[CDP 1] - Colazione per due
Posted: Fri Apr 14, 2023 9:10 pm
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Traccia n. 1 - Passaggio da persona libera a reclusa o viceversa
Li aveva fregati, ah, se li aveva fregati.
Si ricorda bene cosa fare. Prende le lenzuola, le annoda le une con le altre, ci aggiunge anche l’asciugamano grande. Le unisce in diagonale per sfruttare al massimo la lunghezza. Un’estremità la fissa alla gamba del letto. Spalanca la finestra e butta giù il resto.
Si sporge, il profumo della primavera gli viene incontro. Alla luce del lampione pare che manchi un metro o forse più. Pensa di potercela fare, è sempre andato in palestra dopo i fiocchi d’avena, quindi si sente in forze.
Scavalca il davanzale aggrappandosi bene. Avvolge una gamba attorno al tessuto e si lascia andare.
Il letto è troppo leggero e sbatte contro il muro sotto alla finestra. Cade di mezzo metro.
Che infarto! Meno male che non ha mollato la presa.
Si passa la lingua sui denti, per essere certo di avere la dentiera. Sugli occhiali non ha dubbi, ne sente il peso sul naso.
Si lascia scivolare come un ragazzino fino a toccare terra. Aveva ragione, sapeva di avere ancora il fisico per una fuga.
Domani mattina niente avena, niente padella, niente passeggiata sul linoleum.
La luna illuminava nell’erba le pantofole e il bastone. Una bella stretta alla vestaglia ed era pronto per la sua avventura in barba a tutti i guardiani che lo hanno sottovalutato.
Un po’ gli dispiace non aver salutato nessuno, ma una vera fuga deve essere clandestina e non far sorgere sospetti.
Appena fuori dal parco della casa di riposo, volta nella prima via a sinistra.
Passeggia con calma sotto ai tigli accompagnato solo dal battere del suo bastone sul marciapiedi.
Sa di avere tempo fino alle sei e mezza, poi si sarebbero accorti della sua assenza, ma sarebbe stato troppo tardi.
Costeggia un muro alto, fino ad un cancello. Prova, ma è chiuso. L’orario di apertura era dalle otto del mattino, troppo tardi per lui. Prosegue e gira l’angolo. Si ferma davanti a un cancelletto più piccolo, infila la mano fra le sbarre e apre.
Al terzo vialetto svolta a destra, seconda tomba a sinistra. Era stato fortunato perché di fianco c’era una panchina. Da quando lo avevano rinchiuso le visite al cimitero gli mancano molto, gli manca parlare con la sua Chicca che adesso riposa lì. Si siede e saluta sua moglie. Gli sembra di sentire la sua voce che lo sgrida. Non è mica quella l’ora di passeggiare in un cimitero, per di più scappando da una casa di riposo. Nei suoi pensieri cerca di interromperla con un ma cara buttato lì. Ma Chicca è proprio arrabbiata. Se fosse inciampato chi lo avrebbe trovato? E poi poteva anche prendere freddo. Una polmonite a quell’età era sicuramente fatale.
Lui la blandisce facendo uno sguardo colpevole e poi le confessa che stava morendo di nostalgia. Nessuno gli parla come lei, sono tutti così gentili, scandiscono le parole per chiedergli se vuole andare in bagno. Ma nessuno che gli da del cretino, perché secondo lui Botero è un pittore naif. Chicca adesso tace, lo guarda con quei suoi occhi profondi, allunga una mano e gli fa una carezza sul viso. Gli dice che sono vecchi. La contraddice subito. “No, tesoro, tu sei rimasta giovane, sono io che sono vecchio.” Lei ride cristallina “Il tempo passa per tutti, Luigi, anche per me.”
“Ma sei bellissima e sono venuto a prenderti per uscire con te. Un appuntamento speciale, una colazione in riva al mare.”
Chicca lo guarda perplessa, non è convinta. Uscire dopo così tanto tempo, e poi per una colazione.
“Ma si, amore, una colazione, di quelle con la spremuta d’arancio e le fette biscottate. Forse anche un uovo alla coque. Fatti tentare, vieni con me.” Non voleva confessarle che alla sera non lo facevano uscire, e che la colazione era possibile solo perché era evaso da quel postaccio.
Quando però la prende per mano e la bacia delicato dietro l’orecchio, Chicca si fa convincere.
Così assieme escono baldanzosi e passeggiando lungo la strada si avviano verso il mare.
Luigi respira a pieni polmoni l’aria salmastra.
Non gli fanno nemmeno male le giunture nonostante l’umidità. Si sente bene e agile mentre attraverso la pineta si intravvede la prima striscia di mare.
Quante volte erano stati qui a vedere l’alba, e oggi di nuovo dopo tanti anni.
Si volta verso Chicca e le legge l’emozione negli occhi. Le ruba un bacio dalle labbra con aria furba e le sussurra tutto il suo amore.
Gli aghi scricchiolano sotto alle ciabatte di Luigi rilasciando quell’odore pungente che tanto ricorda l’ombra dell’estate.
Subito dopo li accoglie il mare. Visto dalla scogliera sembra ancora più immenso tagliato in due dalla striscia di luce del sole sorgente.
È l’ora giusta. Saranno i primi clienti del bar.
Luigi sa di avere ancora un po’ di tempo prima che inizino a cercarlo e ancora un po’ prima che lo trovino.
Apre la porta ed entra nel locale.
“Buongiorno signor Luigi. Che piacere! Quanto tempo!”
“Ciao Max, come va?”
“Bene. Ma lei è sicuro che tutto è a posto?”
“No, Max , niente è a posto. Sono scappato dalla casa di riposo per fare colazione come si deve. Li mi ammazzano con le pappette.”
“Devo avvisare qualcuno? Sarà mica arrivato qui da solo a piedi?”
“Non fare la spia finché non ho finito la colazione. Per favore, me lo devi”
“Va bene signor Luigi, le porto il solito? Caffè americano, spremuta fresca, uovo alla coque, fette biscottate e marmellata all’arancio?”
“Si, Max, per due, grazie.”
Max annuisce, se il vecchio ha tanta fame che si strafoghi pure, non sarà quello a fare la differenza.
Luigi fa accomodare Chicca vicino alla vetrata, così può vedere bene i colori del mare che cambiano.
Durante la colazione chiacchierano amabilmente. Evitano la politica e il calcio. Parlano di Murakami e Marquez, poi di Parigi e del loro bellissimo viaggio. Si ricordano ancor di quando hanno perso il treno per baciarsi nei vicoli di Napoli. Ophelia il loro quadro preferito, e le gite in montagna solo perché era bello mangiare in baita. Che bello parlare così, immersi nei ricordi come fosse successo ieri. Gli occhi di Chicca brillano e continua ad aggiungere dettagli di cui lui si era dimenticato
In men che non si dica la colazione era finita. Non avanza nulla, nemmeno le briciole per gli uccellini.
“Chicca, andiamo a fare ancora una passeggiata.” Certo risponde lei, andiamo a guardare il mare.
“Max, il conto.” Non gli par vero di poter dire ancora una volta questa frase.
Max si avvicina sorridendo “Al primo cliente della giornata offre la casa. Certo che aveva proprio una fame da lupo signor Luigi.”
“Max caro, si invecchia, ma gli appetiti non passano mai!” ridono assieme della battuta sgangherata.
“Grazie Max, è stato un vero piacere tornare qui.”
Appena fuori si prendono per mano e si avviano verso il mare.
Max al cellulare osserva Luigi che appoggiandosi al bastone cammina come se avesse in mano qualcosa. Il passo è incerto, ma non sembra sul punto di cadere.
“Buongiorno, sono Max del bar Agli Scogli. Se state cercando il signor Luigi è qui da me. Ha fatto colazione e adesso sta andando a guardare il panorama.”
Arrivati alla ringhiera della scogliera Luigi si gira verso Chicca, la bacia e le dice piano ti amo in un orecchio. “Questa volta vengo con te, non voglio più stare rinchiuso là dentro.” Lei non dice niente, lo guarda con infinita compassione e sussurra un vieni che per Luigi significa tutto.
Anche se lo vede scavalcare la ringhiera con insospettata agilità, anche se lascia cadere il telefono per correre, Max non fa in tempo. Vede il vecchio con la vestaglia svolazzante precipitare come un gabbiano ammalato.
Non si sente nulla, nemmeno il rumore dei rimbalzi sulla roccia, che lo sbattono a destra e manca.
Rimane solo una figurina disarticolata sugli scogli bagnati dalla risacca.
Nessuno vede Luigi e Chicca che mano nella mano vanno verso il sole, eppure è l’unica cosa che conta.
Traccia n. 1 - Passaggio da persona libera a reclusa o viceversa
Li aveva fregati, ah, se li aveva fregati.
Si ricorda bene cosa fare. Prende le lenzuola, le annoda le une con le altre, ci aggiunge anche l’asciugamano grande. Le unisce in diagonale per sfruttare al massimo la lunghezza. Un’estremità la fissa alla gamba del letto. Spalanca la finestra e butta giù il resto.
Si sporge, il profumo della primavera gli viene incontro. Alla luce del lampione pare che manchi un metro o forse più. Pensa di potercela fare, è sempre andato in palestra dopo i fiocchi d’avena, quindi si sente in forze.
Scavalca il davanzale aggrappandosi bene. Avvolge una gamba attorno al tessuto e si lascia andare.
Il letto è troppo leggero e sbatte contro il muro sotto alla finestra. Cade di mezzo metro.
Che infarto! Meno male che non ha mollato la presa.
Si passa la lingua sui denti, per essere certo di avere la dentiera. Sugli occhiali non ha dubbi, ne sente il peso sul naso.
Si lascia scivolare come un ragazzino fino a toccare terra. Aveva ragione, sapeva di avere ancora il fisico per una fuga.
Domani mattina niente avena, niente padella, niente passeggiata sul linoleum.
La luna illuminava nell’erba le pantofole e il bastone. Una bella stretta alla vestaglia ed era pronto per la sua avventura in barba a tutti i guardiani che lo hanno sottovalutato.
Un po’ gli dispiace non aver salutato nessuno, ma una vera fuga deve essere clandestina e non far sorgere sospetti.
Appena fuori dal parco della casa di riposo, volta nella prima via a sinistra.
Passeggia con calma sotto ai tigli accompagnato solo dal battere del suo bastone sul marciapiedi.
Sa di avere tempo fino alle sei e mezza, poi si sarebbero accorti della sua assenza, ma sarebbe stato troppo tardi.
Costeggia un muro alto, fino ad un cancello. Prova, ma è chiuso. L’orario di apertura era dalle otto del mattino, troppo tardi per lui. Prosegue e gira l’angolo. Si ferma davanti a un cancelletto più piccolo, infila la mano fra le sbarre e apre.
Al terzo vialetto svolta a destra, seconda tomba a sinistra. Era stato fortunato perché di fianco c’era una panchina. Da quando lo avevano rinchiuso le visite al cimitero gli mancano molto, gli manca parlare con la sua Chicca che adesso riposa lì. Si siede e saluta sua moglie. Gli sembra di sentire la sua voce che lo sgrida. Non è mica quella l’ora di passeggiare in un cimitero, per di più scappando da una casa di riposo. Nei suoi pensieri cerca di interromperla con un ma cara buttato lì. Ma Chicca è proprio arrabbiata. Se fosse inciampato chi lo avrebbe trovato? E poi poteva anche prendere freddo. Una polmonite a quell’età era sicuramente fatale.
Lui la blandisce facendo uno sguardo colpevole e poi le confessa che stava morendo di nostalgia. Nessuno gli parla come lei, sono tutti così gentili, scandiscono le parole per chiedergli se vuole andare in bagno. Ma nessuno che gli da del cretino, perché secondo lui Botero è un pittore naif. Chicca adesso tace, lo guarda con quei suoi occhi profondi, allunga una mano e gli fa una carezza sul viso. Gli dice che sono vecchi. La contraddice subito. “No, tesoro, tu sei rimasta giovane, sono io che sono vecchio.” Lei ride cristallina “Il tempo passa per tutti, Luigi, anche per me.”
“Ma sei bellissima e sono venuto a prenderti per uscire con te. Un appuntamento speciale, una colazione in riva al mare.”
Chicca lo guarda perplessa, non è convinta. Uscire dopo così tanto tempo, e poi per una colazione.
“Ma si, amore, una colazione, di quelle con la spremuta d’arancio e le fette biscottate. Forse anche un uovo alla coque. Fatti tentare, vieni con me.” Non voleva confessarle che alla sera non lo facevano uscire, e che la colazione era possibile solo perché era evaso da quel postaccio.
Quando però la prende per mano e la bacia delicato dietro l’orecchio, Chicca si fa convincere.
Così assieme escono baldanzosi e passeggiando lungo la strada si avviano verso il mare.
Luigi respira a pieni polmoni l’aria salmastra.
Non gli fanno nemmeno male le giunture nonostante l’umidità. Si sente bene e agile mentre attraverso la pineta si intravvede la prima striscia di mare.
Quante volte erano stati qui a vedere l’alba, e oggi di nuovo dopo tanti anni.
Si volta verso Chicca e le legge l’emozione negli occhi. Le ruba un bacio dalle labbra con aria furba e le sussurra tutto il suo amore.
Gli aghi scricchiolano sotto alle ciabatte di Luigi rilasciando quell’odore pungente che tanto ricorda l’ombra dell’estate.
Subito dopo li accoglie il mare. Visto dalla scogliera sembra ancora più immenso tagliato in due dalla striscia di luce del sole sorgente.
È l’ora giusta. Saranno i primi clienti del bar.
Luigi sa di avere ancora un po’ di tempo prima che inizino a cercarlo e ancora un po’ prima che lo trovino.
Apre la porta ed entra nel locale.
“Buongiorno signor Luigi. Che piacere! Quanto tempo!”
“Ciao Max, come va?”
“Bene. Ma lei è sicuro che tutto è a posto?”
“No, Max , niente è a posto. Sono scappato dalla casa di riposo per fare colazione come si deve. Li mi ammazzano con le pappette.”
“Devo avvisare qualcuno? Sarà mica arrivato qui da solo a piedi?”
“Non fare la spia finché non ho finito la colazione. Per favore, me lo devi”
“Va bene signor Luigi, le porto il solito? Caffè americano, spremuta fresca, uovo alla coque, fette biscottate e marmellata all’arancio?”
“Si, Max, per due, grazie.”
Max annuisce, se il vecchio ha tanta fame che si strafoghi pure, non sarà quello a fare la differenza.
Luigi fa accomodare Chicca vicino alla vetrata, così può vedere bene i colori del mare che cambiano.
Durante la colazione chiacchierano amabilmente. Evitano la politica e il calcio. Parlano di Murakami e Marquez, poi di Parigi e del loro bellissimo viaggio. Si ricordano ancor di quando hanno perso il treno per baciarsi nei vicoli di Napoli. Ophelia il loro quadro preferito, e le gite in montagna solo perché era bello mangiare in baita. Che bello parlare così, immersi nei ricordi come fosse successo ieri. Gli occhi di Chicca brillano e continua ad aggiungere dettagli di cui lui si era dimenticato
In men che non si dica la colazione era finita. Non avanza nulla, nemmeno le briciole per gli uccellini.
“Chicca, andiamo a fare ancora una passeggiata.” Certo risponde lei, andiamo a guardare il mare.
“Max, il conto.” Non gli par vero di poter dire ancora una volta questa frase.
Max si avvicina sorridendo “Al primo cliente della giornata offre la casa. Certo che aveva proprio una fame da lupo signor Luigi.”
“Max caro, si invecchia, ma gli appetiti non passano mai!” ridono assieme della battuta sgangherata.
“Grazie Max, è stato un vero piacere tornare qui.”
Appena fuori si prendono per mano e si avviano verso il mare.
Max al cellulare osserva Luigi che appoggiandosi al bastone cammina come se avesse in mano qualcosa. Il passo è incerto, ma non sembra sul punto di cadere.
“Buongiorno, sono Max del bar Agli Scogli. Se state cercando il signor Luigi è qui da me. Ha fatto colazione e adesso sta andando a guardare il panorama.”
Arrivati alla ringhiera della scogliera Luigi si gira verso Chicca, la bacia e le dice piano ti amo in un orecchio. “Questa volta vengo con te, non voglio più stare rinchiuso là dentro.” Lei non dice niente, lo guarda con infinita compassione e sussurra un vieni che per Luigi significa tutto.
Anche se lo vede scavalcare la ringhiera con insospettata agilità, anche se lascia cadere il telefono per correre, Max non fa in tempo. Vede il vecchio con la vestaglia svolazzante precipitare come un gabbiano ammalato.
Non si sente nulla, nemmeno il rumore dei rimbalzi sulla roccia, che lo sbattono a destra e manca.
Rimane solo una figurina disarticolata sugli scogli bagnati dalla risacca.
Nessuno vede Luigi e Chicca che mano nella mano vanno verso il sole, eppure è l’unica cosa che conta.