La rivolta dell'arcobaleno

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(Tratto dal WD, https://www.writersdream.org/forum/foru ... ent-813203).


In una terra dove persino il sole fa particolarità, risplendendo in una parte più e meno altrove, c’era un paesino sotto un monte a occidente, che alzava l’orizzonte anticipando il tramonto. Ad aggirare quel monte, avevano costruito una strada larga in terra battuta. Questa per un lungo tratto dava su uno strapiombo, che terminava giù nell’acqua azzurra del mare, tra onde e scogli; dall’altra parte cresceva una pineta folta. Di là dal monte, oltre il precipizio e la pineta, si distendeva una vasta pianura, che in paese era detta “Pianura Grande”.
Lì la strada digradava e l’orizzonte si faceva più basso così che il sole tramontava più tardi che nel paesino; e proprio lì i contadini del luogo possedevano fazzoletti di terra che coltivavano con amore. E ci andavano con le bestie, tutti i giorni; anche quando soffiava lo scirocco e appesantiva gli zapponi di umidità; anche quando il calendario cambiava di colore.

Rosario rientrò a casa dalla madre Maddalena.
«Ci sono quattro uomini armati con lupare sulla strada della Pianura Grande.»
«Li hai visti?»
«Sì, mamma, mi sono nascosto dietro a un cespuglio e li ho sentiti chiedere la tassa a chi passava con muli e asini.»
«Dopo che hanno scaraventato tuo padre Manfredi giù nel mare, non sono ancora contenti! Così lo hanno ringraziato perché si rifiutava di pagare. E il corpo… Il corpo non lo ha mai ritrovato nessuno: ora lo bagna la pioggia e lo muove il vento.» Si fermò, abbassò gli occhi e aggiunse con voce grave, scuotendo la testa: «Questi vogliono succhiarci il sangue dalle vene, questi!»
«Maledetti!» Rosario sospirò osservando la finestra aperta che si affacciava sul porticciolo. «Sono arrivati i Carabinieri, i quattro hanno calato le coppole e li hanno ringraziati, ma in un altro modo.» Si affacciò alla finestra e gridò con tutta la voce che aveva in corpo: «Bastardi!».
«Bastardi!» ripeté Maddalena tra i denti, con disprezzo.
«Mio padre… Non posso morire senza averlo vendicato.»
Corse nella sua stanza, prese il diario segreto, se lo strinse al petto e ne uscì. La signora Maddalena lo guardò in lacrime e gli sussurrò in un orecchio abbracciandolo: «Quello, te lo ha regalato Manfredi prima di lasciarci per sempre. Abbine cura.»

Rosario scese al porticciolo. I pescatori rammendavano le reti squarciate nella pesca della notte precedente e lavavano le nasse, sulla banchina cui le loro barchette erano assicurate con funi nodose, prestando i fianchi all’acqua che ci sbatteva contro e produceva un suono ritmato. Un ragazzo stava in piedi su una di esse, e Rosario gli s’avvicinò.
«Procopio!» Lo chiamò così, una sola volta, e quello gli rivolse lo sguardo.
Rosario continuò: «Ricordi l’arcobaleno di ieri dopo la pioggia?».
«Sì, era bellissimo.»
«Usciva dalla pineta.»
«Ricordo bene.»
«Là, da dove viene l’arcobaleno, c’è una pentola di monete d’oro.»
«Lo dice pure una favola. Quando in alto mare incontriamo un arcobaleno, sappiamo che sul fondo laggiù c’è una pentola.»
«La saggezza popolare ha sempre ragione. Vuoi quella pentola?»
«Sì, sarebbe una buona cosa per noi poveri pescatori.»
«Quanti siete?» domandò Rosario.
«Centoventi.»
«Dovrete cercarla: più siete, meglio è. Se riesci a portarli tutti alla pineta domenica mattina alle nove, la pentola sarà vostra.»
«Oggi è martedì, ho poco tempo per parlare con loro e convincerli» disse Procopio.
«Ce la farai. Ricorda che non dovete portare armi, così vuole la favola, e se vedete qualcuno armato, lo allontanerete.»

L’indomani mattina Procopio parlò con Rosario.
«Li ho convinti tutti. È dura la vita di mare, che l’unica cosa che possiedi davvero è la barchetta su cui peschi. Se te la levano, sei morto.»

Rosario si recò in un bar e vi trovò Giorgio.
«Come va con la compagnia teatrale?» gli domandò.
«Abbastanza bene. Fra un mese ci esibiremo nel teatrino del paese: Teatro Vitale si chiama adesso col nuovo proprietario.»
«Avete le chiavi?»
«Sì, il Comune ce le presta per le prove e il signor Vitale è d’accordo: viene ad assistere e ci fa tante osservazioni intelligenti.»

Il giovane passeggiava per la via verso casa osservando il monte con espressione pensosa. Entrò.
«Mamma, ho bisogno di radunare i contadini al Teatro Vitale sabato mattina alle sette.»
«Che hai in mente?»
«Voglio che non paghino più la tassa a quegli sgherri venuti da chissà dove.»
Maddalena gli carezzò i capelli setolosi e le guance. «Sono stanchi di pagare, mi dicono.» Sollevò il viso al soffitto, giungendo le mani. «Noi lo sappiamo bene perché abbiamo già pagato con la vita.» Poi piantò uno sguardo torvo sul figlio e continuò: «Un pedaggio salato… e così oggi siamo ridotti a vivere delle donazioni che ci fanno gli altri contadini impietositi.»
«Mio padre era ben voluto.»
«Ci penso io per quel raduno.»

La sera Maddalena tornò a casa.
«Saranno tutti al teatro sabato mattina. Ho sparso la voce tra gli zappatori più anziani.»

Ma quel giorno, all’ora convenuta, solo due persone affollavano il teatro: Fifì e Fofò, i due scemi del villaggio. Due sventurati che avevano perso la testa e farneticavano tutto il santo giorno, si mormorava in giro.
Uno disse: «Preferiscono pagare», mentre si avviavano all’uscita.
«E sgobbare sulla terra.»
«Hanno saputo.»
E volarono via.

«Chi ha saputo e cosa?» chiese Rosario alla madre.
«Pensavo che sarebbero venuti almeno al teatro, e invece hanno pagato anche oggi.»

Sei energumeni ben vestiti guardavano il paesino dal monte, in doppiopetto gessato e cravatta, con gli occhiali scuri appollaiati sul naso e le dita straboccanti di anelli lucidi, un cappello nero sulla testa e bracciali d’oro intorno ai polsi. E ridevano sotto i baffoni a manubrio.

L’indomani, domenica, i pescatori salirono in massa a cercare la pentola nella pineta. Non c’era nessuna pentola. Solo guai e camicie bucate.
Le donne aspettarono invano fino a sera.

Rosario si rinchiuse nella sua stanza; prese il diario, una penna e scrisse in rosso: «La rivolta è andata male e si è trasformata in una strage». E più avanti: «Padre, i vostri amici contadini non vi hanno onorato».
«Vendicherò la vostra morte, prima o poi!» aggiunse in verde.
Il Sommo Misantropo

Re: La rivolta dell'arcobaleno

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Ciao @dyskolos , felice di vederti da questa parte.
Vengo al tuo racconto.
dyskolos ha scritto: sab gen 09, 2021 10:18 am In una terra dove persino il sole fa particolarità, risplendendo in una parte più e meno altrove, c’era un paesino sotto un monte a occidente, che alzava l’orizzonte anticipando il tramonto.
Un incipit molto ricercato, ma di impatto non immediato, il che, trattandosi di un incipit non giova. L'idea non è male, soprattutto il fatto che il sole non risplende ovunque nello stesso modo, che potrebbe essere un'anticipazione metaforica del tema del racconto. Forse hai cercato di condensare troppo le frasi mentre con un po' più di respiro sarebbero state più efficaci.
dyskolos ha scritto: sab gen 09, 2021 10:18 am Lì la strada digradava e l’orizzonte si faceva più basso così che il sole tramontava più tardi che nel paesino;
Non serve
dyskolos ha scritto: sab gen 09, 2021 10:18 am E ci andavano con le bestie,
Non inizierei la frase con la E.

Anche se non la nomini mai sembra una storia siciliana, dove aleggia l'ombra oscura della mafia. Almeno io l'ho immaginata così, tanto che avrei perfino apprezzato qualche accento dialettale nei dialoghi.
Invece non ho ben capito la questione della pentola ai piedi dell'arcobaleno. Conosco la leggenda, ma nel dialogo con Procopio sembra assumere un significato che rimane poco comprensibile. Reagire allo strapotere mafioso può essere fonte di ricchezza per i poveri pescatori; ma i passaggi allusivi rimangono un po' troppo oscuri.
dyskolos ha scritto: sab gen 09, 2021 10:18 am Rosario si rinchiuse nella sua stanza; prese il diario, una penna e scrisse in rosso: «La rivolta è andata male e si è trasformata in una strage». E più avanti: «Padre, i vostri amici contadini non vi hanno onorato».
«Vendicherò la vostra morte, prima o poi!» aggiunse in verde.
Purtroppo le cose finiscono male, come spesso è accaduto anche nella realtà. Il tuo racconto mi ha fatto venire in mente Portella della Ginestra.
Anche qui però metti dei riferimenti che non mi risultano ben chiari : il rosso e il verde. Da come hai sottolineato la presenza di questi colori, dovrebbero avere un significato particolare che però non riesco a cogliere.

Forse il racconto non è riuscito al 100% ma è apprezzabile il tentativo di confrontarsi con temi importanti.

Alla prossima.

Re: La rivolta dell'arcobaleno

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Poldo ha scritto: gio gen 14, 2021 11:35 pm Ciao @dyskolos , felice di vederti da questa parte.

Ciao, Poldo. Anche a me fa piacere ritrovarti qui.


Poldo ha scritto: gio gen 14, 2021 11:35 pm Purtroppo le cose finiscono male, come spesso è accaduto anche nella realtà. Il tuo racconto mi ha fatto venire in mente Portella della Ginestra.

Mi fa molto piacere che tu abbia indovinato il riferimento. Pensavo proprio all'episodio di Portella della Ginestra del 1947 mentre scrivevo. Mi era già stato fatto notare sul WD da una commentatrice palermitana. Portella è a pochi chilometri da Palermo, quindi è normale per certi versi. Il fatto che lo hai fatto tu, però, che siciliano non sei e men che meno palermitano, significa qualcosa di molto importante per me.
Hai ragione quando parli di ombra oscura della mafia che aleggia intorno: anch'io l'ho intesa così.


Poldo ha scritto: gio gen 14, 2021 11:35 pm Forse il racconto non è riuscito al 100% ma è apprezzabile il tentativo di confrontarsi con temi importanti.

Ti ringrazio per questa osservazione. Come ti dicevo in un altro post qui su CdM, mi piace ancorare le storie alla realtà. Per me ciò vale più della riuscita del racconto in sé. Su quest'ultima cosa lavorerò e ci starò più attento. Il luogo fisico in cui è ambientato il racconto è realissimo: è il paesello siciliano in cui vivo, nella Sicilia nord-occidentale. Un paesello di pescatori, con un porticciolo per i pescherecci e uno turistico. La storia dei mafiosi che chiedevano una sorta di pedaggio (il classico "pizzo") me la raccontava mio nonno. Qui c'era una sola strada che portava a Trapani e alla pianura dei campi dei contadini e qualcuno non proprio onesto ne approfittava, diciamo. La montagna che anticipa il tramonto c'è davvero.
Lì, dove ho parlato del sole che risplende in una parte più e meno altrove, ho voluto fare una citazione dantesca. Un'altra l'ho messa dopo dove si parla del corpo di Manfredi che ora è bagnato dalla pioggia e mosso dal vento. Manfredi era il nome del re di Sicilia che fu ucciso da Carlo d'Angiò (dai Francesi) nel 1266 in battaglia nei pressi di Benevento. Fu sepolto dai soldati sotto un mucchio di sassi. Una settimana dopo, il vescovo di Cosenza riesumò il corpo e lo gettò oltre un fiume che segnava il confine del regno (Manfredi era stato scomunicato dal Papa) senza sepoltura. Dante nel terzo canto del Purgatorio ricorda l'episodio:
«L'ossa del corpo mio sarieno ancora
In co del ponte, presso a Benevento,
Sotto la guardia della grave mora.

Or le bagna la pioggia e move il vento
Di fuor dal regno, quasi lungo il Verde,
Dov'ei le trasmutò a lume spento.»


L'ho scritto perché forse dai riferimenti oscuri, che dici, dovrei togliere anche le citazioni dantesche.


Grazie per avermi letto e commentato. Farò tesoro delle tue osservazioni.
Il Sommo Misantropo
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