[Lab7] Sotto gli sguardi azzurri del mattino
Posted: Sun Mar 19, 2023 9:16 am
Laboratorio 7: La pistola di Cechov e le false piste
Tema: Azzurri
[Lab7] Sotto gli sguardi azzurri del mattino
Sotto gli sguardi azzurri del mattino
un ladruncolo parco se ne va;
sa dirsi basta
quando un altro
ruberebbe
di più.
***
Quirino aveva visto le due donne alle prese con la scala, all’interno della villetta con giardino, forse per le pulizie primaverili, e lo disse al collega che aveva appena incrociato, a sorpresa, su quella stessa strada, coinvolgendolo nella ghiotta occasione di lavoro.
In quel momento, le scorgevano dedicarsi a staccare i tendaggi dal finestrone della stanza principale della villetta a un piano. Impegnate nel lavoro, non avevano fatto caso a quei due sconosciuti lì fuori, nascosti dagli alberi e dalle siepi.
Quirino non conosceva quella zona del circondario; forse c’era passato in macchina, ma non ricordava. Quel giorno, faceva quel giro per fare esercizio fisico, zaino in spalla. Combinazione, era anche la sua divisa di lavoro, e il cielo era azzurro, come lui privilegiava per lavorare.
Non aveva mai rubato di notte, o in condizioni meteo diverse e tantomeno avverse: lui si definiva un ladro al tempo di cieli azzurri.
Forse perché non era il bisogno a spingerlo, se no fulmini e saette, neve e gelo, a qualunque clima si sarebbe adattato per uscire a rubare per tirare a campare.
Ma per quello aveva il suo orto, e il frutteto, una capretta e le galline. Aveva solo quel difetto: gli piaceva dividere il superfluo con gli altri, ma a loro insaputa. Quirino si giustificava così: lo stretto superfluo.
Quel giorno non pensava di lavorare, e quindi non aveva con sé nessun attrezzo, se non il solito cacciavite azzurro a stella, dono di chi l’aveva iniziato al mestiere e che portava sempre con sé.
Il cancelletto era socchiuso e non si vedevano molossi o avvisi di cani minacciosi.
Il quartiere era periferico e tranquillo. In precedenza, aveva oltrepassato l’ultimo agglomerato urbano di case a tre piani e negozi, dove aveva incontrato un vinaio alle prese con una lavagna con scritte sopra, calamitate, lettere in stampatello minuscolo. Aveva appena finito di sistemarle, quando Quirino aveva letto la scritta mentre la esponeva: "vendita di vino fuso". Siccome l'aveva vista dimenticata e non era ben visibile, aveva avvisato il vinaio dell’importanza della lettera "esse" rimasta a terra. “Grazie” gli aveva risposto quello, recuperandola. "Mi ha fatto piacere" aveva risposto con sincerità e restituendogli il sorriso. Era una bella giornata e prometteva bene.
In quel momento, davanti alla villa, i due erano incerti se tentare di approfittare della situazione. Facilmente, il portone non era chiuso a doppia mandata, e avrebbero potuto razziare qualcosa nell’anticamera o in altre stanze incustodite, almeno sino a quando non avessero capito la conclusione dell’impegno delle due con le tende e che non fosse più aria per loro.
Un’occhiata d’intesa fra i due ladri fu sufficiente. Entrarono in giardino, preparandosi mentalmente la scusa dei forestieri sperduti, casomai fossero stati intravisti nel transito, che coprirono con scioltezza e disinvoltura. Né fu un problema la porta, chiusa senza mandate. Girando poi il pomolo con delicatezza, entrarono senza scricchiolii sinistri. D'altronde, risuonava nell'ambiente un'allegra musica in sottofondo: Azzurro di Adriano Celentano. Si trovarono nella penombra dell’ingresso: frugando nelle tasche di due giacche, trovarono cento euro in un portafoglio. Si spinsero quindi nel vano che si apriva in una stanza piena di luce e lì si accorsero, con sorpresa, che era occupata.
Dato il giorno feriale, avevano dato per scontato che, di mattina, non ci fosse nessun altro in casa: chi in ufficio, o comunque al lavoro, per esempio. E invece no.
Pietro Colombo li guardava, come in un déjà vu, con un contegno sorprendentemente composto, date le circostanze.
In quel momento non poteva muoversi: era come impedito, abbracciato a qualcosa che aveva davanti a sé, come per protezione ricercata. Si limitava a guardarli con l’interesse di chi, non potendo assumere iniziative, ma comunque al di là della paura, si chiedesse il perché delle cose ma non si aspettasse ad ogni costo le risposte. Fors'anche per una sorta di familiarità con quelle circostanze: va a sapere...
Nessuno dei tre, fermi a guardarsi, parlava. Celentano cantava: Azzurro, il pomeriggio è troppo azzurro e lungo per me...
Finalmente, a sbloccare la situazione, il secondo ladro fece spallucce a Quirino, come a dire: “Non può nuocerci”. Presero quindi a frugare nei cassetti e nei mobili con estrema delicatezza e badando a rimettere esattamente le cose al loro posto, senza fare disordine. Era il loro modo di lavorare, sino a quel momento funzionale: metodo che vince non si cambia. In un silenzio surreale, rotto solo dal ticchettio e dal lavorio che da tranquillo padrone di casa quello faceva sul piano di appoggio davanti a lui, nonché dai dialoghi a intermittenza, e soffocati a causa della porta interna a soffietto chiusa, della coppia alle prese con le tende. Lui sembrava avere assorbito la sorpresa della loro irruzione nel suo ambiente, né sembrava disturbato da quello che i due stavano facendo.
Quirino lo guardò più attentamente: aveva uno sguardo neutro ma limpido come un cielo azzurro.
Con le orecchie tese a carpire la fine del lavoro sulle tende (ormai erano dieci minuti buoni di lavoro) Quirino pensò di smetterla, memore del consiglio del suo méntore che lo invitava a non lasciarsi prendere dall’avidità:
Cede la rete
della pesca di sogni
troppo pesante.
Pietro Colombo fece cadere qualcosa dal piano di appoggio di fronte a lui, il rumore attutito dal tappeto. Gentile, Quirino gliela raccolse e gliela rese, scoprendo in se stesso un’empatia sconosciuta per lui. I sorrisi che si scambiarono i due non erano di facciata o di circostanza. Non come con il vinaio, no… Diversi.
Dalla stanza vicina, giunsero il cigolio dello scatto di chiusura di una scala e queste parole, pronunciate a voce alta:
“Preparo il biberon. La vuoi la pappa, Pietro?”
E quella dell’altra: “Io vado a fare il primo carico in lavatrice.”
I due ladri uscirono immediatamente, facendo il percorso inverso e raggiungendo l’auto del collega di Quirino, che aveva posteggiato non molto distante, per studiare con calma la zona; lui sì, sempre affetto da deformazione professionale, anche facendo due passi con l’amico incontrato per caso..
Sapevano che avevano fatto comunque un lavoro pulito. Non si vedeva che c’era stato qualcuno. Non a un’occhiata superficiale, almeno.
Bottino: un braccialetto d'oro e euro per una discreta somma, e senza colpo ferire. In soli dieci minuti.
E col viatico dei bacini mandati da Pietro alle loro spalle. E con una manciata di confetti azzurri presi da una ciotola posta nell'ingresso.
"Invece di noi, avrebbe potuto entrare un malintenzionato" deplorava Quirino, scuotendo la testa. "Almeno chiudere il portone..."
"Madre scriteriata..." rincarava la dose l'altro. "Almeno tenerselo vicino."
La strada più indicata, per allontanarsi in breve tempo dalla villetta, in via cautelativa, passava davanti al negozio del vinaio. Dal lato del passeggero, Quirino si volse a guardarne la vetrina, e la sedia prospiciente dove troneggiava la lavagnetta con la scritta: "svendita di vino fuso".
Quirino rise di gusto, a leggere l'effetto della correzione. Strizzò l'occhio al collega: "A noi di fuso piace solo l'oro: né in vendita né in svendita!"
***
E. Montale, "Maestrale"
Sotto l'azzurro fitto
del cielo qualche uccello di mare se ne va;
né sosta mai: perché tutte le immagini portano scritto:
«più in là».
Tema: Azzurri
[Lab7] Sotto gli sguardi azzurri del mattino
Sotto gli sguardi azzurri del mattino
un ladruncolo parco se ne va;
sa dirsi basta
quando un altro
ruberebbe
di più.
***
Quirino aveva visto le due donne alle prese con la scala, all’interno della villetta con giardino, forse per le pulizie primaverili, e lo disse al collega che aveva appena incrociato, a sorpresa, su quella stessa strada, coinvolgendolo nella ghiotta occasione di lavoro.
In quel momento, le scorgevano dedicarsi a staccare i tendaggi dal finestrone della stanza principale della villetta a un piano. Impegnate nel lavoro, non avevano fatto caso a quei due sconosciuti lì fuori, nascosti dagli alberi e dalle siepi.
Quirino non conosceva quella zona del circondario; forse c’era passato in macchina, ma non ricordava. Quel giorno, faceva quel giro per fare esercizio fisico, zaino in spalla. Combinazione, era anche la sua divisa di lavoro, e il cielo era azzurro, come lui privilegiava per lavorare.
Non aveva mai rubato di notte, o in condizioni meteo diverse e tantomeno avverse: lui si definiva un ladro al tempo di cieli azzurri.
Forse perché non era il bisogno a spingerlo, se no fulmini e saette, neve e gelo, a qualunque clima si sarebbe adattato per uscire a rubare per tirare a campare.
Ma per quello aveva il suo orto, e il frutteto, una capretta e le galline. Aveva solo quel difetto: gli piaceva dividere il superfluo con gli altri, ma a loro insaputa. Quirino si giustificava così: lo stretto superfluo.
Quel giorno non pensava di lavorare, e quindi non aveva con sé nessun attrezzo, se non il solito cacciavite azzurro a stella, dono di chi l’aveva iniziato al mestiere e che portava sempre con sé.
Il cancelletto era socchiuso e non si vedevano molossi o avvisi di cani minacciosi.
Il quartiere era periferico e tranquillo. In precedenza, aveva oltrepassato l’ultimo agglomerato urbano di case a tre piani e negozi, dove aveva incontrato un vinaio alle prese con una lavagna con scritte sopra, calamitate, lettere in stampatello minuscolo. Aveva appena finito di sistemarle, quando Quirino aveva letto la scritta mentre la esponeva: "vendita di vino fuso". Siccome l'aveva vista dimenticata e non era ben visibile, aveva avvisato il vinaio dell’importanza della lettera "esse" rimasta a terra. “Grazie” gli aveva risposto quello, recuperandola. "Mi ha fatto piacere" aveva risposto con sincerità e restituendogli il sorriso. Era una bella giornata e prometteva bene.
In quel momento, davanti alla villa, i due erano incerti se tentare di approfittare della situazione. Facilmente, il portone non era chiuso a doppia mandata, e avrebbero potuto razziare qualcosa nell’anticamera o in altre stanze incustodite, almeno sino a quando non avessero capito la conclusione dell’impegno delle due con le tende e che non fosse più aria per loro.
Un’occhiata d’intesa fra i due ladri fu sufficiente. Entrarono in giardino, preparandosi mentalmente la scusa dei forestieri sperduti, casomai fossero stati intravisti nel transito, che coprirono con scioltezza e disinvoltura. Né fu un problema la porta, chiusa senza mandate. Girando poi il pomolo con delicatezza, entrarono senza scricchiolii sinistri. D'altronde, risuonava nell'ambiente un'allegra musica in sottofondo: Azzurro di Adriano Celentano. Si trovarono nella penombra dell’ingresso: frugando nelle tasche di due giacche, trovarono cento euro in un portafoglio. Si spinsero quindi nel vano che si apriva in una stanza piena di luce e lì si accorsero, con sorpresa, che era occupata.
Dato il giorno feriale, avevano dato per scontato che, di mattina, non ci fosse nessun altro in casa: chi in ufficio, o comunque al lavoro, per esempio. E invece no.
Pietro Colombo li guardava, come in un déjà vu, con un contegno sorprendentemente composto, date le circostanze.
In quel momento non poteva muoversi: era come impedito, abbracciato a qualcosa che aveva davanti a sé, come per protezione ricercata. Si limitava a guardarli con l’interesse di chi, non potendo assumere iniziative, ma comunque al di là della paura, si chiedesse il perché delle cose ma non si aspettasse ad ogni costo le risposte. Fors'anche per una sorta di familiarità con quelle circostanze: va a sapere...
Nessuno dei tre, fermi a guardarsi, parlava. Celentano cantava: Azzurro, il pomeriggio è troppo azzurro e lungo per me...
Finalmente, a sbloccare la situazione, il secondo ladro fece spallucce a Quirino, come a dire: “Non può nuocerci”. Presero quindi a frugare nei cassetti e nei mobili con estrema delicatezza e badando a rimettere esattamente le cose al loro posto, senza fare disordine. Era il loro modo di lavorare, sino a quel momento funzionale: metodo che vince non si cambia. In un silenzio surreale, rotto solo dal ticchettio e dal lavorio che da tranquillo padrone di casa quello faceva sul piano di appoggio davanti a lui, nonché dai dialoghi a intermittenza, e soffocati a causa della porta interna a soffietto chiusa, della coppia alle prese con le tende. Lui sembrava avere assorbito la sorpresa della loro irruzione nel suo ambiente, né sembrava disturbato da quello che i due stavano facendo.
Quirino lo guardò più attentamente: aveva uno sguardo neutro ma limpido come un cielo azzurro.
Con le orecchie tese a carpire la fine del lavoro sulle tende (ormai erano dieci minuti buoni di lavoro) Quirino pensò di smetterla, memore del consiglio del suo méntore che lo invitava a non lasciarsi prendere dall’avidità:
Cede la rete
della pesca di sogni
troppo pesante.
Pietro Colombo fece cadere qualcosa dal piano di appoggio di fronte a lui, il rumore attutito dal tappeto. Gentile, Quirino gliela raccolse e gliela rese, scoprendo in se stesso un’empatia sconosciuta per lui. I sorrisi che si scambiarono i due non erano di facciata o di circostanza. Non come con il vinaio, no… Diversi.
Dalla stanza vicina, giunsero il cigolio dello scatto di chiusura di una scala e queste parole, pronunciate a voce alta:
“Preparo il biberon. La vuoi la pappa, Pietro?”
E quella dell’altra: “Io vado a fare il primo carico in lavatrice.”
I due ladri uscirono immediatamente, facendo il percorso inverso e raggiungendo l’auto del collega di Quirino, che aveva posteggiato non molto distante, per studiare con calma la zona; lui sì, sempre affetto da deformazione professionale, anche facendo due passi con l’amico incontrato per caso..
Sapevano che avevano fatto comunque un lavoro pulito. Non si vedeva che c’era stato qualcuno. Non a un’occhiata superficiale, almeno.
Bottino: un braccialetto d'oro e euro per una discreta somma, e senza colpo ferire. In soli dieci minuti.
E col viatico dei bacini mandati da Pietro alle loro spalle. E con una manciata di confetti azzurri presi da una ciotola posta nell'ingresso.
"Invece di noi, avrebbe potuto entrare un malintenzionato" deplorava Quirino, scuotendo la testa. "Almeno chiudere il portone..."
"Madre scriteriata..." rincarava la dose l'altro. "Almeno tenerselo vicino."
La strada più indicata, per allontanarsi in breve tempo dalla villetta, in via cautelativa, passava davanti al negozio del vinaio. Dal lato del passeggero, Quirino si volse a guardarne la vetrina, e la sedia prospiciente dove troneggiava la lavagnetta con la scritta: "svendita di vino fuso".
Quirino rise di gusto, a leggere l'effetto della correzione. Strizzò l'occhio al collega: "A noi di fuso piace solo l'oro: né in vendita né in svendita!"
***
Parafrasando Montale
E. Montale, "Maestrale"
Sotto l'azzurro fitto
del cielo qualche uccello di mare se ne va;
né sosta mai: perché tutte le immagini portano scritto:
«più in là».