Traccia 1.
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Era di fronte a una svolta. Importante, oserei dire fondamentale, della strada ma, soprattutto, della sua esistenza.
Era davanti a una scelta che avrebbe dato al suo futuro una direzione precisa, sicura, basata su decisioni che avrebbero coinvolto solo la sua persona.
Era pronta a fornire, a tutti, spiegazioni dettagliate.
I suoi genitori avrebbero condiviso la partenza, oltre oceano, perché si trattava di lavoro.
Aveva trovato anche una soluzione alle paturnie di sua madre, sempre a criticare tutto, anche le relazioni opportune da coltivare.
A proposito, il cellulare continuava a squillare sul sedile e mamma la cercava.
- Sono preoccupata.
- Sì, sì, sì. Come al solito.
- Cosa vorresti dire? Che non so cavarmela?
- Sì, sì, sì. Interrompiamo la discussione e anche la telefonata, va’…
Ma il cellulare squillava e continuava a squillare, e la ragazza, fresca di patente, guidava l’auto, comprata da poco, coi soldi di mammà.
Non aveva alternative, così la richiamò.
- Dimmi. Ho accostato un attimo, ma fai veloce. Sono ai bordi di una tangenziale e quindi non posso stare molto.
- Dicevo che sono preoccupata. La nonna non sente!
- Sarà l’età. Ha quasi novant’anni.
- No, no. Non sente più niente. Prima capiva male. Ripeteva “lo so, lo so”. Adesso sta muta e niente la interessa. Sembra rimbambita.
- La è, cioè, voglio dire…Chiamiamo un medico!
In realtà, la nonna se la cavava. Sapeva far di conto, seguiva le notizie ai TG, cuciva, si interessava di calcio e, anche se sentiva poco, preferiva farsi i fatti suoi, sempre rinchiusa in camera da letto.
Si teneva stretta la pensione ed elargiva alla figlia, separata, i soldi concordati per vitto e alloggio.
Quella aveva una discendente, la ragazza appunto, alla quale mancava poco per diplomarsi.
Non si affezionava facilmente, men che meno ai parenti, e, al di fuori della cerchia famigliare, in tre, si presentava come la povera vecchina, bisognosa di aiuto, tanto aiuto.
La n onna rappresentava una parte del loro reddito e, per il momento, non intendevano rinunciarvi.
Il dottore, geriatra, venne di martedì, e, a parte il caldo nella stanza dell’anziana, dichiarò che, niente, doveva, semplicemente, sturarle le orecchie, poi anche la salute della paziente si sarebbe sistemata.
Provò e riprovò ma i lavaggi non servirono. Era estate. Il caldo non dava tregua e non mollava. Ma il medico, pur di dimostrare la propria teoria, non smetteva di ravanare dentro i padiglioni della povera donna. Oltre a non capire niente, la nonna si spazientiva. Addosso la vestaglia, in ciniglia rosa, della quale mai e poi mai si sarebbe liberata, saltava sul letto, costretta da lenzuola, pannolino e camicia da notte, pur essendo le quattro del pomeriggio.
Il geriatra ripeteva : - Mai vista una cosa così! Portatemi una pinzetta per le ciglia!
E, a furia di movimenti inconsueti e inconsulti, cavò fuori dall’orecchio quello che aveva l’aspetto di un sassolino e cerume, tanto cerume scuro:
- Finalmente! – sbottò, come se avesse trovato chissà quale tesoro.
Figlia e nipote giravano attorno al medico, osservavano il suo operato, restavano in pool position ostacolandone il lavoro; in mezzo ai piedi si preoccupavano che andasse tutto bene e ficcavano i loro nasi senza dubbi di disturbare.
Il dottore si buttò sull’altro orecchio e il risultato fu immediato e soddisfacente.
Il viso della nonna si illuminò. Neanche avesse assistito ad un miracolo, cominciò a baciargli le mani nascoste dai guanti sporchi; lui, in imbarazzo, tentava di allontanarsi da quella stretta e pensava tra sé come fosse strana la realtà.
Quella del dolore, del silenzio, dei crucci di azzeccare cure.
In fondo, pur soffrendo il caldo, non le salvava la vita.
O forse sì e, mettendo in pratica il suo ruolo, mostrava come è semplice rendere felice qualcuno.