Arance rosse
Posted: Thu Sep 28, 2023 4:19 pm
commento della giornata
Il giardino del nonno era uno spettacolo vivente, quando era ancora in vita. Il nonno aveva separato una sezione destinata all'orto che rendeva ortaggi ricchi di colori e profumi. Agli occhi di un fanciullo di sei anni come me apparivano come creature pittoresche e strambe – i peperoncini verdi, che io adoravo fritti, sembravano le dita affusolate di uno gnomo, i peperoncini rossi piccanti le corna di un drago. A lato si elevavano due fulgidi alberi di arance rosse come il magma! Quando fiorivano si sentiva la primavera in ogni dove...
Quegli alberi hanno più di trentacinque anni ciascuno, e mi riportano indietro, alla sua immagine. Le dolci arance rosse mi pervadono in un abbraccio di ricordi, ai tempi in cui il nonno giovane mi lanciava in aria e mi riprendeva. Adoravo quel gioco! Come anche adoravo stare nella sua auto mentre lui 'correva', ma invero non si trattava di una corsa, poiché le velocità di fanciullo avevano tempi e spazi più a misura della mia tenera età.
Il nonno potava gli alberi, anche quello di limoni - gialli come il sole -, preservandoli con degli insetticidi o un macerato d'aglio e peperoncino che gli proposi in epoca adulta, e nutrendoli con la composta, posta sotto un cumulo di detriti organici prodotti dagli scarti alimentari della cucina. Quell'humus era ricco di materia, così carico di energia che sembrava impossibile non potesse crescervi nulla.
In un angolo vi erano le rose, sulle quali ammiravo le api posarsi, oppure vespe e altri insetti attirati da quella squisita corolla. Credo di essermi punto toccando le spine qualche volta, ma quale bambino vivace non lo farebbe?
Gli alberi ospitavano i nidi di passeri e rondini. Ma nel giardino del nonno la vita fecondava anche sotto terra, non soltanto in cima agli alberi. Piuttosto che fecondare, direi anzitutto che 'strisciava' nella sua versione lombrico o millepiedi. Di quelle creature avevo un palese orrore, anche se seppi a posteriori che nel ciclo vitale di un orto, e specie nella produzione della composta, svolgono un ruolo essenziale.
La nostra gatta amava il giardino molto più di me. Trascorreva gran parte del tempo lì col nonno e sembrava che tra i due ci fosse una reciproca intesa. Il nonno le parlava, raccontando di frivolezze con frasi brevi, e lei ascoltava con le orecchie a punta, ricambiando con un esile miagolio. Se qualche insetto catturava la sua attenzione, Kira - micia per vocazione - risvegliava il suo istinto felino e arruffava il pelo, con gli occhi dilatati dalla cupidigia. Qualche volta portava un regalino assortito al nonno e alla sua fedele coniuge: poteva variare dal semplice pulcino spennato alla lucertola, ma tutto sommato è sempre stata troppo pigra per diventare una grande cacciatrice o guardiana dell'orto.
Un giorno il nonno ci lasciò - il giardino rimase incolto e infestato dalle erbacce che lui stesso era solito sradicare. Il cuore pulsante della terra, a cui il nonno si dedicò con tanta lena, fu rimosso: l'orto! Nessuno aveva più tempo da dedicarvi tra i figli, sempre indaffarati dal lavoro e poco inclini a svolgere una vita lenta, come la chiamano oggi.
Il sapore di quegli ortaggi non l'ho più sentito...
Ma sono rimaste quelle arance, rosse come il magma. Quando affondo i denti in quei piccoli pianeti rossi mi torna in mente quell'affetto e della vita che si tramanda di generazione in generazione. Quelle arance sono ancora qui a nutrirmi, e continueranno a nutrire gli abitanti di questa casa.
E quando il momento per gli aranci sarà giunto, la vita sarà innestata su un altro ramo, o messa a dimora in una nuova terra.
Quella linfa scorre nelle nostre vene, e noi ultimi nipoti siamo testimoni di come possiamo trapiantare un pezzo di cuore e seminarlo attraverso i secoli...
Quegli alberi hanno più di trentacinque anni ciascuno, e mi riportano indietro, alla sua immagine. Le dolci arance rosse mi pervadono in un abbraccio di ricordi, ai tempi in cui il nonno giovane mi lanciava in aria e mi riprendeva. Adoravo quel gioco! Come anche adoravo stare nella sua auto mentre lui 'correva', ma invero non si trattava di una corsa, poiché le velocità di fanciullo avevano tempi e spazi più a misura della mia tenera età.
Il nonno potava gli alberi, anche quello di limoni - gialli come il sole -, preservandoli con degli insetticidi o un macerato d'aglio e peperoncino che gli proposi in epoca adulta, e nutrendoli con la composta, posta sotto un cumulo di detriti organici prodotti dagli scarti alimentari della cucina. Quell'humus era ricco di materia, così carico di energia che sembrava impossibile non potesse crescervi nulla.
In un angolo vi erano le rose, sulle quali ammiravo le api posarsi, oppure vespe e altri insetti attirati da quella squisita corolla. Credo di essermi punto toccando le spine qualche volta, ma quale bambino vivace non lo farebbe?
Gli alberi ospitavano i nidi di passeri e rondini. Ma nel giardino del nonno la vita fecondava anche sotto terra, non soltanto in cima agli alberi. Piuttosto che fecondare, direi anzitutto che 'strisciava' nella sua versione lombrico o millepiedi. Di quelle creature avevo un palese orrore, anche se seppi a posteriori che nel ciclo vitale di un orto, e specie nella produzione della composta, svolgono un ruolo essenziale.
La nostra gatta amava il giardino molto più di me. Trascorreva gran parte del tempo lì col nonno e sembrava che tra i due ci fosse una reciproca intesa. Il nonno le parlava, raccontando di frivolezze con frasi brevi, e lei ascoltava con le orecchie a punta, ricambiando con un esile miagolio. Se qualche insetto catturava la sua attenzione, Kira - micia per vocazione - risvegliava il suo istinto felino e arruffava il pelo, con gli occhi dilatati dalla cupidigia. Qualche volta portava un regalino assortito al nonno e alla sua fedele coniuge: poteva variare dal semplice pulcino spennato alla lucertola, ma tutto sommato è sempre stata troppo pigra per diventare una grande cacciatrice o guardiana dell'orto.
Un giorno il nonno ci lasciò - il giardino rimase incolto e infestato dalle erbacce che lui stesso era solito sradicare. Il cuore pulsante della terra, a cui il nonno si dedicò con tanta lena, fu rimosso: l'orto! Nessuno aveva più tempo da dedicarvi tra i figli, sempre indaffarati dal lavoro e poco inclini a svolgere una vita lenta, come la chiamano oggi.
Il sapore di quegli ortaggi non l'ho più sentito...
Ma sono rimaste quelle arance, rosse come il magma. Quando affondo i denti in quei piccoli pianeti rossi mi torna in mente quell'affetto e della vita che si tramanda di generazione in generazione. Quelle arance sono ancora qui a nutrirmi, e continueranno a nutrire gli abitanti di questa casa.
E quando il momento per gli aranci sarà giunto, la vita sarà innestata su un altro ramo, o messa a dimora in una nuova terra.
Quella linfa scorre nelle nostre vene, e noi ultimi nipoti siamo testimoni di come possiamo trapiantare un pezzo di cuore e seminarlo attraverso i secoli...