Blu

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Mi piacerebbe tu ascoltassi:

I Love You But I Don't Know What To Say di Ryan Adams


Quando sono entrata ho visto una tavolata di soli uomini; hai smesso di parlare, ti sei alzato avvertendoli di non stare ad aspettarti e loro hanno riso come degli idioti.
Mi sei venuto incontro, mi hai fatto male prendendomi il braccio, lo hai stretto troppo.
Fuori ti ho dato le chiavi della mia auto e hai aperto il bagagliaio.
«Non porto cadaveri» ho detto.
«Vedo, solo birra scadente», hai risposto sorridendo.
«Quella è per te, per me c’è un Sassicaia e un bicchiere bourgogne».
Hai regolato il sedile, lo specchietto, l’altro specchietto, clic musica e siamo partiti.
Avevo guidato tutto il giorno per arrivare da te, ero sfinita, tanto da addormentarmi quasi all’istante. Al risveglio eravamo fermi davanti a una sbarra in attesa che si aprisse. C'erano alberi intorno e casette colorate con piccole verande di legno. La nostra casetta si chiamava blu. Così c’era scritto sulla porta, solo blu.
Avevi le chiavi, era evidente che eri già stato lì.
Hai stappato il vino e mi hai riempito il bicchiere, tu hai bevuto dalla bottiglia.
Stavamo uno di fronte all'altro, distanti, imbarazzati, in silenzio. Infine, ti sei girato e allora ho avuto il coraggio di chiedertelo:
«Fammi toccare».
Non dimenticherò mai quel suono. La cintura che si slaccia, la cerniera dei jeans che scende… ero dietro di te.
Solo dopo, solo molto dopo mi hai guardata veramente. Dio, che occhi i tuoi. Mi hai presa come fossi cosa tua, lì in cucina, sul tavolo della colazione di domani.
Pioveva sempre in quei giorni e noi ce ne stavamo in veranda a guardare il mare. Avevamo libri e vestiti. Bellissimi libri e brutti vestiti, ma non era importante perché ce ne stavamo per lo più nudi, facevamo il bagno sotto la pioggia, leggevamo e ci scambiavamo opinioni, baci, carezze, idee.
Ridevamo molto insieme, parlavamo di tutto e facevamo l'amore.
«Quando vai via non farmi troppo male», ho scritto un giorno sulla prima pagina di un libro.
«Questo è il mio numero, non farlo mai, che se lo fai entro sera sarò da te», hai scritto tu tra le pagine di un altro.
Una mattina il tavolo era apparecchiato, c’era una rosa rossa e un biglietto sul comodino diceva: «Grazie per tutto il pesce».
Ho lasciato tutto così e me ne sono andata.
Abbiamo vissuto come se non fosse mai successo niente, come se quei due non fossimo stati noi.
Sono passati quasi vent’anni da allora. Questa mattina ho sentito una fitta proprio qui. Ho preso il telefono e ho fatto il tuo numero e, se non verrai, entro sera morirò.
Nessun timore, nessun favore, nessun rancore.

Re: Blu

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Ciao @paolasenzalai , ho letto il tuo breve testo, sono secoli che non faccio commenti e riparto da qui.
L’ho trovato suggestivo, credo che tu desiderassi comunicare una suggestione, appunto, più che raccontare una storia.
Ho apprezzato le immagini tratteggiate appena, la capacità evocativa di emozioni e sentimenti. La sensualità dei due protagonisti.
Tuttavia ciò che ho trovato un po’ straniante, è il contestualizzare questa suggestione con dettagli che vorrebbero incasellarla in un aspetto di realtà mentre qui l’elemento reale dovrebbe avere poco spazio. La tavolata iniziale di soli uomini, per esempio: perché ce la presenti nell’incipit se poi non ha più alcun ruolo nella storia? Così l’auto, o la casa che viene ben descritta “la nostra casetta si chiamava blu” come se fosse una casa vera, ma poi viene abbandonata con la tavola apparecchiata. Mi costringe a pormi delle domande, è la casa di lui? Di lei? Sono amanti?
Ben descritta come ti ho detto l’atmosfera sensuale fra i due, ma perché questi messaggi fra i libri? E perché questo addio in parte previsto?
E di nuovo, sono passati gli anni. Si sono rivisti?
Infine: lei decide di telefonargli ma prima di sapere se verrà, io lettore devo capire se risponde alla telefonata.
Morirà? Perché? La fitta che sente è fisica e sarà quella a condurla a morte, o è una sofferenza psichica, metafora di un annullarsi in un amore deluso?
Ecco è questa la mia critica, (intendila più nel senso di osservazioni e considerazioni): mi sembra che tu in questo racconto non abbia fatto una scelta, perché da un lato hai narrato una storia alla quale però mancano una vera trama e un’ ambientazione, mentre in realtà mi pare di intendere che il focus che tu volevi proporre fosse la descrizione di un impalpabile fluire di sentimenti e sensazioni.
A mio avviso quindi alla storia manca un approfondimento che la renda più comprensibile al lettore , ma contemporaneamente la parte suggestiva ne viene appesantita dandomi quell’impressione di ambiguità, di non capire bene il significato ultimo.
Come se avessi scritto in bilico fra due scelte narrative opposte e non avessi deciso che direzione prendere.
A rileggerti

Re: Blu

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Buongiorno @Cicciuzza ,
@sono secoli che non faccio commenti e riparto da qui.
aiuto!
Sono onoratissima e contenta della tua presenza, anche se mi dispiace tu ti sia dovuta confrontare con questo testo. L'avessi saputo, avrei pubblicato qualcos'altro. ;-) Spero solo di non averti fatto passare la voglia.
Questo "racconto" era il primo che avevo pubblicato su WD e all'epoca ne avevo scritti diversi, uno per colore (giallo, arancione, rosso, marrone...; mi servivano per allenarmi con la punteggiatura, i dialoghi...).
Volevo raccontare semplici suggestioni e mi immaginavo che un ipotetico lettore entrasse per vedere una mostra e vi trovasse invece questi quadri-racconti o tele-racconti. Desideravo che tutto il "mancante" lo mettesse il lettore.
Ok, ho capito che qui c'è troppo "mancante". :-D

In ogni caso, quello che mi hai scritto è giustissimo e ne farò tesoro per i racconti che scriverò in futuro, mi sembrano spiegazioni e tracce da utilizzare sempre, continuamente, soprattutto per una come me che ha l'abitudine di fissarsi su alcuni particolari e di dimenticarsi di raccontare la storia.
Grazie davvero per il tuo inaspettato passaggio e per i preziosi consigli. :-)
Nessun timore, nessun favore, nessun rancore.

Re: Blu

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Devo dire che non sono d'accordo con @Cicciuzza: secondo me il racconto va bene così, non c'è niente da aggiungere. E' un racconto breve, quello che manca è lasciato all'immaginazione del lettore. La tavolata di soli uomini, che ridono quando il protagonista si alza per andarsene con lei, ad esempio, caratterizza, secondo me, il maschilismo della combriccola e, di riflesso, di lui. La casa "blu" rappresenta la voglia della protagonista di un rapporto duraturo, non scevro da abitudini casalinghe. La telefonata dopo vent'anni, nei quali sicuramente i due non si sono visti, né sentiti, non è necessario descriverla: immagino vent'anni di vita non soddisfacente della protagonista, che si aggrappa alla telefonata che la riporta indietro, a pochi giorni di felicità che vorrebbe replicare, ma che sa non replicabili. La morte paventata (e prevista) non è quella fisica, ma la definitiva scomparsa di illusioni e speranze e il ritorno alla vita grigia di sempre. Il tutto secondo la mia immaginazione: menti diverse dalla mia possono attribuire alle immagini delineate dall'autrice significati diversi da quelli che ho visto io. E' caratteristica insita nella brevità ermetica del racconto. Che a me è piaciuto così com'è.
Mario Izzi
2025 - Sopravvissuti
(in)giustizia & dintorni
Dea
[/De gustibus non est sputazzellam (Antonio de Curtis, in arte Totò)]
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