[Lab5] Forse domani
Posted: Sun Oct 02, 2022 10:24 pm
La scala mobile scivola lenta con il suo carico di persone piantate sui gradini. Alessandra soffoca l’impulso di superarle a gomitate fino a che, finalmente, arriva il suo turno di scendere. Con un goffo saltello, oplà, si ritrova in uno slargo semicircolare circondato da vetrate. Da lì si vede il panorama del nastro grigio dello svincolo della tangenziale, e lo sconfinato parcheggio puntellato di macchine luccicanti al sole. Anche la sua Panda è lì, da qualche parte; corsia 16 A, rammenta senza sforzo, e tanto basta a farla sentire meno sperduta in mezzo alla gente che affolla l’area ristoro del centro commerciale.
Esita, incerta su dove dirigersi. C’è di tutto. Ristoranti, self service, bar, fast food, gelaterie. Butta l’occhio su un ristorantino con dehors in stile shabby svedese, in cui servono bistecche e birra d’importazione. Tira dritto con un po’ di rimpianto: è roba da pausa pranzo per dirigenti con la puzza sotto al naso. Lei in quel posto non ci entrerebbe neanche se non fosse disoccupata con bollette arretrate da pagare; neanche se ieri non avesse buttato via centocinquanta euro guadagnati spaccandosi la schiena per fare le pulizie a ore.
Centocinquanta! Secca come un chiodo, alta, bionda e pure esosa, la signora. Fanculo.
Alessandra ha fame e non ha voglia di mangiare il grano antico che piace tanto alla sua nutrizionista; è single da due anni e i venti chili che ha messo su da quando il fidanzato l’ha lasciata sono il frutto della scomposizione chimica di quel genere di cibo che appaga l’umanità che sta facendo la fila dal baffone sorridente.
Che faccio, entro? No, perché l’insegna è la stessa, ma il pollo fritto non è a livello di quello di Londra – ti faceva dire wow! – anche se, deve ammetterlo, era più buono solo perché lei il suo ex avevano camminato per la città per tutto il giorno, e si erano fermati per mangiare solo quando i loro stomaci avevano cominciato a gorgogliare come vecchie tubature. Fame vera.
Coscette calde e croccanti mangiate per strada, oh my gosh! Alessandra sorride e subito ridiventa seria. Sarebbe un ricordo da cullare per un po', se a Londra non ci fosse andata con il suo ex fidanzato. Fa ciao ciao al baffone, allunga l’occhio sulle file davanti alle casse automatiche del diavolo, proprio quello: il fast food che da oggi e per il resto della sua vita dovrebbe evitare come la peste. La nutrizionista le ha detto che deve perdere venti chili, mangiare sano e fare movimento. Ma va’? Alessandra è uscita dal suo studio più depressa di quando ci è entrata, e con il sovrappiù di una dieta personalizzata per un astronauta e della parcella di centocinquanta euro scaricabile dalle tasse.
I buoni propositi che l’hanno spinta a farsi fare un predicozzo di cose ovvie ci sono ancora tutti; ma proprio oggi che dovrebbe cominciare a fare quella dannata dieta ha passato la mattinata a stirare una catasta di camicie che non è mai stata così alta, dalla signora Marta. L’ego di Alessandra è abituato a concedersi un contentino, quando è costretto a fare un lavoro che odia. Del resto, ha aspettato di raggiungere i novanta chili per decidersi a perderne qualcuno, che cambia se li mantiene inalterati per un giorno ancora? E comunque è alta e non sembrano così tanti, glielo dicono tutti.
Una delle casse automatiche si è liberata apposta per lei. L’angioletto appollaiato sulla sua spalla destra le consiglia di tenere a mente l’umiliazione che ha provato quando la nutrizionista l’ha fatta mettere in mutande sulla bilancia, le ha pizzicato la schiena con le sue pinze misura grasso e, per rimarcare il concetto, l’ha fatto anche con le mani. Ma che ne sa, l'angioletto? È ingenuo e magro, oltre che etereo, e non sa che quel genere di pensieri spinge i piedi verso il diavolo, anziché allontanarli.
Sicché Alessandra si appropinqua alla cassa automatica e, prima ancora di pensare a quello che sta facendo, tap tap sullo schermo, attiva la lista dei menu.
Alessandra ha trentatré anni suonati. Dal diavolo non ci va spesso, per risparmiare, ma conosce ogni antro e pertugio dell’inferno. Sa che i peccati di gola sono elencati in modo funzionale, a prova di stupido; può aggiungere quello che vuole e cambiare idea al momento di pagare. È lì che l’angioletto l’aspetta; fa leva sulla scarsità delle sue finanze, non potendo contare sulla solidità della sua coscienza. Alessandra lo fa contento e, a fronte di un risparmio di ben un euro, ordina le patatine senza né ketchup né maionese. Nude e crude. Anzi, fritte.
Paga, prende il triangolo da mettere sul tavolo, ne cerca uno libero, si siede. Si guarda in giro. I soliti giovani, adolescenti, bambini, qualche mamma e qualche papà. Vede anche lui e pensa di avere le traveggole. Arriva la tipa con il vassoio, Alessandra si rianima come una bambina, apre il cartoccio e prova l’immancabile delusione di fronte al panino che è molto più basso e meno condito di quello che aveva ordinato sulla fiducia. Però è buono. Lo aggredisce a morsi, beve un sorso di quello che la nutrizionista le ha proibito assolutamente di bere, ahhh, ci voleva, ha anche sete.
Si sente osservata, alza lo sguardo. Nell’esatto momento in cui lo incrocia con quello di Matteo, il suo ex fidanzato, sta già spingendo in bocca una patatina con l’indice.
Sente che le sue guance stanno prendendo fuoco; ha un dito di troppo, ora, che non sa dove mettere. Anche la mora che è seduta di fronte a Matteo la sta fissando, e come lei si mette in bocca una patatina, ma con grazia, come se stesse girando uno spot pubblicitario. Non è né bella né brutta, né magra né grassa, ma si sente una miss, al confronto della ex del suo ragazzo. Alessandra glielo legge in faccia; vorrebbe sprofondare, e invece fa un cenno con la testa al suo ex fidanzato per non passare, oltre che obesa e senza ritegno, anche maleducata. Lui fa lo stesso; la miss, invece, la ignora e scansa le patatine, per dimostrarle che è già sazia, lei. È anche il segnale che è ora di andare. I due radunano carte e bicchieri, vanno a buttarli da qualche parte.
Alessandra li vede anche se non li guarda, e pensa che ha voglia di un gelato.
Esita, incerta su dove dirigersi. C’è di tutto. Ristoranti, self service, bar, fast food, gelaterie. Butta l’occhio su un ristorantino con dehors in stile shabby svedese, in cui servono bistecche e birra d’importazione. Tira dritto con un po’ di rimpianto: è roba da pausa pranzo per dirigenti con la puzza sotto al naso. Lei in quel posto non ci entrerebbe neanche se non fosse disoccupata con bollette arretrate da pagare; neanche se ieri non avesse buttato via centocinquanta euro guadagnati spaccandosi la schiena per fare le pulizie a ore.
Centocinquanta! Secca come un chiodo, alta, bionda e pure esosa, la signora. Fanculo.
Alessandra ha fame e non ha voglia di mangiare il grano antico che piace tanto alla sua nutrizionista; è single da due anni e i venti chili che ha messo su da quando il fidanzato l’ha lasciata sono il frutto della scomposizione chimica di quel genere di cibo che appaga l’umanità che sta facendo la fila dal baffone sorridente.
Che faccio, entro? No, perché l’insegna è la stessa, ma il pollo fritto non è a livello di quello di Londra – ti faceva dire wow! – anche se, deve ammetterlo, era più buono solo perché lei il suo ex avevano camminato per la città per tutto il giorno, e si erano fermati per mangiare solo quando i loro stomaci avevano cominciato a gorgogliare come vecchie tubature. Fame vera.
Coscette calde e croccanti mangiate per strada, oh my gosh! Alessandra sorride e subito ridiventa seria. Sarebbe un ricordo da cullare per un po', se a Londra non ci fosse andata con il suo ex fidanzato. Fa ciao ciao al baffone, allunga l’occhio sulle file davanti alle casse automatiche del diavolo, proprio quello: il fast food che da oggi e per il resto della sua vita dovrebbe evitare come la peste. La nutrizionista le ha detto che deve perdere venti chili, mangiare sano e fare movimento. Ma va’? Alessandra è uscita dal suo studio più depressa di quando ci è entrata, e con il sovrappiù di una dieta personalizzata per un astronauta e della parcella di centocinquanta euro scaricabile dalle tasse.
I buoni propositi che l’hanno spinta a farsi fare un predicozzo di cose ovvie ci sono ancora tutti; ma proprio oggi che dovrebbe cominciare a fare quella dannata dieta ha passato la mattinata a stirare una catasta di camicie che non è mai stata così alta, dalla signora Marta. L’ego di Alessandra è abituato a concedersi un contentino, quando è costretto a fare un lavoro che odia. Del resto, ha aspettato di raggiungere i novanta chili per decidersi a perderne qualcuno, che cambia se li mantiene inalterati per un giorno ancora? E comunque è alta e non sembrano così tanti, glielo dicono tutti.
Una delle casse automatiche si è liberata apposta per lei. L’angioletto appollaiato sulla sua spalla destra le consiglia di tenere a mente l’umiliazione che ha provato quando la nutrizionista l’ha fatta mettere in mutande sulla bilancia, le ha pizzicato la schiena con le sue pinze misura grasso e, per rimarcare il concetto, l’ha fatto anche con le mani. Ma che ne sa, l'angioletto? È ingenuo e magro, oltre che etereo, e non sa che quel genere di pensieri spinge i piedi verso il diavolo, anziché allontanarli.
Sicché Alessandra si appropinqua alla cassa automatica e, prima ancora di pensare a quello che sta facendo, tap tap sullo schermo, attiva la lista dei menu.
Alessandra ha trentatré anni suonati. Dal diavolo non ci va spesso, per risparmiare, ma conosce ogni antro e pertugio dell’inferno. Sa che i peccati di gola sono elencati in modo funzionale, a prova di stupido; può aggiungere quello che vuole e cambiare idea al momento di pagare. È lì che l’angioletto l’aspetta; fa leva sulla scarsità delle sue finanze, non potendo contare sulla solidità della sua coscienza. Alessandra lo fa contento e, a fronte di un risparmio di ben un euro, ordina le patatine senza né ketchup né maionese. Nude e crude. Anzi, fritte.
Paga, prende il triangolo da mettere sul tavolo, ne cerca uno libero, si siede. Si guarda in giro. I soliti giovani, adolescenti, bambini, qualche mamma e qualche papà. Vede anche lui e pensa di avere le traveggole. Arriva la tipa con il vassoio, Alessandra si rianima come una bambina, apre il cartoccio e prova l’immancabile delusione di fronte al panino che è molto più basso e meno condito di quello che aveva ordinato sulla fiducia. Però è buono. Lo aggredisce a morsi, beve un sorso di quello che la nutrizionista le ha proibito assolutamente di bere, ahhh, ci voleva, ha anche sete.
Si sente osservata, alza lo sguardo. Nell’esatto momento in cui lo incrocia con quello di Matteo, il suo ex fidanzato, sta già spingendo in bocca una patatina con l’indice.
Sente che le sue guance stanno prendendo fuoco; ha un dito di troppo, ora, che non sa dove mettere. Anche la mora che è seduta di fronte a Matteo la sta fissando, e come lei si mette in bocca una patatina, ma con grazia, come se stesse girando uno spot pubblicitario. Non è né bella né brutta, né magra né grassa, ma si sente una miss, al confronto della ex del suo ragazzo. Alessandra glielo legge in faccia; vorrebbe sprofondare, e invece fa un cenno con la testa al suo ex fidanzato per non passare, oltre che obesa e senza ritegno, anche maleducata. Lui fa lo stesso; la miss, invece, la ignora e scansa le patatine, per dimostrarle che è già sazia, lei. È anche il segnale che è ora di andare. I due radunano carte e bicchieri, vanno a buttarli da qualche parte.
Alessandra li vede anche se non li guarda, e pensa che ha voglia di un gelato.