[H2022R] Baby on Board
Posted: Sun Nov 06, 2022 9:12 pm
Commento: https://www.costruttoridimondi.org/forum/viewtopic.php?p=43247#p43247
Traccia: Carta numero 17, L'Assassino-Il tradimento-La vendetta
Titolo: Baby on board
«Sara, dopo che hai fatto entrare la signora Masotti vai pure. Chiudo io».
«Va bene. Le ho girato il prospetto degli appuntamenti di lunedì mattina. Sarebbero dodici ma sono quasi tutte vaccinazioni. Roba di pochi minuti.»
«Eh, magari! Vengono in studio per farsi l'antinfluenzale e finiscono per raccontarti i cazzi loro e di tutta la famiglia. Manco fossero dal prete».¬¬¬¬
Sara abbozzò un sorriso stanco sugli zigomi spigolosi.
«Vabbè dài, poi ci guardo. Ci vediamo lunedì»
«D'accordo. Buon fine settimana dottoressa.» Uscì in sala d'aspetto e rivolse lo stesso sorriso sbiadito alla vedova Masotti.
«Prego signora, entri pure».
La vecchia si alzò a fatica, reggendosi sul bastone, e si avviò incerta verso l'ambulatorio.
Sarà spense il PC sulla sua scrivania, prese in cappotto e la borsa dall'attaccapanni, e si preparò ad uscire nell'aria fresca di fine ottobre.
***
Aprì la porta di casa e fu colpita dal silenzio assordante. Ancora non ci aveva fatto l'abitudine e, forse, non ce l'avrebbe fatta mai. Ogni sera si aspettava di trovare Corrado ancora lì, spaparanzato davanti al televisore a vedere il TG delle 18:30, in attesa che lei cominciasse a preparare la cena. Le mancava persino quella sua richiesta quotidiana: "Amore, cosa mangiamo stasera?" a cui lei, di solito, rispondeva piccata: "Quello che hai cucinato tu, cioè niente".Sara si buttò sul divano, appoggiò la borsa sul bracciolo accanto a sé, tolse le scarpe e allungò i piedi sul tavolino basso. Poter stendere le gambe sul tavolo era forse uno dei pochissimi lati positivi dell'essere rimasta sola. Se ci fosse stato Corrado, non glielo avrebbe permesso.
Ebbe appena il tempo di appoggiare la testa sullo schienale e chiudere gli occhi, che il cellulare richiamò la sua attenzione con un sonoro "bip-bip".
"Ehi asociale, pizza con me e Davide stasera? Almeno prendi un po' d'aria che ormai in quella casa fai la muffa! XOXO"
Un messaggio di Angela. Erano amiche sin dai tempi del liceo, tanto che avevano condiviso anche l'appartamento durante gli anni dell'università. Erano soliti organizzare uscite a quattro lei, Corrado, Angela e il marito Davide. Ma ora, senza Corrado, Sara si sarebbe sentita a disagio a fare la terza incomoda.
"Scusa Angy ma stasera proprio sono fuori forma." Le dita affusolate si mossero agili sulla tastiera. "Ho un gran mal di testa e sarei una pessima compagnia. Facciamo un'altra volta ok? Saluta Davide".
Chiuse whatsapp e si alzò per dirigersi in cucina.
Fece tostare due fette di pane e le mise su un piatto. Le imburrò con la maionese e ci schiaffò sopra una fetta di cotto, una sottiletta e due foglie d’insalata.
Prese una bottiglia di weiss dal frigorifero e portò tutto in salotto.
Sprofondò di nuovo sul divano e diede un paio di morsi al sandwich mentre, con la mano libera, scrollava la home di Instagram.
Si soffermò sulle ultime foto pubblicate da Corrado.
Erano circa una ventina, di una gita a Firenze fatta il week-end precedente.
Le scorse lentamente, mentre il cuore cominciava a perdere dei battiti.
Lui e la troia. Sorridenti, insieme in piazza della Signoria. Lui e la troia, abbracciati di fronte alla Galleria degli Uffizi. Lui e la troia, che si sbaciucchiavano sul Ponte Vecchio.
Buttò il cellulare sul tavolino basso e diede un lungo sorso alla weiss.
Le tempie pulsavano da impazzire. Allungò una mano verso il bracciolo, a raggiungere la borsa.
Tirò fuori il Tavor e ne ingoiò una pillola, seguita da un’altra sorsata di birra.
Reclinò la testa all'indietro e chiuse gli occhi, sprofondando nel sonno.
***
La porta d'ingresso si aprì lentamente, lasciando entrare la luce pallida della luna.Un uomo alto dai capelli brizzolati e la mascella squadrata, resa ancora più virile dagli zigomi perfettamente disegnati, entrò in salotto.
Sara fu colta così di sorpresa che non ebbe nemmeno il tempo di chiedersi come quello sconosciuto avesse potuto introdursi in casa sua dato che, da quando viveva sola, aveva preso l'abitudine di chiudersi dentro a doppia mandata.
«Chi è lei, che cosa vuole?» chiese trasalendo sul divano.
D'istinto diresse lo sguardo verso l'uscita, cercando una possibile via di fuga, ma l'uomo si frappose tra lei e la porta d'ingresso.
«Cosa vuole, gioielli? Non ne ho. Tutti i soldi che ho sono di là, nella cassaforte in camera da letto. Li prenda ma la prego, non mi faccia del male».
Lo sconosciuto le si sedette accanto, così vicino che Sara poté sentirne l'odore, un profumo caldo e leggermente speziato.
«Non è importante quello che voglio io, ma ciò che desideri tu».
La fissò con due occhi scuri e profondi, come Sara non ne aveva mai visti. Di colpo ebbe come la sensazione che quell'individuo, strano e inquietante, avesse il potere di frugare fin nei suoi pensieri più reconditi.
«Sì, Sara. So bene che il tuo desiderio più grande è quello di diventare madre. Così come so anche che, dopo tre tentativi di fecondazione assistita, hai ormai perso la speranza di poterlo realizzare».
La donna raggelò dallo stupore: Perché quello sconosciuto la chiamava per nome? E come poteva sapere cose tanto private?
Poi senza sapere da dove le fosse uscita la voce, quasi che la lingua avesse preso vita propria, Sara si udì rispondere: "A quarant’anni ormai sono troppo vecchia. E poi non ho più nemmeno un marito, e solo le coppie sposate posso accedere ai cicli di cure per la fertilità. Per cui sì, mi sono rassegnata.»
L'uomo la guardò, un lampo vivo negli occhi scuri.
«E se ti dicessi che entro tre mesi avrai il tuo bambino?»
La donna scoppiò in una risata surreale, tra il sarcastico e l'isterico.
«Ah sì?»
«Sì. Avrai il tuo bambino, ma a una condizione».
«E quale?»
«Una vita per una vita».
«Non ho capito…»
«Non importa. Capirai al momento giusto. Ma ricordati una cosa: se vuoi il tuo bambino dovrai andare a prendertelo»
La porta d'ingresso sbatté violentemente, svegliandola di soprassalto. Sara si alzò dal divano, infreddolita e la chiuse a doppia mandata. Doveva essersi addormentata dimenticandola aperta. Si diede dell’imprudente, avrebbe potuto entrare qualunque malintenzionato.
Su quell’ultimo pensiero corrugò la fronte, ricordando il sogno appena fatto.
Nel salotto aleggiava un lieve odore acre, come di zolfo.
***
«Com'è il sashimi?»Angela era finalmente riuscita a farla uscire dalla sua tana.
Insieme a Silvia e Camilla aveva organizzato una "rimpatriata" tra ex-coinquiline dell'università e Sara, stavolta, non aveva potuto sottrarsi. Guardava, assorta, la fettina sottilissima di salmone che teneva tra le bacchette.
«Se non è fresco non mangiarlo» le disse Silvia
«No, no è buono. Assaggiatelo.» Passò il piatto da portata a Camilla, che era la buona forchetta del gruppo.
«Buonasera. Abbiamo prenotato per due, a nome Ferrari.»
Una voce nota, proveniente dall'ingresso del ristorante, la fece rimanere di sasso. Dopo pochi secondi l’architetto Corrado Ferrari fece il suo ingresso, in forma smagliante, pantaloni scuri e camicia bianca. Al suo fianco Giusy, la sua segretaria. O meglio, la sua nuova compagna.
Elegantissima pure lei, fasciata in un tubino nero come i suoi lunghi capelli ricci, che metteva in evidenza una pancia di cinque mesi circa.
«Oddio Saretta, ma tu lo sapevi che era incinta?» le sussurrò Camilla all'orecchio.
Sara tacque, pallida e incredula. Silvia di nascosto diede un pizzicotto a Camilla che, oltre ad essere una buona forchetta, aveva anche il difetto di non sapere tenere a freno la lingua.
«Sara tranquilla…dureranno da Natale a Santo Stefano quei due. Quanti anni hanno di differenza? Quasi venti?» Cercò di rincuorarla Angela.
Diciassette.»
«Ecco. Fidati, quando lei capirà che oltre al bambino le toccherà badare anche quel bambinone immaturo di Corrado, lo mollerà per un uomo più giovane. E con più capelli.»
Sarà abbozzò un altro dei suoi sorrisi amari.
***
«Ma si rende conto, dottoressa? Mi lascia perché, cito testualmente: "sei troppo ossessionata dalla maternità, pensi solo ad avere un bambino, io con te mi sento soffocato". E poi cosa fa? Va a mettere incinta quella poco di buono!»Sara parlava a macchinetta, cercando di trattenere i singhiozzi.
«Dopo tutto quello che abbiamo fatto…che HO fatto per cercare di rimanere incinta. Tre tentativi di stimolazione ovarica. Tre! Anni di visite ginecologiche, di ecografie e punture. Anni a stare male, a sentirmi inadeguata, incapace di fare quello che tutte le donne vere fanno: dei bambini. E lui che fa? Mi lascia per la sua segretaria. Quindici anni meno di me, fresca di laurea e zac!Dopo appena quattro mesi che lui se ne è andato di casa scopro che è in attesa. Ho fatto i conti, sa dottoressa? Quando lui ha fatto le valigie e se ne è andato di casa sta troia già era gravida, sicuro. E non ha neanche avuto la decenza di dirmelo!»
Sara scoppiò in un pianto dirotto e senza freni.
La psicologa le porse un kleenex.
***
Lasciò l'ambulatorio tre quarti d'ora dopo, quando si fu un po' calmata. Percorse il lungo corridoio che portava all'uscita del consultorio familiare. Passò davanti alla sala d'aspetto di ginecologia e fu allora che la vide. Giusy, seduta su una delle sedie in plastica, gli inconfondibili capelli ricci a coprire gli occhi fissi sullo schermo del cellulare. Aveva una felpa bianca con la scritta "baby on board". Esibizionista del cazzo. Come se da quel pancione enorme di otto mesi non si capisse. Prese un respiro profondo, uscì e si avviò verso il parcheggio. Il freddo pungente di fine gennaio la costrinse a correre subito in macchina.
Chiusa nella sua auto si chiese come mai la troia fosse lì. Un'ecografia, suppose. Probabilmente l’ultima prima del parto.
Sara restò chiusa in auto per un tempo indefinito, forse venti o trenta minuti. Avrebbe voluto mettere in moto e andarsene, ma era ancora turbata. Il suo corpo si rifiutava di obbedirle.
Si riscosse solo quando vide la troia uscire nel parcheggio. Sorridente e felice come una Pasqua, Giusy non si era nemmeno accorta della sua presenza. La donna salì in macchina e Sara la seguì.
***
Parcheggiò di fronte alla villetta nella quale aveva visto entrare Giusy. Nascose la macchina appena dietro a una siepe di rododendri, anche se la sua utilitaria grigia era un modello talmente comune da non destare comunque sospetti.Nel vialetto la BMW di Corrado non c'era. La troia, con tutta probabilità, era sola in casa.
Sara si accertò che nessuno passasse di lì. Ma Corrado e Giusy vivevano in un casolare di campagna all'estrema periferia della città, zona in cui già normalmente di gente ne passava poca. Poi a quell'ora erano quasi tutti al lavoro, o in casa a pranzare.
Prese coraggio e, con non troppa fatica, scavalcò il basso muro di mattoni che recintava la proprietà.
Tolse le scarpe, per fare meno rumore possibile, e percorse a piedi scalzi il vialetto erboso che dava accesso alla veranda.
Da un finestrotto con i vetri smerigliati le giunse all'orecchio uno scroscio d'acqua. Quella doveva essere la finestra del bagno. La troia si stava facendo la doccia.
Spinse piano la porta d'ingresso, che si aprì docilmente sotto le sue mani, emettendo appena un cigolio. Con altrettanta circospezione si diresse in cucina.
«Amore sei tu? Sei tornato prima oggi?» sentì chiedere dal bagno.
Prese un coltello dal portacoltelli. Scelse istintivamente il più grande, con una lama larga e lunga una trentina di centimetri. Poi seguì il rumore dell'acqua.
«Una vita per una vita.» mormorò stringendo il coltello nella mano sinistra.
Voleva il suo bambino, e adesso era pronta a prenderselo. Nell’aria aleggiava, più forte che mai, l’odore dello zolfo.