[MI179] Quattro colpi
Posted: Sun Oct 15, 2023 7:39 pm
Traccia uno. La vita è meravigliosa.
L’auto percorreva la statale centoventicinque. Antonio Di Paola guardò sul retrovisore e si rese conto che nessuno lo seguiva. Tolse il piede dall’acceleratore lasciando che il veicolo rallentasse: prese la stradina sterrata a destra che si infilava dentro il bosco.
Antonio conosceva bene il luogo. Ci andava spesso con gli amici per cacciare durante la stagione venatoria. Pensava che non sarebbe stato difficile, per chi lo conosceva, trovarlo lì, nel caso fosse sparito. Ma allo stesso tempo sapeva che il luogo, dato il periodo, era il posto ideale per stare lontano da occhi indiscreti. Fermò l’auto tra gli arbusti che formavano quasi un muro impenetrabile a ridosso di un grosso faggio. Alcune faggiole, che si erano staccate dai rami, caddero sulla carrozzeria rimbalzando all’impatto. L’uomo rimase in silenzio ad ascoltare.
“Ma l’ho fatto veramente o è solo un sogno?” Si domandò.
Guardò in corrispondenza del cassetto porta documenti. Forse all’interno avrebbe trovato la risposta al suo dubbio. Allungò la mano per posarla sulla leva di apertura, ma si trattenne come impaurito.
“Dimmi che non ci sei, che sei sempre al solito posto”. Chiuse gli occhi e lasciò che il cassetto si aprisse ribaltandosi. Man mano che la luce filtrava, l’oggetto si materializzò.
“Noooo!” La Beretta 98 FS stava lì, adagiata sul fondo. Portò le mani sulla faccia come a non volerla guardare. “No! Non può essere vero”. Aspettò per diversi lunghi secondi prima di decidere di tirarla fuori. “Magari i colpi ci sono tutti” pensò. Poi le mani si mossero sicure attorno all’arma.
Il caricatore scivolò dalla sede con la semplice pressione sul bottone di sgancio. Per un attimo parve esultare, ma si irrigidì a un pensiero improvviso. Tirò il carrello all’indietro. L’estrattore mise in luce il proiettile che era inserito all’interno dell’otturatore. “C’è ancora il colpo in canna”. Prese il caricatore per le mani nuovamente. Sapeva che dovevano esserci quattordici colpi, uno era ancora dentro. E la parvenza dei colpi all’imbocco non era la prova che ci fossero tutti. Anche l’ultimo sarebbe salito verso l’alto. Non poteva fare altro che rimuoverli uno alla volta per contarli.
“Uno è in canna, due tre quattro”. Prese a contare i proiettili che liberava con la spinta del pollice sulla punta della ogiva. “Nove dieci undici”. Il cuore prese a sobbalzare. Li ricontò un’altra volta, e poi un’altra ancora: erano undici. “Dio mio! Ho sparato quattro colpi!”
Uscì di getto dall’auto urlando: “No! No!”. Sbattette la testa contro il tronco del faggio per far uscire la tragica realtà che aveva cercato di rimuovere. Mezzora prima era stato a casa sua a discutere per l’ennesima volta con la moglie Antonella. Cinque anni d’amore che si erano dissolti all’apparire di un altro amore per lei. Sei mesi di litigi sempre più aspri. Antonio era impazzito alla notizia che lei se ne sarebbe andata via di casa. Oggi, vedendola prendere le sue cose, aveva preso la sua pistola.
Tutto appariva chiaro, adesso. Lei era scappata nel vederlo comparire armato per rifugiarsi dentro al bagno. Il primo colpo si era piantato sul muro andando a vuoto. Il secondo lo aveva esploso contro il vetro della porta del bagno, chiusa da lei nel tentativo di proteggersi. Questo si era fatto in mille pezzi e messo bene in mostra il bersaglio umano rannicchiato tra i sanitari. Nessuna parola di lei, non un urlo, solo il terrore sugli occhi, solo il boato dei due colpi andati a segno.
Antonio rientrò in macchina. Prese in mano l’arma. Inserì nuovamente gli undici proiettili dentro al caricatore. Lo rimise a posto e tirò il carrello. “Me ne basterà uno” pensò. Appoggiò la canna sulla tempia e mise il dito sul grilletto. L’ultimo pensiero lo rivolse a lei, Antonella. Agli anni felici che avevano passato. Come era dolce il gusto dei ricordi. Dolce come il caffè preso insieme alla mattina. Anche il sale di quel mare cristallino testimone di lunghi appassionati baci irrompeva con forza nella sua mente. “Io volevo solo essere felice”. Antonella gli aveva giurato amore eterno. Per lui, “finché morte non vi separi”, pronunciato all’altare, costituiva un impegno da non infrangere.
Sentì l’odio abbandonarlo e far posto all’amore che aveva conservato per lei. Il rimorso lo assalì assieme alla disperazione: pianse amaramente. “Non ho accettato la sconfitta. Avrei dovuto lasciarla andare a vivere con chi sarebbe stata felice. Io avrei avuto la possibilità di rifarmi una vita. Per quale assurda ragione l'ho uccisa?”.
Antonio rimase dentro l’auto fino a quando il suo cuore si placò. Rimise la pistola dentro al cassetto, accese l’auto e si diresse verso la statale. Arrivò al primo comando dei carabinieri e si costituì. I militari raccolsero la sua confessione e lo caricarono sulla gazzella per portarlo al carcere circondariale. Nel tragitto, lui assaporò gli ultimi istanti di libertà scrutando il cielo. Già pensava alla nuova vita che avrebbe potuto fare in carcere. Sperava di poter trovare pace e perdono per quello che aveva fatto. Trovare la possibilità di riscattarsi nell’attesa di ritrovare la libertà e chissà, una vita nuova.
L’auto percorreva la statale centoventicinque. Antonio Di Paola guardò sul retrovisore e si rese conto che nessuno lo seguiva. Tolse il piede dall’acceleratore lasciando che il veicolo rallentasse: prese la stradina sterrata a destra che si infilava dentro il bosco.
Antonio conosceva bene il luogo. Ci andava spesso con gli amici per cacciare durante la stagione venatoria. Pensava che non sarebbe stato difficile, per chi lo conosceva, trovarlo lì, nel caso fosse sparito. Ma allo stesso tempo sapeva che il luogo, dato il periodo, era il posto ideale per stare lontano da occhi indiscreti. Fermò l’auto tra gli arbusti che formavano quasi un muro impenetrabile a ridosso di un grosso faggio. Alcune faggiole, che si erano staccate dai rami, caddero sulla carrozzeria rimbalzando all’impatto. L’uomo rimase in silenzio ad ascoltare.
“Ma l’ho fatto veramente o è solo un sogno?” Si domandò.
Guardò in corrispondenza del cassetto porta documenti. Forse all’interno avrebbe trovato la risposta al suo dubbio. Allungò la mano per posarla sulla leva di apertura, ma si trattenne come impaurito.
“Dimmi che non ci sei, che sei sempre al solito posto”. Chiuse gli occhi e lasciò che il cassetto si aprisse ribaltandosi. Man mano che la luce filtrava, l’oggetto si materializzò.
“Noooo!” La Beretta 98 FS stava lì, adagiata sul fondo. Portò le mani sulla faccia come a non volerla guardare. “No! Non può essere vero”. Aspettò per diversi lunghi secondi prima di decidere di tirarla fuori. “Magari i colpi ci sono tutti” pensò. Poi le mani si mossero sicure attorno all’arma.
Il caricatore scivolò dalla sede con la semplice pressione sul bottone di sgancio. Per un attimo parve esultare, ma si irrigidì a un pensiero improvviso. Tirò il carrello all’indietro. L’estrattore mise in luce il proiettile che era inserito all’interno dell’otturatore. “C’è ancora il colpo in canna”. Prese il caricatore per le mani nuovamente. Sapeva che dovevano esserci quattordici colpi, uno era ancora dentro. E la parvenza dei colpi all’imbocco non era la prova che ci fossero tutti. Anche l’ultimo sarebbe salito verso l’alto. Non poteva fare altro che rimuoverli uno alla volta per contarli.
“Uno è in canna, due tre quattro”. Prese a contare i proiettili che liberava con la spinta del pollice sulla punta della ogiva. “Nove dieci undici”. Il cuore prese a sobbalzare. Li ricontò un’altra volta, e poi un’altra ancora: erano undici. “Dio mio! Ho sparato quattro colpi!”
Uscì di getto dall’auto urlando: “No! No!”. Sbattette la testa contro il tronco del faggio per far uscire la tragica realtà che aveva cercato di rimuovere. Mezzora prima era stato a casa sua a discutere per l’ennesima volta con la moglie Antonella. Cinque anni d’amore che si erano dissolti all’apparire di un altro amore per lei. Sei mesi di litigi sempre più aspri. Antonio era impazzito alla notizia che lei se ne sarebbe andata via di casa. Oggi, vedendola prendere le sue cose, aveva preso la sua pistola.
Tutto appariva chiaro, adesso. Lei era scappata nel vederlo comparire armato per rifugiarsi dentro al bagno. Il primo colpo si era piantato sul muro andando a vuoto. Il secondo lo aveva esploso contro il vetro della porta del bagno, chiusa da lei nel tentativo di proteggersi. Questo si era fatto in mille pezzi e messo bene in mostra il bersaglio umano rannicchiato tra i sanitari. Nessuna parola di lei, non un urlo, solo il terrore sugli occhi, solo il boato dei due colpi andati a segno.
Antonio rientrò in macchina. Prese in mano l’arma. Inserì nuovamente gli undici proiettili dentro al caricatore. Lo rimise a posto e tirò il carrello. “Me ne basterà uno” pensò. Appoggiò la canna sulla tempia e mise il dito sul grilletto. L’ultimo pensiero lo rivolse a lei, Antonella. Agli anni felici che avevano passato. Come era dolce il gusto dei ricordi. Dolce come il caffè preso insieme alla mattina. Anche il sale di quel mare cristallino testimone di lunghi appassionati baci irrompeva con forza nella sua mente. “Io volevo solo essere felice”. Antonella gli aveva giurato amore eterno. Per lui, “finché morte non vi separi”, pronunciato all’altare, costituiva un impegno da non infrangere.
Sentì l’odio abbandonarlo e far posto all’amore che aveva conservato per lei. Il rimorso lo assalì assieme alla disperazione: pianse amaramente. “Non ho accettato la sconfitta. Avrei dovuto lasciarla andare a vivere con chi sarebbe stata felice. Io avrei avuto la possibilità di rifarmi una vita. Per quale assurda ragione l'ho uccisa?”.
Antonio rimase dentro l’auto fino a quando il suo cuore si placò. Rimise la pistola dentro al cassetto, accese l’auto e si diresse verso la statale. Arrivò al primo comando dei carabinieri e si costituì. I militari raccolsero la sua confessione e lo caricarono sulla gazzella per portarlo al carcere circondariale. Nel tragitto, lui assaporò gli ultimi istanti di libertà scrutando il cielo. Già pensava alla nuova vita che avrebbe potuto fare in carcere. Sperava di poter trovare pace e perdono per quello che aveva fatto. Trovare la possibilità di riscattarsi nell’attesa di ritrovare la libertà e chissà, una vita nuova.