Berenice

1
Fu il 25 dicembre del 1878 che Pieralberto Marazzi di Sarnò, mio fratello, sedette per l'ultima volta a tavola con noi.
Aveva finito il secondo piatto di lumache, cosa che il buonsenso avrebbe sconsigliato, visti i patimenti derivati da quello che in famiglia tutti chiamavano il disturbino.
Si manifestò quando aveva dodici anni e non se ne liberò mai più.
«È una fermentazione di origine nervosa, non c'è da allarmarsi» rassicurò il dottor Guerreri. Ma l'abbondanza di purghe e di clisteri a cui lo sottopose non sortì alcun effetto, se non quello di aumentare il nervosismo suo e di tutta la famiglia.
Pieralberto era di aspetto gradevole e di carattere mite, sebbene la sua debolezza intestinale rendesse assai difficoltosa la frequentazione della buona società, ancorché di buono quella avesse ben poco.
E così, per dignità e per avvilimento, egli risolse di guardarlo da lontano quel mondo che, dalla torretta della villa, col suo cannocchiale, gli si palesava come un'affascinante trama di minuzie, dai più ignorate, persi com'erano dietro alle mondane vanità.
Si istallò lassù, deciso a non discenderne se non per qualche accidente grave.
Fu con la malattia di nostro padre che si dovette affrontare la faccenda poiché, avendo io intrapreso la carriera prelatizia, non restava che Pieralberto a sobbarcarsi l'onere della successione.
Vista la situazione, aggravata dai dissesti finanziari, ci si adattò a non andare troppo per il sottile e a prendere in considerazione la proposta della vedova Sperelli, donna molto pia e assai esperta in questo genere di cose.
Così conoscemmo la signorina Berenice Viganò, forte di fianchi e di pelo, incarnazione peculiare del concetto di bellezza mediterranea. E il fatto che non dovesse districarsi tra una folla di pretendenti, ci parve garanzia di moralità, per altro ben accompagnata dalla cospicua rendita derivata dagli allevamenti di capre e vacche della sua famiglia.
Le cose vennero fatte a modo, così che nessuno ebbe a sparlare di quella che fu per tutti una transazione piuttosto vantaggiosa .
Pieralberto scese dalla torretta, fugando così ogni maldicenza intorno a un giovane che disdegnava la compagnia femminile, e Berenice ebbe finalmente accesso a quella parte dei salotti dov'erano le maritate, a testa alta, visto il blasone, e autorizzata a discorrere sulle cose del mondo che una signorina, per decenza, mai avrebbe dovuto nemmeno conoscere.
Furono giorni quieti.
Fino a quel pomeriggio di ottobre.
Giunsi alla villa per un saluto, prima di proseguire per l'eremo di Linguaglossa.
L'eco del disturbino di Pieralberto mi condusse in biblioteca dove sedeva con il volto cupo.
Si rigirava tra le mani qualcosa e sospirava.
Appena mi vide tese il braccio per mostrarmelo.
«È fieno» disse.
«E dunque? Non è cosa rara, siamo in campagna.»
«Era sul cuscino di Berenice.»
Ci volle del bello e del buono per convincerlo che il vento d'autunno può fare queste cose, che Pietro, il giardiniere, aveva già una moglie a cui badare, che era troppo spesso ubriaco per insidiare quelle altrui e che, in tutta franchezza, la virtù di Berenice era comunque salva, giacché Madre Natura aveva pensato a farle scudo.
Sembrò darmi retta e ci salutammo con la promessa che al mio ritorno sarei passato di nuovo.
Invece gli impegni mi tennero lontano fino a Natale.
Al mio arrivo trovai Pieralberto smagrito, pallido, ma in fin dei conti sereno.
«Berenice?» chiesi.
«Eccola.»
Usciva dalla serra con le guance rosse, recando un vaso di ciclamini, più mediterranea di come la rammentassi.
Ci vide, affrettò il passo, il cane le si mise di traverso, ella barcollò, le cadde il vaso e infine rovinò a terra con un grido acuto
Restò così gemendo, giacché era evidente, vista la stazza, che nemmeno unendo gli sforzi saremmo riusciti a sollevarla, finché non accorse Pietro che invece se la caricò e, con un paio di scrolloni, la acconciò sulla schiena e la portò dentro.
Quello che accadde poi sarà il mio cruccio finché vivo.
Il dottor Guerreri, ormai canuto e di più che veneranda età, lì convenuto per il pranzo di Natale, entrò annunciato dal ticchettio del suo bastone.
S'accomodò come potè sul bordo del divano e con due dita sollevò la veste di Berenice.
Distolsi lo sguardo, sebbene certo che nulla di quanto si sarebbe palesato avrebbe mai potuto suggerire neppure l'ombra di carnali godimenti.
Vidi invece il volto di Pieralberto trascolorare. Lo vidi boccheggiare e, forte e chiaro, ne udii rumoreggiare il turbamento.
«Una banale contusione» dichiarò Guerreri riponendo la veste là, dove era meglio che stesse. «Saranno sufficienti impacchi con il ghiaccio e qualche giorno di riposo.»
Le somministrò un calmante e la lasciammo riposare.
Si desinò in silenzio, quasi che anche il Natale si fosse contuso insieme a Berenice.
«Pieralberto, dimmi che hai?» gli chiesi quando fummo soli.
«La calza.» disse e sulle prime non capii.
«Non era dove avrebbe dovuto essere.»
Continuavo a non capire.
Gli lasciai sfogare tutta l'angoscia con gli occhi che mi lacrimavano per l'afrore.
Alla fine lo pregai: «Andiamo in giardino, se non ti spiace.»
E lì mi confidò di come fosse stato a lungo torturato dal desiderio di vedere il corpo della moglie, che a lui si concedeva raramente e solo al buio.
Di come avesse praticato un foro alla parete tra le camere, di come ogni sera la spiasse e si fosse abbandonato a quel vizio in cui alla fine trovava assai più godimento che a possederne le carni per davvero.
Tutto mi confessò, preda di quel tormento che lo squassava dentro e fuori, sicché benedissi l'idea che ci aveva condotti all'aria aperta.
«La calza, però?» gli chiesi «Continuo a non capire.»
«Stamane» disse serrando i pugni «la trasse da uno stipo insieme all'altra e la poggiò sulla dormeuse dove è solita disporre gli abiti. Stese la gamba e l'infilò così che vidi esattamente la cucitura che ne aveva riparato il danno. Era la calza destra, potrei giuralo.» chiuse gli occhi, strinse le labbra «Non così uscendo dalla serra.»
«Vuoi dire che...»
«Che la fedifraga la tolse, questo voglio dire!» gridò «E di fretta furia la rimise senza badare al dove e al come! Senza alcun rispetto per me, per sé, per la casa che l'accolse!»
Il tradimento dunque s'era consumato.
Povero fratello mio!Avessi avuto maggior considerazione di quel sospetto. E invece fui cieco e sordo: cos'avrà mai da dire un po' di fieno su un guanciale? Cosa il rammendo di una calza migrata da una gamba all'altra?
«Dannato quell'inciampo e Guerreri che sollevò la veste e Berenice e Pietro e il mondo tutto!»gridava
«Dunque tu l'ami?» chiesi incredulo.
Pieralberto si fermò come colto di sorpresa.
«Non lei» disse «Piuttosto il mio guardarla che, quello sì, m'apparteneva fino in fondo! Sapevi che ha un ciuffetto di peli tra le scapole? Certo no, io soltanto. E che, seduta, il ventre le nasconde il pube? Nessuno al mondo. Solo io.» Tornò a sedere col volto mesto eppure stranamente rischiarato «Non l'inganno, né l'animalesca trivialità del convegno, no, non è quello l'oltraggio, ma il negarmene la vista. Di quello mi sento derubato.»
«Dovrai mandarla via» consigliai.
«Me ne guardo bene» disse risoluto «Dovrà restituirmi invece tutto il maltolto!»

Berenice venne da me redarguita e poi ragguagliata sul comportamento da tenere in seguito.
Alla notizia che nulla le sarebbe stato tolto, se fosse stata ai patti, reagì con una sorta di grugnito compiaciuto, radicando viepiù in me la convinzione che la Provvidenza sia generosa con tutte le creature e che noi si debba fare altrettanto, specie con gli animali.
Pietro venne ritrovato in un fosso con la testa fracassata.
Dicerie malevole attribuirono alla moglie il fatto, sebbene là intorno ci fosse una quantità di pietre che, cadendo ubriaco, avrebbero sortito lo stesso effetto, cosa che permise al Sovrintendente di chiudere in fretta tutta la faccenda.
Pieralberto risalì in torretta e si fece recapitare numerosi cannocchiali.
Li dispose a ogni finestra, il più grande puntato verso la serra da cui entrava e usciva Berenice, variamente accompagnata.

È ancora lì e lo so contento.
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Re: Berenice

2
Ciao @aladicorvo ,

Credo sia la prima volta che leggo e commento un tuo brano. Questo tuo racconto è semplicemente notevole. Innanzitutto per lessico e ritmo d'epoca che scegli e mantieni fino alla fine senza inciampo. Una vera chicca, che già così potrebbe bastare per farti un sacco di complimenti.
Se aggiungi che la storia mi è molto piaciuta e mi hai fatto sorridere in più punti direi: ottimo racconto!

Se devo trovare un piccolo dettaglio che potrebbe essere valutabile e soggetto a revisione, ma sempre secondo il mio ounto di vista quindi opinabile, è che a volte indugi in descrizioni e dettagli che poi sono da cornice ma non servono davvero allo svolgersi dei fatti. Ad esempio, la salute cagionevole del fratello poteva essere accennata senza dedicarle quasi tre paragrafi all'inizio. In fondo serve a dipingere il personaggio, a mostrarlo come un uomo un po' debole e schivo, a spiegare i motivi delle sue idrosincrasie, ma non è necessaria per spiegare tutta la vicenda.

Il mio giudizio sul racconto nel complesso è molto molto positivo.

Talia :happy-sunny:

Re: Berenice

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@Talia grazie!
In effetti devo confessare che ho un'attrazione fatale per l'infodump, anzi direi che è una vera e propria dipendenza. Ho provato con dosi a scalare, ma non c'è stato verso. Comincio a pensare che il decentramento narrativo, alla fine, sia il mio vero amore e la storia principale un semplice pretesto,un po' come i pittori di paesaggi che ci ficcano dentro i pastorelli, ma solo per compagnia.
Grazie ancora.
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Re: Berenice

4
Ciao @aladicorvo
Torno a commentare questo racconto dopo il contest, perché lo avevo letto con troppa fretta e, infatti, adesso riesco ad apprezzarlo meglio.
I toni retrò e i risvolti allegri e grotteschi della trama mi hanno ricordato "Il Barone Rampante", trovo notevole come tu sia riuscita a mantenere questo ritmo fino alla fine, senza inciampi, appunto.
Unica cosa che non mi ha convinto, in questo racconto davvero senza macchia, è quella frase "ancorché di buono quella avesse ben poco", l'ho dovuta rileggere perché sembra un po' confusionaria, lo so che la tua è una scelta di stile mirata, ma forse ci avrei visto meglio un "benché" al posto di "ancorché".
Spero di esserti stata utile!

A presto

Re: Berenice

6
Ebbene sì, @Kiarka l'omaggio a Calvino c'è, a cominciare dall'incipit, grossolanamente parafrasato, e dalle lumanche di cui invece il nostro si ingozza. Circa quell ancorché (benché, sebbene, quantunque) mi faceva simpatia così com'é: polveroso e legnosetto come il resto. Quanto alle pietre, sì! Oppure... chissà?
Mi fai venir voglia di guardarci sotto, magari ci trovo qualcosa tipo "Dello strano caso di una bicicletta sotto la luna"
Grazie @Kiarka grazie di cuore. Sono i lettori come te che tengono viva la voglia di scrivere.
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