso di spago? Ma a Sabrina piaceva un mondo! Fece cenno di no con la sua testa di pezza.
— Peccato. Suonare invece?
— Macché. Rotolare, ecco cosa ci vuole!
— Testa di palla! Gli orsacchiotti non rotolano. Ci vuole più colore, forse un arancione zucca…
— La zucca ce l’avete vuota. Noi mattoncini possiamo costruirgli una tuta spaziale!
— No! Sì! Suoni! Colori! Salti!
E andarono avanti a litigare così per un bel pezzo. Poi presero la parola le bambole, che erano le più intelligenti perché Sabrina le trattava sempre da scienziate.
— Forse si è stancata di tutti —, dissero. — Non avete visto che ultimamente non gioca più con noi?
Gli altri giocattoli rimasero in silenzio. Sembravano preoccupati.
— Cosa possiamo fare, allora? —, chiesero alle bambole.
— Quello che facciamo sempre: aspettarla. In fondo siamo solo giocattoli.
Sabrina venne a casa da scuola, ma non giocò con nessuno di loro. Anche quella sera, e per molte altre sere, andò a dormire senza fiaba e senza bacio della buonanotte. A Bobi parve di sentirla singhiozzare, di tanto in tanto, sotto le coperte. Ma aveva le orecchie di stoffa, ed era troppo lontano per esserne sicuro.
Una sera Sabrina entrò in camera col papà, e come al solito si infilò nel letto. Lui le rimboccò le coperte, quindi prese l’orsacchiotto dallo scaffale. Bobi era tutto emozionato! Quando il papà l’ebbe posato sul letto, Sabrina disse:
— Non lo voglio.
Bobi sentì spezzarsi il suo cuore di pezza.
— Perché no? — chiese il papà.
Sabrina tacque. Invece di rispondere, scoppiò a piangere. Affondò il viso nel cuscino.
Il papà si sedette accanto, tenendo Bobi in grembo. Accarezzò i suoi capelli mentre piangeva, e piangeva, e piangeva. Bobi non l’aveva mai vista così.
Passò il tempo, e il papà non smise mai di accarezzarla, ma senza dir nulla. Poi Sabrina si tranquillizzò un poco e si mise a sedere: aveva le guance rosse di lacrime.
— Perché non vuoi Bobi? — chiese infine il papà. — È il tuo preferito.
E posò Bobi davanti a lei. I suoi occhi lucidi lo fissavano.
— Perché leggevamo insieme le fiabe con la mamma.
Il papà non disse niente. Sabrina cominciò di nuovo a singhiozzare.
— Non voglio Bobi se non c’è la mamma…
Goccioloni iniziarono a correrle giù per le guance. Il papà l’abbracciò, Bobi vide una lacrima anche nei suoi occhi. Rimasero stretti insieme per qualche tempo, fino a che il respiro di Sabrina si calmò. Si separarono, si asciugarono il viso, e il papà chiese:
— Che ne dici se ti racconto io una fiaba, questa sera?
Sabrina non rispose.
— Lo so, non sono la mamma. E non sono bravo a raccontare come lei —, le fece l’occhiolino. La bimba rise. — Però possiamo stare un po’ insieme.
Sabrina annuì e lo abbracciò forte.
— Allora metto via Bobi? — disse il papà.
— No, se leggiamo una fiaba può stare anche lui. — Prese Bobi e lo mise sul cuscino, in mezzo a loro. Che emozione!
— Quale leggiamo?
— La Sirenetta. Quella vera però —, disse lei con decisione. Il papà tacque per un attimo.
— Lo so che è triste —, continuò Sabrina, — però era la preferita della mamma.
Il papà sorrise, prese il libro e iniziò a leggere:
— “In alto mare l’acqua è azzurra come i petali del più bel fiordaliso…”
Dopo tante sere, Bobi stava finalmente ascoltando una fiaba insieme a Sabrina, sistemato tra lei e il papà. Non fu come sempre: più e più volte le loro lacrime caddero sulla sua pelliccia di pezza. Ma poté sentire il loro calore, e questo fu abbastanza.
Finirono di leggere, quindi il papà spense la luce. Le diede il bacio della buonanotte, e infilò Bobi sotto le coperte. Sabrina lo strinse a sé. Quando il papà uscì dalla stanza, e nel buio furono soli, Sabrina pianse ancora un poco. Poi affondò il viso nel suo corpo di pezza, e a Bobi parve di udirla mormorare. Ma aveva le orecchie di stoffa, perciò non poteva esserne sicuro.
— Hai un po’ del profumo della mamma.
Tema: giochi
Bobi era un orsacchiotto di pezza, il giocattolo preferito di Sabrina. Non se ne vantava con gli altri giochi, anche perché non poteva parlare: aveva un sorriso cucito con lo spago che a Sabrina piaceva un mondo.
Ogni sera, prima di andare a dormire, Sabrina e la mamma leggevano una fiaba, e tenevano Bobi stretto in mezzo a loro. Sabrina aveva iniziato ad andare a scuola, e amava le storie. Quando la bimba si addormentava, la mamma spegneva la luce e le dava il bacio della buonanotte. Poi infilava Bobi sotto le coperte, e accarezzava entrambi prima di uscire. Che bello essere coccolati così!
Sabrina a volte passava i pomeriggi a costruire coi mattoncini, o a disegnare con le matite colorate. Certi giorni giocava a palla, o suonava la chitarra che le avevano regalato per il compleanno.
Non giocava spesso con le bambole. Quando capitava, invece di vestirle e berci il tè insieme, Sabrina parlava loro di matematica perché voleva diventare una scienziata.
Bobi la guardava dallo scaffale, e sapeva di essere il suo giocattolo preferito perché lei ogni sera tornava da lui. Quante fiabe aveva imparato! Biancaneve, Cenerentola e La Sirenetta – quella vera, che era la preferita della mamma anche se era un po’ triste.
A Sabrina piaceva cambiare le storie. Cappuccetto Rosso non cadeva mai nella trappola del lupo: scopriva il travestimento, liberava la nonna e lo cacciava. Poi arrivava il cacciatore, e tutti insieme facevano le addizioni, perché anche Cappuccetto voleva diventare uno scienziato.
Ogni volta una nuova fiaba, ogni notte nuove coccole. E così Bobi era il giocattolo più felice del mondo.
Poi, una sera, Sabrina non venne in camera. E nemmeno le sere successive. Quando infine tornò, non accese la luce. Si mise a letto senza fiaba e senza bacio della buonanotte. Bobi era molto preoccupato: non le piaceva più?
La mattina seguente, mentre Sabrina era a scuola, i giocattoli si riunirono per discutere.
— Forse si è stancata perché Bobi è sempre uguale —, dissero in coro i mattoncini. — Con noi può costruire tante cose diverse. Con la mamma può cambiare le storie. Ma Bobi è sempre Bobi.
— Magari basta colorarlo un po’ —, proposero le matite.
— Dovrebbe imparare a rimbalzare, sarebbe più divertente —, suggerì la palla.
— Secondo me Bobi è troppo silenzioso —, li interruppe la chitarra, e gli domandò — Perché non ti scuci la bocca e provi a cantare?
Bobi si spaventò: scucire il suo sorriso di spago? Ma a Sabrina piaceva un mondo! Fece cenno di no con la sua testa di pezza.
— Peccato. Suonare invece?
— Macché. Rotolare, ecco cosa ci vuole!
— Testa di palla! Gli orsacchiotti non rotolano. Ci vuole più colore, forse un arancione zucca…
— La zucca ce l’avete vuota. Noi mattoncini possiamo costruirgli una tuta spaziale!
— No! Sì! Suoni! Colori! Salti!
E andarono avanti a litigare così per un bel pezzo. Poi presero la parola le bambole, che erano le più intelligenti perché Sabrina le trattava sempre da scienziate.
— Forse si è stancata di tutti —, dissero. — Non avete visto che ultimamente non gioca più con noi?
Gli altri giocattoli rimasero in silenzio. Sembravano preoccupati.
— Cosa possiamo fare, allora? —, chiesero alle bambole.
— Quello che facciamo sempre: aspettarla. In fondo siamo solo giocattoli.
Sabrina venne a casa da scuola, ma non giocò con nessuno di loro. Anche quella sera, e per molte altre sere, andò a dormire senza fiaba e senza bacio della buonanotte. A Bobi parve di sentirla singhiozzare, di tanto in tanto, sotto le coperte. Ma aveva le orecchie di stoffa, ed era troppo lontano per esserne sicuro.
Una sera Sabrina entrò in camera col papà, e come al solito si infilò nel letto. Lui le rimboccò le coperte, quindi prese l’orsacchiotto dallo scaffale. Bobi era tutto emozionato! Quando il papà l’ebbe posato sul letto, Sabrina disse:
— Non lo voglio.
Bobi sentì spezzarsi il suo cuore di pezza.
— Perché no? — chiese il papà.
Sabrina tacque. Invece di rispondere, scoppiò a piangere. Affondò il viso nel cuscino.
Il papà si sedette accanto, tenendo Bobi in grembo. Accarezzò i suoi capelli mentre piangeva, e piangeva, e piangeva. Bobi non l’aveva mai vista così.
Passò il tempo, e il papà non smise mai di accarezzarla, ma senza dir nulla. Poi Sabrina si tranquillizzò un poco e si mise a sedere: aveva le guance rosse di lacrime.
— Perché non vuoi Bobi? — chiese infine il papà. — È il tuo preferito.
E posò Bobi davanti a lei. I suoi occhi lucidi lo fissavano.
— Perché leggevamo insieme le fiabe con la mamma.
Il papà non disse niente. Sabrina cominciò di nuovo a singhiozzare.
— Non voglio Bobi se non c’è la mamma…
Goccioloni iniziarono a correrle giù per le guance. Il papà l’abbracciò, Bobi vide una lacrima anche nei suoi occhi. Rimasero stretti insieme per qualche tempo, fino a che il respiro di Sabrina si calmò. Si separarono, si asciugarono il viso, e il papà chiese:
— Che ne dici se ti racconto io una fiaba, questa sera?
Sabrina non rispose.
— Lo so, non sono la mamma. E non sono bravo a raccontare come lei —, le fece l’occhiolino. La bimba rise. — Però possiamo stare un po’ insieme.
Sabrina annuì e lo abbracciò forte.
— Allora metto via Bobi? — disse il papà.
— No, se leggiamo una fiaba può stare anche lui. — Prese Bobi e lo mise sul cuscino, in mezzo a loro. Che emozione!
— Quale leggiamo?
— La Sirenetta. Quella vera però —, disse lei con decisione. Il papà tacque per un attimo.
— Lo so che è triste —, continuò Sabrina, — però era la preferita della mamma.
Il papà sorrise, prese il libro e iniziò a leggere:
— “In alto mare l’acqua è azzurra come i petali del più bel fiordaliso…”
Dopo tante sere, Bobi stava finalmente ascoltando una fiaba insieme a Sabrina, sistemato tra lei e il papà. Non fu come sempre: più e più volte le loro lacrime caddero sulla sua pelliccia di pezza. Ma poté sentire il loro calore, e questo fu abbastanza.
Finirono di leggere, quindi il papà spense la luce. Le diede il bacio della buonanotte, e infilò Bobi sotto le coperte. Sabrina lo strinse a sé. Quando il papà uscì dalla stanza, e nel buio furono soli, Sabrina pianse ancora un poco. Poi affondò il viso nel suo corpo di pezza, e a Bobi parve di udirla mormorare. Ma aveva le orecchie di stoffa, perciò non poteva esserne sicuro.
— Hai un po’ del profumo della mamma.