La rivolta dell'arcobaleno
Posted: Sat Jan 09, 2021 10:18 am
(Tratto dal WD, https://www.writersdream.org/forum/foru ... ent-813203).
In una terra dove persino il sole fa particolarità, risplendendo in una parte più e meno altrove, c’era un paesino sotto un monte a occidente, che alzava l’orizzonte anticipando il tramonto. Ad aggirare quel monte, avevano costruito una strada larga in terra battuta. Questa per un lungo tratto dava su uno strapiombo, che terminava giù nell’acqua azzurra del mare, tra onde e scogli; dall’altra parte cresceva una pineta folta. Di là dal monte, oltre il precipizio e la pineta, si distendeva una vasta pianura, che in paese era detta “Pianura Grande”.
Lì la strada digradava e l’orizzonte si faceva più basso così che il sole tramontava più tardi che nel paesino; e proprio lì i contadini del luogo possedevano fazzoletti di terra che coltivavano con amore. E ci andavano con le bestie, tutti i giorni; anche quando soffiava lo scirocco e appesantiva gli zapponi di umidità; anche quando il calendario cambiava di colore.
Rosario rientrò a casa dalla madre Maddalena.
«Ci sono quattro uomini armati con lupare sulla strada della Pianura Grande.»
«Li hai visti?»
«Sì, mamma, mi sono nascosto dietro a un cespuglio e li ho sentiti chiedere la tassa a chi passava con muli e asini.»
«Dopo che hanno scaraventato tuo padre Manfredi giù nel mare, non sono ancora contenti! Così lo hanno ringraziato perché si rifiutava di pagare. E il corpo… Il corpo non lo ha mai ritrovato nessuno: ora lo bagna la pioggia e lo muove il vento.» Si fermò, abbassò gli occhi e aggiunse con voce grave, scuotendo la testa: «Questi vogliono succhiarci il sangue dalle vene, questi!»
«Maledetti!» Rosario sospirò osservando la finestra aperta che si affacciava sul porticciolo. «Sono arrivati i Carabinieri, i quattro hanno calato le coppole e li hanno ringraziati, ma in un altro modo.» Si affacciò alla finestra e gridò con tutta la voce che aveva in corpo: «Bastardi!».
«Bastardi!» ripeté Maddalena tra i denti, con disprezzo.
«Mio padre… Non posso morire senza averlo vendicato.»
Corse nella sua stanza, prese il diario segreto, se lo strinse al petto e ne uscì. La signora Maddalena lo guardò in lacrime e gli sussurrò in un orecchio abbracciandolo: «Quello, te lo ha regalato Manfredi prima di lasciarci per sempre. Abbine cura.»
Rosario scese al porticciolo. I pescatori rammendavano le reti squarciate nella pesca della notte precedente e lavavano le nasse, sulla banchina cui le loro barchette erano assicurate con funi nodose, prestando i fianchi all’acqua che ci sbatteva contro e produceva un suono ritmato. Un ragazzo stava in piedi su una di esse, e Rosario gli s’avvicinò.
«Procopio!» Lo chiamò così, una sola volta, e quello gli rivolse lo sguardo.
Rosario continuò: «Ricordi l’arcobaleno di ieri dopo la pioggia?».
«Sì, era bellissimo.»
«Usciva dalla pineta.»
«Ricordo bene.»
«Là, da dove viene l’arcobaleno, c’è una pentola di monete d’oro.»
«Lo dice pure una favola. Quando in alto mare incontriamo un arcobaleno, sappiamo che sul fondo laggiù c’è una pentola.»
«La saggezza popolare ha sempre ragione. Vuoi quella pentola?»
«Sì, sarebbe una buona cosa per noi poveri pescatori.»
«Quanti siete?» domandò Rosario.
«Centoventi.»
«Dovrete cercarla: più siete, meglio è. Se riesci a portarli tutti alla pineta domenica mattina alle nove, la pentola sarà vostra.»
«Oggi è martedì, ho poco tempo per parlare con loro e convincerli» disse Procopio.
«Ce la farai. Ricorda che non dovete portare armi, così vuole la favola, e se vedete qualcuno armato, lo allontanerete.»
L’indomani mattina Procopio parlò con Rosario.
«Li ho convinti tutti. È dura la vita di mare, che l’unica cosa che possiedi davvero è la barchetta su cui peschi. Se te la levano, sei morto.»
Rosario si recò in un bar e vi trovò Giorgio.
«Come va con la compagnia teatrale?» gli domandò.
«Abbastanza bene. Fra un mese ci esibiremo nel teatrino del paese: Teatro Vitale si chiama adesso col nuovo proprietario.»
«Avete le chiavi?»
«Sì, il Comune ce le presta per le prove e il signor Vitale è d’accordo: viene ad assistere e ci fa tante osservazioni intelligenti.»
Il giovane passeggiava per la via verso casa osservando il monte con espressione pensosa. Entrò.
«Mamma, ho bisogno di radunare i contadini al Teatro Vitale sabato mattina alle sette.»
«Che hai in mente?»
«Voglio che non paghino più la tassa a quegli sgherri venuti da chissà dove.»
Maddalena gli carezzò i capelli setolosi e le guance. «Sono stanchi di pagare, mi dicono.» Sollevò il viso al soffitto, giungendo le mani. «Noi lo sappiamo bene perché abbiamo già pagato con la vita.» Poi piantò uno sguardo torvo sul figlio e continuò: «Un pedaggio salato… e così oggi siamo ridotti a vivere delle donazioni che ci fanno gli altri contadini impietositi.»
«Mio padre era ben voluto.»
«Ci penso io per quel raduno.»
La sera Maddalena tornò a casa.
«Saranno tutti al teatro sabato mattina. Ho sparso la voce tra gli zappatori più anziani.»
Ma quel giorno, all’ora convenuta, solo due persone affollavano il teatro: Fifì e Fofò, i due scemi del villaggio. Due sventurati che avevano perso la testa e farneticavano tutto il santo giorno, si mormorava in giro.
Uno disse: «Preferiscono pagare», mentre si avviavano all’uscita.
«E sgobbare sulla terra.»
«Hanno saputo.»
E volarono via.
«Chi ha saputo e cosa?» chiese Rosario alla madre.
«Pensavo che sarebbero venuti almeno al teatro, e invece hanno pagato anche oggi.»
Sei energumeni ben vestiti guardavano il paesino dal monte, in doppiopetto gessato e cravatta, con gli occhiali scuri appollaiati sul naso e le dita straboccanti di anelli lucidi, un cappello nero sulla testa e bracciali d’oro intorno ai polsi. E ridevano sotto i baffoni a manubrio.
L’indomani, domenica, i pescatori salirono in massa a cercare la pentola nella pineta. Non c’era nessuna pentola. Solo guai e camicie bucate.
Le donne aspettarono invano fino a sera.
Rosario si rinchiuse nella sua stanza; prese il diario, una penna e scrisse in rosso: «La rivolta è andata male e si è trasformata in una strage». E più avanti: «Padre, i vostri amici contadini non vi hanno onorato».
«Vendicherò la vostra morte, prima o poi!» aggiunse in verde.
In una terra dove persino il sole fa particolarità, risplendendo in una parte più e meno altrove, c’era un paesino sotto un monte a occidente, che alzava l’orizzonte anticipando il tramonto. Ad aggirare quel monte, avevano costruito una strada larga in terra battuta. Questa per un lungo tratto dava su uno strapiombo, che terminava giù nell’acqua azzurra del mare, tra onde e scogli; dall’altra parte cresceva una pineta folta. Di là dal monte, oltre il precipizio e la pineta, si distendeva una vasta pianura, che in paese era detta “Pianura Grande”.
Lì la strada digradava e l’orizzonte si faceva più basso così che il sole tramontava più tardi che nel paesino; e proprio lì i contadini del luogo possedevano fazzoletti di terra che coltivavano con amore. E ci andavano con le bestie, tutti i giorni; anche quando soffiava lo scirocco e appesantiva gli zapponi di umidità; anche quando il calendario cambiava di colore.
Rosario rientrò a casa dalla madre Maddalena.
«Ci sono quattro uomini armati con lupare sulla strada della Pianura Grande.»
«Li hai visti?»
«Sì, mamma, mi sono nascosto dietro a un cespuglio e li ho sentiti chiedere la tassa a chi passava con muli e asini.»
«Dopo che hanno scaraventato tuo padre Manfredi giù nel mare, non sono ancora contenti! Così lo hanno ringraziato perché si rifiutava di pagare. E il corpo… Il corpo non lo ha mai ritrovato nessuno: ora lo bagna la pioggia e lo muove il vento.» Si fermò, abbassò gli occhi e aggiunse con voce grave, scuotendo la testa: «Questi vogliono succhiarci il sangue dalle vene, questi!»
«Maledetti!» Rosario sospirò osservando la finestra aperta che si affacciava sul porticciolo. «Sono arrivati i Carabinieri, i quattro hanno calato le coppole e li hanno ringraziati, ma in un altro modo.» Si affacciò alla finestra e gridò con tutta la voce che aveva in corpo: «Bastardi!».
«Bastardi!» ripeté Maddalena tra i denti, con disprezzo.
«Mio padre… Non posso morire senza averlo vendicato.»
Corse nella sua stanza, prese il diario segreto, se lo strinse al petto e ne uscì. La signora Maddalena lo guardò in lacrime e gli sussurrò in un orecchio abbracciandolo: «Quello, te lo ha regalato Manfredi prima di lasciarci per sempre. Abbine cura.»
Rosario scese al porticciolo. I pescatori rammendavano le reti squarciate nella pesca della notte precedente e lavavano le nasse, sulla banchina cui le loro barchette erano assicurate con funi nodose, prestando i fianchi all’acqua che ci sbatteva contro e produceva un suono ritmato. Un ragazzo stava in piedi su una di esse, e Rosario gli s’avvicinò.
«Procopio!» Lo chiamò così, una sola volta, e quello gli rivolse lo sguardo.
Rosario continuò: «Ricordi l’arcobaleno di ieri dopo la pioggia?».
«Sì, era bellissimo.»
«Usciva dalla pineta.»
«Ricordo bene.»
«Là, da dove viene l’arcobaleno, c’è una pentola di monete d’oro.»
«Lo dice pure una favola. Quando in alto mare incontriamo un arcobaleno, sappiamo che sul fondo laggiù c’è una pentola.»
«La saggezza popolare ha sempre ragione. Vuoi quella pentola?»
«Sì, sarebbe una buona cosa per noi poveri pescatori.»
«Quanti siete?» domandò Rosario.
«Centoventi.»
«Dovrete cercarla: più siete, meglio è. Se riesci a portarli tutti alla pineta domenica mattina alle nove, la pentola sarà vostra.»
«Oggi è martedì, ho poco tempo per parlare con loro e convincerli» disse Procopio.
«Ce la farai. Ricorda che non dovete portare armi, così vuole la favola, e se vedete qualcuno armato, lo allontanerete.»
L’indomani mattina Procopio parlò con Rosario.
«Li ho convinti tutti. È dura la vita di mare, che l’unica cosa che possiedi davvero è la barchetta su cui peschi. Se te la levano, sei morto.»
Rosario si recò in un bar e vi trovò Giorgio.
«Come va con la compagnia teatrale?» gli domandò.
«Abbastanza bene. Fra un mese ci esibiremo nel teatrino del paese: Teatro Vitale si chiama adesso col nuovo proprietario.»
«Avete le chiavi?»
«Sì, il Comune ce le presta per le prove e il signor Vitale è d’accordo: viene ad assistere e ci fa tante osservazioni intelligenti.»
Il giovane passeggiava per la via verso casa osservando il monte con espressione pensosa. Entrò.
«Mamma, ho bisogno di radunare i contadini al Teatro Vitale sabato mattina alle sette.»
«Che hai in mente?»
«Voglio che non paghino più la tassa a quegli sgherri venuti da chissà dove.»
Maddalena gli carezzò i capelli setolosi e le guance. «Sono stanchi di pagare, mi dicono.» Sollevò il viso al soffitto, giungendo le mani. «Noi lo sappiamo bene perché abbiamo già pagato con la vita.» Poi piantò uno sguardo torvo sul figlio e continuò: «Un pedaggio salato… e così oggi siamo ridotti a vivere delle donazioni che ci fanno gli altri contadini impietositi.»
«Mio padre era ben voluto.»
«Ci penso io per quel raduno.»
La sera Maddalena tornò a casa.
«Saranno tutti al teatro sabato mattina. Ho sparso la voce tra gli zappatori più anziani.»
Ma quel giorno, all’ora convenuta, solo due persone affollavano il teatro: Fifì e Fofò, i due scemi del villaggio. Due sventurati che avevano perso la testa e farneticavano tutto il santo giorno, si mormorava in giro.
Uno disse: «Preferiscono pagare», mentre si avviavano all’uscita.
«E sgobbare sulla terra.»
«Hanno saputo.»
E volarono via.
«Chi ha saputo e cosa?» chiese Rosario alla madre.
«Pensavo che sarebbero venuti almeno al teatro, e invece hanno pagato anche oggi.»
Sei energumeni ben vestiti guardavano il paesino dal monte, in doppiopetto gessato e cravatta, con gli occhiali scuri appollaiati sul naso e le dita straboccanti di anelli lucidi, un cappello nero sulla testa e bracciali d’oro intorno ai polsi. E ridevano sotto i baffoni a manubrio.
L’indomani, domenica, i pescatori salirono in massa a cercare la pentola nella pineta. Non c’era nessuna pentola. Solo guai e camicie bucate.
Le donne aspettarono invano fino a sera.
Rosario si rinchiuse nella sua stanza; prese il diario, una penna e scrisse in rosso: «La rivolta è andata male e si è trasformata in una strage». E più avanti: «Padre, i vostri amici contadini non vi hanno onorato».
«Vendicherò la vostra morte, prima o poi!» aggiunse in verde.