[Cdp1] Respiro d’acqua, una storia vera
Posted: Wed Apr 12, 2023 8:12 am
Traccia nr 1: “Passaggio da persona libera a reclusa o viceversa."
Commento
Mercoledì. Sul calendario il giorno è cerchiato di rosso insieme al lunedì e al venerdì e al sabato.
Il borsone per l’allenamento è pronto. Riccardo fa la spola nel corridoio fissando l’orologio da polso. Si affaccia in cucina scuro in volto.
«Mamma, andiamo?» le porge il cappotto.
La donna lo guarda dritto negli occhi cercando il contatto con le sue mani.
«Amore, oggi la piscina è chiusa.»
«È tardi. Devo nuotare. Andiamo.»
«Non possiamo uscire di casa, tesoro.»
Il ragazzo esce dalla stanza per tornarci un attimo dopo col calendario in mano.
«Mamma, lo vedi?» le indica il cerchietto rosso. «Oggi devo spaccare. Andiamo.»
La donna sospira.
«Ascoltami bene. C’è una brutta malattia in giro, tutte le persone devono restare in casa. La piscina è chiusa. Non si allenerà nessuno oggi, stai tranquillo.»
Riccardo si tappa le orecchie con le mani, le sue grida sovrastano la voce della madre mentre raggiunge di corsa la cameretta. Si chiude dentro sbattendo la porta, si spoglia, indossa la cuffia, il costume, l’accappatoio e si butta sul letto restando immobile per ore a guardare il soffitto.
La madre bussa invano, le nocche sanguinano come il cuore.
«Pronto, dottore… sì, sì gliel’ho detto. Ho cercato di spiegargli la situazione, ma non l’ha presa bene. Che devo fare? Non ce la faccio a vederlo così.»
Due mesi, forse tre o, chissà, qualcuno in più. Senza cloro, senza nuoto, senza libertà, senza felicità. Il medico le ha consigliato un farmaco per aiutarlo a superare la crisi, ma lei preferisce non somministrarglielo. Non vuole vederlo stordito.
Nelle settimane successive Riccardo gira a vuoto nell’appartamento. Da quando non può andare in piscina vive in accappatoio e non parla quasi più. Neppure coi suoi piatti preferiti riesce a dargli sollievo.
A volte, riesce a calmarlo portandogli un secchiello pieno d’acqua come faceva quando era piccolo. Ancora adesso i suoi occhi s’illuminano di un sorriso obliquo quando immerge le mani a lungo, fino a farle raggrinzire.
Riccardo, un siluro nelle corsie della piscina, un pesce fuor d’acqua nella vita.
“Dottore, è capitato perché sono troppo vecchia per avere un figlio?”
“L’età è un fattore di rischio, ma non è detto che sia proprio il suo caso. Non deve farsene una colpa.”
“Io voglio tenerlo lo stesso.”
La donna tira su col naso. Forse la soluzione per aiutarlo è proprio lì, davanti ai suoi occhi. Come ha fatto a non pensarci prima? Che peccato non avere una vasca in casa! Però…
«Riccardo, vieni. Ti ho preparato la doccia.»
Lui s’illumina.
«Posso mettermi il costume, mamma?»
«Certo, tesoro.»
«E anche anche la cuffia?»
«Sì, se vuoi.»
Riccardo lascia scivolare il getto tiepido sul volto, ruota la testa per respirare mimando le bracciate. I piedi si muovono a ritmo, instancabili.
Un’ora quattro volte alla settimana indossando cuffia e costume, finché non potrà riprendere gli allenamenti in piscina. Magari non è il sistema più economico, ma grazie a quelle docce speciali, il figlio riesce a sopportare la clausura.
Guardarlo sorridere è come vederlo rinascere.
Il trillo del telefono le sembra quasi allegro. Dopo aver parlato con l’allenatore, la donna rovista nel cassetto in cerca di una matita rossa e si precipita nella camera del figlio.
«Fai un bel cerchietto proprio qui» gli dice porgendogli il calendario.
Lui si alza di scatto. Non c’è bisogno di dirgli altro. Nel giro di pochi minuti, i giorni della settimana si riempiono di anelli colorati.
Il lunedì sembra non arrivare mai. Alle tre del pomeriggio il borsone del nuoto è già pronto.
«Mamma, partiamo?»
«È ancora troppo presto.»
«Mamma, devo nuotare. Andiamo.»
Manca più di un’ora all’inizio dell’allenamento.
La cuffia calata fino agli occhi, il costume verde fluorescente e le ciabatte blu, Riccardo siede nello spogliatoio fissando l’orologio sulla parete.
La mamma lo vede entrare nella vasca e alzare lo sguardo verso la balconata. Le sorride e le dice a voce alta:
«Oggi spacco tutto!»
Lo vede tuffarsi e iniziare a nuotare con vigore.
Scivola leggero nell’acqua, respiro dopo respiro, una bracciata dopo l’altra. L’allenatore lo segue lungo il bordo con il cronometro in mano.
«Bravo Ric! Vai così… Vai così!»
Un’ora di felicità liquida per quattro giorni alla settimana. Sedici ore al mese; ventidue sommando il tempo necessario per gli spostamenti in auto per raggiungere l’impianto sportivo. La mamma scuote la testa: Riccardo tiene il conto alla perfezione.
Una foto grande quanto tutta la parete della cameretta suggella il giorno più bello.
La medaglia al collo esibita con orgoglio: argento nei duecento farfalla a staffetta. La gioia limpida come un cristallo riluce sul suo volto. Riccardo, un bambino difettoso ieri, un giovane speciale oggi.
Commento
Mercoledì. Sul calendario il giorno è cerchiato di rosso insieme al lunedì e al venerdì e al sabato.
Il borsone per l’allenamento è pronto. Riccardo fa la spola nel corridoio fissando l’orologio da polso. Si affaccia in cucina scuro in volto.
«Mamma, andiamo?» le porge il cappotto.
La donna lo guarda dritto negli occhi cercando il contatto con le sue mani.
«Amore, oggi la piscina è chiusa.»
«È tardi. Devo nuotare. Andiamo.»
«Non possiamo uscire di casa, tesoro.»
Il ragazzo esce dalla stanza per tornarci un attimo dopo col calendario in mano.
«Mamma, lo vedi?» le indica il cerchietto rosso. «Oggi devo spaccare. Andiamo.»
La donna sospira.
«Ascoltami bene. C’è una brutta malattia in giro, tutte le persone devono restare in casa. La piscina è chiusa. Non si allenerà nessuno oggi, stai tranquillo.»
Riccardo si tappa le orecchie con le mani, le sue grida sovrastano la voce della madre mentre raggiunge di corsa la cameretta. Si chiude dentro sbattendo la porta, si spoglia, indossa la cuffia, il costume, l’accappatoio e si butta sul letto restando immobile per ore a guardare il soffitto.
La madre bussa invano, le nocche sanguinano come il cuore.
«Pronto, dottore… sì, sì gliel’ho detto. Ho cercato di spiegargli la situazione, ma non l’ha presa bene. Che devo fare? Non ce la faccio a vederlo così.»
Due mesi, forse tre o, chissà, qualcuno in più. Senza cloro, senza nuoto, senza libertà, senza felicità. Il medico le ha consigliato un farmaco per aiutarlo a superare la crisi, ma lei preferisce non somministrarglielo. Non vuole vederlo stordito.
Nelle settimane successive Riccardo gira a vuoto nell’appartamento. Da quando non può andare in piscina vive in accappatoio e non parla quasi più. Neppure coi suoi piatti preferiti riesce a dargli sollievo.
A volte, riesce a calmarlo portandogli un secchiello pieno d’acqua come faceva quando era piccolo. Ancora adesso i suoi occhi s’illuminano di un sorriso obliquo quando immerge le mani a lungo, fino a farle raggrinzire.
Riccardo, un siluro nelle corsie della piscina, un pesce fuor d’acqua nella vita.
“Dottore, è capitato perché sono troppo vecchia per avere un figlio?”
“L’età è un fattore di rischio, ma non è detto che sia proprio il suo caso. Non deve farsene una colpa.”
“Io voglio tenerlo lo stesso.”
La donna tira su col naso. Forse la soluzione per aiutarlo è proprio lì, davanti ai suoi occhi. Come ha fatto a non pensarci prima? Che peccato non avere una vasca in casa! Però…
«Riccardo, vieni. Ti ho preparato la doccia.»
Lui s’illumina.
«Posso mettermi il costume, mamma?»
«Certo, tesoro.»
«E anche anche la cuffia?»
«Sì, se vuoi.»
Riccardo lascia scivolare il getto tiepido sul volto, ruota la testa per respirare mimando le bracciate. I piedi si muovono a ritmo, instancabili.
Un’ora quattro volte alla settimana indossando cuffia e costume, finché non potrà riprendere gli allenamenti in piscina. Magari non è il sistema più economico, ma grazie a quelle docce speciali, il figlio riesce a sopportare la clausura.
Guardarlo sorridere è come vederlo rinascere.
Il trillo del telefono le sembra quasi allegro. Dopo aver parlato con l’allenatore, la donna rovista nel cassetto in cerca di una matita rossa e si precipita nella camera del figlio.
«Fai un bel cerchietto proprio qui» gli dice porgendogli il calendario.
Lui si alza di scatto. Non c’è bisogno di dirgli altro. Nel giro di pochi minuti, i giorni della settimana si riempiono di anelli colorati.
Il lunedì sembra non arrivare mai. Alle tre del pomeriggio il borsone del nuoto è già pronto.
«Mamma, partiamo?»
«È ancora troppo presto.»
«Mamma, devo nuotare. Andiamo.»
Manca più di un’ora all’inizio dell’allenamento.
La cuffia calata fino agli occhi, il costume verde fluorescente e le ciabatte blu, Riccardo siede nello spogliatoio fissando l’orologio sulla parete.
La mamma lo vede entrare nella vasca e alzare lo sguardo verso la balconata. Le sorride e le dice a voce alta:
«Oggi spacco tutto!»
Lo vede tuffarsi e iniziare a nuotare con vigore.
Scivola leggero nell’acqua, respiro dopo respiro, una bracciata dopo l’altra. L’allenatore lo segue lungo il bordo con il cronometro in mano.
«Bravo Ric! Vai così… Vai così!»
Un’ora di felicità liquida per quattro giorni alla settimana. Sedici ore al mese; ventidue sommando il tempo necessario per gli spostamenti in auto per raggiungere l’impianto sportivo. La mamma scuote la testa: Riccardo tiene il conto alla perfezione.
Una foto grande quanto tutta la parete della cameretta suggella il giorno più bello.
La medaglia al collo esibita con orgoglio: argento nei duecento farfalla a staffetta. La gioia limpida come un cristallo riluce sul suo volto. Riccardo, un bambino difettoso ieri, un giovane speciale oggi.