il gioco della Bestia
Posted: Fri Jan 08, 2021 12:21 pm
L'aveva fatta a pezzi. Infarinata e messa a sfrigolare in un tegame con aglio e rosmarino. Non tutta, certo, a tranci. Il resto era nel congelatore. Per dopo.
Non che a qualcuno fosse dispiaciuto, Rosa Barilli stava sulle palle a tutti e non da adesso. L'usura faceva questo effetto alla gente.
Al funerale Don Mario aveva tentato un recupero, ma senza troppa convinzione. E al cimitero ci andò da solo.
Nemmeno Carlina ci andò. «Non era una madre, quella.»
Emma Cavalli, danza classica e moderna con saggio di fine anno, isterica lo era sempre stata, ma il tono di voce, mai così acuto, ormai faceva l'effetto delle unghie sulla lavagna.
«Non capite! Non è come sembra!»
Nessuno le dava più retta e la testa mozzata finì nel cassonetto. Dalla parte dei Rifiuti Organici, per rispetto della differenziata.
«Beh, commissario, almeno quello.»
«Meno spirito, Petrelli.Vorrei vedere se fosse tua sorella.»
Armenia Leandri, erede della EuroCeramiche, piastrelle e mosaici, si versò mezzo bicchiere di scotch.
«Le sue pillole, dottoressa... Oh, cielo! Lei non dovrebbe...»
«Oh, cielo! Ma come parli? La verità è che ti piace vedermi su una sedia a rotelle. Sono arrivati gli stronzi?»
«I Giapponesi intende? Sì, l'aspettano in sala riunioni.»
Vuotò il bicchiere d'un fiato e strizzò gli occhi, ulcera maledetta «E allora spingi questa carriola e facciamola finita.»
Finì al Brennero. Due scatoloni: uno per le gambe, l'altro per il corpo. Imballaggio pessimo, lo capirono anche i cani.
Ma la verità era un'altra.
666. Il numero della Bestia. Ce l'avevano tutte, marchiato a fuoco.
Rosa Barilli, Emma Cavalli e Armenia Leandri.
«È una mattanza, commissario.»
Brutto inverno. E non era ancora novembre. La pioggia sbatteva sul vetro a secchiate. I tergicristalli andavano e venivano senza farci troppo caso.
Il vecchio magazzino sulla statale aspettava chissà cosa, nero, con le orbite vuote tra vetri rotti, spray multicolor e stracci come bandiere frustate dal vento.
«Da questa parte, venga. Stia attento che da un momento all'altro può venire giù tutto.»
La barella scivolò fuori traballando sulle assi fradice.
«Lasciare libero, grazie.»
«Un momento.» fece il commissario.
«L'hanno ingozzato di chiodi e frattaglie. Non può parlare.» disse l'infermiere seccato.
«Lui no, ma io sì.» fece l'altro chinandosi sul corpo.
Il ragazzo socchiuse gli occhi, lo vide e cominciò a tremare.
«Sei un coglione.» gli sussurrò.
Quello spalancò gli occhi e la bocca, il corpo scosso come da scariche elettriche.
«Basta.» tagliò corto l'infermiere. Spinse la barella nell''ambulanza, ci saltò dentro e quella corse via urlando e lampeggiando.
«Strano però...» fece Petrelli scavalcando un mucchio di calcinacci «Non che debba per forza essere collegato, alla mattanza intendo, ma quella non era una femmina.»
«E chi te lo dice? Gli hai frugato nei calzoni?»
«Nei calzoni no, nelle tasche. Amerigo Scardani, ventitré anni, vecchia conoscenza della Narcotici.»
La pioggia continuava a battere sui vetri. Luce, boato. E tenebra. Il fiato nero della Tempesta.
Che squassa e stravolge. Che punisce col sangue e lava col pianto. Belva spietata e misericordiosa insieme.
La mano strinse il bracciolo della poltrona. Si avvicinò al camino. Smosse le braci con l'attizzatoio e lo lasciò lì, come a riposare.
Salì fino al ripiano di legno scuro e si fermò sulla foto in cornice. Sedici anni, guance paffute, stringeva il cane di pezza più grosso di lei. L'accarezzò delicatamente. Sorrideva. L'avrebbe fatto per sempre.
«Petrelli, non vieni? Bonetti paga da bere perché sono tre gemelli e vuole affogare nell'alcool.»
Lui alzò gli occhi dal monitor «Andate avanti.Vi raggiungo.»
«No, non lo farai.» Maddalena Crescenti e il suo vizio di chinarsi sulla scrivania a braccia tese «Te ne pentirai, lo sai, vero?»
Lo sapeva. Erano anni che lo sapeva.
«Andate, finisco qui e arrivo.»
Una alla volta si spensero le luci. Tutte tranne la sua. A vederlo da fuori, nessun dubbio: lo sfigato tira tardi al lavoro, ché tanto nessuno lo aspetta.
Ma forse stavolta ne valeva la pena. Quello che stava scoprendo era molto, molto interessante.
Le immagini scorrevano sul monitor. Documenti, foto, articoli di giornale. Uno in particolare.
«Bingo!» pugno sul tavolo, afferrò il bicchierino e si appoggiò allo schienale «Lo sapevo, me lo sentivo!»
Buttò giù il caffè. Sapore strano. Scherzo del cazzo. L'ultima volta tre ore al cesso. Bonetti registrò tutto e lo mise in rete. Adesso tre gemelli, così impara.
D'un tratto un rumore. «C'è qualcuno?»
Un fruscio alle sue spalle. Si girò di scatto. Un'ombra. Si alzò, raggiunse il corridoio. Nessuno.
Certo il riflesso delle luci per strada. Tornò indietro.
Saporaccio in bocca, testa pesante. Lo stanzone che sembrava più grande, la scrivania sempre più lontana.
E il buio. Denso. Che gli si stringeva contro, che gli premeva sugli occhi.
Ancora quel fruscio. Stavolta più vicino.
«Te lo stai immaginando. Allunga un braccio. Non c'è niente. Ti dico niente!»
Picchiettii sui vetri. Un lampo, un boato. E quell'ombra! Che correva nel bagliore livido. Che rovistava, buttava per terra. Che lo fissava con occhi di brace. No, non se lo stava immaginando. C'era! A meno di un metro. Respirava, ansimava, gli era addosso.
E all'improvviso il dolore. Gli strappò il fiato, gli piegò il corpo. Smontato, divelto. Come una marionetta, un pezzo alla volta, crollò a terra.
Nero.
Poi nulla.
A testa bassa, le braccia lungo i fianchi, a tratti alzava lo sguardo da cane e restava sulla soglia, immobile.
«Amerigo bello! Te li hanno levati uno per uno, c'è mancato un pelo, sai?» disse l'altro attizzando la brace «Chiodi e frattaglie, la merenda del campione.»
Il ragazzo abbozzò un sorriso.
«Spero tu abbia imparato la lezione.»
L'altro annuì con un gemito strozzato.
«Non ti sforzare. Le tue corde vocali ormai sono andate. Poco male, non hai mai avuto un granché da dire.» Accarezzò la foto incorniciata «Comunque bravo, hai fatto un buon lavoro in centrale. Ora carica i bagagli in macchina.»
Luce, facce sfocate. Una morsa gli stritolava la testa.
«Petrelli, che hai combinato?»
Maddalena! Tentò di alzarsi. Nausea,vertigini.
«Tranquillo, resta giù.» La voce di Bonetti.
«Sto bene.»
«Sei verde.»
«No, bene. Davvero.»
Riuscì a mettersi seduto. Si guardò intorno. Sembrava tutto in ordine. Tutto, tranne la sua scrivania.
Cavi strappati, computer divelto, monitor fracassato.
E sul ripiano, marchiati a fuoco tre numeri: 6 6 6.
«È lui.»
«Lui chi?» chiese Bonetti.
Frugò nella tasca dei pantaloni e tirò fuori una chiavetta.
Uno sfigato lo sa che nella la vita non c'è da fidarsi. Sempre meglio fare una copia di tutto.
Il ragazzo guidava. Vide il posto di blocco, sgranò gli occhi e dette un colpo al freno.
«Tranquillo. Rallenta e fermati. Ci pensò io.»
Sul monitor le immagini scorrevano veloci.
«Qui, Maddalena. Ferma qui.» disse Petrelli.
«Risolto il caso delle Ancelle di Satana. Rosa Barilli, Emma Cavalli e Armenia Leandri hanno confessato: "Era solo un gioco, per la festa di Halloween. Non pensavamo finisse così." Ancora in corso le ricerche di Luisa Colajanni. Attivata anche l'Interpol. Le tre minorenni, processate per direttissima, verranno affidate a un centro di recupero. Per loro è l'inizio di una nuova vita. Non così per Aurora Grisenti...»
«Grisenti? Il commissario si chiama Grisenti» disse Bonetti «Oh cristo santo, non ci posso credere!»
«Era sua sorella.» fece Petrelli «Legata a un albero e dimenticata lì per tutta la notte. Se ne andarono, ubriache marce, a finire la serata in paese e ci tornarono solo il mattino dopo. Purtroppo anche gli animali avevano fatto festa.»
«E lui...»
«Lui ha aspettato. Ha studiato, ha fatto il concorso e poi è tornato qui.»
«Certo, a saldare il conto. Ce l'ha quasi fatta, manca solo Luisa Colajanni. Maddalena, attaccati al telefono. Dobbiamo bloccarlo.»
«Il volo, diretto a Los Angeles, farà scalo ad Amesterdam. L'arrivo è previsto per le 17e50, ora locale. Il comandante vi ringrazia per aver scelto questa Compagnia e vi augura buon viaggio.»
«Ah Luisa, Luisa, dove credevi di andare? Sto arrivando, tesoro.»
Non che a qualcuno fosse dispiaciuto, Rosa Barilli stava sulle palle a tutti e non da adesso. L'usura faceva questo effetto alla gente.
Al funerale Don Mario aveva tentato un recupero, ma senza troppa convinzione. E al cimitero ci andò da solo.
Nemmeno Carlina ci andò. «Non era una madre, quella.»
Emma Cavalli, danza classica e moderna con saggio di fine anno, isterica lo era sempre stata, ma il tono di voce, mai così acuto, ormai faceva l'effetto delle unghie sulla lavagna.
«Non capite! Non è come sembra!»
Nessuno le dava più retta e la testa mozzata finì nel cassonetto. Dalla parte dei Rifiuti Organici, per rispetto della differenziata.
«Beh, commissario, almeno quello.»
«Meno spirito, Petrelli.Vorrei vedere se fosse tua sorella.»
Armenia Leandri, erede della EuroCeramiche, piastrelle e mosaici, si versò mezzo bicchiere di scotch.
«Le sue pillole, dottoressa... Oh, cielo! Lei non dovrebbe...»
«Oh, cielo! Ma come parli? La verità è che ti piace vedermi su una sedia a rotelle. Sono arrivati gli stronzi?»
«I Giapponesi intende? Sì, l'aspettano in sala riunioni.»
Vuotò il bicchiere d'un fiato e strizzò gli occhi, ulcera maledetta «E allora spingi questa carriola e facciamola finita.»
Finì al Brennero. Due scatoloni: uno per le gambe, l'altro per il corpo. Imballaggio pessimo, lo capirono anche i cani.
Ma la verità era un'altra.
666. Il numero della Bestia. Ce l'avevano tutte, marchiato a fuoco.
Rosa Barilli, Emma Cavalli e Armenia Leandri.
«È una mattanza, commissario.»
Brutto inverno. E non era ancora novembre. La pioggia sbatteva sul vetro a secchiate. I tergicristalli andavano e venivano senza farci troppo caso.
Il vecchio magazzino sulla statale aspettava chissà cosa, nero, con le orbite vuote tra vetri rotti, spray multicolor e stracci come bandiere frustate dal vento.
«Da questa parte, venga. Stia attento che da un momento all'altro può venire giù tutto.»
La barella scivolò fuori traballando sulle assi fradice.
«Lasciare libero, grazie.»
«Un momento.» fece il commissario.
«L'hanno ingozzato di chiodi e frattaglie. Non può parlare.» disse l'infermiere seccato.
«Lui no, ma io sì.» fece l'altro chinandosi sul corpo.
Il ragazzo socchiuse gli occhi, lo vide e cominciò a tremare.
«Sei un coglione.» gli sussurrò.
Quello spalancò gli occhi e la bocca, il corpo scosso come da scariche elettriche.
«Basta.» tagliò corto l'infermiere. Spinse la barella nell''ambulanza, ci saltò dentro e quella corse via urlando e lampeggiando.
«Strano però...» fece Petrelli scavalcando un mucchio di calcinacci «Non che debba per forza essere collegato, alla mattanza intendo, ma quella non era una femmina.»
«E chi te lo dice? Gli hai frugato nei calzoni?»
«Nei calzoni no, nelle tasche. Amerigo Scardani, ventitré anni, vecchia conoscenza della Narcotici.»
La pioggia continuava a battere sui vetri. Luce, boato. E tenebra. Il fiato nero della Tempesta.
Che squassa e stravolge. Che punisce col sangue e lava col pianto. Belva spietata e misericordiosa insieme.
La mano strinse il bracciolo della poltrona. Si avvicinò al camino. Smosse le braci con l'attizzatoio e lo lasciò lì, come a riposare.
Salì fino al ripiano di legno scuro e si fermò sulla foto in cornice. Sedici anni, guance paffute, stringeva il cane di pezza più grosso di lei. L'accarezzò delicatamente. Sorrideva. L'avrebbe fatto per sempre.
«Petrelli, non vieni? Bonetti paga da bere perché sono tre gemelli e vuole affogare nell'alcool.»
Lui alzò gli occhi dal monitor «Andate avanti.Vi raggiungo.»
«No, non lo farai.» Maddalena Crescenti e il suo vizio di chinarsi sulla scrivania a braccia tese «Te ne pentirai, lo sai, vero?»
Lo sapeva. Erano anni che lo sapeva.
«Andate, finisco qui e arrivo.»
Una alla volta si spensero le luci. Tutte tranne la sua. A vederlo da fuori, nessun dubbio: lo sfigato tira tardi al lavoro, ché tanto nessuno lo aspetta.
Ma forse stavolta ne valeva la pena. Quello che stava scoprendo era molto, molto interessante.
Le immagini scorrevano sul monitor. Documenti, foto, articoli di giornale. Uno in particolare.
«Bingo!» pugno sul tavolo, afferrò il bicchierino e si appoggiò allo schienale «Lo sapevo, me lo sentivo!»
Buttò giù il caffè. Sapore strano. Scherzo del cazzo. L'ultima volta tre ore al cesso. Bonetti registrò tutto e lo mise in rete. Adesso tre gemelli, così impara.
D'un tratto un rumore. «C'è qualcuno?»
Un fruscio alle sue spalle. Si girò di scatto. Un'ombra. Si alzò, raggiunse il corridoio. Nessuno.
Certo il riflesso delle luci per strada. Tornò indietro.
Saporaccio in bocca, testa pesante. Lo stanzone che sembrava più grande, la scrivania sempre più lontana.
E il buio. Denso. Che gli si stringeva contro, che gli premeva sugli occhi.
Ancora quel fruscio. Stavolta più vicino.
«Te lo stai immaginando. Allunga un braccio. Non c'è niente. Ti dico niente!»
Picchiettii sui vetri. Un lampo, un boato. E quell'ombra! Che correva nel bagliore livido. Che rovistava, buttava per terra. Che lo fissava con occhi di brace. No, non se lo stava immaginando. C'era! A meno di un metro. Respirava, ansimava, gli era addosso.
E all'improvviso il dolore. Gli strappò il fiato, gli piegò il corpo. Smontato, divelto. Come una marionetta, un pezzo alla volta, crollò a terra.
Nero.
Poi nulla.
A testa bassa, le braccia lungo i fianchi, a tratti alzava lo sguardo da cane e restava sulla soglia, immobile.
«Amerigo bello! Te li hanno levati uno per uno, c'è mancato un pelo, sai?» disse l'altro attizzando la brace «Chiodi e frattaglie, la merenda del campione.»
Il ragazzo abbozzò un sorriso.
«Spero tu abbia imparato la lezione.»
L'altro annuì con un gemito strozzato.
«Non ti sforzare. Le tue corde vocali ormai sono andate. Poco male, non hai mai avuto un granché da dire.» Accarezzò la foto incorniciata «Comunque bravo, hai fatto un buon lavoro in centrale. Ora carica i bagagli in macchina.»
Luce, facce sfocate. Una morsa gli stritolava la testa.
«Petrelli, che hai combinato?»
Maddalena! Tentò di alzarsi. Nausea,vertigini.
«Tranquillo, resta giù.» La voce di Bonetti.
«Sto bene.»
«Sei verde.»
«No, bene. Davvero.»
Riuscì a mettersi seduto. Si guardò intorno. Sembrava tutto in ordine. Tutto, tranne la sua scrivania.
Cavi strappati, computer divelto, monitor fracassato.
E sul ripiano, marchiati a fuoco tre numeri: 6 6 6.
«È lui.»
«Lui chi?» chiese Bonetti.
Frugò nella tasca dei pantaloni e tirò fuori una chiavetta.
Uno sfigato lo sa che nella la vita non c'è da fidarsi. Sempre meglio fare una copia di tutto.
Il ragazzo guidava. Vide il posto di blocco, sgranò gli occhi e dette un colpo al freno.
«Tranquillo. Rallenta e fermati. Ci pensò io.»
Sul monitor le immagini scorrevano veloci.
«Qui, Maddalena. Ferma qui.» disse Petrelli.
«Risolto il caso delle Ancelle di Satana. Rosa Barilli, Emma Cavalli e Armenia Leandri hanno confessato: "Era solo un gioco, per la festa di Halloween. Non pensavamo finisse così." Ancora in corso le ricerche di Luisa Colajanni. Attivata anche l'Interpol. Le tre minorenni, processate per direttissima, verranno affidate a un centro di recupero. Per loro è l'inizio di una nuova vita. Non così per Aurora Grisenti...»
«Grisenti? Il commissario si chiama Grisenti» disse Bonetti «Oh cristo santo, non ci posso credere!»
«Era sua sorella.» fece Petrelli «Legata a un albero e dimenticata lì per tutta la notte. Se ne andarono, ubriache marce, a finire la serata in paese e ci tornarono solo il mattino dopo. Purtroppo anche gli animali avevano fatto festa.»
«E lui...»
«Lui ha aspettato. Ha studiato, ha fatto il concorso e poi è tornato qui.»
«Certo, a saldare il conto. Ce l'ha quasi fatta, manca solo Luisa Colajanni. Maddalena, attaccati al telefono. Dobbiamo bloccarlo.»
«Il volo, diretto a Los Angeles, farà scalo ad Amesterdam. L'arrivo è previsto per le 17e50, ora locale. Il comandante vi ringrazia per aver scelto questa Compagnia e vi augura buon viaggio.»
«Ah Luisa, Luisa, dove credevi di andare? Sto arrivando, tesoro.»