[CdP1] La firma
Posted: Fri Apr 14, 2023 7:43 pm
Commento
Traccia n.1 - passaggio da persona libera a reclusa o viceversa
La firma
Non dovevo bere quel bleesky, ma che mi è preso? Tutti sanno l'effetto che fa: ti toglie la paura. Ti fa fare cose che premevano lì per uscire (oh, se premevano!) da tempo, ti procura una scarica di adrenalina incredibile, ma poi…
Poi ti ritrovi a fissare il foglio di arruolamento in un cubicolo delle carceri di Nuova Nanchino.
“Allora, passata la sbornia, amico?” il birro mi butta una penna. La seguo in silenzio mentre rotola sul pezzo di carta e si ferma sulla parola volontario.
“Seriamente, una penna a sfera?” borbotto, “e questa qui è cellulosa? Avete idea di quanto sia anti-ecologica? Non vedevo della cellulosa da tipo, che so, vent’anni…”
Nel momento stesso in cui lo dico, il foglio ha uno sfarfallio e cambia lievemente colore. Ah. Ma certo. Il nuovo modello di schermo che imita la carta stampata. Non mi aspettavo di vederlo in galera, tutto qui.
“Firma e piantala di fare domande” il birro si lascia cadere a cavalcioni di una sedia, “così possiamo andare a casa”.
Ce ne sono due nella stanza. Quello che ha parlato finora, dall’aria annoiata e un paio di baffetti sottili, e il sorvegliante calvo seduto nell’angolo. Quest'ultimo sembra nervoso. Fissa il pavimento e si mangia le unghie.
“E se io non volessi firmare…”
“Sei serio?!” il sorvegliante sputa un pezzo di unghia per terra e solleva la testa rasata per fissarmi. La pelle del suo volto è molliccia e pende dagli zigomi come di qualcuno che è dimagrito troppo in fretta.
“Sei un disertore, idiota. Ti è arrivata la notifica mesi fa, hai cambiato domicilio, hai mollato il lavoro, poi cosa fai? In pieno giorno ti presenti con un secchio di MERDA e scrivi FANCULO LA GUERRA sul manifesto in piazza Centrostato?! Da protocollo ti spettano dodici anni di colonia. Dodici. Ti offriamo una possibilità di cavartela e tu non vuoi firmare? Dove cazzo hai lasciato il cervello?”
In fondo alla bottiglia di bleesky, evidentemente. Mi prendo la testa tra le mani.
“Fanculo la guerra”, farfuglio.
In quell’istante si sente la voce dell’assistente vocale che si diffonde per lo stanzino in cui siamo bloccati: Si prega di evitare espressioni che possano risultare violente o discriminatorie. Si consiglia di ricreare un ambiente rilassante per favorire la deposizione del testimone.
Segue un breve bzzz che diffonde nell’aria un profumo di agrumi.
“Non è un testimone, cazzo! È agli arresti!”
“Sarà un altro bug”, il birro mastica lentamente una foglia di coca.
Bzzz. Bergamotto e mandarino.
Prima che il sorvegliante possa scaravoltare il tavolo, il birro si alza in piedi e viene di fronte a me. Mi fissa. Lo vedo da sotto le mani con cui sto ancora stringendo le tempie.
“D’accordo. Modalità muri trasparenti. Adesso”.
Una parete della stanza scompare. O meglio, sembra scomparire. C’è un corridoio dall’altra parte, lo stesso corridoio che ho percorso io un’oretta prima, e lungo il quale adesso due tizi in uniforme stanno trascinando un grimorio. Impallidisco.
“Abbiamo acciuffato questo bastardo sui confini”, il birro picchietta sul muro, “chi lo sa cosa aveva in mente. Capito? Mentre ti diverti a fare il pacifista, questi sono già arrivati alle porte di casa”.
Grimori. E’ stato un qualche influencer a chiamarli così per la prima volta, per la loro pelle da cetaceo piena di simboli fittamente incisi. Come degli incantesimi su un libro di magia. E poi c’è questa cosa degli occhi… non ce li hanno proprio, gli occhi, non come li intendiamo noi.
Nemmeno il grimorio nel corridoio del carcere li ha. Eppure ho la sensazione che mi veda: attraverso la parete, attraverso lo schermo, ho la sensazione che fissi me.
“Se la sono cercata loro per primi,” prosegue il birro, “sono arrivati sulla nostra Terra, hanno aperto un portale in mezzo all’Arkhangai, possono aprirlo a loro piaciment…”
“Proponendo scambi di mercato. Ci sono stati rapporti diplomatici e trattati. Nonostante i nostri linguaggi siano differenti, abbiamo trovato un modo per comunicare”, sto blaterando quasi senza rendermene conto.
“Ma quanto si può essere ingenui? Sono abbastanza svegli da non attaccare alla cieca, te ne do atto. Si stavano prendendo il tempo per studiarci dall’interno, è la tattica base di qualsiasi stratega. Volevano farci abbassare la guardia, cosa che su creduloni come te, a quanto pare, ha funzionato”.
I tizi in corridoio si fermano a chiacchierare con una segretaria che probabilmente non ha mai visto un grimorio dal vivo. Sembra affascinata e spaventata allo stesso tempo.
Gli studiosi all’inizio li avevano definiti come il “miracolo del Pianeta Fratello”. L’atmosfera, la pressione, la gravità della loro terra sono incredibilmente simili alla nostra. Simili, ma non del tutto: un’esposizione troppo prolungata alla nostra aria, senza protezioni, ai grimori causa dolore.
Mentre le guardie e la segretaria chiacchierano, i simboli sul corpo del grimorio cominciano a contorcersi e a cambiare posizione. Tutta la sua pelle da cetaceo sta pulsando. Il grimorio striscia per terra, cercando di allontanarsi il più possibile dalle persone. E mi fissa.
"...è per questo che al governo non dovrebbero esserci…"
“Ma siamo stati noi ad attaccarli”, mormoro a filo di voce.
Il birro si interrompe e storce le labbra:
“Abbiamo agito di anticipo, finché avevamo ancora il vantaggio dalla nostra".
“Ma li abbiamo attaccati noi”.
C’è un improvviso tramestio in corridoio. Le guardie hanno ripreso a trascinare il grimorio lungo il pavimento, ma mentre tentano di spingerlo verso una cella, questo riesce a liberarsi, si lancia verso uno dei due uomini, l’altro spara e…
“Cazzo!” grida il sergente calvo mentre batte un pugno sul muro per togliere la modalità trasparente. Fa in tempo, non vediamo niente.
Ma sentiamo.
Le urla del grimorio morente attraversano le pareti. Comincio a tremare. Il loro ultimo pianto di dolore scuote nelle viscere, sempre. Come un bambino di fronte a cui stanno ammazzando la madre. Come una persona a cui stanno strappando le unghie una ad una. Dicono che sia impossibile tornare da un campo di battaglia senza avere gli incubi.
“Urlano come dei maiali sgozzati, eh?” il birro si passa una mano sui baffetti, mentre il sergente calvo trema quasi più di me.
“Muoviti a firmare. Ne ho abbastanza per oggi”.
Guardo il foglio elettrico sul tavolo senza riuscire a capire se sta di nuovo sfarfallando o se è il mio sguardo a essere così appannato. E’ sottile come un vero pezzo di carta. Chissà chi l’ha finanziato?
Non devo forzarmi per vomitare, il vomito ce l’ho già lì, alla base dell’esofago. Rigurgito tutto ciò che riesco sul tavolo, sono molto attento a sommergere il foglio per benino.
“Ma che diamine fai?!” il birro fa un salto all'indietro per evitare gli schizzi semi-digeriti della mia cena. A quanto pare mi era rimasto tutto il pasto sullo stomaco.
Il foglio elettrico sfrigola a contatto con l’acido.
“Merda, l’avevo detto che era una pessima idea usarlo con i detenuti!”
Mentre il birro sbraita e il sorvegliante geme dal suo angolo, io immergo un dito nel vomito e scrivo FANCULO LA GUERRA. Per la prima volta, sorrido:
“Quanti anni di colonia avete detto che sono?”
Traccia n.1 - passaggio da persona libera a reclusa o viceversa
La firma
Non dovevo bere quel bleesky, ma che mi è preso? Tutti sanno l'effetto che fa: ti toglie la paura. Ti fa fare cose che premevano lì per uscire (oh, se premevano!) da tempo, ti procura una scarica di adrenalina incredibile, ma poi…
Poi ti ritrovi a fissare il foglio di arruolamento in un cubicolo delle carceri di Nuova Nanchino.
“Allora, passata la sbornia, amico?” il birro mi butta una penna. La seguo in silenzio mentre rotola sul pezzo di carta e si ferma sulla parola volontario.
“Seriamente, una penna a sfera?” borbotto, “e questa qui è cellulosa? Avete idea di quanto sia anti-ecologica? Non vedevo della cellulosa da tipo, che so, vent’anni…”
Nel momento stesso in cui lo dico, il foglio ha uno sfarfallio e cambia lievemente colore. Ah. Ma certo. Il nuovo modello di schermo che imita la carta stampata. Non mi aspettavo di vederlo in galera, tutto qui.
“Firma e piantala di fare domande” il birro si lascia cadere a cavalcioni di una sedia, “così possiamo andare a casa”.
Ce ne sono due nella stanza. Quello che ha parlato finora, dall’aria annoiata e un paio di baffetti sottili, e il sorvegliante calvo seduto nell’angolo. Quest'ultimo sembra nervoso. Fissa il pavimento e si mangia le unghie.
“E se io non volessi firmare…”
“Sei serio?!” il sorvegliante sputa un pezzo di unghia per terra e solleva la testa rasata per fissarmi. La pelle del suo volto è molliccia e pende dagli zigomi come di qualcuno che è dimagrito troppo in fretta.
“Sei un disertore, idiota. Ti è arrivata la notifica mesi fa, hai cambiato domicilio, hai mollato il lavoro, poi cosa fai? In pieno giorno ti presenti con un secchio di MERDA e scrivi FANCULO LA GUERRA sul manifesto in piazza Centrostato?! Da protocollo ti spettano dodici anni di colonia. Dodici. Ti offriamo una possibilità di cavartela e tu non vuoi firmare? Dove cazzo hai lasciato il cervello?”
In fondo alla bottiglia di bleesky, evidentemente. Mi prendo la testa tra le mani.
“Fanculo la guerra”, farfuglio.
In quell’istante si sente la voce dell’assistente vocale che si diffonde per lo stanzino in cui siamo bloccati: Si prega di evitare espressioni che possano risultare violente o discriminatorie. Si consiglia di ricreare un ambiente rilassante per favorire la deposizione del testimone.
Segue un breve bzzz che diffonde nell’aria un profumo di agrumi.
“Non è un testimone, cazzo! È agli arresti!”
“Sarà un altro bug”, il birro mastica lentamente una foglia di coca.
Bzzz. Bergamotto e mandarino.
Prima che il sorvegliante possa scaravoltare il tavolo, il birro si alza in piedi e viene di fronte a me. Mi fissa. Lo vedo da sotto le mani con cui sto ancora stringendo le tempie.
“D’accordo. Modalità muri trasparenti. Adesso”.
Una parete della stanza scompare. O meglio, sembra scomparire. C’è un corridoio dall’altra parte, lo stesso corridoio che ho percorso io un’oretta prima, e lungo il quale adesso due tizi in uniforme stanno trascinando un grimorio. Impallidisco.
“Abbiamo acciuffato questo bastardo sui confini”, il birro picchietta sul muro, “chi lo sa cosa aveva in mente. Capito? Mentre ti diverti a fare il pacifista, questi sono già arrivati alle porte di casa”.
Grimori. E’ stato un qualche influencer a chiamarli così per la prima volta, per la loro pelle da cetaceo piena di simboli fittamente incisi. Come degli incantesimi su un libro di magia. E poi c’è questa cosa degli occhi… non ce li hanno proprio, gli occhi, non come li intendiamo noi.
Nemmeno il grimorio nel corridoio del carcere li ha. Eppure ho la sensazione che mi veda: attraverso la parete, attraverso lo schermo, ho la sensazione che fissi me.
“Se la sono cercata loro per primi,” prosegue il birro, “sono arrivati sulla nostra Terra, hanno aperto un portale in mezzo all’Arkhangai, possono aprirlo a loro piaciment…”
“Proponendo scambi di mercato. Ci sono stati rapporti diplomatici e trattati. Nonostante i nostri linguaggi siano differenti, abbiamo trovato un modo per comunicare”, sto blaterando quasi senza rendermene conto.
“Ma quanto si può essere ingenui? Sono abbastanza svegli da non attaccare alla cieca, te ne do atto. Si stavano prendendo il tempo per studiarci dall’interno, è la tattica base di qualsiasi stratega. Volevano farci abbassare la guardia, cosa che su creduloni come te, a quanto pare, ha funzionato”.
I tizi in corridoio si fermano a chiacchierare con una segretaria che probabilmente non ha mai visto un grimorio dal vivo. Sembra affascinata e spaventata allo stesso tempo.
Gli studiosi all’inizio li avevano definiti come il “miracolo del Pianeta Fratello”. L’atmosfera, la pressione, la gravità della loro terra sono incredibilmente simili alla nostra. Simili, ma non del tutto: un’esposizione troppo prolungata alla nostra aria, senza protezioni, ai grimori causa dolore.
Mentre le guardie e la segretaria chiacchierano, i simboli sul corpo del grimorio cominciano a contorcersi e a cambiare posizione. Tutta la sua pelle da cetaceo sta pulsando. Il grimorio striscia per terra, cercando di allontanarsi il più possibile dalle persone. E mi fissa.
"...è per questo che al governo non dovrebbero esserci…"
“Ma siamo stati noi ad attaccarli”, mormoro a filo di voce.
Il birro si interrompe e storce le labbra:
“Abbiamo agito di anticipo, finché avevamo ancora il vantaggio dalla nostra".
“Ma li abbiamo attaccati noi”.
C’è un improvviso tramestio in corridoio. Le guardie hanno ripreso a trascinare il grimorio lungo il pavimento, ma mentre tentano di spingerlo verso una cella, questo riesce a liberarsi, si lancia verso uno dei due uomini, l’altro spara e…
“Cazzo!” grida il sergente calvo mentre batte un pugno sul muro per togliere la modalità trasparente. Fa in tempo, non vediamo niente.
Ma sentiamo.
Le urla del grimorio morente attraversano le pareti. Comincio a tremare. Il loro ultimo pianto di dolore scuote nelle viscere, sempre. Come un bambino di fronte a cui stanno ammazzando la madre. Come una persona a cui stanno strappando le unghie una ad una. Dicono che sia impossibile tornare da un campo di battaglia senza avere gli incubi.
“Urlano come dei maiali sgozzati, eh?” il birro si passa una mano sui baffetti, mentre il sergente calvo trema quasi più di me.
“Muoviti a firmare. Ne ho abbastanza per oggi”.
Guardo il foglio elettrico sul tavolo senza riuscire a capire se sta di nuovo sfarfallando o se è il mio sguardo a essere così appannato. E’ sottile come un vero pezzo di carta. Chissà chi l’ha finanziato?
Non devo forzarmi per vomitare, il vomito ce l’ho già lì, alla base dell’esofago. Rigurgito tutto ciò che riesco sul tavolo, sono molto attento a sommergere il foglio per benino.
“Ma che diamine fai?!” il birro fa un salto all'indietro per evitare gli schizzi semi-digeriti della mia cena. A quanto pare mi era rimasto tutto il pasto sullo stomaco.
Il foglio elettrico sfrigola a contatto con l’acido.
“Merda, l’avevo detto che era una pessima idea usarlo con i detenuti!”
Mentre il birro sbraita e il sorvegliante geme dal suo angolo, io immergo un dito nel vomito e scrivo FANCULO LA GUERRA. Per la prima volta, sorrido:
“Quanti anni di colonia avete detto che sono?”